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Un noir giapponese. Un giornalista free lance di 34 anni, cercando una ragazza squillo sparita senza lasciare traccia, torna sul luogo del loro ultimo incontro, il Dolphin Hotel di Sapporo. Ma il piccolo albergo nel quale l'uomo aveva alloggiato con la ragazza si è trasformato in un lussuoso hotel dove, prendendo l'ascensore del personale, può capitare di essere trasportati in uno spazio buio e gelato abitato da presenze inumane. All'interno di questa dimensione paurosa comincia a delinearsi un intreccio diabolico di morte, corruzione e follia, ma anche di abissale solitudine.



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Dance dance dance 2014-02-26 15:13:00 Todaoda
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Todaoda Opinione inserita da Todaoda    26 Febbraio, 2014
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Sognare e non sognare

Sforzarsi di vivere è fondamentalmente inutile. Lottare, affaticarsi, per tentare di raggiungere grandi obbiettivi è solo fatica sprecata, poichè questi il più delle volte si rivelano comunque non essere alla nostra portata e le altre, una volta conseguiti, quei pochi, si scopre che alla fine, in fondo, non ne è valsa la pena, non ne è valsa la fatica. Molto meglio allora seguire il naturale fluire delle cose, il ritmo della vita, e, pur mantenedo alcuni principi, alcuni valori basilari (quasi a guisa di traccia etica) adeguarsi ad esso, adeguarsi all'incessante, logico, eppure talvolta pazzo roteare della terra e con esso, seguendo le sue note, la sua musica, ballare, ballare e ancora appunto ballare. E così alla fine si scoprirà che più dei grandi sogni sono le piccole cose quelle che contano, quelle che ci fanno andare avanti, quelle piccole soddisfazioni che bilanciano così bene le avversità quotidiane nell'eterno ciclo di una vita comune. In fondo a che serve una Maserati, quando si ha già una piccola Subaru di seconda mano? Trovi anche parcheggio più facilmente e se per sbaglio gli fai un graffietto... Dunque meglio non sforzarsi, meglio vivere sereni, trovare il buono in ogni cosa e se proprio per una volta va male, amen!, ormai quel che è stato e stato e domani, come si suol dire, è un altro giorno. Un giorno in cui svegliarsi, sentire il tepore del sole sul viso, sorridere al canto degli uccellini e danzare vorticosamente.
Ohm... Adesso fate due respiri profondi, lasciate che la negatività fluisca fuori da vostro corpo e andate in pace, la seduta è finita! Danzate figliuoli, danzate sereni... Occhio ai pali della luce però!
Va bene, battute a parte questo è suppergiù il messaggio del libro, un messaggio interessante, magari un po' banale, magari un po' ingenuo e non da tutti condivisibile, ma senza dubbio interessante e la cui attuabilità non è sempre così scontata. Vero è infatti che l'uomo spesso preso dalla frenesia della vita moderna si dimentica di respirare, di osservare e talvolta persino di vivere; se solo per un minuto smettese di pensare a quel che non ha e osservasse cosa ha già!, sembra dirci l'autore.
Ma ahimè come è vera la prima affermazione è altrettanto vero che spesso e volentieri sono proprio gli obiettivi che l'uomo si pone, anche se talvolta irraggiungibili, a farlo vivere, a farlo danzare. E più grande è l'obbiettivo più bella deve essere la danza. E poi se ci accontentassimo già di quel che abbiamo, se ci ritenessimo già perfetti, e dunque non avessimo neppure un' aspirazione, cosa vivremmo a fare? Per bearci del creato? Sai che noia! Dunque ben vengano i problemi, l'ansia e su scala più grande povertà, carestie e guerre? No certo che no, ma... perchè buttare via una Maserati?! Se hai la fortuna di avere un amico che non sa cosa farsene e te la regala, perchè restituirgliela? Non ti ci trovi bene, il tuo amico non la rivuole? Vendila! Sai quante Subaru ti ci compri? Darla via, restituirgliela, non è danzare accontentandosi delle piccole cose, è sputare in faccia alla vita e a chi balla attorno a te! ...Oltre a non capire un tubo di macchine!
Torniamo al libro. In realtà l'autore ha anche ragione, è vero quanto sostiene, ma è vero solo in parte, la verità infatti non è mai agli estremi, ma come dicevano gli antichi è nel mezzo: certo ci sono problemi, ansie, sofferenze, ci sono in ogni vita, e allora cosa?, rinunciamo all'ambizione, grande e piccola che sia, così evitiamo di soffrire? Questo non è il modo per vivere bene, è il modo per rinunciare a vivere. Il giusto è nell'equilibrio e anche nella difficoltà, la difficoltà di riuscire a porsi degli obbiettivi, sforzarsi di raggiungerli e non dimenticarsi di trarre ogni tanto un respiro e, perchè no, di danzare. Questo è il giusto, il vero; è difficile, ma è anche l'unica via, chiunque riuscirà a perseguirla, soffrirà certo, faticherà ovvio, ma gioirà anche e salvo icredibili, fantozziane sfortune, vivrà bene, sereno e in maniera onesta. (Ovviamente questo è un discorso che vale per l'uomo comune che vive nell'ambito di una società civile e mediamente evoluta, ma poichè questo è anche l'ambito del romanzo...)
