Narrativa straniera Romanzi storici Un gentiluomo a Mosca
 

Un gentiluomo a Mosca Un gentiluomo a Mosca

Un gentiluomo a Mosca

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Mosca, 21 giugno 1922. Il conte Aleksandr Il'ic Rostov, decorato con l'Ordine di Sant'Andrea, membro del Jockey Club, Maestro di caccia, viene scortato attraverso i cancelli del Cremlino che danno sulla Piazza Rossa fino alla suite 317 del Grand Hotel Metropol. Chiamato al Cremlino per un tete à tete, il Conte è apparso dinanzi al «Comitato d'Emergenza del Commissariato del Popolo», il tribunale bolscevico che l'ha condannato, senza remore e senz'appello, a trascorrere il resto dei suoi giorni agli arresti domiciliari per essersi «irrevocabilmente arreso alle corruzioni della propria classe sociale». La condanna non ammette errori: se mai dovesse mettere un piede fuori dal Metropol, il Conte sarà fucilato. I baffi incerati distesi come le ali di un gabbiano e il portamento fiero nel suo metro e novanta di altezza, Rostov è un gentiluomo colto e arguto, un anfitrione nato, niente affatto intenzionato a lasciarsi scoraggiare dinanzi a un simile rovescio della fortuna. Non essendo di temperamento vendicativo come Edmond Dan tés rinchiuso nel Castello d'If, ma avendo riconosciuto che un uomo deve saper governare le proprie circostanze, altrimenti sarebbero le circostanze a governare lui, il Conte decide di affrontare la prigionia mantenendo la propria determinazione nella praticità delle cose, al pari di un novello Robinson Crusoe. La pena da scontare non è poi così gravosa, essendo il Metropol un Grand Hotel tra i più sfarzosi di Russia. Inaugurato nel 1905, le sue suite art déco e i suoi rinomati ristoranti sono stati un punto di riunione di tutte le persone ricche di stile, influenti ed erudite. Ma per un uomo come Rostov, abituato a viaggiare in lungo e in largo per il mondo e a condurre un'intensa vita sociale, quella detenzione, seppure in un lussuoso albergo, si rivela al pari di una gabbia per un leone. Sebbene sia risaputo che non è da gentiluomini avere un' occupazione, Rostov inizia a rendersi conto di quanto sia gravoso trascorrere la vita leggendo, cenando e riflettendo. Fino al giorno in cui si imbatte nella ragazzina che ama il giallo, una piccola ospite dell' albergò intrepida e curiosa. Nina Kulikova, al pari del Conte, vive al Metropol in cattività, eppure la bambina ha trovato il modo di far espandere le pareti dell'hotel verso l'esterno, scovando passaggi nascosti e stanze segrete. Sarà Nina a farsi carico dell' educazione del Conte. Un' educazione che lo porterà a comprendere quanto vasto sia il mondo e affascinanti i personaggi che lo popolano, sia pure tra le quattro mura di un albergo.



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Un gentiluomo a Mosca 2022-12-25 15:47:57 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    25 Dicembre, 2022
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Aleksandr Il’ic Rostov

«Il conte non aveva un temperamento vendicativo; non aveva l'immaginazione per epopee; e di certo non aveva l'ego di sognare imperi restaurati.
No. Lui era per il dominio della sua situazione e che sarebbe stato un diverso tipo del tutto diverso di prigioniero: un anglicano lavato a secco. Come Robinson Crusoe incagliato sull'isola di disperazione, il conte avrebbe mantenuto la sua determinazione impegnandosi per gli affari dagli aspetti pratici.
Dopo aver dispensato con i sogni di scoperta rapida, i Crusoe di tutto il mondo cercano riparo e una fonte di acqua dolce; insegnano loro a fare fuoco con la selce; studiano la topografia della loro isola, il suo clima, la sua flora e fauna, per tutto il tempo mantenendo i loro occhi addestrati per le vele all'orizzonte e le impronte sulla sabbia.»

