Ballando al buio Ballando al buio

Ballando al buio

Letteratura straniera

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Diciottenne appena uscito dal liceo, Karl Ove Knausgård va a vivere in un piccolo villaggio di pescatori sul Circolo polare artico, per insegnare in una scuola. Il giovane Karl Ove non prova davvero interesse per il lavoro, vuole mettere da parte i soldi per viaggiare e trovare tempo per dare inizio alla sua carriera di scrittore. Tutto sembra andare bene: scrive i primi racconti, si sente a suo agio con la gente del posto e riceve lusinghiere attenzioni da diverse ragazze. Ma con la notte artica che avanza, quando il buio polare comincia a velare il paesaggio, la vita di Karl Ove prende una piega più scura. Le storie che scrive tendono a ripetersi. Beve sempre di più. I suoi ripetuti tentativi di perdere la verginità finiscono in umiliazione. E sviluppa un’attrazione per una sua allieva di tredici anni. Lungo la strada rievoca gli anni del liceo e le radici dei suoi problemi. Tutto, sempre all’ombra del padre.



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Ballando al buio 2016-07-20 17:42:34 68
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68 Opinione inserita da 68    20 Luglio, 2016
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Luci ed ombre irrisolte....

Karl Ove, diciottenne neodiplomato, si trasferisce nel nord della Norvegia nell' inedito ruolo di insegnante, lui che in fondo aveva così poco da insegnare, e poi questa " era l' ultima cosa che desiderava nella vita ".
È giovane, solo, inesperto, con pensieri e desideri ancora da forgiare, aspira ad essere uno scrittore, è acerbo, ondivago, schiavo di pulsioni erotico-sentimentali e di un desiderio di autonomia e distacco da una vita famigliare complessa e disgregata.
Ma quando le giornate si fanno buie, tristi, silenti, velate di malinconiche presenze, ed il cielo, come il mare, e le abitazioni, si copre di una coltre di ispessita noia e noncuranza, ed a terra si susseguono nevose presenze e notti profonde, interminabili, e giorni senza luce scorrono imperturbabili, abbandonati ad un sonno forzato ed a lunghe ore di scrittura protratta, la forza di un tempo lontano ed apparentemente dimenticato ritorna e non resta che bere, divertirsi, sognare, arrendersi alla evidenza, pensare, ricordare, scrivere, ovattare il presente per fare chiarezza su un passato irrisolto.
Ed allora l' adolescenza, non invocata ma improvvisamente presente, scorre tra le pagine di complessi rapporti intrafamiliari, in primis con i genitori, oggi separati e con vite distinte.
Si ritorna, inevitabilmente, ai temi del primo volume, la " Morte del padre ", alle prese con quel genitore complicato ed umorale, problematico e totalizzante, dedito all' alcool, insoluto nella propria misteriosa e terrorizzante presenza.
Per contro una madre vittima designata ma empatica, dolce, tollerante, con la quale intrattenere dialoghi protratti e vivere profondita' inaspettate.
Alla fine, inevitabilmente, ciascuno è il prodotto del proprio vissuto e così Karl Ove, oggi, cerca di capire, e di approfondire, i significati e gli accadimenti che l' hanno condotto e forgiato nel viaggio verso la contemporaneita'.
La sua adolescenza ha vissuto un succedersi di cambiamenti, di partenze e ritorni, di amori negati, tra arte e musica, alcool e droghe leggere, in un caos che ha inseguito sogni e speranze.
Oggi ha quarant'anni, scrive da quarantenne, e sa che i sentimenti, lentamente, si faranno opachi, fievoli, e la vita inesorabilmente perdera' la forza degli anni passati.
Il quarto volume de " La mia battaglia " è un viaggio diretto, per lo più descrittivo, pura cronaca di eventi, ed oggetti animati, ed alterna percorsi intratemporali a dialoghi fitti e quotidiana routine.
Scava nelle passioni dell' autore, adolescente inquieto, scrittore in erba, voce fuori dal coro, continuamente innamorato di un' idea di amore che neppure conosce, e non sa definire, e ci mostra l' incipit del proprio percorso letterario e di quella vita futura ancora da plasmare.
Scopriamo la sua ammirazione per autori come Marquez ed Hamsun, da cui ha tratto spunti narrativi iniziali ( i primi racconti ), da una parte l' intreccio di più' mondi trasversali, dall' altro l' approfondimento descrittivo.
E poi l' amore per la musica, e quell' introspezione che apparentemente contrasta con un turbinio emozionale irrisolto ma che sgorga in primis da questo.
Certo, non mancano eccessi maniacali e monotematici ( si pensi ai ripetuti e maldestri incontri sessuali in attesa di perdere la verginità') a sottrarre fluidita' narrativa e ad aggiungere ripetitività' e pesantezza.
Continua quel monologo totalizzante a volte irritante, ma questo è' il personaggio-scrittore Knausgard che abbiamo imparato a conoscere ed ormai introiettato.
Credo che il flusso narrativo, quell' incedere senza pause di un racconto che si trasforma in un paesaggio della memoria, in un tentativo di riannodare i fili di una vita tortuosa, in un ballo dell' esistenza che oltrepassa spazio e tempo, abbia delle cadute di tono e di stile, e non riesca sempre a sorreggere una struttura tanto corposa.
Uno snellimento dell' opera sarebbe stato opportuno, e l' epilogo, quella luce in fondo al tunnel, al contrario lascia una certa perplessità per temi trattati e forzatura degli accadimenti, sviscerati con frettolosa noncuranza ed ansia di una chiusura ad effetto.
Il resto, e non è poco, è un fluire di eventi, una ricerca introspettiva di un senso, nello scorrere vorticoso di una vita complicata e complessa che ha ancora da svelarci, se possibile, verità e possibili risposte tuttora celate all' autore medesimo.

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