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Doctor Sleep
 
Doctor Sleep 2015-07-23 09:20:26 Bruno Izzo
Voto medio 
 
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Stile 
 
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Contenuto 
 
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    23 Luglio, 2015
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Solo per Fedeli Lettori doc

Diciamo subito che il romanzo di Stephen King, “Doctor Sleep”, non è una storia per tutti.
Non è un’opera per chi non ha mai letto nulla dello scrittore del Maine, non è il testo più adatto da cui iniziare per conoscere il Re dell’Horror, è quanto di meno indicato, direi controproducente, si rischia di disaffezionarsi dall’inizio al percorso di conoscenza di uno dei più acuti osservatori della realtà sociale della piccola e media borghesia americana, e della squisita maestria con il quale sa scrutare nel profondo dell’animo di tutti i suoi personaggi, in particolare predilige i preadolescenti, spesso protagonisti.
Stephen King ha un talento enorme, un’abilità unica e stupefacente di scrivere e di descrivere, un permearsi completamente nei suoi personaggi, che insieme con un’esemplare disciplina e competenza professionale lo rendono, a ragione, il Re.
Il Re è accattivante con i suoi seguaci, li ammalia con rapidità dopo breve corteggiamento e li fa innamorare di sé e delle sue storie, ma certamente non cominciando da qui, da questo romanzo.
“Doctor Sleep” è un libro del sonno, il sonno ristoratore, l’ebbrezza onirica che si può assaporare avendo ben vissuto altro da svegli: bisogna pur aver vissuto, aver conosciuto l’altro, il vissuto, per riviverlo sotto forma di sogno. Il sogno rispecchia la vita, non viceversa. Serve vivere per sognare.
Non è una lettura adatta nemmeno a chi King, bene o male, già conosce, non è sufficiente aver letto solo alcuni dei suoi libri, neanche basta aver bene impresso il ricordo di “Shining”, libro o film, più volte citato ed indicato come il prequel di “Doctor Sleep”, ma in realtà i due libri in comune hanno ben poco, solo il protagonista prima bambino e ora adulto, e qualche altro particolare.
No, “Doctor Sleep” è un libro per kinghiani doc, e con questo non voglio asserire che esiste, ed io certamente non ho né spocchia nè presunzione per affermarne di farne parte, una consorteria di seguaci di Stephen King che, come in una religione, venerano l’autore e ne celebrano ritualmente le opere. Assolutamente: intendo semplicemente dire che questo è un romanzo della tarda maturità di Stephen King, e come tale contiene in sé i temi, i modelli, gli argomenti, tutto quanto già ampiamente trattato nella vasta bibliografia precedente dello scrittore, non ci sono in questo romanzo nulla di cui Steve non abbia già descritto e discettato in precedenza. Il suo dire è un ribadire, il suo raccontare è un rivedere, lo snodarsi della sua prosa riconduce a un Nodo, un nucleo di fatti e situazioni già noti ai fedeli lettori, che solo chi dell’opera omnia kinghiana ha vasta conoscenza, può apprezzare in pieno.
King non spiega, allude a quanto già detto: e chi non sa cosa disse a suo tempo, non può, non riesce ad apprezzare ora il tutto insito in “Doctor Sleep”.
Perché in “ Doctor Sleep” c’è tutto di King: ci sono vampiri immortali che scorazzano in camper sulle strade americane, come in “Salem’ Lot”, ci sono mostri che vivono delle emozioni genuine di bambini provvisti di una sensibilità particolare, come in “It”, cibandosene come se inalassero un vapore; ci sono violenze domestiche, come in “Rose Madder”, ci sono vecchi, come in “Insomnia”, ci sono ragazzine terribili, come in “Carrie”, ci sono poteri paranormali come nella “Zona Morta” o Il Miglio Verde”, ci sono fantasmi come in “Shining” o “Mucchio D’Ossa” o “Duna Key”, ci sono trenini come in “Joyland”, eccettera. Occorre aver letto, e possibilmente apprezzato tutto questo, davvero. Perché se no è inutile, si leggicchia a fatica una storia per certi versi assurda, assai inverosimile, una storia in cui non funziona affatto quella “sospensione dell’incredulità” di cui Stephen King è maestro e che induce il fedele lettore a leggere con convinzione, fede e certezza assoluta di essere nel vero, resoconti strabilianti di vampiri che scorazzano allegramente in un moderno villaggio della provincia americana o amorfe creature che vivono nelle fogne di un’altra altrettanta moderna cittadina e che prendono magicamente le sembianze dei più comuni babau dell’infanzia.
