Il porto delle anime Il porto delle anime

Il porto delle anime

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Jasmin è una madre, un soldato svedese di stanza in Kosovo. Vive per l’amore del figlio Dante, che ha avuto da un suo commilitone. Jasmin in Kosovo è stata ferita, e durante il ricovero in ospedale, tra la vita e la morte, la sua anima si è trovata per qualche giorno in un’affollata e misteriosa città portuale dove i cartelli sono scritti in cinese e dove ha visto imbarcarsi, per non tornare mai più, uno dei suoi uomini. Ma Jasmin è forte e sa come tornare dalla città misteriosa, sa che si deve stare attenti a non farsi rubare la targhetta d’argento che ti mettono al collo quando arrivi nella città misteriosa, perché è il lasciapassare per il ritorno. Due anni dopo la prima esperienza nella città dei morti, Jasmin ci ritorna di nuovo con il figlio: hanno avuto un incidente d’auto. Dante è molto grave e Jasmin non può abbandonarlo nella città misteriosa: deve tornare e lottare per quello che ha di più caro.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il porto delle anime 2015-11-05 02:04:22 Vita93
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Vita93 Opinione inserita da Vita93    05 Novembre, 2015
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Paura psicologica, questa sconosciuta

Secondo l’introduzione del romanzo, le cosiddette esperienze ai confini della morte sono proprie di coloro che hanno vissuto condizioni psicofisiche particolari, come il coma, e che sono temporaneamente entrati in contatto con l’oltretomba. Tra le testimonianze più ricorrenti si ricordano quelle che descrivono un tunnel, una luce accecante, un lago piatto e immenso.
Gli studiosi motivano tali fenomeni come immagini prodotte dal cervello in situazioni di carenza di ossigeno, ovvero distorsioni di ricordi immagazzinati nella memoria umana nel corso degli anni.
Un argomento misterioso al cui fascino hanno contribuito nel corso dei secoli mitologia, arte, letteratura.
Dante ci ha accompagnato tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, nell’Eneide Virgilio ha descritto l’Ade, i Campi Elisi. E poi i guardiani, come Caronte, e i vari fiumi infernali come lo Stige e l’Acheronte, rappresentato anche da Michelangelo.

Lungi da me qualsiasi aspettativa di trovare nel romanzo di Lars Kepler un impatto culturale altrettanto vasto, certamente non auspicavo che i coniugi svedesi riuscissero nell’impresa di rendere così dozzinale e privo di suspence un tema tanto intrigante.

“Il porto delle anime” racconta la vicenda di Jasmin Pascal Anderson, una tenente dell’esercito svedese operativa in Kosovo.
Colpita da un proiettile in uno scontro a fuoco in cui muoiono due dei suoi sottoposti, Jasmin entra in coma e, una volta risvegliatasi, sostiene di essere stata nell’aldilà, un luogo affollato simile ad un porto cinese da cui salpano numerose barche.
Nessuno le crede, tanto che la protagonista viene inizialmente ricoverata in una clinica psichiatrica.
Passerà poco tempo prima che Jasmin sia costretta a tornare nel porto, stavolta per difendere il figlio Dante, di soli cinque anni, in seguito alle conseguenze di un incidente stradale in cui entrambi restano gravemente feriti.

Il romanzo, come già accennato, non è affatto esente da evidenti limiti. Il personaggio principale è scarsamente caratterizzato, incapace di creare empatia nonostante la ricercata, e non ottenuta, drammaticità degli eventi.
I colpi di scena sono pochi e ampiamente pronosticabili. Decine di pagine ripetitive (ho perso il conto delle volte che è stata utilizzata l’espressione “madida di sudore”) e prive di avvenimenti significativi si accompagnano a sbrigative accelerazioni. Manca del tutto quella paura psicologica che il genere e l’ambientazione avrebbero richiesto. Un thriller da accostare idealmente a venature horror e gotiche, subisce invece il ritmo parzialmente frenetico e fuori luogo degno di un banale film d’azione. Un aldilà in cui trovano spazio cellulari, ristoranti, superflue scene hot ed improvvisati combattimenti a squadre degni di “Hunger Games,” ha un effetto involontariamente comico.

L’ impressione è che i due autori, lontani dalla redditizia e quantomeno qualitativamente sufficiente serie de “L’ipnotista”, abbiano cercato a tutti i costi di raccontare qualcosa di originale, esagerando, in quella che sembra soltanto un’operazione commerciale a breve distanza dal precedente romanzo.

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Il porto delle anime 2019-08-13 17:23:30 Scavadentro
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Scavadentro Opinione inserita da Scavadentro    13 Agosto, 2019
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Ma l'aldilà è in Cina?

