Narrativa straniera Romanzi Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
 

Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino

Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino

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Incontrammo per la prima volta la quindicenne Christiane all'inizio del 1978 a Berlino, dove era chiamata a testimoniare ad un processo. Prendemmo appuntamento con lei per un'intervista che doveva completare una ricerca sulla situazione dei giovani. Erano previste due ore per il colloquio: diventarono due mesi. Christiane F. ha voluto questo libro perché, come quasi tutti i ragazzi bucomani, pretende che sia rotto il vergognoso silenzio degli adulti sulla realtà della tossicodipendenza. Le testimonianze della madre di Christiane e di altri che hanno avuto contatti con lei ci auguriamo contribuiscano ad una visione della vicenda dai diversi punti di vista e ad un'analisi più completa del problema della tossicodipendenza.



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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2020-05-14 20:51:21 ant
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ant Opinione inserita da ant    14 Mag, 2020
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La dodicenne Christiane

Dopo che anni fa (facevo, forse, il primo superiore) vidi il film , dopo che l'anno scorso son stato nei luoghi descritti, in questo periodo di permanenza forzata a casa ho voluto leggere questo libro. Devo dire che è uno spaccato crudo, essenziale e purtroppo realistico di quella che era la situazione in parecchie metropoli europee di quegli anni. Qui si parla di Berlino, ma le stesse cose le han vissute tanti ragazzi europei di quegli anni. Mi ha impressionato il racconto senza sconti di tutte le vicissitudini che la dodicenne Christiane F affronta, dal trasferimento da un paesino di campagna alla metropoli, in questi palazzoni abnormi dove, a detta dell'autrice ,l'odore degli escrementi nel vano degli ascensori era nauseabondo, e poi la protagonista spiega anche il perchè. Senza star lì a dilungarsi sul degrado costante della protagonista, convinta di poter uscire in qualsiasi momento dal tunnel della droga e invece sempre più coinvolta e sempre più squallido il suo modo di sopravvivere. Uno spaccato importante, da leggere sicuramente. Concludo estrapolando un passaggio che mi ha colpito a riguardo della presa di coscienza di Christiane
""Quel pomeriggio ero proprio nera per questa cosa. Parlavo a mezza voce con me stessa. Mi dissi: allora Christiane, hai realizzato tutto quello che in realtà hai sempre voluto. Te lo eri immaginato così? No di certo. Ma ugualmente ero questo che volevi. Hai sempre ammirato i vecchi bucomani. Adesso ci sei diventata. Adesso nessuno può dartela a intendere. Adesso non devi più fare la faccia incredula quando gli altri parlano della rota. Adesso nessuno ti può trattare di merda. Adesso sei tu quella che tratta di merda gli altri.""

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2019-03-13 09:58:17 archeomari
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archeomari Opinione inserita da archeomari    13 Marzo, 2019
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il mondo è di una tristezza e di una merda totale

Kai Hermann e Horst Rieck scrivono questo romanzo-intervista alla quindicenne Christiane nel 1978 a Berlino, dove era stata chiamare a testimoniare ad un processo. Un documento interessantissimo, una denuncia contro la cecità dell’epoca sulla reale portata della tossicodipendenza tra i giovani.
Un libro che destabilizza per la crudezza delle immagini, la violenza di alcune situazioni, soprattutto perché sono coinvolti dei minorenni e delle minorenni ancora “con l’odore” delle bambole e dei giocattoli.
Si comincia sempre allo stesso modo: alle spalle una situazione familiare disastrosa, con uno o entrambi i genitori completamente assenti o incapaci di gestire situazioni problematiche, di imporsi al figlio o alla figlia, che cerca il confronto e il conforto cel gruppo dei pari.
Christiane dalla georgica campagna amburghese, si trasferisce con la famiglia a Berlino all’età di sei anni e sperimenta da subito la violenza, impara la legge del “muso duro”, del “vince chi picchia più forte”: la bambina accetta subito questo dogma sconvolgente, perché ogni giorno, sulla propria pelle, a casa, il papà ubriaco la picchia a sangue per sfogare la propria frustrazione dovuta al proprio fallimento professionale. Christiane per poter sopravvivere a questo mondo violento e brutale scopre che quelli che contano sono quelli “fighi”, quelli avanti e fa di tutto per farsi accettare dalla leader del gruppo dei ragazzi più ammirati a scuola.