Detto questo il messaggio del libro rimane interessante e senza dubbio il modo con cui Murakami fa affrontare la vita al protagonista aiuta il lettore a ridimensionare i suoi problemi. E se è vero che, come dicono gli esperti, il massimo risultato ottenibile per un libro è la catarsi del lettore, be in tal caso obiettivo centrato. Peccato che qui si teorizzi l'inutilità delle grandi aspirazioni, ma lasciamo stare, non riapriamo la discussione!
Veniamo invece alla realizzazione, poichè se è verò che a livello di messaggio, morale si sarebbe detto un tempo, Dance dance dance, è senza dubbio un libro quanto meno riuscito, a livello realizzativo ha purtroppo grandissimi difetti. Non parlo dello stile dell'autore, la cui abilità nel essere profondo ed intimo pur mantenedosi leggero e scorrevole è riconosciutà in ogni ambiente letterario, ma dei singoli contenuti dell' opera che a tratti, in alcuni passaggi, rappresentano delle vere e proprie vette letterarie, ma in altri delle grossolane cadute di stile.
Dance dance dance è una sorta di seguito non seguito di Nel Segno Della Pecora, la storia riparte circa da dove era terminata l'altra per poi evolversi tutta in maniera differente. Se da un lato questo può essere piacevole, poichè è sempre interessante, ove non si ecceda, ritrovare un protagonista per così dire famigliare, dall'altro reca un grosso problema: se il primo libro, vuoi per una serie di motivi in cui ora non è il caso di addentrarsi, non era esattamente riuscito, si rischia riprendendo il soggetto di trasportare i difetti anche nel secondo libro. E qui così purtroppo accade, ed è un vero peccato, poichè come s'è già detto il romanzo in se è valido.
Ma che bisogno c'era di riproporre quell'assurdo e veramente poco credibile personaggio dell' Uomo Pecora? Che bisogno c'era di reintrodurre l' ex fiamma dalle orecchie portentose, orecchie così particolari che una volta messe in mostra, una volta "aperte" sono in grado di sovvertire le leggi della fisica?
Delle orecchie? Ma dai! Cioè tutt' al più delle orecchie possono essere ben fatte, carine, sensuali... Se una storia parte da dei presupposti inconsistenti, incredibili, non importa quanto valida, bella, delicata e toccante possa diventare, sarà pur sempre una storia campata per aria. Certo occorreva l'elemento di rottura, l'imprevisto che fa nascere dalla routine di una vita come tante una vicenda degna di essere raccontata, ma per una volta si poteva lasciar perdere l'elemento surreale. Capisco anche che ormai questo sembra sempre più diventare il marchio di fabbrica dell'autore, ma per una volta, solo una, si poteva anche evitare, in Norwegian Wood c'era riuscito ed è diventato uno dei suoi libri più amati, perchè dunque ricascarci qui? In racconti come La Fine del Mondo il surreale ci sta anche bene, poichè tutta la storia è così, è un urban fantasy, ma in questa, che a tratti è talmente legata alla realtà da sembrare quasi un giallo o un noir, si poteva lasciar perdere, no? Poi col libro successivo avrebbe potuto parlare di fate ed unicorni quanto voleva, ma almeno in questo! E non è il mio un protestare vuoto per amore della critica è perchè questo è veramente un bel romanzo, che come si diceva si eleva a vette letterarie raramente raggiungibili oggi giorno (vedasi per esempio i dialoghi tra il protagonista e la ragazzina chiusa in se stessa che gli piomba nella vita o l'angosciante, quasi kafkiano, interrogatorio della polizia o ancora il personaggio di Dick North: un personaggio di passaggio, solo appena accennato eppure così ben caratterizzato da rappresentare da solo un mondo e una stagione, le Hawaii di fine estate.) Eppure no, quasi Murakami si sentisse in obbligo nei confronti del lettore, ci rificca dentro il surreale, e se non è l'Uomo Pecora, sono le orecchie portentose della sua ex, e se non sono quelle sono delle allucinazioni alla Shining con alberghi dai piani inesistenti o peggio ancora gli scheletri in soffitta (ma nel vero senso della parola!) e tutto il romanzo viene irrimediabilmente ridimensionato, se non addirittura rovinato, e ciò che poteva essere un moderno capolavoro meritevole da solo di nobel per la letteratura, torna ad essere il simpatico romanzo di un bravo e un po' stralunato autore.
Pazienza, che ci volete fare, in fondo lui stesso ci insegna che è meglio accontentarsi, rinunciare ai grandi sogni e ballare, ballare e ballare.
Se lo dice lui...

