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Come diventare buoni Come diventare buoni

Come diventare buoni

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Katie Carr è sempre stata buona: medico devoto al bene degli altri, fedele compagna e madre affettuosa. Mentre David, il marito, con il suo eterno malumore e gli anatemi al veleno che lancia sul quotidiano locale dalla sua rubrica «L’uomo più arrabbiato di Holloway», rientra storicamente tra i cattivi. Quando Katie, dopo vent’anni di monogamia, si concede un amante la situazione si ribalta… David non è più arrabbiato e si dedica anima e corpo a diventare buono, ma buono sul serio, mentre Katie veste gli improbabili panni della cattiva. Ma come si fa a diventare buoni?



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Opinioni inserite: 6

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Come diventare buoni 2015-08-05 14:29:27 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    05 Agosto, 2015
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La carità non si vanta, non si gonfia

Un'idea di bontà piuttosto personale, quella che hanno i protagonisti di questo romanzo. Kathie è un medico che si autocompiace in continuazione della sua bontà per aver scelto quella professione. Si lascia andare ad una scappatella peraltro poco gratificante, ha delle idee ambigue sulla gestione delle comunicazioni coi figli e coi pazienti, ha un rapporto logoro col marito. Tutto questo però passa in secondo piano perchè lei è medico.
Il marito a seguito dell'incontro con un guaritore(imbonitore decide di passare in poche mosse dall'autore della rubrico "l'uomo più arrabbiato di Halloway " a uomo buono. Per farlo si disfa di oggetti dei familiari, accoglie in casa personaggi ambigui, cerca di imporre scelte di vita diverse ai vicini.
I figli beh si alternano tra il bacchettone e l'accondisendenza.
Non mi è piaciuto molto questo libro: l'ho trovato a tratti surreale, a tratti patetico. Forse lo scopo era di fare dell'ironia sulla classe media inglese. Evidentemente lo humor inglese è un pò lontano dal mio.
L'idea in sè del libro comunque non è male ed è scritto in modo abbastanza scorrevole.

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Come diventare buoni 2014-12-09 18:34:34 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    09 Dicembre, 2014
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.. e rendersi conto che è meglio rimanere cattivi

E' il secondo libro che leggo di Hornby ed è stata una seconda gradita conferma dell'irresistibile verve umoristica di questo scrittore.
Ancora una volta la sua scrittura fluida e leggera diventa un valido supporto al talento che lo caratterizza, alla sua capacità di raccontare le stranezze, le contraddizioni e le assurdità della nostra vita quotidiana con intelligente ironia ed una punta di sarcasmo.
Per questo credo che questo libro possa essere maggiormente apprezzato da chi ha già vissuto o vive tuttora la grande avventura della vita matrimoniale, e non mi riferisco certo ai primi anni, tutti rose e fiori, baci ed abbracci, trottolino amoroso du du du da da da..
mi riferisco ad una vita matrimoniale, consolidata da almeno 5 anni, di 'stronzo/stronza' seguiti da una raffica di 'vaffanculo' urlati da una camera all'altra, di telefonate del tipo 'ti odio, ma quanto ti odio? ti faccio a pezzi, in quanti pezzi ti faccio a pezzi?', di musoni e lunghi silenzi in attesa che uno dei due si decida a fare il primo passo verso un tentativo (il meno palese possibile) di scuse, cercando magari di ricordarsi a chi è toccato farlo l'ultima volta in modo da disporre di un pretesto valido per non farlo di nuovo, sino al tanto auspicato armistizio con annesso trattato di pace siglato a letto e che sarà inevitabilmente violato il giorno dopo o, nel migliore dei casi, dopo due giorni...
Avrete quindi capito su quale spinoso argomento verte questo libro di Hornby: la vita matrimoniale, una delle tante, descritta da una certa Katie Carr, la moglie, alle prese con la classica crisi depressiva indotta proprio dalle continue diatribe e guerriglie familiari col marito David e che, ahimè, non trova conforto nè con l'arrivo di un amante nè con l'affetto dei due figli.
Voi direte, tutto qui? Sì, tutto qui: ma per me è comunque tanto, sia perchè, pur trattandosi di una tematica trita e ritrita, Hornby l'affronta in modo obiettivo, intelligente e divertente, senza mai cadere nella banalità; sia perchè fa sempre molto piacere 'leggere' su carta le sensazioni che vivi ogni giorno: ti fa capire che non sei tu l'unico a subire tutto ciò, non sei l'unico disgraziato sulla terra ad essere stato ingannato da una donna che nel primo anno di convivenza ti sembra una dea e subito dopo rivela la sua vera natura infernale (ovviamente, lo stesso discorso può essere ribaltato per le donne, ma questa è la mia recensione quindi consentitemi lo sfogo... )
E soprattutto, da uomo, devo ammettere che è esemplare il tentativo da parte di David, del marito, di evitare la sorte comune di ogni crisi matrimoniale, ossia la separazione. David decide di 'diventare buono', di imporsi una svolta caratteriale così radicale da lasciare confusa ed intontita persino la moglie che essendosi ormai abituata alla 'cattiveria' del marito perde quasi un punto di riferimento, una certezza della sua vita e cade ancor più in crisi...

