Acciaio Acciaio

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Dalia B. Opinione inserita da Dalia B.    26 Giugno, 2020
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Stereotipi a non finire

POTREBBE CONTENERE DEGLI SPOILER
Ho letto questo libro soltanto adesso perché mi è stato consigliato e, nonostante inizialmente mi stesse piacendo, mi aspettavo qualcosa di decisamente migliore.
Come si suol dire c'è davvero tanta, troppa carne al fuoco.
Iniziamo la lettura in modo tutto sommato scorrevole seguendo le vicende di due amiche, Anna e Francesca, ragazzine tredicenni che vivono nelle grandi case popolari di una Piombino fatiscente, dove regnano sovrane la droga, la disoccupazione, la criminalità e l'abbandono scolastico, dove restare incinte da adolescenti è la normalità e i bambini fanno la pipì sulle scale. Gli avvenimenti si svolgono nella povera e malfamata via Stalingrado, dove abitano la maggior parte degli operai della vicina acciaieria Lucchini, e le protagoniste vivono una vita normale per due ragazze della loro età, vanno al mare con gli amici, iniziano a scoprire il proprio corpo e la sfera sessuale e sognano un futuro migliore.
A poco a poco una delle due, Francesca, inizia a sviluppare nei confronti della compagna un sentimento che va oltre l'amicizia, e ciò inizialmente ci stupisce e ci fa interessare alla storia, ma il tutto viene troncato brutalmente dallo svolgersi degli avvenimenti. Anna inizialmente pare ricambiare i sentimenti dell'amica, ma ecco che la sua crescita personale viene tagliata davanti ai nostri occhi quando si fidanza con Mattia, letteralmente uno a caso, avvenimento che tra l'altro lede irreparabilmente il rapporto tra le due protagoniste tanto che, da migliori amiche per sempre, arrivano a non parlarsi per più di un anno.
La storia sarebbe stata coinvolgente se improvvisamente non avessero iniziato a sovrapporsi mille avvenimenti, che dovrebbero avere l'acciaio come filo conduttore ma finiscono per risultare stralci buttati al vento e decisamente inconcludenti.

Il secondo grande problema di questo libro, però, sono gli stereotipi: sono ovunque! Ogni singolo personaggio è un'accozzaglia di luoghi comuni, abbiamo il bello, la brutta e sfigata, le belle e inarrivabili (le nostre due protagoniste, appunto), il padre violento...
. Non vi faccio ulteriori spoiler, sappiate solo che la storia finisce per perdersi nei suoi stessi meandri e quando la concluderete vi lascerà con una spiacevole sensazione di amaro in bocca.

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leogaro Opinione inserita da leogaro    22 Marzo, 2019
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Un acciaio pieno di ruggine

Piombino, palazzoni polverosi e roventi d’estate, così come roventi sono i pomeriggi di lavoro nell’industria siderurgica Lucchini, in cui già lavorano i quindicenni. Nelle case, lugubri e caldissime, le ragazzine restano incinte adolescenti mentre alcuni loro padri, se non sono sbronzi, abbandonano la famiglia nelle difficoltà. Niente scuola: si lavora e basta, fino al sabato in discoteca e nei locali a luci rosse. Certo, non un bel posto in cui vivere. Le due protagoniste sono le bellone del quartiere che sognano una vita a colori, ben difficile trovare tra gli altoforni della Lucchini. La storia racconta i loro amori, le liti, le rivalità nei vari gruppi di adolescenti, i molti problemi in famiglia (psicologici, economici, relazionali…) e le violenze tra le mura domestiche: praticamente, una costante nelle famiglie di via Stalingrado. Ma in questo substrato, di certo, la Avallone poteva intrecciare un libro migliore. Le varie storie si sovrappongono e si intrecciano senza suscitare niente di che, ripercorrendo le storielle insipide in stile Moccia. La storia prosegue con vicende parallele: una casalinga picchiata, un losco giro di frodi, ragazzi sbandati sospesi tra vuoti amori adolescenziali. Già a metà libro mi sono annoiato e mi sono imposto di proseguire (concludo sempre i libri che leggo!) anche perché il libro è stato pluripremiato, sfiorando anche il Premio Strega. E ho pensato: ma solo io non ci trovo nulla di speciale? Il rapporto tra le due amiche si logora, poi si riallaccia, poi muta ancora: ma l’interesse del lettore, ormai, è lontano anni luce dalla trama.
Lo stile è semplice, anche troppo. La trama banalizza tutto: il tema degli infortuni sul lavoro, l’11 settembre, la violenza sulle donne… gli stessi personaggi sono tratteggiati psicologicamente in modo superficiale, alcuni ne escono delineati come una somma di stereotipi. Il linguaggio, talvolta, è improprio e quasi fastidioso. Il finale, banale, è un non-finale che sembra possa anticipare un sequel: in caso fosse, so che eviterò di leggerlo!
In 3 parole: deludente e sopravvalutato.