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Dance dance dance 2013-09-29 16:27:49 dames
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dames Opinione inserita da dames    29 Settembre, 2013
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Perché il Dolphin Hotel?

Ho ripreso in mano questo libro dopo diversi anni. Mi era piaciuto e ho voluto rileggerlo dopo 1Q84, La fine del mondo e il Paese delle meraviglie e l’Uccello che girava la viti del mondo.
Purtroppo devo dire che stavolta mi ha lasciata delusa.
L’ho trovato a tratti persino noioso, forse perché avendo ormai capito i meccanismi classici della scrittura di Murakami , non l’ho trovato per nulla originale e sorprendente.
Si ,c’è il solito ascensore, l’oscurità, personaggi ai limiti della fantasia, la solita alternanza fra mondo di qua e mondo di là.
Il protagonista non ispira particolare simpatia, non brilla per intelligenza o per spiccate doti caratteriali, è solo, svolge un’attività che non gli piace, pratica il sesso con ragazze a pagamento. Come si autodefinisce lui stesso: “ le persone che hanno un rapporto con me un bel giorno se ne vanno…. Ma la cosa più dolorosa è il fatto che lasciavano la mia casa più tristi di quando erano arrivate….”
Un giorno sente che è arrivato il momento di cambiare, perché la paura di vivere, che vuol dire accettare anche il dolore della perdita, il senso di precarietà e la paura della morte, lo ha tenuto per troppo tempo isolato dal mondo e da quella parte di se stesso che invece vuole vivere ma soprattutto amare ed essere amato.
Il luogo in cui capisce che tutto ciò può realizzarsi è il Dolphin Hotel (ma non lo capiamo noi: perché proprio lì?), un vecchio e particolare albergo in cui era stato cinque anni prima con una ragazza squillo con cui aveva avuto una breve e inconsistente relazione.
Da quel punto il romanzo prende i toni di un” noir” con tanto di cadaveri (uno vero e uno presunto), un assassino ( o presunto tale) una ragazzina provvista di doti paranormali con dei genitori intelligenti, famosi ma ahimè totalmente irresponsabili ( ma non esistono i servizi sociali in Giappone?), un uomo senza un braccio, un uomo pecora.
Incontrerà anche una receptionist con cui nascerà una nuova storia d’amore e una nuova vita. (Ma non si capisce perché la ragazza si innamora di lui, forse perché tutti e due hanno sperimentato il corridoio buio? – un po’ poco sinceramente!)
Devo dire che l’ambientazione, i dialoghi e i personaggi sono descritti molto bene, ne verrebbe fuori un film meraviglioso , per gli amanti del genere.

