Primo sangue Primo sangue

Primo sangue

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Un reduce torna dal Vietman, non trova più posto nella società e cerca qualcosa. Forse solo una strada. Uno sceriffo non vuole guai nella sua cittadina. Una forza inarrestabile e un oggetto inamovibile, avrebbe detto Christopher Nolan, qualche decennio dopo. Il crescendo (non) rossiniano di elementi naturali e di due personaggi epici, che si combattono, si odiano, si annientano e alla fine, forse, si capiscono.



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Primo sangue 2018-01-22 17:09:55 Rebel Luck
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Rebel Luck Opinione inserita da Rebel Luck    22 Gennaio, 2018
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Dentro la sua mente


Splendido e cattivo, come un'eclissi di sole.
Lascia senza fiato e senza parole, e mentre lo leggi sai già che ti farà male.

Energico come il film di Stallone, ma decisamente più complicato ed introverso.
Qui è sempre difficile capire chi sia il buono e chi il cattivo.
E' impossibile fino alla fine capire da che parte stia la ragione.

La storia, troppo famosa e troppo conosciuta, grazie alla versione cinematografica, qui viene raccontata attraverso la mente dei due protagonisti.
Il loro punto di vista è estremamente interiore, combattuto, incerto, Rambo sopratutto è molto lontano dal super eroe cinematografico. Paure ed incertezze si mescolano ad una rabbia interna, che viene dal passato.

Il personaggio, mi aveva conquistato sin da bambino grazie al film, tutti quelli della mia generazione, muniti di genitali maschili funzionanti, hanno giocato alla guerra impersonando l'invincibile Rambo.
Il libro me lo riconduce alla porta in una nuova veste, più vera e più matura, e grazie a questo romanzo mi trovo nuovamente ad impersonare Rambo.

Alla sera, quando sono distrutto dalla vita, ma ancora vivo, mi sento nuovamente Rambo.
A casa quando tutto sembra andare storto ma io devo continuare a combattere, mi sento nuovamente Rambo.
Al lavoro quando tutti sembrano remarmi contro, ma io imperterrito continuo a lavorare, mi sento nuovamente Rambo.

Ho amato profondamente questo romanzo, sin dalla prima riga.
Capolavoro assoluto, che si finisce per stringere al petto, quando senza energia, si giunge sfiancati all'ultima terribile parola.

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Primo sangue 2015-06-22 08:45:51 Anna_Reads
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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    22 Giugno, 2015
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Una forza inarrestabile e un oggetto inamovibile.

Primo Sangue – David Morrell – 1972 – 189 pagine

S – P – O – I – L – E – R

Sono in difficoltà.
Io lo sapevo che il film era tratto da un libro. E ovviamente, all'epoca (1982) il film mi era piaciuto tanto (e va anche da sé. Metti un personaggio western tipo Clint Eastwood – che rifiutò il ruolo - in chiave moderna e una bimba di sette anni cresciuta a pane, melodramma e mitologia; il gioco è fatto).
Il libro mi si ripresenta molti anni dopo, quando il vecchio amore pareva sopito.
Mi ci sono accostata pensando – stolidamente – di staccare un po' dopo il doppio Faulkner e il Signore degli Orfani. Me lo immaginavo un bel libro d'azione, pieno di suspence e di non troppe pretese.
Stolta.
Ne è uscita la lettura più potente dell'anno (ed è un pari merito solo perché ho letto anche Furore).
Abbiamo un giovane reduce ("il ragazzo" per quasi tutto il romanzo) che non trova più posto nella società "civile" (nel senso di "non militare").
E uno sceriffo – ex soldato, in fondo un buon diavolo – che non vuole guai nella sua cittadina.
E il solito scontro fra un oggetto inamovibile e una forza inarrestabile.
La storia comincia apparentemente in sordina, con qualche passo di minuetto fra i due protagonisti che muovono i pezzi sulla scacchiera per qualche mossa esplorativa.
Da lì il crescendo (non rossiniano) di un meccanismo che si mette in moto e procede fino all'inevitabile conclusione.
Il rischio di mandare a monte una storia del genere è altissimo.
L'errore più grande, secondo me – puntualmente commesso dal film – è di buttarsi sullo psicologismo. Il reduce in fondo è buono, e ha un disturbo post traumatico da stress a causa delle torture subite; la polizia lo maltratta per pura malvagità, ma lui non vuole fare male a nessuno e chiede ripetutamente di essere lasciato solo e in pace. Fa del male – ma non uccide nessuno - solo perché costretto e viene perseguitato. È solo al mondo perché i commilitoni sono morti e nessuno nella società civile lo "aiuta" e lo accetta. Ma alla fine avremo una figura paterna e salvifica che lo prenderà tra le braccia e lo porterà via, trovandogli un posto dove sarà accettato. E avremo solo un cattivissimo poliziotto morto accidentalmente e qualche ferito.
[PS. Il film è comunque il cult che merita di essere. Non solo per gli occhioni neri e tristi del protagonista, ma per le voci, perché il doppiaggio italiano è straordinario. Ferruccio Amendola e Pino Locchi su tutti!].

