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Uscito in Argentina nel 1944 e tradotto da Franco Lucentini nel 1955, Finzioni è il libro che ha rivelato Borges in Italia, e che da allora ha acquistato anche da noi la statura di un classico contemporaneo. Diviso in due parti - Il giardino dei sentieri che si biforcano e Artifici - il volume è composto di racconti che di volta i volta sono fantastici, simbolisti, polizieschi, esoterici, tutti volti a creare una sorta di «enciclopedia illusoria» di cui Borges è il magistrale compilatore.



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Finzioni 2020-04-24 07:59:31 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    24 Aprile, 2020
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Simbolico, onirico, ma vivo.

Si riemerge dalla lettura di alcuni racconti di Borges come si emerge da sogni molto vividi; vividi proprio come la scrittura dell'autore argentino, che nonostante spesso oscilli tra il fantastico e l'onirico, riesce a produrre nella mente del lettore immagini intense, suggestive, pulsanti. Tuttavia non vi dirò sciocchezze: leggere questi racconti non è facile: ci vuole attenzione, voglia, perseveranza. Le verità nascoste e i messaggi che Borges vuole trasmettere non sono evidenti e facili da cogliere, ma vi faranno volutamente perdere in un labirinto linguistico e concettuale che mette in evidenza la sconfinata cultura dell'autore, la sua mente acuta che ha in canna colpi di genio che sono un ibrido tra sapienza umanistica e scientifica. Per alcuni racconti, lo ammetto, ho dovuto fare delle ricerche per schiarirmi le idee, ma una volta scovata la chiave di lettura tutto diventa più chiaro e soddisfacente.
La raccolta si chiama "Finzioni" perché, nelle diverse accezioni che si possono dare a questo termine, sono presenti in praticamente tutti i racconti: l'enciclopedia completa d'un mondo fittizio; la copia d'un Don Chisciotte che vuol essere fedele al Cervantes, ma alla fine non è altro che una sua imitazione puntuale; la materializzazione d'un uomo concepito in sogno; il carnefice che si finge vittima; la messinscena dell'esecuzione d'un traditore assassinato da eroe, così da ottenerne un duplice effetto vantaggioso; e cosi via.
Alcuni racconti sono più interessanti di altri: penso a "la Biblioteca di Babele", a “Le rovine circolari" o al “Giardino dei sentieri che si biforcano", che hanno lasciato in me un’immagine molto forte e mi hanno colpito per quel che provano a trasmettere. Molte sono poi le figure ricorrenti cariche di significato simbolico: il labirinto; la ciclicità del tempo e l'eterno ritorno (concetto tanto caro a Nietzsche); il libro. Ognuno di questi simboli viene usato a più riprese: a volte come mezzo per giungere a una conclusione, altre volte rivelandosi essi stessi la conclusione.
Come vi dicevo, è difficile esprimere quanto Borges ha messo in questi racconti; è difficile farlo quando li si legge, figuriamoci a volerlo fare in una recensione. Dunque, non mi resta che concludere consigliandovi di leggerlo, ma armandovi di pazienza e stando pronti a perdervi nei labirinti, nei giochi linguistici e concettuali, nelle teorie provocatorie che non risparmiano nessuno e nei cicli temporali che Borges ha preparato per voi.

“Se l’onore e la sapienza e la felicità non sono per me, che siano per altri. Che il cielo esista, anche se il mio luogo è l’inferno. Che io venga oltraggiato e annichilito, ma che in un istante, in un essere, la Tua enorme Biblioteca si giustifichi.”

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Finzioni 2016-03-03 19:37:15 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    03 Marzo, 2016
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Magistrale