Aleksandr Il’ic Rostov, decorato con l’Ordine di Sant’Andrea, conte, membro del Jockey Club, maestro di caccia, è scortato sino alla suite 317 del Grand Hotel Metropol passando per i cancelli del Cremlino. È il 1922 ed è condannato, il conte. Condannato dal Comitato d’Emergenza del Commissariato del Popolo, agli arresti domiciliari per essersi “arreso alla corruzione della classe sociale” di appartenenza. Non vi è possibilità d’appello, al contempo, se mai dovesse uscire da quelle mura sarà fucilato all’istante. Un metro e novanta, baffi incerati, portamento fiero, un uomo colto, anfitrione, decide di governare le circostanze ma senza arrendersi a questo colpo basso della fortuna a lui ritorta. E da ogni situazione può sempre essere tratto un beneficio, d’altra parte il Metropol è un luogo sfarzoso, inaugurato nel 1905, intriso di art déco, pieno di ristoranti e luoghi lussuosi. Ma può un uomo come Rostov abituato a viaggiare per il mondo e muoversi “accontentarsi” di “quattro mura”? Le sue giornate scorrono tra lettura, riflessioni e cene, sa che non è da gentiluomini avere un lavoro ma comunque ciò gli pesa. Mai lo avrebbe pensato. Quando incontrerà la ragazzina che ama il giallo, Nina Kulinova, che vive al Metropol, scoprirà che è possibile espandere le mura del luogo verso l’esterno. Si farà carico dell’uomo la giovane, lo educherà al mondo dell’albergo e dei personaggi che lo popolano.

«A volte, tutti dicono qualcosa perché sono tutti» mise in chiaro Nina. «Ma perché si dovrebbe prestare ascolto a tutti? Sono stati tutti a scrivere l'Odissea? Sono stati tutti a scrivere l'Eneide?» Scosse il capo, per poi concludere, in modo definitivo: «Non riesco a vedere alcuna differenza tra tutti e nessuno.»

Ci sono autori che quando scoperti difficilmente si fanno e lasciano dimenticare. Ed è quel che succede con Towles, romanziere amante del Novecento, che tra queste pagine ci conduce a Mosca con un personaggio colto e intelligente, un camaleonte che sa condurre le scene e che tra queste pagine vive prendendo in mano le proprie redini e il proprio destino senza abbattersi anche se abbattersi potrebbe essere la cosa più logica e semplice da fare.
E mentre l’uomo è chiuso in queste stanze, fuori prende sempre più campo Stalin con la sua politica. I rapporti con i paesi occidentali vengono sempre maggiormente meno, la nuova realtà imposta chiusa, dura e restrittiva prende sempre più forza. La sua vita di “uomo più fortunato del mondo” si costruisce attorno ai personaggi che qui incontra, prima Sofia, madre di Nina, poi Emile, capo chef del ristorante Boyasrky, Andrey, maître del ristorante, Marina, sarta che quasi diventerà una figura materna per Rostov, Vasily, il portiere, Anna, Osip, Mishka e tanti tanti altri ancora perché il gruppo diventa come una vera e propria famiglia. Tanti volti, tanti personaggi, tante voci. Voci che costruiscono una storia ricca di emozioni e dove quel che viene maggiormente insegnato è il come reagire alle situazioni e circostanze del nostro vivere. Perché è con la forza della mente che possiamo vivere e sopravvivere a quella che è la gabbia fisica in cui ci troviamo.
Rostov riesce perfettamente in questo. Potrebbe abbattersi, lasciarsi andare, lasciarsi prendere dallo sconforto e invece reagisce cercando di trovare un lato positivo a quella “gabbia dorata” in cui si trova. Se prima il Conte doveva gestire beni materiali e patrimoni, adesso deve gestire se stesso in quello che lo spazio ristretto di una camera d’albergo ritrovandosi senza nulla, ritrovandosi ad essere un “nessuno” per la società circostante.
Nina, bambina di nove anni, avrà il merito di trascinarlo in quelli che sono i retroscena dell’albergo. Ed ecco che con la sua forza prorompente la prospettiva di Rostov cambia ancora. Perché è la prospettiva con cui Nina stessa lo guarda ad essere diversa. Per lei il Conte non è un aristocratico pre-rivoluzione bolscevica quanto un uomo che è fatto di debolezze che deve vincere, che non è capace di affrontare argomenti e certe situazioni, che si dimostra fragile in primo luogo proprio verso questo passato.
Così come Nina lo guarderà con occhi nuovi, sarà il Conte ad osservare il mondo esterno con occhi diversi e nuovi, con una maggiore sensibilità. Al tutto si somma uno stile narrativo preciso, minuzioso, erudito e una prosa ricercata che accompagna e conduce nel perfetto ritmo narrativo che gli è proprio. La dimensione spazio-temporale si dilata anche se le vicende si svolgono nello stesso luogo, questo è un altro dei grandi meriti del romanziere.
“Un gentiluomo a Mosca” è un libro stratificato, fatto di tanti elementi, composto da tanti tasselli, intriso di messaggi e una morale solida su cui riflettere. È un componimento che ben sa coniugare la commedia, l’ironia, la riflessione, la politica, l’edonismo con forza e dovizia. Al tutto si aggiungono personaggi eterogenei e tutti ben delineati da uno stile narrativo limpido, cristallino, magnetico e che incanta.

