E' andato tutto bene E' andato tutto bene

E' andato tutto bene

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André è stato un cattivo padre ma è un uomo carismatico dalla vita sentimentale brillante e burrascosa. Quando si ammala, e chiede con insistenza aiuto alle figlie, Emmanuèle non può dirgli di no. Anche se questo aiuto non può che essere uno, crudo, finale. Una storia piena di grazia, malinconia e umorismo. Una storia vitale di cuori che devono essere forti quando niente è semplice, e di sentimenti umani, troppo umani per non riconoscervisi.



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E' andato tutto bene 2016-04-25 22:52:16 68
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68 Opinione inserita da 68    26 Aprile, 2016
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Amore incondizionato e dignità' umana.

Premessa. Nell' affrontare le tematiche del testo inevitabilmente si è' a rischio di spoilerare il finale.
Questa e' una storia di amore e di sentimenti descritta in modo diretto, colloquiale, asciutta nel rappresentare una vicenda toccante, tremendamente reale e che coinvolge aspetti famigliari, emotivi, etici, legali, sociali.
È' la storia di Andre' Bernheim, anziano gallerista, padre non esemplare, figura eccentrica e carismatica, viveur, vittima di un ictus che lo costringe alla dipendenza, ad una nuova vita che poco ha da spartire con il passato e che lo vede chiedere aiuto alle due figlie, Pascale ed Emmanuelle, io narrante del romanzo.
Egli esprime loro il desiderio di morire, di porre fine ad una esistenza che non sente più' appartenergli in condizioni siffatte, che è' avulsa e sfuggita al suo controllo, lontana dal suo modo di vivere e percepire, anche se il suicidio assistito per persone con malattie non terminali non è' legale in Francia.
Trascorreranno sei mesi da questa sua irrevocabile decisione, tra dubbi, tormenti, ricordi, notti insonni, ripensamenti, grovigli medico-legali, fino all' epilogo dolce o tragico, la questione e' aperta, in una clinica Svizzera.
Il tema della narrazione e' prevalentemente etico-morale. Ci riporta a vicende gia' note e trattate, riguardanti il diritto alla auto-determinazione, alla dignita' umana, a stabilire quando e quanto una vita e' degna di essere vissuta e qual e' il confine tra lecito ed illecito, tra soggettivo ed oggettivo, tra legge e morale. Sono argomenti dibattuti e profondi, difficile un giudizio che non preveda una precisa posizione a priori, religiosa o laica, con implicazioni connesse.
Allora si dovrebbe estraniarsi, veleggiare sopra il reale e chiedersi se semplicemente un individuo condannato ad una vita non vita, alla sofferenza totale, al non riconoscersi in un quotidiano non suo, ad una dipendenza estrema, ad un vuoto del corpo e dell' anima, non abbia il diritto di chiedere e pretendere di decidere del proprio destino.
Emmanuelle, figlia ed io narrante, fa proprio questo. E' dibattuta, dubbiosa, anche contraria, vorrebbe rinunciare, procrastinare, cambiare una scelta che ritiene azzardata, ma, alla fine, in lei, vince un gesto di semplice amore per un padre burbero, egoista, non il migliore dei padri, ma l' amore figliale sta anche nel riconoscere la sofferenza, il desiderio altrui, nella possibilita' del distacco forzato, nel rinunciare al proprio egoistico sentire ed esserci in nome di un bene piu' grande, il rispetto della volonta' altrui, quella carita' che e' il bene supremo, ovvero il diritto di decidere ed affrontare il proprio destino.
Un testo consigliato, profondo per tematiche e sentimenti, leggero per sarcasmo ed umorismo sotteso, sempre nel rispetto della tragicita' degli eventi, oltre ogni finta morale o cavillosa e burocratica legge, o fanatica perseveranza religiosa, smentita da chi avrebbe voluto una vita piena o semplicemente una " vita ", che per svariate ragioni l' ha persa e ci chiede semplicemente un gesto di comunione e di vera carità' umana.

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