Penetrare nell’universo di Borges è allo stesso tempo affascinante e complicato, benché non sia una scusante per aver atteso così tanto. La profonda cultura che lo scrittore argentino riversa nella sua scrittura richiede un supplemento di attenzione per cercare di cogliere il maggior numero si sfumature (di tutte non se ne parla neppure), ma al contempo ci si abbandona con estremo piacere alla dimensione fantastica che si va costruendo riga dopo riga. Il libro è l’unione di due raccolte di scritti brevi uscite in precedenza riunendo lavori pubblicati perlopiù su riviste: entrambe sono precedute da un prologo dell’autore che si incarica di suggerire alcune chiavi di lettura. La prima, intitolata ‘Il giardino dei sentieri che si biforcano’, mette in mostra una componente immaginaria più spiccata che è di notevole importanza pure nel brano a struttura più classica, quel ‘Le rovine circolari’ che pare ispirarsi alla spiritualità orientale nel narrare il potere del sogno e la capacità dell’uomo di ricrearsi fisicamente durante il medesimo. Ci sono poi le variazioni letterarie, a partire dalle argute ramificazioni di ‘Tlön, Uqbar, Orbis Tertius’ in cui si immagina un gruppo di studiosi che scrive un’enciclopedia su di una società immaginata: non da meno è l’accoppiata ‘Pierre Menard, autore del Chisciotte’ e ‘Esame dell'opera di Herbert Quain’ con la geniale sfida del primo (riscrivere il capolavoro di Cervantes identica ma se come fosse nuova) che si fa preferire di un nulla alla labirintica elaborazione del romanzo a cui aspira il secondo. In tutto il libro, i racconti tendono ad andare due per due come ben dimostra la vicinanza che si percepisce ne ‘La lotteria a Babilonia’ (la riffa eletta a regolatrice del vivere comune raggiunge una pervasività tale che vien proprio da pensare che sia dio a giocare a dadi) e nel monumentale ‘La biblioteca di Babele’, in cui la sterminata (alla lettera) costruzione raccoglie tutti i libri possibili combinando ogni segno esistente. In entrambi i casi, l’umanità è minuscola e in balia dell’ambiente: risulta perciò netta la cesura rappresentata dal pezzo che dà il titolo alla sezione: seppure vi abbiano un ruolo non secondario l’Oriente, un romanzo all’apparenza insensato e un labirinto, l’impalcatura gialla e spionistica si afferma attraverso la vicenda di una spia giapponese che dall’Inghilterra deve trasmettere un’informazione a Berlino. L’atmosfera che vi si respira si ripresenta nell’abbinata del tradimento – ‘La forma della spada’ e ‘Tema del traditore e dell'eroe’ da cui Bertolucci ha tratto ‘La strategia del ragno’ – in cui nel finale si gioca con il ribaltamento di quanto è parso fino a quel momento, specie nell’appassionata chiusa del secondo che, tra l’altro, richiama le circostanze dell’assassinio di Lincoln: un cambio di prospettiva presente inoltre ne ‘La morte e la bussola’, dove un detective troppo perspicace scorge indizi ovunque, ma non intercetta quelli che racconterebbero il suo destino. Siamo ormai nella seconda parte, ‘Artifici’, che prosegue toccando toni più mistici laddove a un drammaturgo viene sospeso l’istante del trapasso perché possa scrivere la tragedia sino ad allora rimandata (‘Il miracolo segreto’) o si ipotizza Giuda come vera figura centrale della Redenzione (‘Tre versioni di Giuda’). Dopo il breve ‘La setta della Fenice’, in cui si concentra una sorta di summa delle teorie complottarde attorno a un mistero non svelato ma che parrebbe essere l’atto sessuale, ‘Il sud’ conclude il volume con una narrazione a sorpresa più ampia accompagnando il suo incerto protagonista verso il suo incongruo fato per mano di alcuni tipacci incontrati per caso: anche in queste pagine, in ogni caso, sono presenti i richiami agli altri testi che, come una sottile ma inestricabile ragnatela, avvolgono l’intera raccolta dandole un’indiscutibile patina di unitarietà.

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Finzioni 2015-08-01 15:12:50 siti
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siti Opinione inserita da siti    01 Agosto, 2015
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Sull'illusione della comprensione

E qual è la pretesa di chi ora si pone in procinto di recensire questo libro?
Presentare trama e impressioni personali?
Dire qualcosa di sensato sull’arte e sulla genialità di questo autore argentino?
Contestualizzarlo rispetto al suo tempo, alla sua patria, alla sua enorme erudizione?

NIENTE DI TUTTO QUESTO.

Non posso fare niente se non consigliarne la lettura. Dovrei a questo punto convincervi con valide motivazioni che mi riporterebbero a quella pretesa di cui sopra facendomi ovviamente incorrere nel pericolo di non poter riferire dignitosamente la trama di questi racconti, di non poter farne un ritratto opportuno e di non riuscire nemmeno a contestualizzarlo.

Allora mettiamola così...

Durante un periodo di lunga e pericolosa malattia, un ingegno ebbe modo di aguzzare la sua vista sulla realtà barcollando egli, già da piccolo, nella penombra che culminò in cecità. Amava leggere e scrivere e ragionare e cercava, come tutti, immerso in una dimensione incomprensibile, l’ultima verità.
Vagò dunque col pensiero e con la fantasia e ci restituì un’opera bellissima, non ascrivibile a nessuna categoria, forse neanche a quella del fantastico. Sapeva egli quale effetto avrebbe fatto leggere di un’enciclopedia misteriosa che rimanda ad Uqbar e TlÖn, mondo immaginario che si fonde con la realtà?
Sapeva egli, e si divertiva a pensarlo, che avrebbe indotto il lettore a immediata rilettura per tentare di comprendere ciò che aveva appena intuito? Gongolava nel prefigurarsi la gioia che avrebbe inondato una qualsiasi inclinazione filosofica, matematica, logica, o perfino solo letteraria, a gioire nel capire un piccolo dettaglio che avrebbe illuminato il suo cammino verso la comprensione? Sapeva dunque che non ci sarebbe stata alcuna comprensione?

