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Il cardellino
 
Il cardellino 2015-03-25 17:52:09 ferrucciodemagistris
Voto medio 
 
2.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    25 Marzo, 2015
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Il confine policromo tra il vero e il falso

Di Donna Tartt lessi tanti anni or sono “Dio di illusioni”, che ho già recensito in questo spazio. Mi sono avvicinato a questo romanzo sia per quanto mi era rimasto dalla lettura del primo romanzo, ma, in particolare, per le forti discordanze che ho avuto modo di leggere in svariati commenti e anche parlandone con altre persone. Sta di fatto che il romanzo ha un’apparenza che invoglierebbe a lasciar perdere (un tomo di circa 900 pagine paragonabile a un classico dell’800 tipo “Guerra e pace” ma senza confronto alcuno), nonostante l’abstract possa attirare l’attenzione in quanto si riferisce a un piccolo dipinto realizzato da un non molto famoso pittore olandese, Carel Fabritius, nel 1654 poco tempo prima che l’artista passasse a miglior vita a causa di un’esplosione che distrusse la sua abitazione nella città di Delft.

Per quanto sopra ho, quindi, affrontato il romanzo con lo spirito di portarlo a termine…ma che fatica!!
Sì, perché la narrazione è lunga e ripetitiva nonostante una trama che si avvicina molto al thriller ma anche al mondo dell’antiquariato, al traffico delle opere d’arte trafugate da musei e/o collezioni private di pregio e all’incessante dissertazione su alcool, stupefacenti e altre pastiglie contenenti intrugli per calmare e combattere (sic!) il mal di vivere.

Tutto ha inizio con un attentato terroristico a un museo dove l’allora adolescente Theo perde la propria madre, e da quel momento iniziano le sue drammatiche vicissitudini che hanno come punto di riferimento, appunto, questo famoso piccolo dipinto, Il cardellino, miracolosamente rimasto intatto e per puro caso in possesso del Nostro, che segue la vita di Theo nelle sue peripezie esistenziali da New York a Las vegas e Amsterdam fino all'età adulta.

Le descrizioni dei molteplici accadimenti sono troppo dettagliati fino quasi al parossismo; gli altri protagonisti, i luoghi, gli ambienti sono analizzati in molte, e spesso inutili, sfaccettature che ne appesantiscono la lettura e, di conseguenza, perde molta della sua verve.

Un lancia, o forse anche due, sono da spezzare a favore dei momenti di riflessione profonda sul senso della vita, sulla casualità degli avvenimenti e sull’esistenza o meno di uno schema prestabilito di cui tutti noi appartenenti all’immanente ne siamo inconsapevoli, sulla solitudine e i suoi mostri.
La parte finale del romanzo riscatta un po’ la pesantezza e, a tratti, la noia della parte iniziale e mediana, con un epilogo che induce alla bellezza della vita e ai valori che un’opera d’arte può dare a tutti coloro di animo sensibile.

Non sono in grado di consigliarne la lettura in assoluto; d’altro canto leggerlo potrebbe essere una sfida dalla quale, almeno per il sottoscritto, si può uscirne vincitori.

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Ciao Ferruccio, pensavo di leggerlo ma mi sa che mi dedicherò ad altro: che brutta sensazione la fatica di leggere, me la evito per il momento, mi è capitato di recente e mi sono sentita prigioniera della mia stessa passione.
Sì, concordo; bisogna evitare la fatica di leggere, specialmente per i tipi come me che vogliono portare a termine anche un romanzo non proprio di loro gusto. Grazie. Ciao.
ùFerruccio
Ferruccio, ho letto il tuo interessante e analitico commento con un moto di sorpresa. Non ho letto il libro, ma i vari articoli di critica erano puntati sull'esaltazione, tanto da definirlo come il miglior romanzo dell'anno. Dalla tua recensione emergono luci ed ombre. A questo punto preferisco puntare su altro (la scorta dei volumi da leggere è sempre consistente).
Io l'ho lasciato a metà e nemmeno a me mi è parso per quello che ho letto un capolavoro. La scrittrice scrive troppo bene, così bene da risultare artificiosa. Questo dal mio punto di vista è un grosso difetto. Il libro sembra la tela di Penelope.
Intanto grazie Emilio per il tuo commento; è vero ciò che affermi circa l'esaltazione che fu data a questo romanzo. Ma, a parer mio, non vale tanto...nel senso che un'opera, o meglio libro, così corposa dovrebbe avere dei contenuti profondi; non è il caso del presente. Ho volutamente deciso di completarlo ma la tentazione di abbandonarlo è stata, alcune volte, forte. Ciao.
Ferruccio
Grazie Mario; concordo con quanto hai scritto. Ciao.
Ferruccio
Peccato, l'idea era buona, no?
Forse l'idea poteva essere buona; ma è difficile seguire una narrazione ripetitiva e, nel contempo, molto corposa. Grazie. Ciao.
Ferruccio
Anche io non gradisco questo tipo di sfide (incaponimenti?), ma è anche vero che abbandonare un libro o un film, per un accanito seguace di lettura o cinema, è un'idea che fa star male.
Infatti, è raro che possa abbandonare un libro; non si tratta di incaponimento bensì, penso, si possa ottenere comunque beneficio da qualsivoglia tipo di di narrativa/letteratura che indirizza alla riflessione.
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