A tredici anni “Avevo già imparato un sacco di cose, non solo la musica che a loro piaceva, ma anche la lingua che parlavano (...) mi ero concentrata sulle frasi che sentivo dire da loro. Per me erano più importanti dei vocaboli inglesi o delle formule matematiche” ( p.47, edizione SuperSaggi Rizzoli, 1980)

Dal libro viene fuori una Berlino senza aree verdi, una città assolutamente non a misura di bambino: i giochi si svolgono tra casermoni, metri e metri di filo spinato, cemento ovunque e si comincia già da bambini a scoprire il piacere di violare cartelli e permessi.
Questo romanzo-verità è un invito a riflettere, a chiedersi il perché i ragazzi, già in tenera età scelgono le strade della droga. Si comincia con un “assaggio”, si continua per sentirsi sballati e fighi e poi ci si ritrova una vita completamente distrutta. Christiane vede morire quasi davanti ai suoi occhi dei suoi compagni del giro: prova a disintossicarsi innumerevoli volte, sopportando l’agonia della “rota” (crisi di astinenza), ma i risultati sono sempre temporanei. Il desiderio di bucarsi supera ogni buon proposito ed anche ogni forma di rispetto, distruggendo la famiglia e anche le amicizie. Per bisogno di procurarsi eroina cade nella fogna della prostituzione, prima facendo più attenzione, scegliendo i clienti e poi, quando la situazione si fa più difficile, cede il suo corpo anche agli stranieri dell’est, gli “zulù”.
Attraverso queste pagine di vita vissuta - sembra assurdo usare questi termini quando si parla di una quindicenne- veniamo a conoscenza dell’orrore della tragedia che segna per sempre chi entra nel vortice dell’eroina.
Toccanti le ultime parole di Atze, primo ragazzo di Christiane, nella sua lettera prima del suicidio per overdose:
“Adesso metto fine alla mia vita, perché un bucomane porta arrabbiature, preoccupazioni, amarezza e disperazione a tutti i parenti e agli amici. (...) fisicamente sei uno zero. Essere bucomani vuol dire essere l’ultima merda (...) “. P. 185-186)
Vecchia storia, quella della droga. Hascisc, eroina, Valium, antidepressivi...tutte sostanze per annullare le preoccupazioni del mondo che ci circonda, annullando noi stessi per primi.
Il finale è aperto, ma sappiamo che Christiane non si è mai completamente liberata della tossicodipendenza.

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2018-04-26 17:10:49 Giovannino
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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    26 Aprile, 2018
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Prigionieri dell'eroina.

Ho acquistato questo libro ben sapendo che si trattasse di una lettura che di norma si fa in età adolescenziale, non perché sia qualitativamente mediocre o perché la scrittura non sia all’altezza (anche se devo dire che, almeno per la versione che ho trovato io, la traduzione è senza dubbio da migliorare) ma semplicemente perché dopo i 20 anni certi temi iniziano ad essere triti e ritriti e la lettura non è più coinvolgente e scorrevole come dovrebbe essere.
Il libro, come molti sapranno, parla della storia di Christiane F. (protagonista e scrittrice) che racconta in questa autobiografia la sua adolescenza passata tra i posti più squallidi di Berlino prostituendosi e rubando per procurarsi l’eroina. Il racconto inizia dall’infanzia, descrivendo accuratamente la difficile crescita con i genitori, che poi si separeranno, e la sorella. Sicuramente il periodo più buio di Christiane è quello che va dai 14 ai 17 anni, quando dopo aver provato tutte le droghe leggere, insieme ai suoi amici e al suo amato Detlef decide di provare l’eroina, che diventerà la sua prigione. Il baratro in cui entra sembra non avere fine e dopo aver provato invano per due volte la disintossicazione la nostra giovane protagonista finisce per prostituirsi, prima da sola e poi con Detlef, per procurarsi i soldi per la droga.
Il libro è scritto in maniera scorrevole e chiara, spesso vengono usati slang e modi di dire tipici dei giovani di quel tempo, inoltre il racconto è spesso intramezzato da racconti di personaggi collaterali al racconto (il padre, la madre, gli assistenti sociali, etc) che ci aiutano a capire meglio la situazione.
Purtroppo come detto all’inizio a lungo andare il libro è sembrato “già visto”, forse anche perché già ne avevo letti diversi sul genere, penso ad esempio a La scimmia sulla schiena di William Burroughs, un vero capolavoro del genere.
In conclusione un libro piacevole ma che un pò anche per mie “colpe” ho apprezzo solo a metà.

