Numero undici Numero undici

Numero undici

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L’undicesimo romanzo di Jonathan Coe è una storia dei nostri tempi: dal suicidio di David Kelly, lo scienziato britannico che aveva rivelato le bugie di Tony Blair sulla guerra in Iraq, agli anni austeri della Gran Bretagna che conosciamo oggi. È un romanzo su quell’infinità di piccole connessioni tra la sfera pubblica e quella privata, e su come queste connessioni finiscano per toccarci, tutti. È un romanzo sui lasciti della guerra e sulla fine dell’innocenza. È un romanzo su cosa significhi vivere in una città dove i banchieri hanno bisogno di cinema nelle loro cantine e altri di banche del cibo all’angolo della strada. È un romanzo in cui Coe sfodera tutta la sua ingegnosità, il suo acuto senso della satira e la sua capacità di osservazione per mostrarci, come in uno specchio, il nuovo, assurdo e inquietante mondo in cui viviamo.



Recensione della Redazione QLibri

 
Numero undici 2016-04-17 13:39:37 silvia t
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silvia t Opinione inserita da silvia t    17 Aprile, 2016
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Undici

Questo romanzo sarebbe risultato più fruibile se fosse stato presentato come una raccolta di racconti; si ha infatti la sensazione che Coe abbia unito varie immagini vive nella sua testa in una storia unica, ma che appare piuttosto slegata come se, appunto, il filo conduttore non spiccasse dagli altri che formano le varie sottotrame.
Senza dubbio il piano narrativo non è quello più importante, c'è una critica sociale molto chiara, ma mai originale, anzi piuttosto banale.
Sono presenti però, alcuni stralci davvero molto belli e poetici, per esempio, "Il giardino di cristallo" che non solo ha uno stile semplice e lieve, ma il messaggio, diciamo, psicanalitico che gli sottende è originale e toccante.
Questo capitolo è posto più o meno alla metà del libro e una volta conclutosi si coglie ancora di più la mancanza di ispirazione presente nel resto del romanzo; qui si parla di un'emozione e omaggiando in qualche modo Proust, la si vuole ricercare; il percorso per farlo è così sopra le righe, ma così dolce e così penetrante che non si può non approvare e non capire il protagonista che lo percorre.
I personaggi sono piuttosto piatti, ma Coe riesce dosandoli con maestria a creare un insieme piacevole, anche se troppo definiti, quasi stereotipati, finiscono con non generare alcuna empatia riducedosi così ad attori senza carisma.
In conclusione sembra che il romanzo stia sempre per decollare, ma ogni volta è una falsa partenza, rimane in ogni caso un'opera piacevole e che consiglio anche solo per quel gioiello che al suo interno è contenuto "Il girdino di cristallo"

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Numero undici 2017-07-13 18:50:09 Dod
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Dod Opinione inserita da Dod    13 Luglio, 2017
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Chi vince piglia tutto

L'approccio a questo libro (il mio primo di J. Coe) è stato abbastanza condizionato dalle recensioni non troppo positive trovate sul presente sito. Devo dire che il testo non parte proprio benissimo ed è abbastanza fumoso per buona parte del primo racconto, non facendo capire molto dove si vuole andare a parare.
Il passaggio dal primo al secondo racconto, soprattutto, è infelice, perché il legame tra i due diventa chiaro solo dopo un po' senza apparire molto congeniale. Leggendo il libro diviso in capitoli non ci si aspetta di trovare una storia molto differente passando da un capitolo all'altro. Se questo stacco nei capitoli successivi riesce abbastanza bene, nel primo capitolo è un po' contorto e spiazzante.
Se la prima parte zoppica un po', poi il testo migliora decisamente - già dal secondo racconto - per offrire alcune bellissimi pagine soprattutto ne "Il giardino di cristallo".
J. Coe ci regala un testo in cui a essere ben presentate non sono tanto le singole storie quanto le riflessioni personali incarnate dalle particolari immagini visive quali il giardino ghiacciato simbolo dell'ossessione di un marito defunto, la telecamera che si sofferma crudelmente una cantante di poco successo che spera di ritrovare denaro e dignità in un reality, l'undicesimo piano sotterraneo di una casa di Londra opulenta, ambiziosa e vuota, un mostro immaginario nascosto nelle profondità sotterranee di Londra, un autobus (la linea 11) che percorre a rotazione la città di Birmingham, i tavoli da cui emergono le teste dei "menù parlanti", la casetta sull'albero dalla quale due ragazze guardano i nonni di una delle due durante la morte di un giornalista politicamente scorretto...
La grandezza del libro sta proprio nelle immagini utilizzate per personificare i sentimenti principali: la paura, la perdita dell'innocenza, l'ossessione, la rabbia, l'odio. A connettere queste immagini è la una sensazione di impotenza arrabbiata e di nostalgia disincantata per il passato (spesso quello infantile) perduto per sempre, perché a dominare la realtà sono le bugie di chi è al potere, l'ottusa cecità dei ricchi, la competizione fino al sangue - incarnata dalla famiglia Winshaw - in cui "chi vince piglia tutto, chi perde non ha niente".