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Un gentiluomo a Mosca 2020-09-01 10:37:28 Jari
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Jari Opinione inserita da Jari    01 Settembre, 2020
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Nobilità di stile e di vita

Romanzo sublime, che si legge tutto d'un fiato e che incanta per piacevolezza di lettura e stile narrativo, merito dell'autore certo, ma anche dell'ottima traduzione. I tre decenni abbondanti in cui il protagonista, il conte Alexandr Rostov (Sasa), vive agli arresti domiciliari nella gabbia dorata dell'hotel Metropol di Mosca sono raccontati attraverso i luoghi in cui vive e lavora, che assumono quasi vita propria: le sue due piccole stanzette (una ufficiale e l'altra segreta), i ristoranti, il bar, il barbiere). Non mancano gli incontri con uomini potenti della nomenklatura comunista e dell'élite diplomatica internazionale. E non mancano anche gli affetti, sia intesi come vere e proprie relazioni padre - figlia (quella con Nina, destinata ad un tragico destino, e poi con la figlia di questa - Sofia - pianista di talento e contrariamente alla madre desitinata ad un destino radioso) sia intesi come rapporti di amicizia, fra cui spicca quello con gli altri due membri del "triunvirato". Ma è anche un romanzo di ricordi, quelli in cui il conte rievoca la sua giovinezza passata a Nizhnij Novgorod e Bellosguardo, dove si percepisce tutto il fascino della cultura e dell'animo russi. La politica rimane sullo sfondo, ma fa capolino spesso fra le pagine. Due suite dell'hotel sono testimoni di due eventi importanti della storia politica post rivoluzionaria: la stesura della nuova costituzione negli anni 20, dove con chiaro intento ironico l'autore ci racconta come fossero istituite le libertà fondamentali di coscienza, di espressione, di riunione, ma soprattutto la libertà del partito di revocarle in caso di contrasto con l'ideologia, e l'incontro del comitato centrale del PCUS l'anno dopo la morte di Stalin, dove sono mirabilmente delineati i nuovi rapporti di forza all'interno del partito. Il finale, dove emergono in tutto il loro splendore tutte le doti del conte come uomo d'armi, spia, abile tessitore di piani, è incantevole.

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Un gentiluomo a Mosca 2019-08-04 11:03:02 AndCor
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AndCor Opinione inserita da AndCor    04 Agosto, 2019
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La libertà totale degli arresti domiciliari

21 Giugno 1922.
Il conte Aleksandr Il'ic Rostov, decorato con l'ordine di Sant'Andrea, membro del Jockey Club e Maestro di caccia, si trova dinanzi al Comitato di Emergenza con l'accusa di essersi 'irrevocabilmente arreso alle corruzioni della propria classe sociale'. La condanna è la "prigionia eterna" all'interno dell'Hotel Metropol di Mosca, sua attuale residenza: se dovesse mettere anche un solo piede fuori dall'albergo, verrà fucilato all'istante.
Una situazione complicata da affrontare per un 'anfitrione nato' come lui, abituato più a viaggiare per il mondo che a respirare per vivere, ma 'avendo riconosciuto che un uomo deve saper governare le proprie circostanze, altrimenti sarebbero le circostanze a governarlo', il suo senso pragmatico, il suo spirito positivo e 'la ragazzina con un debole per il giallo' sono già pronti a venire in suo soccorso.