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2017-02-17 12:42:00 Francesco.3.96
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Francesco.3.96 Opinione inserita da Francesco.3.96    17 Febbraio, 2017
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18 aprile 1976

Nel recensire questo titolo mi trovo quasi in difficoltà, ho apprezzato a tal punto questo libro che non ho idea di come potrà svilupparsi questa recensione.
Il testo è un viaggio che si articola in passaggi continui tra ambienti grigi e tristi di Berlino intorno agli anni '70 e le sensazioni della giovane Christiane...sensazioni che diventano un tutt'uno con l'ambiente che la circonda.
Il viaggio nella caduta della ragazza nella droga viene interamente raccontato in questo romanzo che pur presentando uno stile di scrittura abbastanza basso, va ad adattarsi perfettamente con il tema trattato.
La causa di questa caduta va ricercata nella mancanza di libertà, nell'opprimente ambiente di una Berlino che non dà una via di fuga ai giovani ragazzi che inevitabilmente si trovano catapultati dentro al giro, prima delle droghe leggere e poi con il conseguente passaggio alle droghe pesanti.

"Tutto il mondo è di una tristezza e di una merda assoluta."

Questo libro è più di una semplice biografia relativa ad una porzione di vita di Christiane...questo libro è un viaggio nella società di quel periodo. Un viaggio tra sogni infranti, tra realtà opprimenti, tra amici veri che a causa della droga finiscono per diventare simili a sconosciuti ed addirittura rivali.

Un viaggio nella solitudine.
Un viaggio nell'abbandono da parte della società.

"Tutto in un colpo, per un buco, tra noi non c'era più niente in comune."

Infatti una delle cose che mi ha colpito particolarmente, è stato appunto l'abbandono da parte delle istituzioni che nulla riuscirono a fare per fermare questo fenomeno, che almeno in parte (dipende dai punti di vista, secondo me quasi totalmente anche), era stato causato da loro.
Nessuno accetta questa ragazza per tentare la strada della disintossicazione, è un susseguirsi di battaglie da parte della madre e di Christiane alla ricerca di un centro che la accolga ma che inevitabilmente le chiude sempre la porta davanti.

Tra le righe si riesce a percepire questo malessere, questa tristezza...ma allo stesso tempo anche la serenità e la pace dopo l'assunzione di droghe, che inizialmente sembrano migliorare la vita alla ragazza, ma che dopo la fanno precipitare del tutto. La droga inizialmente era vista come il metodo di evasione ed allo stesso tempo di accettazione da parte del gruppo, o almeno questa era l'idea della giovane ragazza.

"Qualche volta raccontavo quello che avevo fatto al Sound. Credo che adesso gli altri mi ammirassero. Io ero semplicemente un passo più avanti di loro. Che fosse un passo verso la merda totale allora non lo sapevo. E neanche sapevo che molti del vecchio gruppo un po' dopo avrebbero fatto lo stesso."