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Opinione inserita da Andrea79    19 Settembre, 2018

Interessante ma non perfetto

E' bello e interessante questo libro della Avallone.
E' una di quelle opere che ti attraggono come una calamita, che si fanno leggere tutte d’un fiato, senza sosta. Ed è vero perché si svolge in una città reale e perché i protagonisti sono pezzi di umanità facilmente riconoscibili nella vita di tutti i giorni.
A far da collante l'amcizia vera e profonda tra le due protagoniste. Un'amicizia al di sopra di tutto e di tutti, un’amicizia che mette da parte il mondo che gira intorno. E che sopravvive al mondo intorno. Una complicità simile a una storia d’amore vissuta con una intensità tipica dell’età adolescenziale, quando tutto cambia per sempre e noi ancora non lo capiamo ma cominciamo a intuirlo.
Le due protagoniste sono descritte magistralmente in ogni loro piccola sfaccettatura. Alla fine della lettura sembra di conoscere ogni centimetro del loro corpo e ogni loro più piccolo pensiero. Diventano come due di famiglia, in un certo senso.
Ci si affeziona a loro ma allo stesso tempo non si giustifica ogni loro scelta o ogni loro comportamento.
E un altro punto a favore del libro sono le descrizioni dei luoghi e delle azioni. Essenziali ma efficaci che non si perdono mai in troppi giri di parole ma vanno dritte al punto come é giusto che sia, come la storia che si racconta vuole che sia.

E se il libro fosse tutto qua, sarebbe al limite della perfezione. Purtroppo non funziona altrettanto il comparto degli altri personaggi. Alcuni veramente appena abbozzati e lasciati lì, a galleggiare nella storia, senza mai farne veramente parte; come se fossero delle comparse e niente più. E anche il senso dei riferimenti ai fatti di cronaca appare un po’ difficile da capire fino in fondo (perché descrivere l’11 settembre 2001 in un contesto del genere?). Forse l’autrice ha voluto mettere un po’ troppa carne al fuoco e la cottura finale ne ha risentito un po’.
Ma resta un gran bel libro davvero che mi sento di consigliare a tutti quelli che amano questi romanzi di formazione.
Peccato davvero però perché poteva essere più di un bel libro.
Poteva essere memorabile.