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Numero undici 2016-06-18 16:52:47 ant
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ant Opinione inserita da ant    18 Giugno, 2016
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5 storie

Libro particolare
Si compone di 5 racconti caratterizzati dal numero undici, in cui l'autore narra di 5 problematiche relative alla nostra quotidianità come: la perdita dell'innocenza,l'odio scatenato da una parecipazione ad un reality show, le ossessioni che possono condizionare la vita, le raccomandazioni e di ricchezza ostentata. Quello che emerge da queste pagine, a mio avviso, è il cambiamento di punti di vista e di prospettive dei giovani rispetto alle persone di mezza età; questi ultimi, a detta dello scrittore, han vissuto in un'epoca nella quale si era aiutati, curati, indirizzati verso un orizzonte sereno, i giovani invece hanno infinite possibilità di scelta che portano con sé imprevedibilità, insensatezza, instabilità, rancore. Concludo estrapolando un passaggio, tratto dal primo racconto, in cui si parla di perdita d'innocenza e soprattutto di D.Kelly, scienziato suicida, la cui morte è collegata alle responsabilità di Tony Blair nella costruzione di fittizie motivazioni per attaccare l’Iraq:
«C’è un momento in cui una generazione ha perso la sua innocenza politica. Noi la perdemmo con la morte di David Kelly» dice Laura, in Numero 11. «Una persona perbene era morta ed erano state le bugie costruite intorno a determinarla»
Particolare

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Numero undici 2016-04-13 20:36:24 68
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68 Opinione inserita da 68    13 Aprile, 2016
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Follia della contemporaneità'.