Be', Morrell questo errore non lo fa.
La scontro fra il ragazzo e lo sceriffo Teasle non è eroico, anche se forse è epico.
Ma di certo è molto molto titanico.
Gli eventi si innescano e da qual momento in poi i due personaggi agiscono spinti da una sorta di istinto di vita e sopravvivenza che li porta lontanissimi da dove sono partiti. Il ragazzo, che è quasi sempre da solo – ha fitti dialoghi con sé stesso che gli impediscono (ed impediscono al lettore) di raccontarsi storie: non volevo, mi hanno costretto. Sì. Ma mi è anche piaciuto.
Analogamente Teasle vive in poche ore un'evoluzione tale che lo porta dall'odio feroce (il ragazzo stermina la sua squadra, la sua vice figura paterna, incendia la sua città e distrugge il suo commissariato), ad un barlume di comprensione che rasenta l'identificazione e ad un momento finale di affetto e comprensione vera.
In tutto questo abbiamo un altro crescendo. Quello degli elementi. Prima l'acqua, poi la terra ed infine il fuoco, descritti dall'autore senza una sbavatura e senza mai un momento di forzatura o compiacimento. La prima notte in cui il ragazzo si rifugia fra le impervie montagne vicino alla città di Teasle si scatena un temporale che diventa in breve una tempesta.
I poliziotti hanno già cominciato a capire con chi hanno a che fare, dal momento che il ragazzo (altra scena grandiosa) è riuscito a liberarsi dell'elicottero che lo inseguiva.
Questa tremenda notte la viviamo attraverso gli occhi degli inseguitori che lottano contro il freddo, la pioggia e i piccoli ruscelli che improvvisamene diventano fiumi impetuosi e trascinano via tutto quello che trovano.
Nel mentre che son sotto il fuoco preciso ed infallibile del pericolosissimo inseguito.
Che li stermina uno per volta. Senza fretta, senza odio. Per salvarsi la vita.
Prima i cani. Poi gli uomini. Uno per volta.
È qui che assistiamo al ferimento di Osvald, il vice-padre di Teasle, e al disperato tentativo dello sceriffo di salvarlo per poi vederlo scomparire nel fiume in piena.
Il tempo passa e Teasle rimane solo. Come il ragazzo. Entrambi feriti, infreddoliti e stremati.
Teasle viene infine trovato e soccorso, dopo essersi trascinato per un campo di rovi, ma rifiuta di allontanarsi dalla montagna, prima che sia tutto finito.
Sommariamente curato e disteso su un piccolo camion, fa la conoscenza di Trautman, l'istruttore militare del ragazzo. E aggiunge un altro pezzetto alla sua storia.
Intanto il ragazzo per sfuggire agli inseguitori (intanto si sono mobilitati la Guardia Nazionale e tutti i cittadini "a cui piace sparare" dello stato) si rifugia in una miniera abbandonata.
E questa dell'elemento terra è decisamente una sequenza horror. Da leggere. Punto.
Ed infine, l'apocalisse di fuoco che il nostro scatena incendiano alcuni distributori di benzina della città.
Sono pagine che ti fanno sentire freddo, bagnato, sfinito, claustrofobico ed infine abbagliato e bruciacchiato. E lentamente smetti anche di "parteggiare" per i protagonisti, ma finisci per comprenderli davvero, entrambi – come fa Teasle con il ragazzo – proprio al momento finale.
Letto così sembra troppo ed eccessivo. Invece non c'è una parola più del dovuto e la prosa è decisamente "secca" e quasi steinbeckiana (virgola, punto e virgola, punto).
Il finale è meraviglioso e prendo congedo proprio con quello (che si discosta profondamente da quello del film).

Il finale di Teasle e quello di Rambo.

Ah sì.
Il "ragazzo" è John Rambo.
E chissà se fino a questo punto lo abbiamo immaginato con la faccia di Stallone.
Purtroppo il successo del film e la fama della star protagonista ha parzialmente eclissato la bellezza del libro, che io consiglio di leggere nella maniera più perentoria.
Ma con toni del tipo: "Piantate lì quello che state facendo e correte a leggere Primo Sangue!"
Devo ahimè aggiungere qualche dolente nota. La prima è che la traduzione italiana è pessima. Abbiamo perle quali "la moto di Rambo rombò" e pure qualche errore di ortografia.
La seconda che il libro quasi introvabile (se non nelle biblioteche).

Infine, ecco i due finali (ovviamente SPOILER)
Teasle e Rambo.

Teasle.
"Però, pensò Teasle. Però. Si lasciò cadere indietro sulla macchia, meravigliandosi delle stelle, mormorando fra sé ripetutamente che non sapeva cosa l'avesse colpito. Davvero non lo sapeva. Aveva visto lampeggiare il fucile, ed era caduto, ma dolcemente, lentamente; proprio non sapeva cosa l'avesse colpito, non lo sentiva, non provava nessun dolore. Pensò a Anna, e poi smise, non perché lo facesse soffrire, ma perché dopo tutto, non gli pareva più importante.