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Claudia Falcone Opinione inserita da Claudia Falcone    03 Gennaio, 2017
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Uno spaccato sulla periferia italiana

Ho letto "Acciaio" soltanto adesso, a distanza di sei o sette anni dalla sua pubblicazione, e trovo che per essere un esordio letterario sia un romanzo non perfetto, ma di sicuro potente.
La Avallone mette molta carne al fuoco: i personaggi che si intrecciano in questo libro, e quindi le loro storie, tracciano diversi temi tutt'altro che leggeri: le morti sul lavoro, la crisi economica, la violenza domestica. Temi tutt'altro che semplici, insomma, e nel tentativo di tenerli tutti assieme la Avallone un po' ci si perde...Ma volendo dare una definizione d'insieme di questo romanzo, credo si possa dire che, al netto di tante storie e di tante tematiche che cerca di affrontare, rappresenta un ritratto crudo e realistico della periferia italiana. In particolare la periferia raccontata qui è quella di Piombino, città che evidentemente la scrittrice deve conoscere molto bene: le descrizioni che ne fa sono tutt'altro che vaghe, ci si muove bene, ne descrive accuratamente ogni cosa, dai paesaggi alle strade, fino all'umanità che li abita. Trovo che in questo la Avallone abbia colto nel segno: nel raccontare uno spaccato della nostra realtà, in particolare quello del microcosmo che ruota attorno alla Lucchini, ma che in generale può essere esteso a qualunque periferia delle nostre città. I personaggi che popolano questo microcosmo in buona parte sono rassegnati a non avere alternative (al di fuori della fabbrica, al di fuori di un matrimonio infelice) oppure le trovano spesso nell'illegalità; la maggior parte di loro non crede nella scuola e nel potere dell'istruzione; si muovono fra spiagge, bar, discoteche e feste di paese; cercano emozioni nel sesso o nella coca; le vicende che provengono dal mondo di fuori, e che vagamente percepiscono attraverso tv o giornali, sono per molti di loro qualcosa di lontano, di superfluo. L'isola d'Elba, a un'ora di traghetto, è un sogno che sembra irraggiungibile. Eppure a ciascuno di questi personaggi la Avallone riesce a dare sfaccettature diverse; ciascuno di essi rivela nel corso della storia altri aspetti di se stesso, che riescono a far ricredere il lettore, in positivo o in negativo che sia. In questo senso il personaggio più complesso e affascinante è sicuramente quello di Alessio.
Ma oltre alla narrazione amara di questa vita di provincia, "Acciaio" è, anche e soprattutto, un meraviglioso racconto sull'adolescenza e sull'amicizia al femminile. Al centro della storia, infatti, c'è il legame tra Francesca e Anna, profondamente diverse fra loro eppure complementari, inizialmente inseparabili e poi portate a dividersi. Francesca vuol fare la showgirl, Anna vuole studiare architettura; Francesca è bionda, Anna ha una chioma di ricci bruni; Francesca ha un padre violento, Anna un padre che non si fa vedere in casa per mesi interi. Vivranno assieme scuola, amori, giornate estive in spiaggia o chiuse nel bagno di casa a truccarsi; sentiranno confusamente e con senso di colpa l'ambiguità e la profondità insite nel loro stesso rapporto, fino ad un certo punto a litigare e a separarsi. Passerà del tempo e poi, devastate entrambe da vicende familiari che hanno travolto le loro vite, riusciranno a ritrovare nella purezza del loro rapporto il punto di partenza per allontanarsi da quella vita (finalmente, infatti, nelle pagine finali si ritrovano e decidono di raggiungere l'Elba). La Avallone racconta con dolcezza ma anche con disperazione, e da un punto di vista esclusivamente femminile, la difficoltà dell'essere adolescenti in quella particolare realtà. Anche Francesca e Anna a tratti saranno cattive, insopportabili, stupide, a tratti sincere, umane, insinuando nel lettore il senso della compassione (non nell'accezione negativa del termine, ma intesa come condivisione del pathos).
In quanto allo stile, quello della Avallone è a tratti crudo, brutale, disturbante; a tratti semplicistico, quasi sgrammaticato (ma in questo, credo, è funzionale alla realtà che vuole raccontare); a tratti invece è profondo, lirico, tratteggia descrizioni bellissime. Ad ogni modo, ti prende poco a poco, e superato un certo punto la storia comincia a scorrere e si lascia leggere tutta d'un fiato. I protagonisti diventano personaggi reali, che potresti incontrare a pochi isolati da casa tua.
"Acciaio" non è certamente un romanzo perfetto; pecca soprattutto nel voler cercare di raccontare tanto, forse troppo, e nel farlo non riesce alla fine ad andare a fondo in tutto; ma offre un punto di vista vero sulla realtà, e lo fa con coraggio. Non è forse questo che ci si aspetta dalla letteratura?