"Stasera comunque è diverso. Io prendo il mio libro e David comincia a baciarmi teneramente dietro il collo; poi si rovescia sopra di me e tenta di appiopparmi un grosso bacio delirante sulla bocca, come un Clark Gable orizzontale (e, ammettiamolo, leggermente sovrappeso). E' come se avesse letto l'articolo di una rivista femminile degli anni Ciquanta su come riportare il romanticismo nel matrimonio, ed io non sono affatto sicura di volere riportare il romanticismo nel mio matrimonio. Ero abbastanza soddisfatta del sistema pigia-pulsanti di David, che se non altro aveva il pregio dell'efficienza; adesso mi sta guardando come se fosse la prima volta che andiamo a letto e stessimo per imbarcarci nel più memorabile viaggio interiore della nostra vita.
Lo allontano un pò per poterlo guardare.
"Che cosa stai facendo?"
"Voglio fare l'amore con te".
"Sì, bene, d'accordo. Facciamolo. Non c'è bisogno di tutte queste smancerie."
Mi rendo conto dell'impressione che posso dare, e la detesto, perchè non sono l'intellettuale asessuata del tipo sdraiati-sulla-schiena-e-pensa-all'Inghilterra. Ma la verità è che, se questo fosse il vecchio David, adesso avremmo già finito. Io sarei venuta, lui sarebbe venuto e le luci si sarebbero spente.
"Ma io voglio fare l'amore con te. Non solo fare sesso".
"E questo cosa comporta?"
"Comunicazione. intensità. non lo so".
Ho un tuffo al cuore. I vantaggi del raggiungere la soglia dei quaranta per me comprendono: non dover cambiare pannolini, non dover andare in posti dove la gente balla e non dover essere intensi con la persona con cui vivo.
"Ti prego, fallo a modo mio", mi chiede implorante.
E così faccio. Lo guardo negli occhi, lo bacio dove vuole essere baciato, ci soffermiamo a lungo su tutto e, alla fine (per la cronaca, io niente orgasmo), mi ritrovo sdraiata sul suo petto mentre lui mi accarezza i capelli. L'ho fatto, diciamo, ma non ne vedo la ragione. "

Questo cosa dimostra: che non è facile trovare il giusto compromesso, non è facile capirsi, perchè molto spesso si tende a far ricadere sull'altro la causa della propria insoddisfazione, del proprio malcontento che invece ha motivazioni radicate dentro noi da tempo, tenute sotto terra ma che prima o poi riaffiorano.

"Improvvisamente mi sento disperata, come ci si sente sempre quando da due alternative si passa alla scelta. Voglio tornare indietro di appena qualche secondo, a quando non sapevo che cosa fare. Perchè il punto è questo: quando ci si trova in uno stato di confusione come il mio, il matrimonio è come un coltello nella pancia, e si sa di essere nei pasticci qualunque cosa si decida.
Non chiedere ad una persona con un coltello nella pancia che cosa la renderebbe felice; il punto non è più la felicità. Qui si parla di sopravvivenza: tutto sta nel decidere se estrarre il coltello e morire dissanguati o tenerlo lì dov'è nella speranza che, con l'aiuto della fortuna, il coltello stia bloccando l'emorragia. Volete un parere medico ufficiale? Il parere medico ufficiale è: tenetevi il coltello nella pancia. Davvero. "

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A chi è in procinto della crisi del settimo anno...
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Come diventare buoni 2013-03-28 13:25:12 ChiaraLotus
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ChiaraLotus Opinione inserita da ChiaraLotus    28 Marzo, 2013
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Non siamo buoni

