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Diario segreto di Napoleone Diario segreto di Napoleone

Diario segreto di Napoleone

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Napoleone aveva un doppio, un alter ego, che ne ha condiviso il genio di stratega, anzi loha profetizzato e teorizzato, anticipando le sue campagne e poi formulandone le regole in un trattato. Questo doppio era Antoine-Henri de Jomini, generale svizzero dell'impero francese dal 1800 al 1813 finché, tradito dall'invidia del Maresciallo Berthier, passò al servizio dello zar contribuendo alla disfatta della Francia. Joseph-Marie Lo Duca, in questo Diario basato sull'autentica storia di Napoleone e sul vero pensiero di Jomini, va al di là di quello che crediamo di sapere, indagando, sul filo della cronologia, i moventi e gli impulsi profondi della straordinaria avventura dell'Imperatore, alla ricerca della chiave del suo genio segreto.



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Diario segreto di Napoleone 2013-12-03 20:23:47 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    03 Dicembre, 2013
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Due corpi, un’anima

Che Napoleone nel corso della sua esistenza avesse tenuto un diario segreto non ci è dato di sapere, per quanto la cosa potesse essere possibile, ma la stretta vigilanza a cui era sottoposto a Sant’Elena ne avrebbe senz’altro impedito la sua diffusione, e comunque ne avrebbe reso impossibile la consegna ad altri, in particolare ad Henry de Jomini, a tutti gli effetti il suo alter ego.
Quanto sopra per evidenziare come questo libro sia un vero e proprio romanzo storico, scritto con straordinaria abilità, nonché fedeltà agli accadimenti, da un autore geniale come Joseph-Marie Lo Duca. Se voglio esser sincero, dopo averlo letto e riletto, mi sono reso conto che l’opera è senz’altro più attendibile di un eventuale autentico diario e lo scopo di Lo Duca é stato quello di fornirci il ritratto di due uomini, di due geni militari, che avevano le stesse intuizioni, tanto da supporre perfino un caso di telepatia. Sarebbe però riduttivo parlare solo di questa stranezza, perché in effetti con il diario ci viene rappresentato Napoleone nel suo intimo, dalle vittoriose battaglie d’Egitto alla drammatica conclusione della sua vita nell’esilio-prigione di Sant’Elena, attraverso le esperienze provate da quest’uomo che si vide per breve tempo imperatore e poi precipitò nella polvere. Al riguardo, la parte migliore è quella che vede il corso trascinare la sua esistenza in un progressivo distacco dalla vita in quella che fu la residenza assegnatagli dai vincitori dopo la battaglia di Waterloo. Sembra di vederlo, ormai senza speranza, l’ombra di se stesso, ma con ancora qualche guizzo di vitalità; non è più l’ardore di nuove conquiste che lo sostiene, ma la pura e semplice constatazione che il suo tempo è finito, spesso mitigata da una vena di sottile autoironia.
Potrei dire che il Napoleone in esilio è più a misura d’uomo di quello vincitore nella campagna d’Italia e in tante altre battaglie, nel pieno del suo splendore, almeno fino alla rovinosa esperienza in terra di Russia. Dopo l’incendio di Mosca e Borodino l’uomo perde piano piano quella carica che lo aveva sempre sostenuto e anche la fuga dall’Elba e i seguenti cento giorni sono, più che una vera luce, un tremulo riverbero dei giorni di gloria, tanto che va incontro al suo destino a Waterloo, dove peraltro, per la prima volta, il suo alter ego Jomini si trova dall’altra parte, una cesura decisiva di due spiriti in precedenza affini. Ma il diario non termina con la morte di Napoleone, perché un’altra eccezionale invenzione di Lo Duca fa sì che lo stesso venga consegnato a Henry de Jomini, quasi una naturale continuità con il grande francese scomparso. Quindi le annotazioni proseguono, ma sono diverse, perché diverso è il personaggio, che rivela, oltre alle note capacità tattiche, anche una notevole abilità strategica, una visione generale del mondo e delle cose che Napoleone non aveva e che gli impedì, pur vincendo tante battaglie, di stroncare una volta per tutte i suoi avversari. La strategia di Jomini non è però bellica, ma è la capacità, osservando le potenze dell’epoca e i loro popoli, di enunciare un percorso per raggiungere una pace duratura. E’ un uomo che detesta la politica, le sue apparenze, i suoi vuoti discorsi ridondanti di retorica e che in fin dei conti rimpiange Napoleone, l’unico che avrebbe potuto riunire l’Europa in un’unica nazione, quindi senza più guerre, con la pace dettata sì dal vincitore, ma nell’interesse delle genti del continente. Le ultime pagine sono senz’altro le più belle di questo libro straordinario, con un Jomini disilluso come il suo alter ego Napoleone, e che chiude la sua vita terrena il 22 marzio 1869, cento anni dopo dalla nascita del grande corso, non un puro e semplice caso, perché il diario termina così: “ La mia anima è stata testimone su questa terra per cento anni. Con la mia anima dalla doppia vita, io cerco, cerco nel passato, e non ritrovo un giorno che sia stato mio.”.
Se il richiamo esoterico è evidente, ed è un motivo in più d’interesse di questo libro, la scrittura signorile, le riflessioni su cui conviene di tanto in tanto ritornare, la capacità di sondare l’animo dei due protagonisti lasciano in verità stupiti, anche per la misura a cui l’autore è ricorso, in modo da stilare un’opera in perfetto equilibrio, e quindi non greve, né leggera, insomma Il diario segreto di Napoleone è uno di quei romanzi che non si possono dimenticare, che poco a poco entrano nel lettore, senza poi mai abbandonarlo.
Da leggere, senza il minimo dubbio.

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