Per chi per caso avesse visto solamente il film, posso assicurarvi che il libro in confronto è disarmante. Un susseguirsi di disintossicazioni accennate, quasi riuscite e subito dopo buttate al vento con un buco. La droga che doveva essere un qualcosa per trovare un'evasione, diventa presto una necessità per la sopravvivenza, o meglio per non stare male. Un testo molto forte e che secondo il mio parere deve essere letto da tutti coloro che se la sentono..per poter rendere onore a questa testimonianza ed imparare qualcosa da questo viaggio nella droga, nella prostituzione e nella musica. Aggiungo musica perché è una costante la presenza di Bowie, idolo della ragazza e che almeno nella prima parte del libro è sempre presente, fino a quando nulla avrà più un senso oltre all'eroina che porterà la ragazza a perdere tutto.
Un'infinita corsa verso il "buco finale", però contornata da spazzi di speranza in futuro rigoglioso senza la droga nella propria vita.
Per concludere voglio lasciarvi un ultimo spezzone del libro, perché sinceramente potrei stare qua a scrivere altre 3 ore, senza arrivare ad una conclusione appropriata, forse perché le emozioni che mi ha trasmesso questo titolo sono forse le più forti di sempre e non riesco a pensare troppo razionalmente.

"Non realizzavo assolutamente che nei mesi passati mi ero preparata sistematicamente a essere matura per l'ero. In quel momento non avevo nessuna consapevolezza che ero così tremendamente giù, che questo "It is too late" mi aveva completamente sconvolta, che a uscirne fuori non mi aiutava più nessun'altra droga, che nella strada che avevo imboccato la logica conseguenza era l'eroina. Tutto quello che pensai in quel momento era che non volevo che i due bucomani adesso se ne andassero e mi mollassero sola nella mia merda. Dissi subito agli altri due che volevo provarla. Pollo riusciva a malapena a parlare. Ma si infuriò letteralmente. Disse:"Non lo fare, non hai idea di quello che fai. In poco tempo sarai esattamente come sono io adesso. Sarai un cadavere"."

[...]

"Tutta la merda era di colpo sparita. "It is too late" non esisteva più. Mi sentivo bene come non mai. Era il 18 aprile 1976, un mese prima del mio quattordicesimo compleanno. Questa data non la dimenticherò mai."

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2016-10-12 16:55:04 Antonella76
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    12 Ottobre, 2016
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La "bambina" dello zoo di Berlino



L'ho fatto.
Per la prima volta nella mia vita ho riletto un libro...
Ed ho scelto di rileggere "NOI, I RAGAZZI DELLO ZOO DI BERLINO" dopo ben 27 anni.
Un po' per poter poi leggere il suo seguito e un po' per confrontare l'impatto che questa lettura ha avuto su di me a 13 anni e poi a 40.
Avevo il ricordo di una lettura "shock", di quelle che ti travolgono in pieno come se fossi a piedi in mezzo all'autostrada...ebbene, nonostante gli anni, la maturità, l'esperienza di vita...mi sono ritrovata nuovamente inerme, a piedi, al centro di quell'autostrada.
Perché quello che viene raccontato qui non scende a patti con l'età, non si è mai abbastanza grandi, né preparati, né pronti per accettare tanto degrado, squallore, sofferenza e disagio.
I "ragazzi" del titolo...in realtà sono poco più che bambini!
Ero troppo piccola alla mia prima lettura? Non credo, anzi...io lo farei leggere a tutti i ragazzini, tutti.
Su di me ebbe l'effetto, allora, di farmi aprire gli occhi su un mondo sconosciuto (e tale poi è rimasto, fortunatamente), di mettermi in guardia non tanto dalle sostanze stupefacenti in sé, quanto proprio dai meccanismi sociali e psicologici che portano al loro avvicinamento.
Cambiano i contesti, cambiano le droghe, cambiano i ragazzi, ma il "modus operandi" di quel mondo marcio è sempre lo stesso.
Disagio famigliare, noia smisurata, profonda mancanza di senso esistenziale e desiderio di far parte del "gruppo" (anche se è il gruppo sbagliato, quello dei perdenti)...questo è alla base di questo docu-libro, questo è quello di cui ci parla Christiane.
Poi intervengono tanti altri fattori e dinamiche (che non basta una vita per analizzarle tutte)...ma la verità è che tutto questo ha una portata così grande, così al di sopra della mia capacità di comprensione, che io ho davvero difficoltà ad esprimere un pensiero.
Meno che mai un giudizio.
Posso solo fare tesoro di questa cruda testimonianza, prendere atto della continua dicotomia tra voglia di riscatto e rassegnazione, voglia di vivere "alla grande" e desiderio di morire, di arrivare presto al fatidico "buco finale".
Sì perché l'inganno è tutto lì...l'euforia sparisce presto e rimane solo la dipendenza.
"Farsi"...non più per stare bene, per sballarsi, ma solo per non stare male!   
Si procede velocemente verso una depravazione emotiva, ma soprattutto "deprivazione" emotiva: i bucomani sono terribilmente soli, perdono ogni forma di empatia, esistono solo loro e la loro pera.
Quello che mi ha davvero toccato è stato il dualismo di questa ragazzina, il suo sdoppiarsi continuamente in bene e male: c'è una parte molto significativa del libro in cui lei racconta di scrivere delle lettere a se stessa, ovvero "Christiane", la buona, la brava ragazza, scrive a "Vera" (suo secondo nome), la eroinomane, la bucomane, la baby-prostituta.
È una lotta continua fra le due...ma la più forte, inutile nasconderlo, non sarà mai Christiane!

