Narrativa straniera Romanzi L'amante giapponese
 

L'amante giapponese L'amante giapponese

L'amante giapponese

Letteratura straniera

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Alma Belasco, affascinante pluriottantenne, colta e facoltosa, decide di trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Lark house, una residenza per anziani nei pressi di San Francisco. In questa struttura stringe amicizia con Irina, giovane infermiera moldava, di cui presto si innamorerà il nipote Seth Belasco. Ed è ai due giovani che Alma inizierà a raccontare la sua vita, in particolare la sua grande storia d'amore clandestina, quella con il giapponese Ichi, figlio del giardiniere dell'aristocratica dimora in cui ha vissuto, nonché compagno di giochi sin dalla più tenera infanzia. Sullo sfondo di un paese attraversato dalla seconda guerra mondiale, con le taglienti immagini di una storia minore - quella dei giapponesi deportati nei campi di concentramento -, si snoda un amore fatto di tempi sbagliati, orgoglio malcelato e ferite da curare, ma al tempo stesso indistruttibile,



Recensione della Redazione QLibri

 
L'amante giapponese 2015-10-28 14:54:46 Emilio Berra TO
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Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    28 Ottobre, 2015
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CHE?

"Temo che sia proprio la cattiva letteratura a riempire la testa di sentimenti falsi" (da Sandor Marai).

Se la morte che avanza viene raffigurata con la falce, non stupiamoci se gli ultimi palpiti della vecchia protagonista sono rivolti a un giardiniere.

California, in questi anni.
C'è una residenza per anziani molto particolare, in cui inspiegabilmente si è ritirata l'ottantenne Alma Belasco, artista, ricchissima, di aspetto aristocratico e supponente.
La giovane Irina, "creatura strappata a un racconto nordico", è un'infermiera di ampie mansioni.
L'intesa fra le due donne si afferma progressivamente, svelando insospettati segreti delle loro rispettive vite.
Poi una girandola di personaggi, dentro e fuori, molti dei quali vecchi.
Il testo della Allende è punteggiato di drammi e tragedie, anche se l'atmosfera che si respira può essere piuttosto definita melodrammatica, perché c'è qualcosa di agro-dolciastro che impregna di sé numerose pagine.
Questo libro dal titolo ottocentesco, lezioso fin dalla copertina, appartiene essenzialmente alla narrativa di consumo, d'intrattenimento, rivolta ad un pubblico femminile.
La mentalità di fondo è la stessa di quei salotti televisivi, condotti da donne, che si fondano sugli stereotipi di una visione borghese-laicista-modaiola, di un femminismo alla panna montata, che intravede nel consumismo, volto a soddisfare vanità e immediati desideri, l'orizzonte valoriale ed estetico. Tant'è che le parti più riuscite del testo sono quelle che si sottraggono ai miraggi di tale ideologia e fanno rivivere il ricordo delle durissime condizioni dei Giapponesi che vivevano in America durante la Seconda Guerra Mondiale dopo l'attacco di Pearl Harbor, oppure quelle che manifestano il vissuto di chi, per età, sta perdendo la propria autosufficienza.
Il resto è ben poco verosimile. La nostra romanziera ci mette dentro di tutto : dalla droga all'Aids, dall'ossessione erotica senile al mondo gay; poi l'eutanasia, gli orrori della pedopornografia... Ciò produce una trama incalzante, troppo, con giravolte e colpi di scena poco credibili, da lasciare certamente insoddisfatto chi cerca autenticità, non storie costruite a tavolino.

La scrittura è agile e scorrevole, talvolta gradevole, ma sovente 'posa' , diventa banale, da romanzetto rosa; infatti troviamo "confidenze sussurrate tra un abbraccio e l'altro", "baci interminabili", poi "la passione", "desideri e segreti", "scaramucce amorose"... Siamo insomma ben lontani da ciò che Italo Calvino diceva in Lezioni Americane, cioè che "la letteratura (e forse solo la letteratura) può creare gli anticorpi che contrastino l'espandersi della peste del linguaggio".
D'altronde qui le cadute linguistiche sono solo la veste calzante di una mentalità ormai diffusa e convenzionale.
Inoltre troppo viene detto; il profluvio di parole rischia di travolgere il povero lettore e gli toglie spazi di immaginazione.
L'autrice sa che cosa si aspettano da lei le sue affezionate lettrici, e lei è abile a non deluderle. Intanto si scalano le classifiche, con soddisfazione del mercato editoriale.
Un personaggio del già citato Marai dice che "ormai i libri sono così tanti che sembra non esserci quasi più spazio per il pensiero". Per chi ama la Letteratura, l'alternativa, lo sappiamo, è costituita da quei libri che definiamo 'classici', antichi o contemporanei, sempre attuali, con la loro bellezza e qualche brandello di verità.


