La targa La targa

La targa

Letteratura italiana

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Vigata, 1940. La sera dell'11 giugno, il giorno dopo l'entrata in guerra dell'Italia salutata dal paese intero come «la vincita di una quaterna al lotto», al circolo Fascio & Famiglia ricompare d'improvviso, dopo cinque anni di confino in quanto «diffamatore sistematico del glorioso regime fascista», Michele Ragusano. Nessuno, com'è inevitabile, lo saluta, ma gli animi in un attimo si riscaldano e volano male parole: fin quando a don Emanuele Persico, novantaseienne tutto pelle e ossa, squadrista della primissima ora, prende letteralmente un colpo. Tutto perché Ragusano gli ha chiesto con tono di sfida: «Il nomi di Antonio Cannizzaro vi dice nenti?». Qualcuno si inginocchia, avvicina l'orecchio al cuore del vecchio e sentenzia: «Morto è». Comincia così un esilarante circo di celebrazioni postume, di opportunismi e di verità sepolte, in cui ognuno eserciterà l'arte del revisionismo e del compromesso.



Recensione della Redazione QLibri

 
La targa 2015-09-01 18:03:45 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    01 Settembre, 2015
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Un breve racconto

"La targa" di Andrea Camilleri altro non è che un brevissimo racconto, per il quale pubblicare un intero libro può sembrare eccessivo. Questo non vuol dire che non sia stata una lettura piacevole, sostengo soltanto che se questa non occupa più di un'ora del mio tempo non può essere altro che un breve racconto. Ne "La targa" Camilleri scrive in dialetto siciliano, sappiatelo, ma ci tengo ad aggiungere che è molto semplice e facilmente comprensibile. Mi sento di dirvi che lo leggerete senza difficoltà.

La storia è basata sulle vicissitudini successive alla morte di Emanuele Persico, un vecchietto e fervente fascista. La sua morte inconsueta lo metterà in buona luce, tanto da fargli meritare una targa: al suo nome sarà intitolata una strada della città di Vigata. Allo stesso tempo però, sorgerà più di un dubbio sul suo misterioso passato, che gli varrà innumerevoli variazioni dell'appellativo da accompagnare al suo nome sulla famigerata targa, e anche repentini cambiamenti di opinione nei suoi confronti.
Da morto, Persico passa dalla gloria all'infamia, dall'infamia alla gloria con una facilità disarmante, il tutto a dimostrare la suscettibilità e la volubilità mentale del popolo italiano sotto il governo fascista. C'è da dirlo, in quel periodo storico, ce la siamo vista davvero "nera".
Un po' una riflessione critica, un po' racconto ironico, questa piccola opera di Camilleri è da consigliare agli estimatori del maestro e a chi cerca una lettura velocissima e leggera, anche se € 10 per racconto così breve effettivamente sono un po' troppi, a mio modesto parere.

"Supra alla targa, scrivemoci semplicemente 'Emanuele Persico - Un Italiano' e finemola ccá, proponí il consiglieri Bonavia. Fu accussí che la strada tornó a chiamarisi Via dei Vespri Siciliani."

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Amanti di Camilleri.
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La targa 2015-11-14 17:49:13 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    14 Novembre, 2015
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Vicende tragicomiche di una targa stradale

Siamo nel 1940. Michele Ragusano, dopo un periodo di confino per comportamento antifascista, ritorna a Vigata e incautamente si presenta al circolo Fascio e Famiglia, tra lo sconcerto ed i mugugni dei presenti. Viene proposto di radiarlo, soprattutto da parte di una novantaseienne camicia nera, don Emanuele Persico, che lo insulta con veemenza. Ragusano non si scompone, sussurra qualcosa al rivale, un’insinuazione che fa riemergere un passato oscuro di don Emanuele e che, data l’età, è sufficiente per farlo stramazzare a terra morto, colpito da subitaneo infarto. Si scatena un putiferio, il povero Ragusano viene pestato a sangue, finisce all’ospedale ove morirà non prima di aver rivelato le verità nascoste sul defunto, in realtà assai poco limpido e coerente fascista. E qui iniziano le vicissitudini di una targa stradale da dedicare al suddetto don Emanuele, targa che, dati i trascorsi ambigui dell’intestatario, viene sostituita in continuazione, tra interrogazioni, ripensamenti, aggiustamenti tragicomici, finchè….. Il grande Camilleri, in questo breve romanzo (o lungo racconto), descrive con la consueta maestria un periodo ambiguo del secolo scorso, ove si mescolavano conformismo e piaggeria, violenza e menzogne nell’ossequio acritico ad un regime che iniziava a cullarsi nell’illusione di facili imprese vittoriose. Il romanzo si legge in una serata, è godibilissimo e sottolinea, attraverso le vicende dei vari personaggi dell’epoca, il lato ridicolo, con risvolti assurdi, del regime dittatoriale dell’epoca. La postfazione è affidata dall’editore alla scrittrice palermitana trapiantata a Roma Giuseppina Torregrossa ( autrice fra l’altro di un bel romanzo di successo “La miscela segreta di casa Olivares”): un omaggio commovente al “caro Maestro”, che ripercorre la vita ed in particolare le difficoltà di inserimento nelle scuole di Roma dell’adolescente Giuseppina e che non tralascia di puntualizzare scherzosamente l’improbabilità di alcune vicende del racconto camilleriano. Il romanzo, con il corollario della brillante postfazione, non deluderà sicuramente i tanti seguaci del bravissimo Camilleri.




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I romanzi storici di Andrea Camilleri
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