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Bice Opinione inserita da Bice    01 Agosto, 2016
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Non vi dimenticherete più di Piombino

Anna e Francesca hanno 14 anni, sono intelligenti, vitali e con un futuro tutto da immaginare e progettare.
Ma quando vivi nei casermoni popolari di Piombino, corrosi dal sole cocente e dal degrado, in una realtà povera e ignorante, il futuro ha poco da offrirti.
La fabbrica dell’acciaio da lavoro e da vivere alle famiglie, gli uomini si consumano tra i vapori e le donne sfioriscono a casa, crescendo i figli e perdendo ogni beltà.
Le famiglie delle protagoniste, tra ignoranza e omertà, non sono diverse.
Li separa una rampa di scale, ma non si sono mai parlati. Troppo presi a consumarsi tra debiti, litigi e malattie. Solo loro due, Francesca e Anna, non possono vivere l’una senza l’altra.
Sono belle anzi, bellissime. Le più belle di tutti. Suscitano l’invidia nelle ragazze e desiderio nei ragazzi, ma a loro quasi non importa perché sono ancora troppo piccole per pensare a queste cose. Vogliono solo andare al mare, ballare nel bagno provandosi i trucchi e i vestiti “da grandi” e immaginarsi un domani a fare qualche lavoro importante, per non finire come le loro mamme, a lustrare il pavimento ogni santo giorno, e a preparare la cena per i loro uomini consumati.
Ma la realtà irrompe prepotente e tutto viene messo in discussione, anche l’amicizia.
Acciaio è uno spaccato della società odierna.
A farla da padrone è l’ignoranza con tutto ciò che ne consegue. La chiusura mentale, l’indifferenza, la falsità e cattiveria.
Un libro vero, potente, che ci spiega che possiamo essere a Piombino come a Milano o Siracusa, ma dove regna l’ignoranza non può esserci un futuro. L’ottusità farà marcire ogni ambizione e imputridirà desideri e aspettative.
Lode a questa bravissima autrice italiana che è riuscita a regalarci un’opera sincera, appassionante e quanto mai attuale.

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Jo_March Opinione inserita da Jo_March    13 Dicembre, 2015
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Stereotipi d'acciaio

La verità (non quella assoluta, ma la mia, relativa) è che la Avallone aveva un gran potenziale tra le mani, ma che non ha saputo ben gestire. Il romanzo è composto da diverse storie e personaggi: vari fili che, al termine, la Avallone non riesce a gestire e che perde strada facendo. Non ci dice cosa succede, ad esempio, ad una serie di sventurati che popolano questa storia; li lascia così: appesi in una bolla che potrebbe essere tutto o niente.
Ho visto invece - non so perché - un po' della scrittura cannibale di Ammaniti, soprattutto nelle ultime pagine, anche se a questo modello l'Avallone ha aggiunto particolari truci che poteva anche evitare (ho finito di leggere il libro a notte inoltrata e mi sono un po' suggestionata, ad esser sincera). Non mi è piaciuto questo finale perché - da romantica quale sono - mi aspettavo qualcos'altro: magari il lieto fine o una redenzione, ma tant'è che lei ci ha riservato tutt'altro.
Per quanto riguarda le due amiche inseparabili, alla fine la scrittrice ci lascia intendere, supporre. Anche qui, però, aveva tra le mani due personaggi che avrebbe potuto gestire meglio; dando loro maggior spessore, invece si riducono ad essere delle macchiette, degli stereotipi. In realtà, è la sorte che tocca un po' a tutti i personaggi del romanzo.
Non so, penso che il tutto poteva esser gestito in maniera differente, magari con una conclusione con salto temporale e che ci mostrasse la vita a Piombino una decina, o meglio ancora, una ventina d'anni dopo.
Mi aspettavo molto da questo romanzo - vincitore del premio Campiello per l'Opera Prima - ma le aspettative sono state, quasi completamente, deluse. Inizialmente si faceva leggere di corsa, poi, mano a mano, il tutto diventava una corsa in un labirinto: stancante ed inutile.