Nel sottofondo storico dell'Est Europa dagli anni '20 agli anni '50 del Novecento, un romanzo che è una vera e propria lezione di vita sugli imprevisti attraverso le ansie, le sfide, le aspettative e i compromessi di chi è stato costretto a cambiare la propria posizione nel mondo.
Dialoghi arguti e uno stile elegante e ricercato sono solo il preludio a una narrazione estremamente dinamica in cui i personaggi principali (specialmente uno femminile, per la quale si prova una fascinosa riverenza quasi a tal punto dal considerarla "la vera protagonista" al posto di Rostov), sui quali non mancano focus particolareggiati, sono complementari agli ambienti di (sotto)fondo e agli intrecci storico-politico-economici dell'epoca.

Una lettura ideale per chi vuole provare il fascino dell'animo russo, immune allo scorrere del tempo, osservandolo dal punto d'incontro tra il profumo di 'mille alberi di mele in fiore' di Nizhnij Novgorod e il sibilo della brezza estiva di Bellosguardo: gli indizi che l'autore dissemina fra un gatto blu di Prussia con un occhio solo, il ristorante più bello di Mosca, la stanza delle meraviglie, un bicchiere di Porto e lezioni su Michel de Montaigne e Alexis de Tocqueville sono apparentemente banali, ma sarà compito del capitolo dal titolo autoesplicativo 'Apoteosi' mostrare il loro filo conduttore in un finale assolutamente a sorpresa e impossibile da prevedere.

'Perché quello che importa nella vita non è ricevere una salva di applausi; quello che importa è avere il coraggio di avventurarsi, nonostante l'incertezza dell'acclamazione.'

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Un gentiluomo a Mosca 2017-07-28 05:36:15 cosimociraci
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cosimociraci Opinione inserita da cosimociraci    28 Luglio, 2017
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Rivoluzione socialista.

Leggo questo autore per la prima volta. Lo stile mi ha catturato subito, ironico e leggero mi ha regalato una tranquilla lettura estiva. Towles ci offre innumerevoli piccoli episodi, ricchi di personaggi, che inevitabilmente tendo ad intrecciarsi gli uni con gli altri, in maniera armonica e naturale.

Il personaggio centrale, il conte Rostov, ha una personalità intrigante e notevole. Vive in esilio forzato in una gabbia dorata che gli permette di conoscere l'evolversi degli eventi in base ai personaggi, che nei decenni, sono di passaggio dal Grand Hotel Metropol. Nonostante tutto resta e rappresenta un vero gentiluomo, anche se ormai privo di libertà. Non perde energia e mantiene la testa alta e la sua compostezza, specialmente nei tentativi di corruzione da parte di bolscevichi per usare la sua figura per spionaggio.

Il tentativo dell'autore sta proprio nel proporre episodi interessanti nonostante tutto si svolga nello stesso ambiente.

Però, forse lo stile così sobrio, non sempre ha tenuto alta la mia attenzione più abituata al genere romanzo thriller. Quasi privo di azione, quindi, ma con un pizzico di romanticismo, musica, cibo e geopolitica, racconta gli anni bui dell'URSS sotto i ferrei governi intercorsi da Lenin a Stalin, che tenta il passaggio verso la modernizzazione col tentativo di non cadere nel capitalismo americano.
Ironico il passaggio in cui il primo governo Panrusso istituisce il proprio statuto dichiarando i diritti dei lavorati tra cui quello di coscienza, di espressione, di riunione e soprattutto li priva degli stessi se utilizzati a danno della rivoluzione socialista.

Ripetendomi, non sono solito a questo genere di lettura, che mi ha a tratti interessato e a tratti meno.

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