Mark 2.0 Mark 2.0

Mark 2.0

Letteratura straniera

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Phil, tredici anni, si ritrova di fronte a Mark, il clone del suo migliore amico scomparso dopo una lunga malattia. Clonato dal sistema Laz-r-Ustm, il "nuovo" Mark torna a casa, con molto sollievo dei genitori e con delusione della sorellina Lauren: "Quello lì non è mio fratello. È troppo carino". Per Phil Mark non è esattamente l'amico di un tempo, ma a lui tocca comunque il compito di insegnare a questa nuova versione del compagno i rudimenti della vita scolastica. Ben presto Mark ritorna a essere quello di sempre: l'adorabile ragazzino che gioca con il GameBoy e gli chiede consigli su come corteggiare le ragazze. Ma un evento drammatico trasformerà l'ingenuità del clone in qualcosa di inaspettatamente diverso e svelerà le circostanze finora rimaste segrete della morte del ragazzo.



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Mark 2.0 2015-06-19 08:19:57 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    19 Giugno, 2015
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IO vs IO

E’ eticamente corretto ricorrere all’espediente della clonazione per far fronte alla perdita di un familiare, amico, prossimo a noi caro? Questa è la domanda ridondante nella mente del lettore che pagina dopo pagina cade in balia di un romanzo dal quale è impossibile distaccarsi.
Siamo nella periferia inglese in un futuro prossimo in cui la genetica detta le nuove regole del vivere. La famiglia Self è la protagonista dell’opera, ed è composta oltre che dai genitori da due figli; Mark, 13 anni e Lauren, 10.
Il primogenito della coppia è affetto da una malattia che pian piano lo consuma sino al momento dell’inevitabile morte. La perdita sembra insuperabile, il dolore è qualcosa di indescrivibile, tanto che i genitori decidono di ricorrere alla clonazione. Ed eccoci qua, dopo 6/8 settimane con un Mark nuovo di zecca, con i ricordi del precedente, ed assolutamente funzionante perché la ricerca ha raggiunto livelli tali di precisione ed evoluzione che nella riproduzione dei geni è possibile eliminare quelli soggetti a patologie dando così origine ad un clone uguale seppur migliorato dei suoi precedenti handicap. Phill, amico storico del primo Mark, non ha ancora superato la prematura scomparsa tanto che giornalmente continua a recarsi a casa dei Self sebbene sia consapevole della dipartita del compagno di avventure. Fino a quando non viene a scoprire che il tredicenne è tornato ed è in perfetta forma.
Senza indugio i genitori esibiscono l’amico al figlio che automaticamente lo riconosce, il programma di apprendimento veloce ha infatti reintrodotto nella memoria del clone immagini e suoni della sua precedente vita, dunque è impossibile che ciò non accada eppure, eppure, c’è qualcosa di diverso in questa nuova versione del “resuscitato”. Gli occhi, in particolare, dimostrano come sia spaesato, incuriosito e spaventato questo nuovo individuo che ha varcato la soglia dell’abitazione tanto nota al protagonista.
I giorni passano e le divergenze tra l’originale e la copia da evidenti cominciano sempre più ad assottigliarsi, divenendo quasi impercettibili. Anche lo stordimento, la curiosità del neo-uomo sembrano scomparire pur di riuscire ad omologarsi al suo originale. Ma è veramente possibile ricreare una copia in tutto e per tutto? Dare origine ad una persona che sia identica a quella perduta anche sotto il punto di vista morale, caratteriale e psicologico oltre che fisico? Si può andare oltre alla mera riproduzione della “scatola”, dell’involucro umano?
Per Phill il disabile è il suo unico vero amico. In un primo momento stenta a riconoscerlo, lo perde così da un giorno all’altro e di punto in bianco se lo ritrova davanti sano e, almeno all’inizio, incerto e ingenuo come un bambino. Il Mark che conosceva infatti era malato e consumato dalla malattia, la odiava e invidiava chi era in buona salute nonché tutte le attività che questa gli impediva di poter svolgere ma era vispo, arguto, non confuso e disorientato. Era sarcastico, acido, sapeva sdrammatizzare e nonostante le sue “frecciatine” non era mai spregevole a titolo gratuito. L’adolescente si ritrova con il compito inconscio di restituirgli la memoria della sua essenza; di riplasmarlo interamente e lo fa con una dovizia tale che ad un certo punto del romanzo non riconosce egli stesso l’essere che ha creato: voleva ritrovare il compagno perduto ed invece si riscopre con un individuo che va oltre le sue aspettative, i suoi piani. E sarà soltanto quando il neo-umano pur di eguagliare il vecchio sé stesso inizierà ad essere disprezzabile senza motivo che il protagonista si renderà conto di come in realtà avrebbe dovuto trattare il clone e cioè come un’entità a se stante con la quale avrebbe dovuto avere più pazienza, alle cui domande avrebbe dovuto rispondere con comprensione ed attenzione e non con sufficienza.
