Narrativa italiana Romanzi La pensione Eva
 

La pensione Eva La pensione Eva

La pensione Eva

Letteratura italiana

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Per le stanze della Pensione Eva, il casino di Vigàta appena rinnovato e promosso dalla terza alla seconda categoria, transitano figure e personaggi provinciali e sonnolenti. Ogni quindici giorni le sei "picciotte" della Pensione partono, e ne arrivano delle nuove; è in mezzo a queste presenze carnali che trascorre la giovinezza di Nenè, Ciccio e Jacolino. Frequentando la Pensione i ragazzi si imbattono in apparizioni spirituali, fantasmi letterari, vicende al confine fra la poesia e la realtà. E una storia che era iniziata all'insegna della curiosità sul sesso si chiude sulla deflagrazione dell'amore, quello più forte della morte, quello destinato a lasciare per sempre nell'aria la scia del suo profumo.



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La pensione Eva 2014-07-28 13:24:42 lollina
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lollina Opinione inserita da lollina    28 Luglio, 2014
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Un'iniziazione alla vita

Alla soglia dei suoi ottant’anni, Camilleri decide si prendersi una “vacanza narrativa”, come lui stesso scrive nella prefazione, dal commissario Montalbano. Nonostante ne neghi i tratti autobiografici, la dimensione in cui ci conduce con La pensione Eva è quella della memoria.
Tutto ruota attorno ad una pensione di Vigata che in realtà è, come si diceva un tempo, un “casino”: oggetto di fantasticherie più o meno favolose del protagonista bambino (che dentro ci abitino le “fatuzze bone”?) e poi delle fantasie e dei desideri di Nené divenuto adolescente, attorno alla pensione avviene la formazione del protagonista all’età adulta.
E’ un’iniziazione non solo al sesso, ma alla vita: grazie alla rotazione quindicinale delle “picciotte” della pensione, Nené e i suoi amici Ciccio e Jacolino imparano a conoscere il mondo e a capire la vita. I racconti delle ragazze, i caratteri che si alternano sul divano dei clienti costituiscono quasi dei siparietti di avanspettacolo – che sembra presente, come modello di rappresentazione della realtà, dietro la narrazione di Camilleri – che svelano il lato grottesco, ma anche quello tragico, della vita nell’Italia del fascismo. Un osservatorio privilegiato che non può sottrarsi a lungo ad una realtà in cui non si scherza affatto, in cui le bombe e i morti sono veri: con lo sbarco degli Alleati, Vigata viene a trovarsi sulla linea del fuoco.
La stessa pensione Eva viene spazzata via, lasciando il sospetto che essa non sia mai veramente esistita, che non sia stata che un sogno. Lascia però una scia, quella di un profumo e di una storia d’amore più forte della morte.
Non un capolavoro, ma una lettura assolutamente godibile.

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La pensione Eva 2014-01-16 09:54:10 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    16 Gennaio, 2014
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Una terra promessa

In Sicilia sono gli anni Quaranta e la Pensione Eva e' un gran mistero per Nene' che e' solo un bambino: che ci andranno a fare gli uomini lì dentro proprio non si sa.
Poi si cresce e si capisce, eccome se si capisce, perche' la Pensione Eva altro non e' che un bordello, terra promessa per gli adolescenti di Vigata e non solo, ci passano pure i santi di lì. Per compiere miracoli...che pensavate non scherziamo.
Ogni paradiso ha le sue leggi, qui da Eva i ragazzini non sono ammessi, per usufruire dell'agognata marchetta bisogna avere diciotto anni : " Matre santa, quanto tempo ci voleva ancora! Un'eternita' ! ".

Scritto in un dialetto perfettamente comprensibile, la vicenda ha perno nella nota casa di tolleranza e ruota tutto attorno per offrirci una panoramica assai piu' ampia. 
Narrativa di intrattenimento che si legge in un soffio, il racconto esordisce in maniera estremamente divertente, non ricordavo il tempo di sghignazzare cosi' spesso con un libro tra le mani. 
Ma qui c'e' la guerra e l'ilarita'  cessa inconsapevolmente, perche' si odora la fame e la morte. 
Le sarde tra i denti hanno il sapore di una donna lasciatasi morire mano nella mano col suo amore, tra il mare e le bombe sganciate dagli aerei.
Un soldato drammaticamente mutilato allunga l'unica mano per toccare il viso ed il petto di una donna, e tossisce tossisce senza tregua e senza cura, perche' i sussulti non son di tosse , son di pianto.
Non esiste sciroppo che possa lenire un pianto convulso.
Ma non drammatizziamo , si torna a sorridere perche' -maledizione - anche in guerra la gente e' viva, finche' non viene ammazzata .