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L'amante giapponese 2016-02-19 16:48:07 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    19 Febbraio, 2016
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Una sensazione di stanchezza

Il libro si apre con la descrizione di alcuni personaggi ed alcune vite nella cornice di una struttura per anziani. Sullo sfondo ci sono storie che trascendono il tempo e che affrontano anche temi storici significativi e non poco impattanti. Ma il libro è veramente molto poco credibile e non lascia per nulla il segno nel lettore. Peccato perché è un’autrice che avevo amato moltissimo nei suoi romanzi soprattutto autobiografici. Qui è proprio la storia che ti si sfalda tra le dita intanto che giri le pagine ed è forte la tentazione di abbandonare la lettura, perché ti dà proprio la sensazione di stanchezza. Unica cosa che si salva è la sensazione di delicatezza che si dà della vecchia, solo però nella prima parte del libro, il bisogno forte di sentirsi amati, trasversale a tutte le età, i demoni nascosti negli angoli dell’anima e la voglia di liberarsi dalle foglie o di tagliare i rami secchi della propria vita, che però non so se è una cosa che il libro ha trasmesso a me o se è una cosa che ci ho voluto trovare dentro io.

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L'amante giapponese 2016-01-12 16:16:31 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    12 Gennaio, 2016
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Neku.

Alma Belasco, settantottenne all’inizio del romanzo e ottantaduenne alla sua conclusione, è una donna che nulla si è risparmiata nella vita. Artista più che benestante, aristocratica e supponente, vive a Lark House da alcuni anni quando decide, dopo una perseverante osservazione, di affiancarsi di Irina Bazili, ventiduenne ab initio ventiseienne al termine dell’opera, una giovane moldava di piccola statura e non particolarmente bella, ma dal cuore d’oro e l’animo gentile. Seth, il nipote venticinquenne dell’anziana, ben presto si innamora di questa fuggitiva ragazza, un sentimento che coltiverà per anni prima di riuscire a convincere l’assistente a lasciarsi andare, un’ombra oscura del passato impedisce infatti a questa di innamorarsi e lasciarsi amare.
Il romanzo si snoda tra i tre personaggi e l’alternarsi delle voci narranti delle due donne. La coppia di giovani ben presto si rende conto che Alma ogni giovedì riceve delle misteriose missive e delle gardenie da uno sconosciuto ammiratore, rapidamente la curiosità prende il sopravvento tanto che decidono di far luce sulla vicenda. Da questo momento il testo è un continuo mixarsi di presente e passato, pian piano si scopre di come la Mendel sia giunta all’età di otto anni negli USA, di come sia riuscita a scampare alla persecuzione nazista viste le sue origini ebraiche e di come nella sua vita il grande amore sia stato la colonna portante di tutto. Ichimei Fukuda, figlio del giardiniere della famiglia Belasco e botanico a sua volta, nonostante tutti gli alti e bassi, allontanamenti e riavvicinamenti è l’unica vera costante della sua esistenza insieme al marito-amico Nathaniel Belasco. All’intreccio narrativo si aggiungono, oltre ai continui sbalzi temporali, anche innumerevoli personaggi, ognuno con la sua storia, la sua sfortuna, il suo melodramma.
Stilisticamente parlando il romanzo è fluente seppur prosaico e talvolta farraginoso. Per le prime 60 pagine si fa quasi fatica a star svegli, la parte centrale accellera e trascina il lettore per poi rirallentare nelle ultime 75. L’Allende si perde in descrizioni superflue, dialoghi evitabili, personaggi incongruenti e numericamente di troppo. Dal punto di vista contenutivo lo scritto è ricco di tutto il contenibile: dalle persecuzioni dei giapponesi a Topaz, alla droga, ai gay e al periodo dell’abnegazione dell’AIDS come malattia e alla sua concezione di “marchio” per crimini immondi o fuori dal moralmente lecito, allo sfruttamento minorile, alla prostituzione, all’eutanasia, all’ostentazione della ricchezza in barba a chi non ha niente, all’amore e alla sessualità in età senile, e chi più ne ha più ne metta.
Vi chiederete allora: qual è l’elemento no che non fa funzionare il libro? Il problema principale, almeno a mio avviso, risiede nel fatto che in primo luogo l’amore tra Ichimei e Alma è percepito come inverosimile, è caratterizzato infatti da tante di quelle incongruenze che difficilmente sarebbe plausibile identificarlo nella realtà. La storia perde così di concretezza ma anche di autenticità fino a sembrare inesorabilmente “costruita a tavolino”. Non solo, altra questione non indifferente è radicata negli stereotipi borghesi che vengono ostentati tanto che difficilmente ci si può immedesimare nella protagonista. Non la si odia, ma nemmeno la si ama.
I lati meglio riusciti del testo sono quelli a cui l’autrice dà meno risalto, su cui la stessa poco o nulla si sofferma. Tra questi come non riflettere sulle condizioni dei nipponici nella società americana negli anni del Secondo Conflitto Mondiale prima, dopo e durante il confino nei campi di concentramento, o ancora come non riflettere su quell’età in cui anche compiere i più piccoli gesti diventa complesso fino a perdere se stessi in sé stessi, o ancora come non concentrarsi su Irina voce di questi anziani nonché anima alla ricerca del perdono e bisognosa di amore semplice e genuino.
Tutto questo fa si che l’attenzione si condensi su elementi che sminuiscono la trama, la trasmutano al livello di un romanzetto rosa poco riuscito fino ad arrivare a pensare che sia un elaborato scritto più per ragioni consumistiche che per trasmettere qualcosa.
Da non cassare completamente per la parte del racconto relativa all’anzianità, ad Irina e la riscoperta di sé stessa e per l’aspetto storico relativo alla deportazione ma anche cultura giapponese, evitabile per il resto. Se decidete di leggerlo fatelo con la consapevolezza di non trovarvi dinanzi ad un capolavoro, bensì ad un testo con cui passare qualche ora ma incapace di lasciare il segno.