E mentre il lettore digerisce il “ritorno” del defunto ecco che una nuova morte si affaccia nella vita della già colpita famiglia: Lauren, la sprezzante sorellina minore, muore.
Cosa fare a questo punto? I debiti sono già molti però una nuova perdita – e di una figlia per giunta, la seconda a voler rincarare la dose, e nell’arco di pochi mesi, giusto perché altrimenti la sorte si sarebbe smentita (e come permetterlo, non sia mai!) – non è un qualcosa che si può ignorare. E zacchete! Ecco clonata anche la piccoletta.
Di nuovo, come nel caso del primogenito, i protagonisti del romanzo non si trovano dinanzi alla tagliente, disprezzante, arguta nanerottola bensì ad una perfetta ed educata ragazzina che dell’originale ha soltanto l’aspetto. Anche in questo caso gli occhi sono lo specchio dell’anima e le domande, le curiosità, i dubbi migliaia e migliaia. Sarà proprio il raffronto con il clone della sorella che permetterà a Mark II di prendere consapevolezza di sé, della sua condizione di “copia”. Rappresenterà, il suo strumento di coscienza.
Allontanato dal clone Phill riscopre la cristiana (tanto evitata) Kirsty, compagna di scuola dei ragazzi; ed è proprio con questa che prendono campo le sostanziali riflessioni sulle scelte adottate dai Self e sulle conseguenze che queste hanno veramente comportato.
Ma Farnell nulla risparmia al lettore che sul finale ha un altro colpo di scena seguito da un epilogo “aperto” in cui chi legge non può fare a meno di chiedersi: sino a che punto è lecito mentire? Qual è il limite entro il quale accettiamo che la menzogna sia parte della nostra esistenza? Quanto l’alterità è necessaria per formare la nostra identità? E’ accettabile restituire alla vita quel che essa stessa ha richiamato a sé?
Questa prima opera dell’inglese classe 1984 tutto sembra tranne che un componimento giovanile o tardo adolescenziale, è uno elaborato infatti che induce alla meditazione e che apre non poche discussioni sull’etica, la moralità, il vivere in sé per sé. Composto da una scrittura essenziale, ma non elementare, capace di giostrare gli stati d’animo dei diversi io narranti; il romanzo dà spazio a molteplici valori tra i quali spicca l’amicizia che sovrasta senza difficoltà – e leggendolo capirete il perché – quello della famiglia. Vi lascio con un breve incipit:
“Non c’era morte nella famiglia Self, non c’era il crescere e il vivere, non c’era alcun cambiamento. Solo un santuario dedicato a un passato perfetto che nessuno poteva ricordare e che probabilmente non era mai neanche esistito”.

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Mark 2.0 2015-05-27 07:26:57 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    27 Mag, 2015
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Io e il clone

Questo libro per ragazzi è la storia di una famiglia con un figlio disabile che a un certo punto muore ma i genitori decidono di farlo clonare (eliminando il gene della malattia). In casa torna il nuovo Mark, cui una ditta specializzata ha immesso anche i ricordi di Mark. Chi è Mark? E' lo stesso ragazzo? E' un'altra persona? Il romanzo è la storia della bella amicizia tra due ragazzi: Mark (1 e2) e Phil. Sembra una storia rassicurante e di buoni sentimenti anche se abbastanza arguta. Invece proprio come Il club dei padri estinti serba una sorpresa che è proprio un pugno nello stomaco. La lettura è molta piacevole e certamente l'Amicizia ne esce su un piedistallo anche se a scapito di altri rapporti familiari.
La svolta del libro lascia senza fiato, così come mi era capitato di boccheggiare leggendo Il club dei padri estinti. Ma magari un'emozione forte a qualcuno fa piacere. Non è detto che i libri per ragazzi debbano per forza seguire le autostrade dei valori famigliari e dei buoni sentimenti senza deviazioni.

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