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Anatomia di un istante Anatomia di un istante

Anatomia di un istante

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Javier Cercas vuole raccontare in forma di romanzo il tentativo di colpo di stato del 23 febbraio 1981 in Spagna. Scopre, però, che «per una volta la storia è stata coerente, simmetrica e geometrica, e non disordinata, casuale e imprevedibile», che quella realtà possiede in sé «tutta la forza drammatica e il potenziale simbolico che esigiamo dalla letteratura». E allora decide coraggiosamente di rinunciare, o forse di fingere di rinunciare, alla fiction per fare l’«anatomia di un istante» ed esporre i fatti: quelli che videro il colonnello Tejero entrare armi in pugno nel parlamento di Madrid. Ma i «nudi fatti» non sono per nulla semplici: sono anche la loro interpretazione e il loro racconto. Ciò che Cercas vede in quell’istante cruciale, mentre le pallottole dei golpisti fischiano nelle Cortes e i parlamentari cercano riparo sotto i banchi dell’emiciclo, sono tre uomini – il primo ministro Adolfo Suárez, il tenente generale Gutiérrez Mellado e il segretario del partito comunista Santiago Carillo – simbolo di valori diversi e perfino opposti, che rimangono seduti ai loro posti a sfidare il golpe. Nel suo racconto, quel loro gesto dà senso alle rispettive traiettorie esistenziali, illuminando al contempo un’epoca, un Paese e il suo futuro.



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Anatomia di un istante 2019-07-25 16:25:32 lego-ergo-sum
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lego-ergo-sum Opinione inserita da lego-ergo-sum    25 Luglio, 2019
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TRA MACHIAVELLI E ROSSELLINI