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Consigliato a chi ha letto...
Come dicevo nella mia recensione, lo consiglio a chi ama Ammaniti. Però questo libro mi ha ricordato altri romanzi sul disagio giovanile, passando dal celebre "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" al più recente "Il rumore dei tuoi passi".
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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    04 Ottobre, 2014
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Crudo

Toscana; Piombino con lo sfondo delle acciaierie Lucchini, un tempo funzionanti alla massima potenza di lavorazione, attualmente ridotte a un unico altoforno; siamo nel 2001 e la vita delle persone che gravitano intorno alla “famigerata” industria dell’acciaio, è scandita da una routine che martella l’anima. Le case delle famiglie degli operai sono, per la maggior parte, ubicate nella via Stalingrado, nome che ha retaggi in un passato di immediata e facile comprensione.

In questa non certo idilliaca cornice hanno luogo le vicissitudini e gli accadimenti due adolescenti appena quattordicenni, Anna e Francesca, che cercano di sopravvivere ed evadere, a volte solo guardando il braccio di mare che le separa dall’Isola d’Elba e fantasticando su un altro tipo di mondo, dal degrado ambientale e sociale e dalla promiscuità che permea i casermoni-abitazioni di via Stalingrado.
In una vita fatta di stenti, nascono e crescono sogni irrealizzabili; castelli di sabbia che ben presto vengono disintegrati dalla metaforica marea scura insita nell’altoforno che, oltre all’acciaio e ai suoi fumi venefici, miete vittime, miserie umane, e disperazione.

Linguaggio crudo infarcito di frasi di gergo e lessico grezzo, descrivono l'altra faccia di un contesto reale spesso dimenticato da turisti distratti. Un romanzo che trasuda amarezza e lascia molti interrogativi.

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lakylucy Opinione inserita da lakylucy    22 Giugno, 2014
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divorato!

Quanti drammi vivono le persone a Piombino, in toscana, in Italia....tutto il mondo è paese.
D'accordo, come premesso dall'autrice i personaggi sono di fantasia, comunque sono realtà di drammi che in un modo o nell'altro colpiscono tante persone. E non parlo solo della tragedia. Mi riferisco alle famiglie o alle persone chiuse in se stesse con la paura di vivere. Genitori che non seguono i figli, figli che non parlano coi genitori, l'omosessualità vissuta male, la droga facile, la noia, il tradimento, la volgarità....quante brutte cose esistono!
E ci circondano!
Capisco il perché ci abbiano fatto anche un film, ritengo che questo romanzo in qualche modo, sappia far vivere la realtà al lettore.
E' una di quelle storie che si leggono tutte d'un fiato, 5 minuti liberi? Bisogna leggere!