Undici è' un semplice numero, ma può' essere molto altro. Nella narrazione è' un motivo ricorrente, un numero civico, una importante sede politica, una linea del tram, i piani di una abitazione, ( uno in particolare ), un tavolo di un locale, una data a cui fissare un ricordo.
Ma è', in primis, un' ossessione che ritorna, evocazione di accadimenti agghiaccianti stampati nella nostra memoria e, soprattutto, il presente, ovvero l' ultimo libro di Jonathan Coe, il suo undicesimo .
E' un testo che riporta a storie e protagonisti del passato, pur lontani e per lo più' scomparsi ( i Winshaw ), arricchito da elementi della contemporaneità, ed infarcito di tutti i temi che hanno caratterizzato il suo narrare.
Si parla prevalentemente dell' oggi, cercando di portare alla luce verità' già' note ma consapevolmente o inconsciamente ignorate, o superficialmente sottovalutate e evitate.
Sono trascorsi parecchi anni dal governo conservatore della Tatcher, dal mondo aristocratico e snobistico dei Winshaw, da quella Inghilterra degli anni ottanta isolata ed isolazionista, intrisa del ricordo della propria grandezza alla vigilia di crisi economica, austerity, tagli e riforme.
L' oggi è' profondamente diverso, ma il liberismo del governo labour non è' esente da colpe, anch' esso causa di una serie di errori, eccessi, distopie, misteri irrisolti, bugie e molto altro.
L' Inghilterra, ancora così' fiera della propria unicità', è' entrata in pieno nella mass medialita' ', nella globalita' socializzata, in quella contemporaneita' che è' mercificazione e massificazione, in un mondo che vive di disuguaglianze economico- sociali, schizofrenia del quotidiano, ipersocialità' che nasconde solitudini estremizzate.
Coe ci fa viaggiare in questo reale criticandolo aspramente, adeguando il linguaggio espressivo ai temi trattati, lasciando che i personaggi svolgano e sviscerino gli accadimenti.
Tra i cinque racconti, apparentemente scollati, divergenti, che alternano presente e passato, tracce narrative e protagonisti diversi in una interconnessione a rischio cortocircuito, scopriamo elementi insperati che chiarificano ed amplificano certezze già' note.
Il linguaggio si adegua alla narrazione e ne esprime i contenuti.
Tratti gotici, horror, alternati a descrizioni asciutte, tenebrose, cinque capitoli che esprimono diversamente un viaggio tormentato che non ricerca una verità', o solo in apparenza, ma è' semplice descrizione di un mondo , la contemporaneità', così' intriso della propria essenza.
Ed il linguaggio usato, come lo stesso Coe ha dichiarato, è' espressione del nostro tempo, nasce e si nutre con esso, ne esprime i caratteri salienti. I temi ci appaiono chiari, precisi, emergono dai dialoghi e dalla storia.
Coe descrive questo mondo, lo critica aspramente, adeguando il linguaggio espressivo ai temi trattati, lasciando che i personaggi svolgano e sviscerino gli accadimenti.
Rachel ne è' la voce narrante e si immerge in un sentiero della conoscenza alla scoperta di quello che già' sa o non vorrebbe sapere. È' un' anima pura, una delle poche, cosciente, pacata, colta, semplice, dotata di buon senso, circondata invece da un' ordalia di non-sense e brutalita' neppure immaginabile.
Il suo viaggio, dalla infanzia alla giovinezza, tocca i temi della narrazione trasformandosi, strada facendo, in un horror gotico con tratti di suspance.
Ma il racconto è' molto altro, presenta elementi grotteschi, diventa quasi un noir, si trasforma in thriller, ha tratti comici e di satira politica e sociale e diviene una fiaba. Allo stesso tempo indaga l' io più' profondo, i fantasmi della paura, il declino, la perdita dell' innocenza ed il passato che ritorna, di altro vestito.
Ci addentriamo in un universo di boschi selvaggi, di uccelli rapaci, di creature misteriose, di cunicoli, di tunnel, di attese protratte e silenzi parlanti.
Si parte dal mistero della morte di David Kelly, avvenuta nel 2003, scienziato oppositore del governo interventista, guerrafondaio e bugiardo di Blair, l' emarginazione dell' amica di colore Alison, gay, invalida, imprigionata ingiustamente, la brutalità' dei social, quei 140 caratteri che condizionano e stravolgono relazioni consolidate, la decadenza intellettiva e l' abbrutimento descritto nei reality televisivi, la forbice sempre più' ampia tra ricchezza godereccia e povertà' affamata, il potere distorto e sadico dei Winshaw, il predominio della finanza sulla creatività', le sempre maggiori diseguaglianze socio- economiche del paese, l' inadeguatezza di un sistema sanitario che privilegia gli abbienti.
L' occhio di Rachel è' critico, indagatore, è' la visione di Coe che non solo denuncia i mali della contemporaneità', ma accusa tutti noi, consapevoli, ma silenti, in altre parole conniventi di un mondo alla deriva che abbiamo continuamente sotto gli occhi ma che accettiamo indifferenti, anestetizzati da surrogati mediatico- televisivi, aderendo ed alimentando rapacita' e follia del quotidiano eleggendola a norma.
Londra, oggi, è' una megalopoli degli eccessi, svuotata della propria ricchezza, con interi quartieri, i più' abbienti, spopolati, silenti, abitati da fantasmi, con una finanza che impera indisturbata, altrove, e tesse le fila della politica e dell' economia.
Assistiamo al declino dei valori umani, della cultura, della fratellanza, alla crescita di precarietà', fame e di una massa indistinta disperata, inutile e dimenticata.
E che dire dei social, di quella connessione perenne che svuota i contenuti relazionali, li altera e li ridefinisce, ed i mass media, cinici, autocelebrativi, pronti ad osannare e distruggere i propri idolatrati eroi per un momento di celebrità'.
Alla fine, in fondo a quell' undicesimo piano c' e' un tunnel, ed una stanza, in cui una creatura vendicativa, dagli occhi ambrati, compie la sua vendetta che assume forme diverse, come il suo corpo. È' una creatura indomabile ed inclemente, che attacca ciò' che vuole. Non è' arrabbiata, è' la rabbia. Noi possiamo compatire le sue vittime, o lei stessa, liberi di scegliere, come sempre.
Certo, sono argomenti gia' noti, sentiti, discussi, ( si pensi a " Il Cerchio " di Eggers ) ed una direzione, purtroppo, è' da tempo presa e ben avviata. Non ci resta che riflettere sui temi indicati, la letteratura serve anche a questo.

