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Il disegno del piviere Il disegno del piviere

Il disegno del piviere

Letteratura straniera

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Kikuji ha da poco sposato Yukiko, dopo aver rotto con il suo passato peccaminoso e carnale. Il sacrificio di Fumiko, la donna che per amor suo ha deciso di sparire dalla sua vita, lo spinge a ricercare l'amore ideale, puro e in consumabile. Egli non vuole fare l'amore con la sua sposa proprio perché la ama, e nel matrimonio ritrova, sia pure in modo paradossale e tormentato, la castità. Fumiko continua ad amarlo, lontano e irraggiungibile, come appare dalle sue splendide lettere che costituiscono il nucleo centrale del romanzo, un poema in prosa di acutissima e raffinata sensibilità.



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Il disegno del piviere 2021-07-23 09:06:03 kafka62
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kafka62 Opinione inserita da kafka62    23 Luglio, 2021
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L'AMORE CASTO

“Il disegno del piviere” è il seguito che Kawabata ha voluto dare, a un anno di distanza, al suo romanzo di successo “Mille gru” e – va detto subito – presuppone nel lettore la conoscenza del predecessore, pena l’incomprensibilità di alcuni passaggi narrativi. I personaggi de “Il disegno del piviere” sono infatti gli stessi di “Mille gru”, anche se la storia è posteriore di circa un anno e mezzo, lasso di tempo nel corso del quale sono avvenuti ben due colpi di scena. Da una parte, Fumiko, che si poteva sospettare essersi suicidata (dal momento che si era congedata da Kikuji con la frase sibillina “la morte attende ai miei piedi”), è in realtà partita per un viaggio in un paese lontano, facendo perdere le sue tracce e ricomparendo nella vita di Kikuji solo in forma epistolare. Dall’altra, Yukiko, che la diabolica Chikako aveva detto, alla fine del libro precedente, essersi già maritata con un altro pretendente, all’inizio del nuovo romanzo è invece appena diventata la signora Mitani, ossia la moglie di Kikuji. Durante la luna di miele, Kikuji, che in “Mille gru” era diventato l’amante della madre di Fumiko e – per una notte – della stessa Fumiko, non riesce a consumare il matrimonio, ossessionato dalla vergogna e dai sensi di colpa per le sue precedenti avventure erotiche, quasi che esse potessero profanare la purezza di Yukiko, per la quale egli prova un profondo senso di tenerezza e di gratitudine. Il romanzo sarebbe in fondo tutto qui, con in più la comparsa fugace di Chikako, vero e proprio “diabolus” ex machina, nei momenti più imbarazzanti della vita coniugale dei novelli sposi, ed i genitori della ragazza che sospettano (ma forse è solo la cattiva coscienza di Kikuji a farglielo vedere) l’infelicità della figlia, se non fosse che il capitolo centrale è dedicato alle lettere scritte da Fumiko a Kikuji. Se da un lato questa parte appare abbastanza pleonastica e ridondante, poiché rivela nei minimi dettagli ciò che era accaduto nel libro precedente e che era rimasto ammantato da un suggestivo alone di