Narrativa straniera Classici La canonica di Framley
 

La canonica di Framley La canonica di Framley

La canonica di Framley

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«Cari affettuosi e partecipi lettori, abbiamo quattro coppie di innamorati sospirosi di cui occuparci nell’ultimo capitolo e io, come guida del coro, mi rifiuto di lasciarvi ancora in dubbio sulla felicità dei membri della quadriglia. Tutti furono felici». L’inizio dell’ultimo capitolo di questo romanzo lascia intuire dietro di sé il movimento dei mille fili che si ricompongono a unità, come solo un esperto e metodico regista di intrecci riesce a condurre. E infatti Trollope era un sicuro pilota di peripezie romantiche, prolifico più di tutti i suoi contemporanei di età vittoriana: scrisse quarantasette romanzi, ognuno di grande successo in vita e di duratura fortuna.



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La canonica di Framley 2014-06-11 04:26:48 Emilio Berra TO
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Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    11 Giugno, 2014
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SULLA SCIA DI JANE AUSTEN

M. Yourcenar affermava che " è conoscere male un autore averne letto un solo libro: le armoniche dell'opera ci sfuggono" . Ebbene, questa è la mia prima lettura di A. Trollope, uno scrittore tanto famoso (soprattutto nella sua Inghilterra) e con una produzione vasta e, pare, di omogenea qualità. "La Canonica di Framley " dovrebbe essere un testo rappresentativo dell'autore (sia qualitativamente che quantitativamente (siamo a oltre 650 pagine).
Lo stile è inconfondibilmente inglese, collocabile in quella gloriosa tradizione in cui l'eleganza e la bellezza della scrittura si armonizzano col 'piacere di narrare' , che significa 'piacere di leggere' per chi ne fruisce. L'accostamento è a Jane Austen. Trollope, però, nel rappresentare la società del proprio tempo, l'Età Vittoriana, ricerca una prospettiva di realismo, benché esso risenta ancora della luce del Romanticismo, che in Inghilterra brillò lungamente.

Il romanzo è ambientato nella campagna inglese dell'Ottocento, che non è difficile immaginare splendida, come appare nei dipinti dei paesaggisti dell'epoca. I tempi, però, stanno cambiando, e gli alberi secolari, vanto e delizia di una società nella cui dimensione non tutto era asservito al denaro, rischiano di scomparire a vantaggio di colture più redditizie: la scure sta per abbattersi, un po' come si avverte nel Giardino dei Ciliegi di Cechov.

Qui viene rappresentato l'intreccio di destini di personaggi delle classi sociali alte e medio-alte: la borghesia affaristica, l'aristocrazia suadente e volitiva, ed il clero anglicano nelle sue gerarchie.
Ci accostiamo al romanzo come ad una fiaba per adulti e, nel contempo, ad una rappresentazione sociale dell'Età Vittoriana: vi sono sicuramente buoni sentimenti e buone maniere, ma gli interessi affaristici e di carriera non vengono certo oscurati, tanto da indurci a riflettere su intrecci ben presenti ancora oggi. Date, poi, le condizioni del clero anglicano, viene messa in luce la connivenza fra 'carrierismo ecclesiastico' e potere politico.
I personaggi sono accuratamente delineati, ognuno ben contestualizzato nella propria categoria sociale. A primeggiare per caratteri positivi sono le figure femminili (non tutte).
Ovviamente la 'fiaba', con tanto di 'Cenerentola' (il personaggio di maggiore spessore umano e modernità), pone la sua morale, che conduce il lettore ad una riflessione che coinvolge gli aspetti pubblici e quelli privati delle nostre vite.

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La canonica di Framley 2012-06-05 14:37:07 pirata miope
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pirata miope Opinione inserita da pirata miope    05 Giugno, 2012
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PORTICINA SOCCHIUSA

Trollope è uno scrittore inglese d’epoca vittoriana, meno noto in Italia di Dickens, ma, secondo molti critici, degno di essergli accostato. Egli fu amministratore delle poste e fece protagonista dai suoi romanzi, tutti raggruppati in cicli, la realtà da lui meglio conosciuta: la vita di provincia. “La canonica di Framley” appartiene al “ciclo dei Barsetshire” cosi chiamato dalla contea immaginaria dove è ambientato. La storia raccontata, come sempre in Trollope, non ha eroi né negativi né positivi: il bene e il male nell’animo degli uomini non sono valori assoluti e non sfociano mai in azioni clamorose. In un universo deprivato di slanci emotivi da una regolamentazione ferrea delle gerarchie sociali il peccato è rappresentato dall’orgoglio di casta e la virtù dall’esserne privi: chi è povero, come il Reverendo Crawley, vive nella vergogna di esserlo, chi, come i Grantly, ha un posto elevato vorrebbe tramite il matrimonio salire ancora, e un generale disprezzo circonda chi è escluso dell’Olimpo. Ma che Olimpo è mai, quello abitato da dei meschini che occupano il loro tempo in pettegolezzi, in visite di cortesie ipocrite, riducendo religione e politica a riti futili? A mettere in crisi il microcosmo inamovibile è l’anticonformismo garbato delle due eroine del romanzo, la ricca signorina Dunstable e la modesta Lucy Robarts: esse si prendono quello scarsa libertà concessa loro dalla società vittoriana e si scelgono l’uomo da sposare. L’emancipazione dalle convenzioni che fa di loro delle paladine protofemministe alla Jane Austen altri sono costretti ad acquisirla con un doloroso itinerario interiore: Lady Lufton deve comprendere cosa l’aspetto dell’”insignificante”futura nuora nasconda, il canonico Mark Robarts deve rischiare di perdere i beni causa la firma apposta su una cambiale per compiacere un politico importante prima di arrivare a riconoscere il proprio ruolo accanto all’amata moglie. Le ambizioni, giuste e sbagliate, rimescolandosi, rendono frizzanti i dialoghi e l’intreccio della commedia: in fondo al palcoscenico la porticina sull’inferno si è solo socchiusa.

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Consigliato a chi ha letto...
A chi ama i romanzi di Jane Austen...a chi è interessato all'epoco vittoriana
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