Leggendo le varie recensioni a “Come diventare buoni” presenti su questo sito, mi accorgo che il vero messaggio contenuto nel romanzo non è stato colto completamente dai lettori, e questo è un peccato.
La crisi di coppia descritta nel libro è sicuramente uno dei motivi portanti, ma strettamente legato a quella che da Hornby viene presentata come una problematica sociale. Abbiamo infatti un giornalista inviperito definito “l’uomo più incazzato di Holloway” e, dall’altro lato, una moglie medico intenta ad auto-celebrarsi.
Curare pustole nell’ano di un pensionato, tuttavia, può garantire alla persona dei “punti bontà”?
In che modo può essere sconvolta la vita della solerte dottoressa nel momento in cui suo marito, per salvare il matrimonio, decide di diventare buono, ma buono sul serio?
Contro il buonismo e l’ipocrisia di una società intrisa di frasi fatte, abbiamo un uomo che da un giorno all’altro decide di regalare i giocattoli dei figli ai bambini poveri, promuove nel quartiere l’adozione di giovani disadattati, porta il pranzo di Natale ai barboni nelle strade.
E sua moglie è costretta a guardare in faccia la realtà: non è sufficiente svolgere una professione socialmente utile per potersi definire una persona per bene. La vera generosità richiede altri principi ed altre caratteristiche, che non possono nascondersi dietro una facciata, dietro una maschera o un ruolo sociali.
L’amore per il prossimo è qualcosa di innato, non si compra al supermercato e può diventare sconvolgente se non trova – intorno a sé – il terreno fertile per poter attecchire nel cuore delle persone.
Questo è ciò che Hornby ci vuole dire: state attenti, non siete buoni, ma non è mai troppo tardi per poterlo diventare.

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Come diventare buoni 2011-08-29 18:28:41 Polly*
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Polly* Opinione inserita da Polly*    29 Agosto, 2011
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How to be good

Secondo libro di Hornby che leggo,con piacevoli risultati. Completamente diverso,rispetto al precedente che ho letto(About a boy)ma con l'ironia e la limpida scrittura del solito Hornby. La trama sembra semplice. Una coppia. Un tradimento. Un distaccamento. Ma la tela tessuta attorno a questo problema fa scaturire altre questioni ricorrenti nella vita di un uomo del nostro secolo.

Senza peli sulla lingua Hornby ci racconta come la pensa. Attraverso Katie Carr.

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About a boy
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Come diventare buoni 2010-02-05 15:07:09 sabrinat2601
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sabrinat2601 Opinione inserita da sabrinat2601    05 Febbraio, 2010
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Come diventare buona coppia...

Insolito Hornby, o meglio insolita location. Non più uomini eterni bambini, ma i problemi di una coppia borghese, nella quale il marito ha fatto della cattiveria la compagna di vita e la moglie dopo anni di bontà si riscopre pronta ad un futuro diverso.
Raccontato con l'inconfondibile stile ironico dolce e amaro. Come diventare buoni è un libro consigliato a tutti. Cambiare è possibile!....o forse no?!

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Come diventare buoni 2008-12-18 13:30:31 intruppone23
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intruppone23 Opinione inserita da intruppone23    18 Dicembre, 2008
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L'uomo più arrabbiato di Holloway

Nick Hornby questa volta abbandona il suo personaggio tipo: inglese, single, eterno peter pan, emozionalmente infantile; per raccontare la storia di una coppia.
una coppia particolare.. lui è un uomo irascibile, presuntuoso, supponente, che su queste caratteristiche ha basato la sua vita e il suo lavoro; lei invece è una "brava" donna, impegnata nel sociale, sensibile e disponibile, tranquilla e fedele, fino a prova contraria!
infatti un suo tradimento cambia radicalmente i rapporti di forza all'interno della coppia, stravolgendo ruoli e situazioni.

probabilmente uno dei romanzi meglio riusciti di hornby, dove con stile e piacevolezza trova appigli per far esplodere tutta la sua vena ironica e situazionista, concentrandosi sulle emozioni e i problemi di una borghesia che cerca ragioni per non sentire la propria vita scivolare via.
fino al paradosso di trovare quasi fastiodiosa l'eccessiva bontà di un uomo che esce dal seminato della normalità.

un bel libro da uno degli autori inglesi più in forma di inizio secolo

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