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Dance dance dance 2012-12-31 11:59:16 Maso
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Maso Opinione inserita da Maso    31 Dicembre, 2012
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L'importante è danzare

Dopo la meravigliosa ed inaspettata sorpresa avuta con “Kafka sulla spiaggia” perché non dare un’opportunità all’abbandonato “Dance Dance Dance”? Sarebbe stato ingiusto lasciarlo a se stesso senza un secondo tentativo, bollando questo romanzo come qualcosa di non gradito solo per qualche sensazione che avrebbe potuto essere errata. E infatti è stato proprio così. Comincio a sviluppare una sorta di diffidenza nel personale giudizio su libri che non mi convincono e ho bisogno di una riprova tangibile che solo con una rilettura posso ottenere. Il più delle volte questo risulta essere un procedimento che si conclude con successo e con un ripensamento a tutto tondo sull’opera in se e sulle capacità dell’autore. “Dance Dance Dance” era stato abbandonato dal sottoscritto per delle motivazioni prettamente emotive di un periodo della mia vita, come tutti ne hanno, che mi ha impedito di portare a conclusione la lettura. Finito il periodo in questione, voltate le pagine, chiuse le porte, riprenderlo è stato un attimo e il risultato è stato esaltante. Ne è venuta fuori una lettura piacevolissima, che incrementa notevolmente il mio parere, già positivo dopo “Kafka sulla spiaggia”, su Murakami. Un autore con i propri topos, caratteristici e inconfondibili. Con il solito linguaggio lineare, semplice, a tratti estremamente fotografico per quanto riguarda determinate scene. Scene che vengono pensate e descritte come se ci trovassimo di fronte ad una mostra di fotografie sul mondo contemporaneo o davanti ad un film d’autore con un eccellente gusto per l’estetica. Scene che vengono descritte con un linguaggio potente, con frasi incisive e particolari, che, il più delle volte, riescono ad esprimere a fondo quel gusto per l’essenziale tipico della tradizione estetica nipponica.
Questo romanzo in particolare racconta della vita. E fin qua non sembrerebbe nulla di particolarmente straordinario né particolare. Naturalmente il nocciolo della questione sta nel come il concetto di vita viene raccontato. Un concetto che si suddivide in una serie di collegamenti che avvengono per ogni essere umano, collegamenti i quali formano una sorta di cammino già scritto, dove ogni parte di esso trova ragione nel tutto, dove il destino, o qualcosa di indefinito ma dalle medesime funzioni, mostra a volte le proprie intenzioni e ci collega a fatti della vita in modo da raggiungere un fine ignoto. Per il protagonista di questa storia, di cui, per inciso, non viene mai menzionato il nome, il destino prende la forma di un’uomo, o di una presenza, o, ancora meglio, di un’entità immaginaria e contemporaneamente reale: l’uomo pecora. Benché il nome faccia pensare ad un personaggio dalle peculiarità comiche, egli è il guardiano di tutti questi collegamenti che segnano il percorso di vita del protagonista, che si troverà in pochi mesi a sconvolgere la propria esistenza fondamentalmente monotona al fine di perseguire e portare a termine alcune questioni in sospeso con il passato. Durante questo suo viaggio, mentale e fisico, conoscerà persone che diverranno fondamentali per il suo scopo, ma fondamentali anche per il proprio benessere. Incontrerà una ragazzina bisognosa di amore, con una dote molto particolare. Incontrerà una vecchia conoscenza salita agli onori della cronaca e diventata celebre, incontrerà una receptionist di cui avrà disperatamente bisogno. Un percorso tortuoso lo farà entrare ed uscire dalla realtà, in situazioni che solo un autore come Murakami può mettere in piedi, riuscendo a disorientare il lettore a proposito di cosa sia e cosa non sia reale e tangibile per il protagonista e per chi segue le sue vicende. In definitiva, una bellissima favola moderna sul destino che attende ognuno di noi e su come i fatti quotidiani della nostra vita possano concatenarsi per raggiungere lo scopo della nostra vita. Uno scopo che può essere alto nonostante la nostra esistenza appaia sostanzialmente inutile al progresso sociale, o uno scopo apparentemente inutile nonostante la nostra vita sia stata ricca di successi. Una sorta di meditazione, “Dance Dance Dance”, sui rapporti umani, su quanto possano essere fugaci, su quanto possano essere dolorosi nel loro apparire troppo effimeri e destinati ad una conclusione. Un romanzo che tocca alcune corde importanti, come quella del sentimento, della solitudine, del bisogno di amore, ma anche della mancata realizzazione personale che diventa malattia in un mondo così ossessionato come il nostro dal progresso, dal successo e dalla sua immagine troppo spesso opulenta e mendace. Un romanzo che, in fin dei conti, ci fa pensare e forse credere che per ognuno di noi, come succede al protagonista, c’è qualcuno che in una stanza di hotel piange per tutte le cose di cui noi stessi non riusciamo a piangere.