Il tema della vita oltre la vita ha spesso trovato sbocco in molti autori precedentemente impegnati in altre opere. Il più recente che rammento è Glenn Cooper che con “Dannati” e già in precedenza con il ciclo della Biblioteca dei morti ha spaziato con fantasia e una certa perizia. Anche i coniugi svedesi riuniti sotto lo pseudonimo Lars Kepler si son cimentati nel campo, con la vicenda della tenente Anderson e del figliolo. La dura e pura e ovviamente traumatizzata soldatessa (ma gli svedesi sereni esistono?) reduce da eventi bellici tragici (tutti attorno muoiono e lei solo un coma) è convinta di essere stata nell'aldilà, che più che un porto delle anime ricorda certi quadri di Bosch e scenari da videogioco cupo e orientale, con masse di individui più o meno morti che sperano di vincere la lotteria e di non essere trasportati definitivamente all'Inferno o al Purgatorio o al Paradiso bensì di rinascere o resuscitare uscendo dal tunnel di luce, ritornando nella loro dimensione carnale. Francamente grottesca la protagonista che per salvare il figlio si deve sottoporre a nuova pseudo dipartita, onde raggiungerlo e ripercorrere il tragitto nuovamente verso la vita, ben sapendo che la lotteria non è che si vince due o tre volte di fila. Gli scontri con archi e frecce, orde di anime dannate, bande di delinquenti in un'anarchia improbabile e ingiustificata, fanno da sfondo ad una trama assai povera di spunti e riflessioni, e anche scenograficamente ripetitiva e a tratti fastidiosa. Personaggi di contorno inconsistenti (mi si perdoni la battuta: forse perché trattasi di fantasmi eterei per natura...). Nei precedenti lavori la coppia Kepler , soprattutto con “L'ipnotista” e il ciclo di Linna , ci ha abituati ad un livello assai più elevato, pur di genere e pur con riserva per finali scontati e prevedibili. Con “Il porto delle anime” si nota una inadeguatezza sia di stile che di argomento, come se la materia non fosse nelle corde degli autori. Anche il senso di inquietudine che un tema così profondo e intenso dovrebbe provocare, viene meno a causa della superficialità di tutto il romanzo. Peccato.

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Il porto delle anime 2016-01-07 07:30:57 Vany
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Vany Opinione inserita da Vany    07 Gennaio, 2016
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Ninna nanna, ninna oh...

Jasmin è una donna che ne ha viste tante nell'esercito e, dopo essere stata colpita durante una battaglia ed aver perso parte della propria squadra, entra in depressione, anche perché sembra che nessuno voglia crederle quando racconta di aver visto una strana città portuale durante il periodo di coma. Lei è sicura di essere scampata al regno dei morti e che questo esista davvero. Quindi, quando a seguito di un incidente d'auto si ritrova nella città portuale con il figlio, tenta disperatamente di difenderlo da chi intende rubargli la piastrina, il lasciapassare per il ritorno alla vita.
Dopo la cocente delusione che ho avuto nel leggere "Nella mente dell'ipnotista", volevo dare una seconda chance ai Kepler così, trovando la trama nuova rispetto al genere che sapevo essere loro, mi butto nella lettura di questo libro. Dopo tre giorni mi viene invece voglia di buttarmi dalla finestra! Ovviamente non per vedere se la città portuale esiste davvero e se sarei mai in grado di tenermi ben stretta la mia piastrina e nemmeno se la Triade verrà vestita di nero ad impiccarmi nella piazza principale dei sogni!
In più occasioni, durante la lettura del libro, mi sono chiesta: "Ma davvero?! Ma non sarà tutto così mi auguro!!"...forse potrebbe tornarmi utile un domani, dove davanti ad un bambino interessato alle favole dark saprò cosa leggergli per farlo addormentare!
L'idea di per sé non è nemmeno male...sicuramente ci vuole creatività per scrivere un racconto del genere, ma secondo me qui si è prevaricato il limite del "non scordiamoci che siamo adulti e non bambini".
Nelle letture, di qualsiasi genere, deve rimanerti sempre una riflessione...un pensiero legato a ciò che si legge (non per forza filosofico, intendiamoci), ma di fronte a questo libro non ho saputo trarre nulla, nonostante si affronti un tema che induce a forza alla riflessione (ovvero l'aldilà). Invece qui c'è solo la sfrenata lotta (e lotta in tutti i sensi, con archi, frecce e tanto di pistole!) di una mamma che tenta di riportare alla vita il proprio figlioletto e di strapparlo alle grinfie dei cattivi...punto. Non c'è veramente altro.
Anzi, mi dispiace sottolineare che questa volta ho anche notato una scarsa dialettica...il linguaggio usato dagli autori si appalesa elementare, non ricercato, ripetitivo e ridondante, con espressioni (come ad esempio la parola "bocconi") che vengono usate innumerevoli volte.
Ho dovuto, stranamente, rileggere il nome della protagonista, poiché neanche l'empatia con i personaggi risulta una prova compiuta in questo romanzo.
Peccato, perché la trama, se affrontata in maniera meno povera, anche di tecnicismi e di lessico, e più profonda nel significato, sarebbe piaciuto anche agli adulti!