«A qualsiasi età è necessario uno scopo nella vita. E’ la cura migliore contro molte malattie»
« Per quale motivo credi che abbia messo in piedi l’ambulatorio del dolore? Perché il dolore condiviso è più sopportabile. L’ambulatorio serve ai pazienti. Ma più ancora serve a me. Tutti abbiamo dei demoni nascosti negli angoli più remoti dell’anima, ma se li portiamo alla luce, rimpiccioliscono, si indeboliscono, tacciono e alla fine ci lasciano in pace»
«”La felicità non è per tutti Cathy”. “Certo che lo è. Tutti nasciamo felici. Lungo la strada la vita ci si sporca, ma possiamo pulirla. La felicità non è esuberante né chiassosa, come il piacere o l’allegria. E’ silenziosa, tranquilla, dolce, è uno stato intimo di soddisfazione che inizia dal voler bene a se stessi. Tu dovresti volerti bene come te ne voglio io, e come te ne vogliono tutti quelli che ti conoscono, in particolar modo il nipote di Alma”»
«Mi hai spiegato che dalla quiete nasce l’ispirazione e che dal movimento scaturisce la creatività. La pittura è movimento, Alma, ecco perché mi piacciono così tanto i tuoi disegni recenti, sembrano eseguiti senza sforzo, benché sappia di quanta quiete interiore ci sia bisogno per raggiungere quella tua padronanza del pennello. Mi piacciono in particolare i tuoi alberi autunnali che lasciano cadere le foglie con grazia. Ed è proprio così che desidero liberarmi delle mie foglie in questo autunno della vita, con facilità ed eleganza. Perché attaccarsi a qualcosa che comunque perderemo? Probabilmente mi sto riferendo alla giovinezza, così presente nelle nostre conversazioni»



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si = a chi cerca un romanzo non impegnativo, con cui trascorrere qualche ora ma sopratutto a chi non si aspetta nulla.
no = a chi al contrario ama le storie ricche di contenuto e capaci di lasciare il segno.
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L'amante giapponese 2015-12-17 12:38:39 Bookaholic
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Bookaholic Opinione inserita da Bookaholic    17 Dicembre, 2015
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Succede

Lo sapevi che le persone anziane, i vecchi possono essere dei tipi interessanti e ancora pieni di vita?
Lo sapevi che si può sfuggire al proprio passato quasi senza segni nonostante le oscenità subite?
Lo sapevi che si può stare insieme senza amarsi e pure amarsi di un amore fraterno?

Lo sapevi che alla fine l'amore trionfa sempre?

Sì, credo proprio che tu già le sapessi queste cose caro lettore, in fondo è quello che ci insegnano i libri. Non i libri belli, certo, quelli ci insegnano valori e modi di relazionarsi al mondo, ad ascoltarci e comprendere un po' di più noi stessi e gli altri. Però gli altri libri, quelli un po' meno belli (che dire brutti non mi sembra giusto, che anche se non piace un libro non è mica troppo facile da scrivere), quei libri facili facili che parlano di relazioni d'amore impossibili che pure poi diventano possibili, quei libri che parlano sì del lutto e del dolore ma stando sempre in superficie che andare troppo in fondo poi è pericoloso. Sì insomma, quei libri lì che si leggono in spiaggia e in attesa dal dottore, ecco proprio quelli ci danno le risposte alle domande che ti facevo prima, amico lettore.

Ecco questo è uno di quei libri lì, io non lo so se è una storia bella o brutta, certo è un po' fatata e coi piedi staccati da terra come quasi tutti i libri di Isabel Allende, certo non è il mio genere preferito, certo non svela le grandi verità della vita e certo forse i personaggi sono un po' esagerati con tutti quei problemi e pure tutte quelle soluzioni così facili.
Quindi non lo so se è bello però, caro lettore, se tu sei quel tipo di lettore lì a cui piace sentirsi rassicurare ascoltando verità già conosciute, se ti piace il lieto fine e le questioni difficili affrontate con molto miele, se vuoi una lettura scorrevole che ti tenga compagnia ecco L'amante Giapponese è il libro che fa per te.

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