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Dance dance dance 2012-10-01 13:27:46 Kediler
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Kediler Opinione inserita da Kediler    01 Ottobre, 2012
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Dolphin Hotel

Posso dire che come sempre Murakami non delude mai, mi aveva stuzzicata con Norvegian Wood, rapita con After Dark e sicuramente ha fatto un'altro centro con Dance dance dance. Il libro è intrigante e anche confuso dalla prima all'ultima pagina, ma è una confusione meditata che non lascia nulla al caso! è un libro denso e compatto dove il lettore si trova faccia a faccia con uno strano "io" e dove ci si ritrova quasi a rasentare la follia, ma è una follia comune, che fa parte del quotidiano. Murakami studia ed interpreta l'essere attraverso un "io" contorto e pieno di richiami!
Il libro è un capolavoro, che forse crea qualche problema nelle prime 100 pagine dove è facile perdersi e dove la domanda è "ma dove vuole arrivare con questo libro? Ma chi è questo personaggio!?".
Per me è un libro che tutti dovrebbero almeno provare a leggere

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Dance dance dance 2012-07-23 17:13:53 Michele
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Opinione inserita da Michele    23 Luglio, 2012

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In questo libro, la scrittura è così evocativa e intrigante, che tutte le scene del libro, sono come scene vivide di un film. Penso che se mai uscirebbe un lungometraggio basato su questo libro, sarebbe un successo. Opinione personale chiaramente. E' un libro che mi ha letteralmente rapito sin dalle prime frasi. Lo spessore dei personaggi è notevole, soprattutto la ragazzina Yuki, che ha dei poteri paranormali e riesce a vedere la verità, dove essa si nasconde. 500 pagine non l'ho neanche sentite. E' un libro che danza, tra stati d'animo intensi e veri; ad un tratto del libro, sono precipitato in una leggera tristezza e angoscia, come se non potesse andare peggio di così. Ma dopo di che mi sono sentito risollevato. E' un libro psicologico; io nel personaggio mi ci sono rispecchiato molto, soprattutto perchè durante la lettura del libro, vivevo solo in casa, e alcune sensazioni ed emozioni, le ho vissute anch'io e ritrovarle nel libro, è conforante e piacevole, come chiaccherare dei bei tempi andati con un vecchio amico. Il finale è un non-finale per me; lascia intravedere un altra vita, un altro corso,un altro tempo e un altro spazio. Consigliato a chi vuole vedere la realtà, da un punto di vista introspettivo e lasciarsi trasportare dalla danza onirica di Murakami.

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Dance dance dance 2012-06-13 05:17:26 ant
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ant Opinione inserita da ant    13 Giugno, 2012
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Sogno e realtà... e tanta musica