La prima caratteristica che colpisce del romanzo è la dismisura tra tempo del discorso, lungo, avvolgente, fino a generare nel lettore una sensazione di prolissità e il dubbio di una mancanza di sintesi, e tempo della storia, che per molte pagine si riduce ad un unico istante: quello in cui il tenente colonnello Tejero, il 23 febbraio del 1981, irrompe nel parlamento spagnolo, in attesa di una sollevazione dell’esercito che non ci sarà. Ma al centro di quella istantanea, o, più precisamente, di quella serie di istantanee, ricavate dalla ripresa della televisione spagnola, sono tre personaggi, Adolfo Suarez, Santiago Carrillo e Gutierrez Mellado i quali, mentre i loro colleghi si nascondono dietro gli scranni, restano seduti al loro posto. Questa immagine, in particolare, riveste agli occhi di Cercas un valore simbolico, che va oltre l’episodio contingente. La fermezza con cui i tre rispondono alle grida e ai colpi di pistola di Tejero, appare come la naturale conseguenza, l’epilogo obbligato delle loro esistenze, l’atto che le suggella e le fissa per sempre.
A partire da quel gesto, si delineano le tre biografie che compongono una parte rilevante del romanzo e ne fanno scorrere all’indietro il tempo narrativo. Viene raccontata la vicenda del leader comunista, che, dopo la partecipazione alla guerra civile tra le fila del Pce, gradualmente, già negli anni dell’esilio, si allontana dal marxismo-leninismo, abiura alla dittatura del proletariato, aderisce al cosiddetto eurocomunismo e sostanzialmente asseconda la transizione democratica portata avanti da Suarez, nonostante le critiche dei (presunti) rivoluzionari duri e puri, incapaci di comprendere la lezione della storia e di accettare la necessità del compromesso. Un insegnamento che Cercas mostra di aver recepito anche in base ad un realismo di ascendenza machiavelliana, che sembra sotteso al suo acuto e lucido argomentare politico, ad una valutazione pragmatica delle forze in gioco, ad un atteggiamento sprezzante nei confronti dei “profeti disarmati”, che il corso della storia destina inevitabilmente al fallimento, procurando esiti opposti ai loro ideali senza gambe.
Più concentrata, ma forse più drammatica, la parabola del generale Gutierrez Mellado, che quella transizione sostiene da ufficiale dell’esercito, subendo ripetute umiliazioni ad opera dei militari, fino alla mortificante aggressione personale di cui è vittima in occasione dei funerali del generale Ortin, ucciso dai terroristi dell’Eta, ulteriore spina nel fianco della Spagna del tempo. Soldato puro, egli è costretto dal suo sincero lealismo a subire il disprezzo di quel ceto militare a cui era da sempre appartenuto, sfidando l’accusa di aver disonorato la divisa e tradito l’esercito. In una scena successiva, lo si vedrà anche ordinare ai golpisti, nella sua qualità di ministro della difesa, di gettare le armi e subire l’aggressione degli stessi. In un'altra, proteggere col suo corpo lo stesso Suarez.
Ma è quest’ultimo il vero protagonista del romanzo. Sostenitore di Franco, circondato dallo scetticismo o dall’ aperta ostilità sia della destra autoritaria che dei progressisti, scelto dal re proprio perché figura di secondo piano, prende in mano le redini del paese, si rivela uno stratega dal pensiero lungo, legalizza e inserisce nel gioco democratico il partito comunista di Carrillo, favorisce lo sviluppo in senso costituzionale della monarchia spagnola, si sforza di imporre all’esercito, pur tra mille equilibrismi tattici, l’opzione legalitaria e costituzionale, e di smorzarne, lui falangista, ogni residua velleità di restaurazione autoritaria, fino a modificarne gli organici in modo da emarginare i potenziali golpisti (decisione che si rivelerà determinante per il fallimento del golpe). Mosse difficili, che l’opinione pubblica stenta a fare proprie, da destra come da sinistra, dando vita a quella “placenta del golpe” che Cercas descrive in modo mirabile, tanto che la sua ricostruzione costituisce ormai una tappa obbligata della bibliografia sull’avvenimento. Un clima diffuso, un’attesa trasversale dell’evento salvifico, che sembra, in quel giorno di febbraio, mentre si vota per il nuovo governo Sotelo, incarnarsi nella figura di Tejero che dà l’assalto alle Cortes e ne umilia i rappresentanti.
Ma il gesto di fermezza di Suarez in qualche modo ne chiarisce il senso e la strategia dell’azione politica, insieme al definitivo, e non scontato, approdo alla democrazia. E qui si segnala per la sua intelligenza il capitolo intitolato “Viva l’Italia”, nel quale l’autore lo paragona al protagonista di un film minore di Rossellini: Il generale Della Rovere. Vi si narra la storia di Emanuele Bardone, un truffatore che specula sulle disgrazie dei detenuti politici in mano ai tedeschi, alle famiglie dei quali fa credere di poterne ottenere la liberazione attraverso il pagamento di denaro. Scoperto, è costretto dai tedeschi stessi a fingersi, appunto, il generale Della Rovere, un ufficiale badogliano, con l’incarico di scoprire nel carcere di San Vittore l’identità di un capo della resistenza. Ma qui Bardone si avvicinerà ai valori di cui sono portatori quegli uomini che dovrebbe tradire, li farà propri e verrà giustiziato al grido di “Viva l’Italia”. Allo stesso modo l’ex leader franchista, col suo dignitoso rifiuto di piegarsi ai golpisti, riscatterebbe, secondo Cercas, il suo opaco e discutibile passato.
In realtà il libro, oltre che essere l’anatomia di un istante (o di più istanti) è l’anatomia della figura stessa di Suarez, che la lente del romanziere e dello storico analizza alla ricerca di un giudizio che sfugge, che si modifica costantemente, che appare come incapace di definirsi. Esemplare,al riguardo, la disamina pignola ed inesauribile delle ragioni che spingono il leader a quel gesto di resistenza passiva ai golpisti, tra le quali pure non si escludono, accanto a significati e valori più alti, una certa dose di esibizionismo e un gusto della teatralità insito nel suo carattere. Ma di grande spessore, soprattutto, la ricostruzione dell’irresistibile ascesa del protagonista, capace di incunearsi tra le famiglie del franchismo, di accostarsi ai personaggi che il suo infallibile intuito gli fa individuare come vincenti, compreso lo stesso sovrano, che al culmine di quella incredibile scalata al potere, lo nomina presidente del consiglio. E infatti, lungo l’intero arco della narrazione, il giudizio su Suarez oscilla tra critiche anche pesanti mosse dall’autore o riprese dall’opinione corrente (“affamato di potere”, “fattorino del re” “arrivista del franchismo”, per citarne alcune), annotazioni non prive di una loro comicità (magistrale il racconto del futuro leader che cambia residenza per avvicinarsi di volta in volta alle persone che ha individuato come più utili alla sua scalata), ma anche un’ammirazione di fondo che si spinge fino a scomodare per lui le categorie del “politico puro” di Ortega e di attribuirgli le doti di “intuizione storica” teorizzate da Berlin. Virtù che gli consentono, al di là e forse attraverso i suoi tanti difetti, di realizzare la missione titanica di fornire alla Spagna un solido assetto democratico. Questa oscillazione di giudizio si ripete fino alle pagine conclusive, allorché, proiettando la sua vicenda privata sullo sfondo di quella storica, l’autore ricorda di aver chiesto una volta al padre, col quale aveva spesso litigato in proposito, il perché della sua simpatia per un uomo come Suarez. La risposta, semplice e fulminante, era stata di quelle che condensano, come in un lampo, un’intera epoca storica. “Perché era come noi…Era uno del popolo, aveva aderito alla Falange, all’Azione cattolica, non avrebbe fatto nulla a di male, lo capisci, no?”
Da qui si fa strada nel romanziere il sospetto di aver voluto, senza esserne cosciente, continuare con la sua opera il difficile dialogo con il padre, e fargli sapere, sia pure post mortem, che stavolta aveva capito, che non era più il giovane presuntuoso pronto sempre a contrastarlo, che insomma esisteva ormai un terreno comune su cui entrambi potevano convergere: ”che non avevo del tutto ragione e lui non si sbagliava del tutto, e che io non sono migliore di lui, né mai lo sarò”.
Una sorta di ricomposizione generazionale vissuta dalla Spagna che, dopo aver doppiato, col fallito golpe Tejero, l’acme della sua crisi politica, si ritrova più moderna, democratica, pienamente europea. La Spagna di Almodovar e della sua nuova letteratura, di cui proprio Cercas è esponente di punta, dei suoi giovani aperti alla dimensione continentale, di un monarca e di un popolo che da quel momento in poi, per una sorta di eterogenesi dei fini, virano decisamente verso il futuro e si liberano da ogni chiusura autoritaria e nazionalistica. E questo consacra “Anatomia di un istante” come romanzo fondante di una nazione risorta e di un rinnovato spirito collettivo.
Con questa sua nota del tutto peculiare, Cercas va a collocarsi, qui come in altri momenti della sua produzione, nel filone di quel romanzo che “ri-narra la storia del Novecento su una fortissima base documentale”, secondo la definizione del nostro Scurati, che in quella tendenza si inscrive col suo “M., il figlio del secolo”, mentre la saldatura tra riferimenti autobiografici e ricostruzione storica, dove i primi finiscono con l’illuminare la seconda, sembra accostarlo piuttosto a Carrère.