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Il porto delle anime 2015-11-25 14:03:16 Leo
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Opinione inserita da Leo    25 Novembre, 2015

Delusione

In verità i lettori erano abituati ad un livello qualitativo molto diverso.

I coniugi Ahndoril stavolta sono scesi (e di molto) nella scala qualitativa.
La loro ultima fatica è in realtà un'accozzaglia di descrizioni lente, noiose e ripetitive alternate a combattimenti a squadre che neanche nel genere di Hunger Games si sono mai viste.

La trama è caotica, la protagonista per nulla caratterizzata, molte questioni sono soltanto accennate.
Sinceramente ci si aspettava di più.

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Il porto delle anime 2015-11-04 08:57:51 Pupottina
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Pupottina Opinione inserita da Pupottina    04 Novembre, 2015
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Tieni stretta la tua piastrina

È difficile spiazzare realmente il pubblico dei lettori. Con IL PORTO DELLE ANIME, i coniugi svedesii, LARS KEPLER, ci sono riusciti alla perfezione.
Ogni romanzo ha il suo quadro di aspettative inconsce che il lettore, più o meno consapevolmente, immagina di veder confermato. Quando si parla di una serie di romanzi, questo meccanismo è ancora più forte, presente nella mente di chi si appresta a leggere il libro, poiché si immagina di riprendere i personaggi nel punto in cui il lettore li ha lasciati l'ultima volta, ossia alla fine del romanzo precedente. Per esempio, in questo romanzo, il lettore si aspettava di trovare il celebre ipnotista, Erik Maria Bark, oppure l'altrettanto intraprendente detective, Joona Linna, del quale ignoriamo ancora la sorte da due anni a questa parte. I lettori potevano anche aspettarsi di incontrare Saga Bauer, figura femminile complessa, una poliziotta dal passato doloroso e dal presente incerto.
Invece, il modo che i LARS KEPLER hanno escogitato per sorprendere davvero i loro fan è quello di raccontare una storia completamente diversa, con personaggi che compaiono per la prima volta, magari inserendo antiche leggende orientali sull'aldilà e un tocco di paranormale. È così che, nel loro sesto thriller, il lettore incontra Jasmin Pascal-Anderson, una donna che ne ha passate tante e ancora non ha finito. È una madre single del piccolo Dante, di soli cinque anni, ma è stata anche un soldato dell’esercito svedese di stanza in Kosovo, il capitano di una squadra. Ha ricevuto anche una medaglia al merito, ma non l'ha voluta, sentendo di non meritarla: qualcuno dei suoi non ce l'ha fatta e lei stessa è sopravvissuta per miracolo.
Ha deciso di cambiare totalmente vita, dopo aver visto l'inferno. Però, non sa ancora di essere "un'anima gialla", come la chiamerebbero in Cina, ossia una che ha visto l'aldilà ed è riuscita a tornare indietro.
"Nessuno sa dove andiamo quando moriamo né se i luoghi dell'oltretomba esistano solo dentro di noi fra i lampi delle sinapsi."
È un romanzo thriller ad alta tensione, una lotta contro il tempo, che spiazza anche per l'ambientazione totalmente inedita, oltre che per i personaggi nuovi. È quella che nel medioevo sarebbe stata inclusa nel genere della "visione", ossia un viaggio nell'oltretomba. Noi italiani, forse, siano un po' troppo presi dalle tre cantiche dantesche per riuscire ad immaginarlo diversamente l'oltretomba, ma i LARS KEPLER ci parlano di un cittadina portuale cinese con ristoranti, hotel, archivi con le informazioni sui vivi costantemente aggiornate, negozi, tribunali e così via. È un luogo scandito da regole, come nella società reale, dove le anime vengono pesate su una bilancia; viene affidata loro una piastrina oppure vengono fatte imbarcare su un traghetto con destinazione morte definitiva. La città portuale de IL PORTO DELLE ANIME, forse, è un po' un purgatorio, dove l'attesa è tutt'altro che noiosa, se a idearla sono stati i LARS KEPLER.
"Il cervello funziona in modo molto complesso. In pochi secondi è in grado di costruire interi mondi di fantasia. Ma io non credo nell'aldilà."

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