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2015-08-02 00:22:22 Vita93
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Vita93 Opinione inserita da Vita93    02 Agosto, 2015
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Serenità drogata

Kai Hermann e Horst Rieck sono due giornalisti tedeschi. Scrivono per il settimanale “Stern”. Nel 1978 si trovano a Berlino per intervistare una quindicenne sul degrado giovanile. La ragazza si chiama Christiane Vera Felscherinow. Nonostante l’età, ha un passato da consumatrice di eroina ed è imputata e testimone in un processo per possesso e ricettazione di droga.
Quello che doveva essere un breve colloquio diventa una testimonianza lunga due mesi da cui nasceranno, rispettivamente nel 1978 e nel 1981, un romanzo e un film omonimo capaci di destare scalpore in tutto il mondo. Il libro, in particolare, è stato un oggetto di culto tra gli anni ottanta e novanta. Per gli educatori rappresentava un simbolo dello spavento che lo spettro della droga deve incutere nei giovani. Alcuni genitori lo leggevano come monito. Per gli adolescenti era un testo trasgressivo, scabroso, ma frequentemente percepito come lontano. Come spesso accade quando si affronta in letteratura il tema della tossicodipendenza, la mancanza di valori ed il senso di vuoto che connotano il testo possono essere infatti compresi in un’età che necessariamente non può essere l’adolescenza.

Il testo autobiografico inizia dal trasloco che porta la piccola Christiane e la propria famiglia da Amburgo alla periferia di Berlino. Segue un’infanzia complessa con un padre violento, la separazione dei genitori, la difficile integrazione in un sobborgo pieno di costruzioni imponenti e cemento che scoraggiano la fantasia di bambini e ragazzi.
Difficoltà familiari, noia, amicizie sbagliate e assenza di motivazioni possono essere, in una personalità fragile ed immatura, una combinazione estremamente pericolosa.
A 11 anni Christiane inizia a consumare tranquillanti. Poi è la volta dell’hashish. A 12 frequenta discoteche ambigue dove instaura conoscenze che la conducono rapidamente nel tunnel della tossicodipendenza da eroina e alla conseguente prostituzione per procurarsi il denaro necessario all’acquisto delle dosi giornaliere.

“Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” è un testo disturbante. Assistiamo impotenti alla vertiginosa caduta di una ragazza, in una testimonianza capace di porre l’accento su una serie di tematiche ancora attuali.
Denuncia i casi in cui l’assenza di figure familiari stabili e vigili non permette una crescita equilibrata dell’individuo negli anni cruciali dell’adolescenza. Quanto delle persone che siamo deriva dal contesto in cui siamo cresciuti? Quanto è invece insito in noi come patrimonio genetico indipendente da una buona o cattiva educazione? È vero che si ha sempre la possibilità di scegliere?
Viene poi sottilmente criticato il modello della scuola tedesca degli anni ’70-’80, colpevole di creare eccessive differenze tra studenti e di non favorire un senso di collettività a causa di anonime classi, o meglio corsi, frequentate da più di 100 studenti.
Così come ne escono ridimensionate le forze dell’ordine, descritte come entità capaci di punire ma non di prevenire e comprendere il fenomeno nella sua interezza.
Sotto accusa anche le varie terapie affrontate dalla protagonista in mano ad analisti, infermieri e medici poco interessati al reale recupero mentale, e non soltanto fisico, della ragazza.

Al contrario di tante altre versioni romanzate e non realistiche, qui viene sottolineato un aspetto tanto veritiero quanto sottovalutato: il vero tossicodipendente non ha una vita, né sociale né tantomeno affettiva, e le poche amicizie che coltiva nel giro sono strumenti per arrivare più facilmente e con meno rischi all’acquisto delle dosi quotidiane. I presunti amori sono spesso un mezzo per condividere marciume e solitudine.

Alla fine del tunnel, un barlume di consapevolezza. Lontana dalla periferia di Berlino, Christiane realizza che la vita sa essere dura anche nelle piccole realtà, che la scuola non è poi tanto diversa, che faticherà a lasciarsi alle spalle il suo passato da tossicodipendente. E che ovunque ci sono giovani problematici. Rimane sorpresa, forse perché fino a quel momento è stata così impegnata a distruggere la propria esistenza da dimenticarsi di viverla e di guardarsi attorno.

“Siamo completamente soli in questa valle della follia”.

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2015-05-05 11:18:16 RansieLaStrega
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RansieLaStrega Opinione inserita da RansieLaStrega    05 Mag, 2015
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La corsa al benessere utopico..

Quando acquistai questo libro avevo meno di diciotto anni ed ero curiosa dei miei coetanei che non perdevano tempo per fumarsi uno spinello e prendere qualcosa di più; non capivo questo senso di "voler sembrare ciò che non si era".
La copertina dell'epoca mostrava il viso quasi senza anima di una ragazza che poi scoprii essere l'attrice che prestò il volto alla scrittrice di questo magnifico saggio, perchè io lo classifico come un saggio, più che un diario personale che Christine fa della sua esistenza di fine anni 70.

E' una lettura cruda, diretta e che non risparmia le immagini più "buie" degli anni di una Berlino che, ha segnato un pò anche me leggendo queste pagine; palazzoni grigi, aria grigia, l'esatto opposto di quello che Dorothy trovò nel magnifico regno di Oz, a Berlino era tutto un blocco industriale, tutto una fabbrica, metropoli che si sviluppava sempre più, gente che correva in una routine dove il pieno benessere era utopia.

**SPOILER**
Christine figlia dodicenne di una famiglia come tante, dove padre e madre non erano quelli che vediamo nelle pubblicità del mulino bianco, conosce le prime cottarelle e cresce in lei la voglia di voler crescere troppo in fretta. Si avvicina ad un mondo enormemente grande anche per una persona che lo è già. Da uno spinello innocente tra i suoi nuovi amici, comincia ad assaporare l'ebbrezza dell'eccitazione, con cocaina e VALIUM,mix di anfetamine, fino ad arrivare all'eroina, una droga all'epoca molto di moda e di facile commercio.
La sua vita diventerà un inferno, la voglia di smettere non l'abbandonerà mai; episodi ed eventi per una corsa al soldo per l'acquisto del benessere in vena...tutto questo e molto altro, vi catapulteranno in momenti davvero poco piacevoli, immaginare che siano davvero accaduti, lo sarà ancor meno.

La descrizione di ogni scena, ogni singolo episodio, non vi nascondo che mette i brividi...ma è una pagina della nostra storia, una pagina che non bisogna dimenticare.
L'indifferenza degli adulti nei confronti di questi ragazzi che erano una parte molto popolata delle metropoli in quegli anni di trasgressione, una società in lotta con un sistema DROGATO...
Christine F. spiega senza pietà ciò che accadeva intorno a lei, senza fare sconti.
La vita da bucomane è quello che racconta l'autrice, testimone sulla sua pelle della paura delle vere tenebre della vita.