Creò un labirinto e ne offrì delle letterarie rappresentazioni la cui materia può essere ritrovata nel racconto “La biblioteca di Babele” aiutandosi ulteriormente col negare tutte le categorie utili alla comprensione umana: via lo spazio, via il tempo, via il finito e l’infinito. Il paradosso pare trionfare. La metafora gorgoglia, il dubbio trionfa. La letteratura? Il gioco al non c’è niente da capire.
Perso in labirinti metafisici, approdò come “l’uomo grigio” del racconto “Le rovine circolari” ad altre forme, a pura ciclicità, a negazione di ogni concezione, al trionfo della dimensione onirica (“nel sonno dell’uomo che lo sognava, il sognato si svegliò”).
Si svegliò? E si perse ne “Il giardino dei sentieri che si biforcano”: letteratura e realtà paiono fondersi. Già si era esercitato nella finta recensione in “L’accostamento ad Almatosin”, burlone il nostro.
Le biforcazioni della prima parte intitolata appunto “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, dopo evidenti tratti esponenziali dei suoi racconti lo portarono agli “Artifici”, meno criptici ma altrettanto suggestivi.
Suggestionata io? No, direi: fortemente impressionata. Libro incorruttibile, infinito. Che si vuole di più? Pardon: sono ricaduta nelle categorie!

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Finzioni 2013-04-17 19:04:13 antares8710
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antares8710 Opinione inserita da antares8710    17 Aprile, 2013
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Il mondo fantastico di Borges

E' molto difficile fare una recensione su un libro come questo. Così come è molto difficile parlare di un autore complesso come Jorge Luis Borges. Sicuramente "Finzioni" non è un libro facile da affrontare e spesso si fa l'errore di affrontarlo con un eccesso di disinvoltura. Ma così non si può fare perchè Borges merita il massimo dell'attenzione e della dedizione.
In questo libro composto da diversi racconti, si compone davanti al lettore, come una mirabile visione, il mondo evocativo di Borges: un mondo dove l'erudizione, la letteratura e il fantastico si intrecciano e si fondono per creare una dimensione onirica, dove è facile non ritrovare più la via del ritorno. Ci si sente quasi smarriti davanti alla favola di Borges: si tratta di una favola incantevole e meravigliosa, tanto cara alla lettaratura sudamericana (come si fa a non pensare a Gabriel Garcia Marquez). Il titolo "Finzioni" spiega tutto. Si tratta di una realtà labirintica e meravigliosa, in cui il reale sfuma nella finzione, in cui la quotidianeità si infrange nel sogno. La realtà di Borges, infatti, è un enigma retto da leggi e regole proprie, rigorose e inafferabili al tempo stesso.
Se intendete fare un viaggio nel mondo di Borges, questo è il libro che fa per voi.
Buona lettura!

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Finzioni 2012-04-04 10:06:50 Olmo
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Olmo Opinione inserita da Olmo    04 Aprile, 2012
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IL libro. Punto.

Avete presente quando vi chiedono "quali libri portereste su di un'isola deserta?"
Ecco, questo è il mio. Non me ne servono altri. L'ho letto decine di volte ed ogni volta è meglio della precedente. Lo so a memoria (e stento a parlare di Memoria, c'è un solo uomo che ha diritto di parlarne, e quest'uomo è Funès) ma ogni volta mi sorprendo a scoprire nuove sfumature, o a gustare ancor più pienamente le vecchie... ma basta parlare di me.
Se cercate Borges in un'enciclopedia, in genere trovate tigri, specchi, gaucho, labirinti e riferimenti colti (veri o fittizi che siano). E questo c'è anche qui, ma pensare che sia tutto qui è come dire che un uomo sia idrogeno, ossigeno, carbonio, azoto e cento altri elementi chimici. E' vero, ma direste che un uomo è solo questo?
La dimensione di Borges è il racconto, e qui raggiunge forse i migliori esempi che si possano trovare nella letteratura mondiale. Prosa curata, efficace, precisa, meno descrittiva che evocativa, in poche pagine ti fa entrare in un mondo alternativo, in una biblioteca inimmaginabile ma non infinita, in una città dove il caso regna sui destini dei suoi abitanti, in un giardino dove si incrociano molti destini, in casa di una persona particolarmente brava a ricordare, e molto altro ancora. E una volta finito il racconto ti trovi lì, dov'eri prima, ma con una consapevolezza diversa della tua vita e delle mille possibilità dell'ingegno umano.
In questo libro c'è un mondo, ci sono molti mondi: Borges li racconta per accenni, per indizi, per accumulazioni successive; sta poi al lettore comprendere e completare, per arricchirsi e godere di questo fantastico narratore.

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