“Doctor Sleep” è un libro per gli esperti, non per il neofito; è un romanzo per iniziati, non per babbani, è un volume per i fedeli lettori, per coloro in cui il processo di fidelizzazione tra lettore e scrittore è stato da qualche tempo sancito con un giuramento sacro. Questo libro è per chi aspetta con fiduciosa e trepidante attesa ogni nuova uscita del nostro, e centellinano la lettura per gustarla più a lungo possibile quasi fosse nettare d’ambrosia, ritrovando la magia, le emozioni, e il piacere della lettura quale che sia il titolo o il tema trattato, anche nelle opere meno riuscite.
Stephen King, un nome, una garanzia, ma soli per veri intenditori.
Di cosa tratta “Doctor Sleep”? Essenzialmente, come già troviamo nei titoli più conosciuti come “It”, “Salem’ Lot”, “L’ombra dello Scorpione”, King discetta dell’eterna lotta del Bene contro il Male. Il Bene, di per sé, non è appannaggio di eroi, come comunemente si è indotti a pensare, anzi, spesso il Bene ha sembianze un po’ banali, può incarnarsi in un comune pediatra di famiglia, una ragazzina sveglia ben più matura di tante altre coetanee, un vecchio guidatore di trenini da parco giochi, e anche in un giovane ex alcolizzato, un ragazzo già in là con gli anni, un po’ attempato come tanti altri, sopravvissuto quasi per caso ad un padre a sua volta alcolista e parecchio fuori di testa. Ma il bene in ogni caso è Bene, e perciò è luminoso, “luccica”; la “luccicanza”, lo “shining”, è una prerogativa di certi buoni un po’ più buoni degli altri, e perciò sensibili, pronti a “recepire” pensieri e emozioni nella testa altrui, a spingere un pochino sulla volontà altrui perché l’individuo un po’ traballante si rimetta sulla retta via, e dia conforto e coraggio a chi è in difficoltà oppure ha bisogno di essere accompagnato e consolato al momento del gran passo verso il sogno eterno.
Dan Torrance, il piccolo Danny di “Shining” a distanza di trenta anni, questo fa, accompagna i vecchietti dell’ospizio in cui è inserviente a compiere con serenità e dolcezza il loro commiato da questa esistenza, ed ecco perché è detto “Dottor Sonno”, “Doctor Sleep”.
Il potere, o la maledizione, da cui è affetto, è un qualcosa difficilmente definibile in parole: tramite questo Dan vede un luccichio che gli dice qualcosa, talora molto, su chi avvicina; gli legge i pensieri, ne indovina l’indole, vede sprazzi del loro futuro, comunica “mentalmente” con altri provvisti della stessa capacità. Questa luccicanza è ben più diffusa di quanto si ritiene, spesso è riposta in forme esaltanti in preadolescenti, ragazze e ragazzi nel pieno di quell’età magica e fantastica in cui non si è più bambini ma non ancora ragazzi, un’età breve dai confini sfumati in cui non si crede più alle favole ma si è disponibilissimi a credere ed a gestire fenomeni magici ma non favolistici come la telepatia, la telecinesi eccettera. Dotati di questa capacità non sono solo i buoni, giacchè al mondo non esistono solo i buoni, ne sono provvisti anche i cattivi.
I cattivi in questo caso sono individui che dallo “shining” traggono esclusivo personale ed egoistico giovamento e sostentamento, rubandolo a coloro che, per lo più giovanissimi, ne sono in largo possesso; agiscono come vampiri, come parassiti, così come il sangue ristora e giova ai vampiri, a costoro la luccicanza funziona da cibo, da manna, da linfa vitale, rendendoli non immortali ma longevissimi. Sennonché per procurarselo, in gran quantità e di massima qualità, non basta rubarlo, occorre letteralmente estrarlo, e il metodo di estrazione è crudele e disumano, letteralmente costoro aspirano a forza, e con violenza, inalano come fosse un vapore questo