Spassoso e commovente, avvolgente e disarmante, questo e' un gran bel lavoro che ci riporta in casa uno spicchio di passato e lo fa con ironia e tenerezza ed intelligenza e semplicita ' , in uno di quei romanzi che noncuranti del tempo imprimono nel lettore immagini che sedimentano.
Io non so come al Camilleri sia venuto in mente di scrivere questo libro, esattamente cosi' intendo, ma ben venga che lo abbia fatto. Bellissimo.
Buona lettura.

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La pensione Eva 2013-04-11 10:40:24 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    11 Aprile, 2013
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Un aspirante Casanova

Dopo la lettura, gradevole, ma sinceramente nulla di più, del Il colore del sole, non mi sarei aspettato, prendendo in mano questo “La pensione Eva”, di imbattermi in un gran bel romanzo, uno dei migliori in assoluto fra i numerosi scritti da Camilleri.
In verità lo scrittore siciliano tende a puntualizzare in una nota finale: “Quanto scritto intende essere semplicemente una vacanza narrativa che mi sono voluto pigliare nell’imminenza degli ottanta anni.”
Se questa è una vacanza narrativa, consiglio vivamente a Camilleri di prendersene altre.
La nota prosegue:”Oltretutto, alla lettura credo che presenti difficoltà minori di altri miei romanzi. E persino il titolo è diverso dai miei soliti.”
Effettivamente, nonostante lo strano linguaggio che caratterizza tutta la produzione di Camilleri, risulta assai più comprensibile del solito.
Sempre leggendo la nota: “Desidero avvertire che il racconto non è autobiografico, anche se ho prestato al mio protagonista il diminutivo col quale mi chiamavano i miei famigliari e i miei amici. E’ autentico il contesto. E la pensione Eva è veramente esistita…”.
La precisazione è doverosa, in quanto si ha l’impressione che il racconto sia autobiografico e forse, in parte, lo è, perché certi turbamenti adolescenziali sono propri di tutti gli esseri umani.
Se la trama principale è la nascita, il successo e poi la fine, drammatica, di una casa di tolleranza che ha la sede a Vigata, si allacciano altre vicende, non sempre secondarie, che hanno il pregio di fornirci una visione viva e realistica di un’epoca.
Tutto ruota, in effetti, intorno alla figura di Nenè che si presenta fin dall’inizio con i suoi dodici anni e che poi chiude la narrazione al raggiungimento della maggiore età.
I turbamenti sessuali di questo fanciullo, i giochi con la cuginetta, le paure di non essere abbastanza uomo sono raccontate con mano leggera, senza mai indulgere al laido, anzi non è infrequente un sorriso di comprensione alla luce della naturale innocenza del protagonista.
Non deve comunque stupire che Camilleri, a ottanta anni, si sia messo a scrivere dell’amore carnale, perché vi sono degli illustri precedenti e tanto per citarne uno mi permetto di fare il nome di Garcia Marquez con “Memoria delle mie puttane tristi”. In effetti, sono dell’opinione che, giunti a una certa età, riesca più facile scrivere proprio dei turbamenti giovanili, vivi mentalmente nel ricordo, ma privi ormai della pulsione fisica del ricordo stesso.
Questo Nenè, che si scopre, o meglio si illude di essere Casanova, ci condurrà dentro la famosa pensione, ci renderà partecipi di avventure varie, mentre la voce narrante ci porterà gradualmente a conoscere la tragedia, nell’isola, della seconda guerra mondiale, in pratica fino allo sbarco anglo americano.
La descrizione degli eventi bellici è quanto di meglio ci si possa attendere: poche, sapienti incisive immagini e il lettore percepisce chiaramente lo stato di tensione derivante dai bombardamenti, lo sfascio di un regime e la psicosi della gente ormai in balia degli eventi.
Non stupisce, poi, la simpatia dell’autore per le ospiti della pensione, persone deboli, con storie familiari spesso tragiche, e come è ben noto Camilleri ha sempre un occhio di riguardo per gli umili e i diseredati.
L’ambientazione è resa in modo mirabile, la mano è felice e lieve nel trattare argomenti un po’ scabrosi, la trama è avvincente, i vari personaggi sono azzeccati, la lettura è agevole.
Insomma, non è possibile pretendere di più da un libro.

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