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Anatomia di un istante 2017-08-28 10:02:49 annalisafr
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annalisafr Opinione inserita da annalisafr    28 Agosto, 2017
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La televisione come principale fabbricante di real

Anatomia di un istante è sicuramente una lettura impegnativa ed anche quanto di più completo ed esaustivo, sia stato scritto finora sul tentato golpe avvenuto in Spagna il 23/02/1981.
Ha il pregio di analizzare con una scrittura ritmata ed incalzante, ogni aspetto del tentato golpe, prendendo in considerazione il punto di vista e il background formativo di tutti i personaggi che vi hanno partecipato a qualsiasi titolo.
L'autore è stato in grado, come in un viaggio a ritroso nel tempo, di riportare il lettore a quel preciso istante in cui il colonello Tejero entrò nel parlamento, per consegnargli capitolo dopo capitolo un nuovo personaggio, una nuova prospettiva, una nuova storia.
Come in un racconto di fantasia (che non ha proprio nulla da insegnare alla realtà) i soggetti coinvolti, prima di essere persone, sono personaggi che interpretano il ruolo più importante della loro vita davanti ad una telecamera ed al mondo intero, facendone emergere tutta la drammaticità, l'eroismo, il doppiogiochismo e l'ignavia da cui sono posseduti.
Attraverso la visione del video che immortalò per sempre quel momento (è su youtube), saremo forse in grado di sentirci come quei tanti spagnoli che nel 1981 osservarono da casa lo svolgersi di qualcosa di surreale, vestito della "realtà" che solo lo strumento televisivo può dare e al quale ogni verità si piega.

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