Il libro di Murakami è scritto in maniera scorrevole e intrigante, ho apprezzato molto la sensibilità dell'autore nell'affrontare argomenti delicati come il sesso o il ritrovamento di cadaveri ; allo stesso tempo risalta da queste pagine la cura x la buona cucina e le belle descrizioni dei luoghi visitati. Capitoli a parte , x quanto mi riguarda,meritano i risvolti psicologici del romanzo e l'enorme colonna sonora del testo(con la ricercatezza dei brani e da cui, a mio parere, l'autore trae spunto per dare il titolo all'opera)Indubbiamente il continuo accavallarsi tra realtà e sogno fa sì che il testo abbia una struttura e una singolarità particolare e accattivante. Il suggerimento che ci arriva è quello di non abbatterci mai, proprio la musica fa da collante alle varie fasi della vita del protagonista. Ogni personaggio che il giornalista incontra nel suo cammino smuove o cmq scuote cervello e anima del free lance e qui sta la maestria dello scrittore nel riuscire a descrivere con originalità e unicità ogni personaggio alternativo(l'attore, la tredicenne, le prostitute di lusso etc...ognuno di loro col suo bagaglio di vissuto molto personalizzato). Gradevole

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Dance dance dance 2012-02-01 17:35:43 macchiolina
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macchiolina Opinione inserita da macchiolina    01 Febbraio, 2012
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Come ho fatto a finirlo?!

Dovrebbe essere un noir? E' solo un brutto libro. Una indagine introspettiva che fa ridere, una pedofilia latente, e una trama confusa. Le motivazioni che portano alle azioni dei protagonisti sono inconsistenti e poco chiare e quella che dovrebbe essere la loro vena drammatica sfocia nel ridicolo. Un libro da non leggere e per me un autore da dimenticare.

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Dance dance dance 2012-01-22 15:10:16 Polly*
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Polly* Opinione inserita da Polly*    22 Gennaio, 2012
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Pensavo fosse un sogno

Libro interessante ricco di pensieri ed opinioni da non sottovalutare.Apparentemente una trama semplice,un protagonista,e un paio di personaggi. L'intrecciarsi delle storie,della ricerca dell'amata e dell'amore con la quotidianità delle azioni del protagonista sfocia in un alternativo libro sulla differenza fra realtà e sogno. Scritto per essere divorato in poco tempo,Murakami ancora una volta non mi delude.

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Dance dance dance 2011-01-17 04:15:29 Cecchi
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Cecchi Opinione inserita da Cecchi    17 Gennaio, 2011
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inciampando inciampando inciampando

La lettura di questo libro scivola via, non c'è alcun dubbio. Nonostante non sia un libro breve, appena terminato non si ha la sensazione di aver letto quasi 500 pagine. Scritto così sembra un giudizio positivo, ma in realtà non lo è poi molto;come la scrittura, anche il contenuto scivola via tra una storia, a mio avviso, inconcludente e personaggi che, in fondo, non sono poi così originali. Rendo merito ai gusti musicali dell'autore.
Non lo consiglio: se cercate un libro che vi sconvolga, questo non fa per voi.

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Dance dance dance 2010-08-23 09:27:42 davidemorena
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davidemorena Opinione inserita da davidemorena    23 Agosto, 2010
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Continuare a danzare

Parlare di genere o di trama può essere fuorviante per un libro e un autore così fuori dagli schemi. Il sogno e la realtà si mescolano, si confondono, si spiegano reciprocamente, in una narrazione che richiama i film di Truffaut piuttosto che altra letteratura. Il protagonista, che narra in prima persona, è banalmente alla ricerca di sé stesso, come mille altri “eroi”. Ma, fuori da ogni schema, qui niente accade per una sua scelta consapevole, per una sua qualche attitudine volitiva: per arrivare a sciogliere i nodi della sua e di altre esistenze che ruotano attorno a lui, il nostro giornalista si limita a “continuare a danzare”, seguire i passi, lasciarsi trascinare dal corso degli eventi. E così tutto accade, tutto ha un senso. In un'ossessiva ripetizione di frasi a effetto (“non sono uno scrittore, mi limito a spalare la neve”), telefonate senza senso, attese più dense delle azioni.
Detta così, quella di queste 500 pagine suona come una lettura noiosa e asfissiante. E invece c'è qualcosa in questo libro, una magia, che tiene incollati alla lettura fin dalle prime righe. Si aspetta che affiorino grandi temi, la vita, la morte, la coscienza di sé, ma invece non accade: non c'è preludio a grandi intuizioni o rivelazioni, ma un flusso ininterrotto di eventi – reali o immaginati – che sono, essi stessi, la vita.
Il tutto scritto con indubbia maestria.

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