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Numero undici 2016-03-21 15:11:20 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    21 Marzo, 2016
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Measure for measure

“Undici”, l’undicesimo e ultimo romanzo di Jonathan Coe prosegue con lo stesso caustico tono de “La famiglia Winshaw” la critica alla società britannica del nostro tempo.
L’opera è composta di cinque parti suddivise in capitoli che presentano diverse tecniche narrative, dal racconto impersonale a quello in prima persona, all’inserimento di un breve romanzo nel romanzo con l’episodio del Giardino di cristallo, fino all’uso dell’epistola che rende più immediata e realistica la descrizione degli eventi.
Numerosi sono i personaggi che ruotano intorno alla protagonista Rachel. Le loro storie si intrecciano e creano una rete di connessioni significative.
Il romanzo si apre con la descrizione della misteriosa e inquietante figura della Pazza del Gheppio: sono pagine nella più pura tradizione gotica, la stessa che si ritroverà più avanti nel corso del racconto.
Sin dai primi capitoli si capisce che la critica di Coe è soprattutto di carattere politico e sociale. L’accenno al suicidio di David Kelly, ispettore dell’ONU in Iraq, avvenuto nel 2003, è pretesto per esprimere biasimo per quello che fu l’inganno della guerra contro Saddam Hussein, necessaria, secondo quanto sostenuto ufficialmente e pubblicamente dal Primo Ministro Tony Blair, poiché il dittatore iracheno avrebbe posseduto armi nucleari in grado di distruggere la Gran Bretagna in quarantacinque minuti. E la guerra, nel corso del romanzo, appare come un grande business che si protrae anche dopo la sua fine. Coe non si limita tuttavia a denunciare gli errori di un solo partito: la sua è una critica bipartisan. I conservatori non sono portatori di ideali più puri, essi rappresentano, al contrario, l’anima più gretta di quel popolo che nel corso della storia aveva preteso di essere il più genuino divulgatore dei principi democratici. È il personaggio di Alison, ragazza di colore, disabile, povera e gay, grande amica di Rachel, che raccoglie tutte le caratteristiche dell’emarginato moderno. Sarà lei il bersaglio di una delle ultime discendenti dei Winshaw, Josephine, che pubblicherà un articolo in cui Alison apparirà come la solita speculatrice parassita della società “per bene”.
Le vicende dei personaggi sono dunque il mezzo per evidenziare la crisi della società britannica, crisi che non si limita alla finanza, ma si estende ai principi e ai valori etici sui quali si erano fondati gli Stati moderni in Europa. Sul mondo della finanza Coe ha scritto pagine spietate, creando il personaggio di Frederick Francis, un ex ispettore fiscale che utilizza le conoscenze acquisite lavorando per il governo, al fine di fare evadere le tasse ai ricchi magnati del paese.
Non solo il mondo della finanza è sotto accusa: lo è altresì l’ambiente della Sanità che non garantisce una equa distribuzione dei farmaci, trascurando le fasce più deboli e più povere che non possono permettersi cure dispendiose. In questo mondo fatto di inganni e di illusioni ha la sua giusta collocazione una televisione che crea falsi miti, che distrugge l’immagine dei cittadini più ingenui con la truffa dei reality show. Non a caso Coe si sofferma sui disvalori diffusi dai programmi della Stercus Television.
La satira è pungente, ma è lo scopo principale dell’opera, al punto che l’autore sente il bisogno di ripercorrere a grandi linee quella che è stata la storia del comico e del riso a partire da quel famoso libro della Poetica di Aristotele, tanto discusso, passando attraverso Hobbes, Cartesio, fino a Bergson e Freud. Ed è la funzione demistificatrice del riso, del comico e ancor più della satira a colpire e distruggere i falsi miti, soprattutto in politica. L’inconveniente, denuncia Coe, è che lo spettatore, come il lettore, gratificato dalla satira che colpisce i suoi avversari, appagato, ricade in un’inerzia pericolosa che non porta al cambiamento. La satira aiuta a colmare una certa ingenuità politica, ma difficilmente porta all’azione.
Nella effettiva complessità di questo romanzo, ci sono, tuttavia, elementi che ritornano, come il numero undici. Ciascun personaggio ha un legame con questo numero, che poi, non a caso, fu anche il giorno dell’attacco alle torri gemelle ed è il numero di Downing Street dove risiede il Cancelliere dello Scacchiere, cioè il Ministro delle Finanze.
Per quanto riguarda l’aspetto più propriamente letterario, quest’opera risente evidentemente di tutta la tradizione letteraria britannica, dal romanzo gotico, a Conan Doyle, a Edgar Allan Poe , fino a Henry James. Ed è proprio il ritmo avvincente della storia che permette di andare piacevolmente fino in fondo e approfondire quei temi che altrimenti sarebbero risultati assai più onerosi. Ed è assolutamente eccezionale in Coe la capacità di evidenziare quanto sia fragile il confine tra ragione e follia, come la realtà possa più facilmente di quanto si creda trasformarsi in un mondo visionario e assurdo. È questa la società che abbiamo contribuito a creare. E l’ultimo capitolo ha la funzione di uno spettacolare colpo di scena che suona quasi come un monito e che ci riporta al mondo classico shakespeariano, il mondo di “ Measure for Measure.”

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