Senti avanzare qualcuno fra la macchia. È il ragazzo, pensò. Ma si avvicinava piano, molto piano. Ebbè, certo, è ferito gravemente.
Ma era poi solo Trautman, in piedi davanti a lui con la testa che si stagliava contro il cielo, con il viso e l'uniforme luminosi per via delle fiamme, ma gli occhi spenti. "Com'è?" disse Trautman. "È brutto?"
"No," disse. "Veramente è piuttosto piacevole. Se non penso a ciò che porta con sé. Cos'era quell'esplosione che ho sentito? Sembrava un'altra stazione di benzina che saltava."
"Io. Credo di esser stato io. Gli ho spaccato la testa col mio fucile."
"E per lei com'è?"
"È meglio di quando sapevo che stava soffrendo."
"Si."
Trautman scaricò la cartuccia vuota e Teasle seguì con gli occhi l'arco che compiva nell'aria, luccicante. Pensò ancora a Anna, e di nuovo non gliene importò niente.
Pensò alla casa nelle colline che aveva messo a posto, ai gatti che vi teneva, e anche di quello non gliene importò niente. Pensò al ragazzo e si senti travolgere da un'ondata d'amore per lui e un secondo prima che la cartuccia vuota avesse completato l'arco della sua caduta, si lasciò andare, accettò tranquillamente. E morì."

Rambo.

"E Dio?
L'idea lo imbarazzava. Soltanto nei momenti di maggiore paura gli era capitato di pensare a Dio e di pregare, sempre imbarazzato perché non ci credeva e perché gli sembrava troppo ipocrita pregare per paura, come se, malgrado la sua incredulità, Dio potesse esistere dopo tutto, un Dio che avrebbe potuto essere ingannato da un ipocrita. Da bambino ci aveva creduto. Eccome se ci aveva creduto da bambino. Com'era, l'Atto di Dolore che recitava tutte le sere? Le parole gli venivano incerte, inabituali. Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore... di che?
Di tutto ciò che era successo negli ultimi giorni. Pentito che fosse successo. Ma era dovuto succedere. Gli rincresceva, ma sapeva che se fosse stato di nuovo lunedì avrebbe rivissuto i giorni successivi allo stesso modo, e sapeva che l'avrebbe fatto anche Teasle. Non c'era niente che si sarebbe potuto evitare. Se la loro lotta aveva radici nell'orgoglio, era anche stata combattuta per qualcosa di più importante.
Cioè cosa?
Cioè un mare di cazzate, si disse: libertà e diritti. Non era partito con l'idea di dimostrare un principio. Era partito con l'idea di dimostrare che avrebbe lottato contro chiunque avesse cercato di comandarlo ancora e quella era una cosa ben diversa, non una questione di etica, ma personale, emotiva. Aveva ucciso molte persone e poteva fingere che la loro morte fosse necessaria in quanto facevano tutti parte di ciò che lo limitava, che rendeva la vita impossibile ad uno come lui. Ma non ne era del tutto convinto. Gli era piaciuto troppo combattere, piaciuto troppo il rischio e l'eccitazione. Forse era stata la guerra a condizionarlo, pensò. Forse si era abituato talmente a combattere che non poteva farne a meno.
No, nemmeno quello era del tutto vero. Se avesse veramente voluto controllarsi ci sarebbe riuscito. Semplicemente non aveva voluto controllarsi. Aveva deciso una volta per tutte di combattere coloro che interferivano nel modo di vita che si era scelto. E allora d'accordo, in un certo senso aveva combattuto per un principio. Ma non era cosi semplice perché aveva anche agito per orgoglio, tutto contento di poter mostrare quant'era bravo a combattere. Non era un uomo che si lasciava comandare, no di certo e adesso stava morendo e nessuno vuole morire, e tutte queste riflessioni sulle questioni di principio erano un sacco di cazzate per giustificarsi. Quando sosteneva che avrebbe rifatto la stessa cosa, era solo un trucco per convincersi che ciò che succedeva in questo momento era stato inevitabile. Cristo, era davvero in questo momento, e non poteva farci proprio niente e né i principi, né l'orgoglio avevano una minima importanza di fronte a quello che stava per venire. Avrebbe dovuto amare più ragazze sorridenti, bere più acqua ghiacciata, assaporare più meloni estivi. E poi, anche quello era un sacco di balle, e tutte quelle riflessioni su Dio costituivano solo delle complicazioni della decisione che aveva appena preso: se il torpore che si insinuava su per le cosce e gli avambracci avrebbe portato ad una morte facile, era anche una morte povera. Ed inerme. Una sconfitta passiva. L'unica scelta che gli rimaneva era quella del modo in cui sarebbe morto, e questo non sarebbe avvenuto come per un animale ferito e rintanato, con un lento deterioramento silenzioso, patetico, reso gradatamente insensibile. Subito. Con uno slancio di grande emozione."

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A chi vuol capire perché David Morrell sia un'icona oltreoceano e qui, invece, sia pressoché sconosciuto (purtroppo).
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