E' un libro che forse bisognerebbe far leggere a scuola, abbassare la testa di molti ragazzini spocchiosi.

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2014-08-30 10:36:01 JoeGreen
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JoeGreen Opinione inserita da JoeGreen    30 Agosto, 2014
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Un saggio dei nostri tempi

Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino è la storia di una ragazza, la storia di un amore, la storia di milioni di teenagers, la storia dei nostri tempi.
E' un saggio d'orrore, nudo e crudo, su argomenti che sono sempre stati caldi.

Certo, stilisticamente non è il massimo, ma è un libro di denuncia, denuncia dei soprusi, dei problemi, delle difficoltà.
Denuncia di una ragazza che passa dal vivere in campagna al frequentare la discoteca "Sound" girovagando in un nauseante tunnel dell'orrore che migra dal fumo, dalle pasticche, fino ad arrivare alla droga della morte: l'eroina.

E così inizi il tuo viaggio con Christiane, sembri la sua anima gemella, arrivi a piangere e disperarti per qualsivoglia sua perdizione, per la sua caduta nel tunnel, la sostieni nella ripresa, e ti senti giù alla ricaduta.
Il tunnel della droga è davvero un buco nero che ti risucchia la vita, e questo libro si pone come obbiettivo quello di istruire i giovani e di mostrare la letalità di queste sostanze, non di certo ad interessarli o ad affascinarli.

E' pur vero che vieni coinvolto così emotivamente lontano che arrivi a porti a Berlino.
Quello di visitare lo zoo di Berlino è un mio grande sogno, che spero di poter realizzare un giorno.

Romanzo brutale, da leggere e far leggere, a qualsiasi età, romanzo di un'era, romanzo intramontabile, romanzo di vita.

"Non sapevo più perché avevo paura di morire. Di morire da sola. I bucomani muoiono da soli. La maggior parte in un cesso puzzolente. Ed io volevo morire. In realtà non aspettavo niente altro che quello. Non sapevo perché ero al mondo. Anche prima non lo avevo mai saputo con esattezza."

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2013-04-28 10:46:25 Simosim
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Simosim Opinione inserita da Simosim    28 Aprile, 2013
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Importante

Un libro veramente importante,una testimonianza un autobiografia assolutamente da leggere.
Libro scritto non troppo bene ma veramente informativo e appassionante.
Proprio cosi',il libro ti appassiona alla storia che vive Christiane ed ogni frase è estremamente vera e profonda che il lettore riflette,pensa,riflette,pensa fino alla fine del libro.
Andreoli disse: le parole di Christiane sono veri e propri colpi nella coscienza di ciascuno di noi.

CONSIGLIATISSIMO

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CONSIGLIATO anzi OBBLIGO
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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino 2013-03-07 17:14:51 marika_pasqualini
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marika_pasqualini Opinione inserita da marika_pasqualini    07 Marzo, 2013
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indimenticabile

libro letto circa 10 anni fa, all'inizio della mia adolescenza, che mi ha spaventata a tal punto da farmi rivoltare lo stomaco ogni qual volta si parli di droga. eppure, mi ha affascinata, mi sono sempre chiesta il perchè fosse caduta così in basso. era una bambina.. e mi dispiace deludervi, ma lei è ancora viva e non ne è mai uscita. anzi, questo libro è stata la sua rovina perchè le ha dato un sacco di soldi per comprarsi la droga senza problemi. una vita violenta e violentata dal mondo, dalla famiglia, dall'aria in sè, che fa vivere tutto al lettore, anche il dolore di un buco o lo squallore di andare a letto per i soldi contati di una dose. Agghiacciante e crudo, e altri sinonimi, sono la descrizione di questo libro che mi rimarrà per sempre nella mente e nel cuore.

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
agli adolescenti
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