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Consigliato a chi ha letto...
...Quei romanzi in cui bisogna assolutamente sapere come prosegue la storia.
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Antony Opinione inserita da Antony    01 Aprile, 2014
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Molti ingredienti, qualcuno di troppo

Dopo tanto tempo mi sono deciso a leggere questo romanzo. Sinceramente mi ha lasciato perplesso il "clamore" che ha suscitato. La sensazione è che la Avallone abbia preso un po' di ingredienti - qualcuno di troppo, ma tutti buoni per scrivere un'intrigante quarta di copertina - e li abbia miscelati velocemente, senza amalgamarli perfettamente.
La capacità narrativa c'è. La Avallone scrive bene, ma senza grossa fantasia e certamente limitandosi a una rappresentazione troppe volte raffazzonata del mondo che descrive. Nessuno mette in dubbio che esista, ma quando si calca troppo la mano sui cliché, come in questo romanzo, il risultato è la rottura di quel patto tra autore e lettore che porta quest'ultimo a una sospensione delle credulità che è la base per poter godere nella lettura di un libro. Se il patto non si rompe, Acciaio scorre veloce sino alla fine e si accettano le numerose "furberie". Se, come è accaduto a me, troppe volte si incaglia, ci si ritrova ad annoiarsi o talvolta a irritarsi.

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Dregya Opinione inserita da Dregya    23 Marzo, 2014
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Quando l'arrosto si brucia.

Dopo la scoperta di autori come Carrisi, mi ero quasi illusa di un miglioramento della letteratura italiana, ma sfortunatamente non è stato così.
E' stata una mia amica a consigliarmi questo libro e, in seguito, a prestarmelo, ma sono rimasta con l'amaro in bocca e una profonda delusione nelle ossa.
Lo stile è scorrevole, certo, ma quasi troppo semplice, lasciando una sensazione di inespresso ad ogni gir di pagina.
Chi non conosce la trama? Due ragazze, Anna e Francesca, che vivono tra le braccia della Lucchini, un'azienda infame, forte, che uccide e soffoca.
Entrambe bellissime, meravigliose, senza alcun difetto: modelle, in poche parole.
E, questo, è solo il primo cliché della storia in generale.
Perché, a quanto pare, non c'è storia struggente senza protagoniste talmente fighe da essere irreali.
Entrambe con una famiglia disastrata: Anna, con un fratello operaio - Alessio, e un padre invisibile che preferisce tutto tranne che a loro. Francesca, con un padre violento, cattivo, e una madre che non si decide a denunciare.
Due realtà che si respirano sempre, qui in Italia, ma che sono state articolare nel modo sbagliato, in modo quasi superficiale, senza dare alito alla psicologia di queste figure che ci appaiono solo un aggiunta in più, un modo per avvicinarci alle protagoniste.
Poi c'è Donata, una povera ragazza sulla sedia a rotelle, Lisa - la sorella, che viene additata come la "cozza di turno", quando forse avrebbe rispecchiato di più le adolescenti di quanto hanno fatto Anna e Francesca.
Una cacofonia di avvenimenti incongruenti; troppa carne a cuocere, che però si è bruciata prima di essere servita in tavola.
L'amore, il sesso, l'omosessualità, la difficoltà economica, fisica, la violenza, la prostituzione.
Francesca e Anna, di nuovo, che ballano di fronte la finestra perché amano l'idea che gli uomini si masturbino su di loro. Anna, che perde la verginità a quattordici anni, e Francesca che si prostituisce ma a cui non viene dato quasi spazio, perché le "scopate" di Anna erano più importanti.
Personaggi che muoiono e spariscono all'improvviso e un vaso (l'amicizia tra le due) che d'improvviso ritorna integro quasi non fosse mai successo NIENTE (ed è inverosimile; le ferite restano sempre.)
Insomma, per concludere, è un libro stereotipato al massimo, sai già cosa succederà, e che ha illuso troppi lettori.

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Cathy Opinione inserita da Cathy    15 Ottobre, 2013
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Disarmonico e inconcludente

Attenzione. La recensione contiene spoiler.