reticenza e di mistero, dall’altra va riconosciuto che la forma epistolare (come in molte altre opere che, da quando è nata la letteratura, hanno usato questo espediente) è quanto mai congeniale per entrare nella psicologia del personaggio di Fumiko, permettendo di rompere, in una sorta di autoanalisi priva di remore e di inibizioni, quel muro di riserbo che i rapporti formali, soprattutto in una cultura cerimoniale e formalistica come quella nipponica, avrebbero giocoforza innalzato. Grazie alle lettere, Fumiko si mostra al lettore senza filtri, per quello che realmente è, una donna sofferente e innamorata che sceglie – quasi per espiare la vergognosa colpa per il suicidio della madre e il cocente rimorso per essersi concessa, in un obnubilante momento di abbandono erotico, all’uomo che segretamente ama, ma che della madre era anche stato l’amante – di fuggire lontano, senza dare preavvisi e spiegazioni, in quello che ufficialmente è un viaggio per visitare per la prima volta il remoto paese natale del padre, ma che in realtà è un vero e proprio esilio (dall’amore e dalla vita) autoinflitto per tacitare una coscienza esacerbata.
Nonostante il matrimonio, Kikuji – che, lo ricordo, è un personaggio estremamente abulico e passivo, una sorta di versione giapponese dell’inetto a vivere sveviano, oscilla inconsciamente tra le due donne della sua vita, non riuscendo a liberarsi del ricordo della prima (che era “come una farfalla fantasma che volteggiasse nella sua mente. Gli sembrava di sentire sempre il palpitare di quelle ali nelle profondità oscure dei suoi pensieri”) né a concedersi pienamente alla seconda. “Era come se le figure delle due giovani si fossero fuse in un’unica creatura irraggiungibile”, e questo chimerico ircocervo sentimentale strazia Kikuji, inducendolo al tormentoso pensiero su “che senso avesse in fin dei conti essersi sposato”. Nella apparentemente idilliaca vita di coppia trapelano pertanto, sempre più minacciosi e frequenti, dei lampi di ambiguità, di impalpabile disperazione, i quali si materializzano nelle navi da guerra americane che svegliano in piena notte i due coniugi con l’assordante rumore delle loro esercitazioni notturne. Il romanzo ha un finale aperto e inconcluso il quale, a pensarci bene, avrebbe anche potuto legittimare un ulteriore seguito, cosa che per fortuna non è avvenuta, dal momento che lo stesso “Disegno del piviere”, pur impreziosito da un raffinato simbolismo (ad esempio, la bambina caduta dal ponte, e salvatasi perché il suo corpicino è finito proprio in mezzo a tre rocce, fa ottimisticamente pensare a Fumiko che ci sia sempre una opportunità di salvezza, anche tra le pietre del peccato e della corruzione) e dalle consuete immagini di oggetti tradizionali (tazze e vasi per la cerimonia del tè) che richiamano metaforicamente concetti di bellezza e di armonia i quali, come l’amore, sono costantemente minacciati dalla mediocrità e dalla volgarità dei tempi moderni, lo stesso “Disegno del piviere” – dicevo - non aggiunge in fondo molto di più a quello che Kawabata ci aveva già generosamente elargito in “Mille gru”.