fluido particolare, incuranti se tale estrazione avviene, deve e può avvenire, solo tramite torture indicibili, violenza e dolore inenarrabile. Gli sfortunati bambini in possesso di questa facoltà divina di premonizione, la “luccicanza” che gli consente di espandere luce sul buio dell’esistenza altrui, sono rapiti e sottoposti a un rito crudele, lungo, doloroso, che porta a distillare il loro potere, a estrinsecarlo sotto forma di vapore che i vampiri inalano e così cibandosene perpetuano se stessi e la loro zombiesca esistenza. Un vapore, tant’è che può essere conservato in bombole per i periodi di magra. Un vapore, destinato ad esaurirsi, e quindi da rinnovare in perpetuo, ecco quindi i nostri viaggiare in lungo e largo il paese, a bordo di camper, caravan, roulotte, del tutto simili per aspetto e sembianze alle migliaia di persone non più in età di lavoro ma ancora giovani per godersi il loro paese perlustrandolo, e così perfettamente mimetizzati, confusi nella scenografia delle grandi arterie americane, alla continua ricerca sia di vittime che di nuovi adepti.
Il loro peregrinare disegna tragitti intricati, un continuo andare su e giù con traiettorie sempre diverse che disegnano una ragnatela del Male, che riportano a un Nodo, un nucleo centrale cui il Male giunge e da cui il Male riparte, da cui i vampiri nascono e cui finiscono per tornare.
I vampiri moderni non sono tali per definizione, spesso lo sono diventati loro malgrado; può capitare che uno di loro, per esempio, non sia che una povera vittima di un padre incestuoso, lo scempio cui è sottoposta nel corpo e nella psiche da parte di chi più di tutti al mondo avrebbe compito di tutelarla e proteggerla, porta la piccola “Andi Serpente” a divenire una cattiva sui generis.
E il Nodo, i suoi membri, il suo capo Rose Cilindro sono affrontati dal Bene, e dal Bene sbaragliato, come in tutti i buoni romanzi a lieto fine: come dire, tutti i nodi vengono al pettine.
Coloro che militano nel Bene, non sono eroi, e neanche paladini senza macchia e senza paura; il loro elemento di punta è Ambra Stone, una ragazzina terribile, il prototipo della brava ragazzina americana di buona famiglia che è in realtà un autentico peperino, un osso duro: ma non è certamente una eroina casta pura e immune da difetti, non esita per esempio a usare i suoi poteri incazzandosi di brutto a seguito di un rimprovero dei genitori per una sua mancanza o ragazzata.
Il Bene è comunque bene, comprende valori come amore, onestà, e famiglia, i grandi valori della sana provincia americana, in particolare qui si indugia sul rispetto dovuto agli anziani, per i propri avi spesso dimenticati ed abbandonati negli ospizi: si parla perciò anche di intrecci familiari, si parla di persone assai avanti negli anni e pure ancora, e fino all’ultimo, in grado di dare briciole di utilità a quanti rimangono, si parla della morte, e di come sia rincuorante affrontarla con qualcuno che ti tiene amorevolmente la mano e ti aiuti ad andarle serenamente incontro. Il sentiero è scuro, ma lo “shining”, la luccicanza, t’illumina, ti fa vedere dove mettere i passi: un conforto questo che un vero buono non nega a nessuno, nemmeno a un suo nemico, come fa Dan nel finale.
Dan Torrance, il “Doctor Sleep”, l’ex alcolista Dan Torrance, il Danny di “Shining”, non è un santo, ma un ex bevitore, ai tempi brutti ruba dei soldi ad una tossica abbandonandola con il suo bambino, ai tempi belli sbaraglia il Nodo e tutto quanto rappresenta.
Dan è il prototipo del comune americano medio, in grado, con pari probabilità, di essere e divenire buono o cattivo, secondo quale via intraprende, secondo le proprie scelte. Se sceglie la retta via, la sua esistenza luccica, altrimenti è un groviglio, un nodo di brutture.
La vita non è altro che la conseguenza delle proprie scelte.
Il tema di “Doctor Sleep” è tutto qui: e si rinviene costantemente in tutti i romanzi di Stephen King.

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Consigliato a chi ha letto...
...tutto e solo Stephen King.
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