Via Stalingrado, a Piombino, è un mondo a parte. Un mondo governato da regole talvolta misteriose, violente, sbagliate. Un mondo in cui le ragazze restano incinte a quindici anni e lasciano gli studi per lavorare come cassiere in un supermercato. Un mondo in cui ragazzi adolescenti già lavorano alla Lucchini, la fabbrica di acciaio che dà un impiego all'intera via Stalingrado, invece di frequentare la scuola, e vivono tutta la settimana con il pensiero del sabato sera, quando si ammasseranno nelle discoteche e nei locali a luci rosse con le menti annebbiate dall'alcool e dalla droga. Un mondo in cui gli operai rubano in fabbrica per arrotondare lo stipendio e quando gli va male si danno alla macchia abbandonando mogli e figli. Un mondo in cui un padre può picchiare la propria figlia perchè non si decide ad ubbidirgli senza che nessuno trovi il coraggio di opporsi e dire basta. Un mondo dominato dagli altoforni e dalle ciminiere che producono l'acciaio e che come giganti silenziosi sorvegliano ogni cosa dall'alto, impassibili.
E' il mondo di Anna e Francesca, le belle di via Stalingrado. La mora e la bionda. Stanno per compiere quattordici anni, nell'estate del 2001, e il mondo è ai loro piedi. Hanno già imparato ad usare come un'arma la loro bellezza appena sbocciata, l'unica cosa che possiedono. Trascorrono le giornate in spiaggia, correndo tra gli ombrelloni, chiamandosi l'un l'altra e giocando con i ragazzi che le toccano ovunque sotto i succinti costumi da bagno, consapevoli di essere seguite da mille sguardi affamati, sognando il momento in cui potranno uscire di sera da sole, guidare il motorino, andare alle feste, come fanno le ragazze grandi, perchè si sa che "la vita comincia a quattordici anni". E sono amiche del cuore. Sono convinte che affronteranno insieme la vita vivace e colorata che sta per iniziare. Ma è proprio quella vita che aspettavano a separarle.
Acciaio ha vinto il Premio Campiello e si è classificato secondo nella competizione per il Premio Strega nel 2010. Se ne parla come di un vero e proprio caso editoriale. Ho iniziato la lettura con grandi aspettative, ma il romanzo, nel complesso, è stato deludente. Mi aspettavo una storia incentrata sulle acciaierie, sulle persone che vi lavorano, sulle problematiche legate a quella vita, dal momento che "acciaio" è anche il titolo del romanzo. Invece la fabbrica resta sullo sfondo, uno sfondo persistente che forse vorrebbe simboleggiare qualcosa, ma il cui significato rimane oscuro.
La narrazione si dipana lungo più fili che però faticano ad intrecciarsi in un unico, armonico ricamo. Anna, Francesca e la loro vicenda sono circondate da altre storie e personaggi che appaiono scollegati tra loro, come i frammenti di un puzzle che il lettore non riesce a mettere in ordine. Per questo motivo, sfugge il senso complessivo dell'opera. Cosa vuole raccontare questo romanzo? La storia di un'amicizia? Un amore "impossibile"? I problemi economici, psicologici, coniugali di un gruppo di famiglie operaie? Forse l'intenzione era raccontare un po' di tutto questo, ma il risultato è disarmonico.
E' vero che un romanzo non deve necessariamente trasmettere chissà quale messaggio, perchè è un genere di intrattenimento, ma da un'opera che ha quasi vinto il Premio Strega mi aspettavo qualcosa di più. E' vero che un libro non deve solo dare risposte, bensì anche suscitare domande, dubbi, riflessioni, ma quale domande pone Acciaio? Non me ne viene in mente nessuna.
I personaggi risultano un po' piatti e stereotipati: le ragazzine belle e sfacciate e quelle bruttine e insicure, giovani che sballano in discoteca il sabato sera, l'operaio che ruba al lavoro, il padre violento, la donna emancipata e la donna "del Sud" ignorante, sottomessa e timorosa. Qualche sfumatura psicologica in più non avrebbe guastato.