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Yasunari Kawabata: "Mille gru"
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Il disegno del piviere 2014-10-23 07:29:44 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    23 Ottobre, 2014
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Namichidori

Il Disegno del Piviere ci traghetta nel Giappone di Kawabata, nel seguito del romanzo breve Mille Gru di cui e' indispensabile la lettura prima di procedere col qui presente titolo.
La vicenda si apre con il matrimonio di Kikuji e Yukiko e ci riporta a tu per tu con Fumiko, la donna protagonista di un amore precedente malinconicamente sfumato nel nulla. Eppure nonostante il definitivo addio, sintomatico di una rottura decisiva col passato e di un'apertura verso il futuro prossimo, lo sposo non riesce a redimersi dai suoi peccati , non riesce ad abbandonarsi al rapporto con la giovane, adorabile, virginea sposa.

La scrittura del premio Nobel ha un fluire poco compatibile con i ritmi occidentali, si tratta di un incedere suo esclusivo, quasi fossero bozze di pensieri individuali ma appartenenti ad  un unico argomento. Liberare la mente plasmata dagli stili di scrittura per noi piu' frequenti potrebbe essere la chiave di lettura di Kawabata, il cui potere evocativo e' potente ed unico, e va ben oltre la forma. O forse proprio quella forma che richiama le scritture piu' antiche e' il mezzo piu' adatto per enfatizzare il legame coi costumi e le peculiarita' del paese del Sol Levante.
L'amore nostalgico per la tradizione classica giapponese e' freccia e scudo, trapassa il lettore, protegge e preserva l'autore. E' l'essenza di dettagli che sfuggono al nostro procedere convulso, mentre Kawabata blocca , dilata, arpeggia la bellezza. Una foglia dal rosso autunnale puo' innescare una contemplazione senza tempo, la cerimonia del tè diviene  palcoscenico dove il fruscìo delle foglie si diffonde in una tenue sinfonia , e antiche tazze si esibiscono protagoniste.
Il disegno di un piviere sulla biancheria di Yukiko richiama un volo che la sposa ignara forse non potra' mai spiccare, così come il bianco delle gru ricamate sul fazzoletto incarna la purezza della giovane donna. 
Cio' che resta troncato, incompiuto in letteratura non e' privo di finale nella visione di Kawabata; e' espressione della vita, mentre cammina, senza opzione di essere imbrigliata, priva di argini.
Sempre affascinante, a lui bisogna abbandonarsi. Egli e' portavoce di una cultura che per intercessione della penna va decantata con inerzia. Buona lettura.

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Il disegno del piviere 2014-05-24 12:27:31 Emilio Berra TO
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Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    24 Mag, 2014
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'Il piviere sulle onde'

Questo libro, a sé stante, può essere considerato un'opera minore del grande scrittore giapponese Kawabata. Si tratta, però, della continuazione del bellissimo romanzo "Mille gru"; ritengo, pertanto, vada letto come suo completamento.
Nella precedente opera citata, Kikuji instaura una relazione con la signora Ota, ex amante del padre ora defunto, che, forse per il rimorso, si toglie la vita. Successivamente il giovane ha un rapporto sessuale con la figlia di questa, Fumiko, che subito dopo fugge verso un luogo lontano e definitivo.
Proprio un fascio di lettere, che la ragazza ha scritto a Kikuji per chiudere in modo irreversibile la loro relazione, formano il lungo capitolo centrale del nuovo romanzo, tanto da creare una cesura tra la prima e l'ultima parte di questo.

"Il disegno del piviere" si apre col viaggio di nozze di Kikuji e Yukiko, già conosciuta nell'opera precedente. Lui vede nel lembo della biancheria, che lei sta piegando, 'il disegno del piviere sulle onde'.
L'albergo, in cui sono, è vicino al mare, che rimanda all'immagine di "uno zaffiro stellato". "Sulla superficie del mare (...) appariva una luminosità intermittente, quasi di stelle precipitate sul fondo dell'abisso". L'attenzione ai dettagli, poeticamente percepiti, crea una suggestione particolare, che rende preziose tante pagine della letteratura giapponese.
Il giovane marito, però, è inquieto: si sente colpevole per le carnali relazioni con la signora Ota e con la figlia di lei; si avverte indegno di accostarsi sessualmente alla bellissima moglie, idealizzata e resa quasi irraggiungibile nella sua purezza. Con lievi tratti e sfumature, Kawabata, nel contempo, ci fa percepire anche lo stato di apprensione di Kikuji per il proprio matrimonio che continua a non essere 'consumato'.
La figura della moglie è delineata a caratteri leggiadri: sensibile, intelligente, 'emancipata' ; non pare assolutamente dar peso alla situazione che inquieta il marito.

Ora gli sposi sono nelle loro confortevole dimora: nulla è mutato nella loro relazione, ma, sotto la motivazione che Kikuji si dà della propria indegnità nei confronti della moglie, ecco che alcune frasi dello scrittore s'insinuano, lievi ma sufficientemente significative, nella narrazione, tanto da aprire, pur nell'impalpabile atmosfera di leggiadria del romanzo, nuovi spiragli. Ad un tratto al giovane balena un ricordo: durante il viaggio di nozze "aveva richiamato alla mente il ricordo di Fumiko e della signora Ota per trovare la forza di violare l'innocenza di Yukiko. Il fatto che il padre (di lei) sarebbe giunto in visita l'indomani avrebbe reso quella notte decisiva? Kikuji pensò alla sensualità prorompente della signora Ota, ma la percezione della purezza di Yukiko non faceva che accrescersi" .


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