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Colori proibiti

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Una storia intrigante, raffinati richiami all'estetismo e all'erotismo della società giapponese negli anni del dopoguerra; e inoltre una indagine sulla società patriarcale e sulle tensioni dell' omosessualità maschile come recupero della trasversalità egemonica del patriarcato.



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Colori proibiti 2016-09-17 18:51:46 kuraishinju
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kuraishinju Opinione inserita da kuraishinju    17 Settembre, 2016
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Un'interessante analisi della società

Da grande amante dei romanzi di Mishima tale lettura si presenta come un obbligo. Quest’opera, scritta durante l’apice della vita dell’autore, è decisamente uno dei capolavori della sua produzione.
Scritto sotto forma di un Bildungsroman modernizzato, la vicenda è incentrata sulla vendetta nei confronti delle donne attuata da un anziano scrittore misogino. Questi si servirà di un giovane ragazzo, incarnazione della bellezza terrena e suo completo opposto, il quale, però, presenta un “difetto” in cotanta perfezione: l’omosessualità. Ciò è uno dei temi principali di questo romanzo nonché di moltissime opere dell’autore stesso. Qui verremo catapultati in un Giappone che non accetta ancora apertamente l’esistenza dei gay, ripudiandola e relegandola in specifici luoghi della città, ricorrenti in tutto il racconto. Sarà proprio in questi posti che il giovane protagonista inizierà ad uscire dal proprio guscio, a cambiare ed evolversi (per questo un Bildungsroman), e, a poco a poco, a sottrarsi dall’accordo con l’anziano letterato stipulato quando ancora era un ragazzo ingenuo e puro quasi da qualsiasi corruzione. Se il romanzo parte come simbolo di giovinezza e gentilezza, man mano che ci si inoltrerà nella storia i toni si faranno leggermente più cupi e pesanti dando spazio al formarsi della vera personalità del protagonista, il quale si rivelerà essere un vero narcisista innamorato solo di sé stesso. Prenderanno piede così i tipici temi della letteratura di Mishima, quali la morte, l’ossessione per la bellezza, ecc., coronati da riflessioni tipiche della cultura ed educazione giapponesi.
Lo stile di scrittura è abbastanza leggero, molto scorrevole, delicato e piacevole. È un romanzo che personalmente consiglierei tantissimo, soprattutto a chi come me è interessato alla società giapponese, alla sua occidentalizzazione ed evoluzione nel secondo dopoguerra.

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Colori proibiti 2010-06-23 10:06:27 murasaki
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murasaki Opinione inserita da murasaki    23 Giugno, 2010
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del gelo della bellezza

Come sempre, davanti ad un capolavoro non è immediato applicare una metodologia critica efficace. Per "efficace" intendo riuscire a comunicare alle persone una realtà intima e allo stesso tempo universale come è la letteratura degna di tale nome.
Dunque, il romanzo di Mishima comporta una lettura paziente: una lettura fatta di strati e velature, di strade principali e strade secondarie, di sentieri e larghe carreggiate, di nicchie e , di altitudini e abissi.
La trama, aldilà di un indubbio interesse di natura puramente narrativa (è possibile parlare di "purezza" in casi nei quali trama e stile non possono vivere una senza l' altro?)è notevole poichè mette a confronto due tradizioni contrapposte : l' etica dei samurai di radice orientale e concetto della bellezza di natura occidentale (armonia del corpo nel suo elaborarsi ,per lo scrittore giapponese era inscindibile dall' elaborazione intellettuale)
Il vecchio scrittore Shunsuke protagonista del romanzo, assiste all' emersione dal mare del giovane Yuichi dal corpo perfetto come quello di una statua.
Allora, da una parte l' emblema dell'identità giapponese in decadenza è riflessa in Shunsuke (l' alter ego di Mishima, naturalmente)mentre Yuichi è la rivelazione di una realtà stilistica occidentale. Due situazioni conviventi, in un dato momento che è proprio il momento in cui il Giappone sta vivendo la lunga lacerazione del secondo dopoguerra. Mishima non si può pensare senza ri - pensare alla ricerca di una ricostituzione di quell' identità integrale che il Giappone andava perdendoe che forse oggi ha perduto . Lo scrittore non cercava di certo, come accadeva a molti suoi connazionali, un referente di modernità nel mondo occidentale. L' ideale di Mishima consisteva nella ricerca di equilibrio , nella fusione tra anima e corpo.
oggi , non solo l' estremo oriente ma anche l' occidente vive una separazione intestina, un intristimento di identità, una perdita di quel "valore" un tempo pienezza e oggi diventato progressivamente involucro, apparenza. Il "cogito ergo sum" diventa "appaio dunque sono". Ma non è questa la sede.
Mishima lottò sempre contro il conformismo intellettuale ed ebbe una formazione profondamente etica , soprattutto da parte della nonna paterna, compagna di un uomo il cui unico interesse era godere i privilegi del ricco borghese.
Probabilmente, come sostenne la Yourcenar -a mio parere l' unica tra i biografi che avesse potuto accettare e comprendere la scelta del seppuku, del suicidio rituale ,- Yukio Mishima realizzò la sua più grande opera tra l' incomprensione di tutto il mondo, il suo e quello del quale vedeva già la disgregazione. Mi permetto di segnalare la lettura del carteggio tra Mishima e Kawabata, altro grande artista giapponese che scelse invece un suicidio "grottesco", non certo tradizionale e "nobile" come quello scelto da Mishima; inoltre il pregevole saggio IL CRISANTEMO E LA SPADA di Ruth Benedict per chi desiderasse approfondire la conoscenza del modello culturale del Giappone negli anni del secondo dopoguerra.

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Il piacere, D' Annunzio
L' eleganza è frigida, Parise
Del metallo della carne, Patroni Griffi
La casa delle belle addormentate, Kawabata
La bellezza e la tristezza, Tanizaki
La croce buddista, Tanizaki
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