Narrativa italiana Romanzi Palazzo Sogliano
 

Palazzo Sogliano Palazzo Sogliano

Palazzo Sogliano

Letteratura italiana

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È una sera di maggio quando a Palazzo Sogliano, settecentesca dimora dell’omonima dinastia di corallari a Torre del Greco, squilla il telefono. È Orsola a rispondere, e apprende dalla voce formale di un poliziotto la morte del marito in un incidente d’auto. Orsola non può sapere che quella morsa di dolore feroce che la attanaglia si trasformerà tra breve in un dolore ancora più profondo, nel momento in cui scopre una serie di foto recenti del marito in compagnia di un bel bambino dagli occhi a mandorla, che si firma: «Tuo figlio Steve ».



Recensione della Redazione QLibri

 
Palazzo Sogliano 2013-10-09 14:56:36 silvia t
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silvia t Opinione inserita da silvia t    09 Ottobre, 2013
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Palazzo Sogliano

C'è una sola parola che sintetizza al meglio questo romanzo: vuoto; vuoto di contenuti, di stile, di caratterizzazione, di atmosfera.
Avvicinandosi a questo libro è necessario un grande sforzo per ed effettuare la sospensione dell'incredulità, ma in molte occasioni non è sufficiente, nonostante tutto si ha l'impressione di essere in un mondo di cartapesta.
La trama è banale, ma non è questo che rende povero il lavoro, poiché la storia narrata non è così fondamentale, ma lo sono altri parametri.
Analizzando le varie componenti che formano il testo ci troviamo a dover far i conti con gli innumerevoli personaggi che compongono la famiglia Sogliano e nessuno di essi è caratterizzato in modo convincente, non la protagonista che appare di una superficialità quasi irritante, lascia che gli eventi si avvicendano senza interagire, come una spettatrice passiva; la sua personalità non è descritta e non si evince dalle azioni, non un moto di passione, pur essendo descritta come una donna forte e volitiva; anche il di lei marito defunto ci appare come un corpo senza anima, anche nei racconti in cui è vivo, un uomo buono, ma senza carattere, pur essendo descritto come la prova in terra della virilità e della perfezione; così potremo continuare per ogni singolo personaggio, corallaro o ciabattino, milanese o napoletano, adulto o bambino, americano o cinese.
La sensazione è quella che la Modignani abbia distribuito delle parti a degli attori che non sono riusciti ad interpretarle, che non siano in alcun modo riusciti a trasmettere le sensazioni che li caratterizzavano, ognuno di essi è bidimensionale, non ha sfaccettature è tagliato di netto senza alcun passaggio dolce tra il bianco e il nero.
Altra enorme mancanza è la totale assenza di atmosfera, ogni evento viene narrato sempre con lo stesso tono, in una sorta di distorsione temporale che rende le vicende avvolte da una patina ovattante e rallentante.
Giungiamo poi alla nota più stonata: lo stile; monocorde, privo di ritmo e di dinamicità, quasi da cronaca rosa più che da romanzo. Il lessico è povero, i periodi semplici, le subordinate quasi inesistenti, l'aggettivazione tanto ricca quanto inutile, le descrizioni limitate ai personaggi e non agli ambienti o alla psicologia; ma la cosa che appare più disastrosa sono i dialoghi del tutto improbabili e inverosimili.
La sensazione che si ha leggendo è quella di star ascoltando un romanzo radiofonico di Pedro Camacho* tradotto in italiano.
Eppure è il libro più venduto in Italia ed è difficile non porsi delle domande.
Il lettore cerca in questo libro l'identificazione, il lieto fine, la perfezione di una famiglia che pur avendo qualche piccolo peccattuccio da farsi perdonare è comunque sempre dalla parte del bene o in ogni caso tende ad esso e prima o poi lo raggiungerà.
Il lettore è coccolato e rassicurato, fin dalle prime pagine sa che tutto finirà ne migliore dei modi e così evade dalla realtà per rifugiarsi in una fittizia, il che, se il tutto fosse scritto in un modo più convincente potrebbe anche essere tollerato.

Romanzo che può benissimo lasciare il passo a molti altri che seppur d'intrattenimento appaiono meglio strutturati e più articolati.

* Vedi “La zia Julia e lo scribacchino” di Llosa

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Palazzo Sogliano 2013-10-26 11:05:47 chantal querio
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Opinione inserita da chantal querio    26 Ottobre, 2013

Un guscio vuoto

Premetto che leggo la Casati Modignani da anni.
Devo ahimè constatare che questo suo ultimo romanzo le è riuscito proprio male...
La storia è piatta, senza particolari slanci di carattere nè di svolta, che un tempo erano tipici dello stile narrativo dell'autrice. Ne risulta un racconto vuoto, dove si sente la carenza della descrizione dei caratteri dei personaggi, degli ambienti, delle emozioni. Ti lascia in bocca l'idea che sia stato scritto "di fretta"... come di fretta viaggia in effetti tutta la narrazione. Come sono lontani i tempi di "lezione di tango" o di "Caterina a modo suo"... Se posso permettermi, non lo ordina il dottore di pubblicare un romanzo ogni anno... se scarseggiano le idee... si deve far a meno di scrivere storie insipide, e aspettare l'ispirazione giusta. Peccato, ma stavolta sono proprio rimasta un po' delusa!

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