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Letteratura italiana

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Le famose favole di Fedro in una nuova traduzione e con opportune note esplicative, che consentono di apprezzare meglio l’opera di questo autore latino, con un indispensabile saggio introduttivo. Gaio Giulio Fedro (20/15 a.C. circa - 51 d.C. circa) è stato uno scrittore romano, autore di celebri favole.



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Favole 2016-12-10 04:42:45 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    10 Dicembre, 2016
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Divertenti ed educative

Questo libro, di non poche pagine, presenta il non trascurabile vantaggio di riportare tutte le favole di Fedro a noi pervenute, in una nuova traduzione dal latino, comprensiva di note esplicative, effettuata da Lorenzo Montanari, nonché un saggio di Paola Corradini teso a farci conoscere un po’ di più di questo antico autore e della sua arte.
Per quanto, analogamente a Esopo e a La Fontaine, Fedro venga giustamente considerato uno dei maggiori favolisti è ancora oggi ben poco conosciuto, non tanto la sua produzione quanto invece la sua vita, elemento per certi aspetti indispensabile per inquadrarlo con esattezza nel panorama letterario. Del resto se molti hanno letto, tanto per fare un esempio, Il lupo e la gru e Il lupo e l’agnello e sanno che sono state scritte da Fedro, quando ci si chiede chi sia stato questo autore si entra nel campo del totalmente vago. Incerte sono le sue origini, forse elleniche, certo invece è il fatto che fosse uno schiavo liberato, cioè un liberto. E in tale condizione, cioè di uomo solo in parte affrancato, le scrisse, probabilmente per conquistare, se non il successo economico, quella fama che non solo gli consentiva di essere almeno pari agli uomini liberi, ma di risultarne addirittura superiore. É probabile che almeno in parte abbia raggiunto tale ambito traguardo, più in epoche successive alla sua esistenza che in quella in cui operò, anche perché a Roma il genere favolistico era considerato “minore”, pur possedendo un carattere tipicamente pedagogico e una finalità educativa. A noi sono pervenuti, incompleti, cinque suoi libri in versi senari (dunque si tratta di poesie) e, come scrive lui stesso nel prologo al primo libro, lo scopo é di far ridere e di fornire dei saggi consigli sul modo di vivere. Così animali e piante parlano in una consecuzione di metafore che celano comportamenti umani e che sono propri della favola, quindi da non confondere con la fiaba, popolata quest’ultima da folletti e orchi, cioè da creature di pura invenzione. Qualcuno potrà obiettare che questi testi potrebbero celare intenti satirici e in effetti i comportamenti umani narrati potrebbero lasciarlo intendere, ma il genere satirico, altro genere minore nell’antica Roma, non rientrava nelle intenzioni di Fedro, e comunque più che un riferimento a singoli personaggi si tratta sempre di una descrizioni di vizi, o difetti, tipici di non pochi uomini. Il rischio tuttavia che qualche potente potesse identificarsi in qualche animale o pianta c’era sempre e infatti Seiano, il potente ministro dell’imperatore Tiberio, lo fece processare, ipotizzando delle allusioni non gradite a chi allora contava; Fedro fu fortunato, poiché ne uscì senza danni, probabilmente per l’improvvisa scomparsa del suo accusatore, tanto che continuò a scrivere indisturbato i suoi amati senari.
Se mi può sembrare superfluo, oltre che dispersivo, parlare di tutte queste favole, che nel libro in questione sono riportate nella bella traduzione di Lorenzo Montanari con il testo latino a fronte, mi corre invece l’obbligo di evidenziare che i fruitori della lettura non devono essere considerati solo i bambini, ma anche e soprattutto gli adulti, in tempi come gli attuali dove è possibile trovare gli stessi difetti di allora, spesso più tipici dei potenti che degli umili, come era Fedro, il che starebbe a giustificare il ripetersi, immutabile, della storia.
Comprensibili, grazie anche alle note, e pure divertenti , le Favole di Fedro non hanno perso nulla del loro antico smalto e la fantasia dell’autore è accattivante, invoglia a leggere, a scoprire, a verificare, cogliendo così quello scopo educativo originario e tributando all’autore quella fama ormai imperitura di cui ai suoi tempi non poté essere gratificato.

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