Lo stile tende ad essere molto semplice, salvo alcuni punti in cui diventa quasi enigmatico, ma non in senso positivo, perchè l'autrice scrive frasi dal misterioso significato che non si riesce a cogliere neanche riflettendoci su. Una scrittura di questo tipo non trasmette nulla. A volte ricorda molto lo stile di Federico Moccia, soprattutto nella descrizione di questi amori giovanili. Un elemento che mi ha lasciata perplessa è l'utilizzo molto frequente della parola "muso" per indicare il viso di Anna o di Francesca; non capisco il motivo di usare un termine così poco elegante.
Qua e là ci sono varie incongruenze, a cominciare dal fatto che Francesca è coperta di lividi e poi passa molto tempo in spiaggia con il bikini indosso senza che nessuno si accorga di niente. Il comportamento di Elena, una manager in carriera che insegue il fidanzatino del liceo sebbene lui le lanci insulti di ogni tipo; il fatto che mentre parla al cellulare con Alessio e lui viene investito dal caterpillar, lei si spaventi subito a morte e si precipiti sul posto come se già avesse la certezza che è accaduto qualcosa di gravissimo, senza nemmeno essere sfiorata dall'idea che potrebbe semplicemente essere caduta la linea, che il cellulare potrebbe essersi scaricato, o qualcosa di altrettanto banale.
Il finale sembra inconcludente, a cominciare dalla morte di Alessio, che è un evento messo lì senza nessun motivo, senza trasmettere un'idea, un messaggio, senza che abbia semplicemente un significato. L'incidente avviene sul posto di lavoro, ma non c'è alcuna connessione con gli episodi di cronaca che oggi suscitano importanti dibattiti: Alessio muore schiacciato da un caterpillar perchè era fatto di cocaina e si distrae parlando al cellulare con Elena nel bel mezzo dei macchinari in azione, mentre Mattia, che era alla guida, pensava ad Anna e ascoltava musica con le cuffiette, quindi, sinceramente, l'unico pensiero suscitato da questo episodio è: "Ve la siete cercata". Ed è comunque un episodio che non suscita nessuna riflessione, se non che è più saggio non presentarsi drogati a lavorare in fabbrica; ma questo dovrebbe essere scontato, credo. Nell'epilogo, poi, non si fa il minimo cenno alla vicenda. Analogamente, si inserisce quasi a forza, nella storia, la tragedia dell'11 settembre 2001 senza che essa abbia alcun significato o risvolto all'interno della trama.
E sul rapporto tra Anna e Francesca, alla fine, campeggia un'enorme punto interrogativo. Di solito, i personaggi di un romanzo subiscono un'evoluzione, compiono un percorso che li conduce da un punto A ad un punto B. Nell'explicit non si ripresenta la stessa situazione dell'incipit. Qui, invece, si parte dal punto A e non si arriva da nessuna parte, perchè le due protagoniste si ritrovano quasi per caso, all'improvviso decidono di parlarsi di nuovo, come se nulla fosse accaduto, come se l'anno intercorso dal loro litigo fosse svanito, come se Mattia, la morte di Alessio, non avessero alcun significato, e vanno a fare un bagno all'Elba, punto. Ma cosa ne sarà di loro e del loro rapporto resta un mistero e questo lascia un po' di amaro in bocca. E' un finale talmente aperto che al termine della lettura ho avuto la sensazione che dovesse esserci un seguito.
Le storie di molti personaggi vengono abbandonate, interrotte di punto in bianco, senza mai essere state approfondite davvero, come quella di Lisa, Donata, Mattia, Rosa... Su di loro neanche una parola nel finale, che si incentra esclusivamente sulle due protagoniste, senza però dare nemmeno alla vicenda di Anna e Francesca un senso compiuto.
Se Acciaio fosse stato semplicemente la prima opera di una giovane scrittrice esordiente, forse il mio giudizio sarebbe stato più positivo. Ma per essere un romanzo che aspirava al Premio Strega, mi ha deluso. Decisamente, mi aspettavo di più.

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Amelia29 Opinione inserita da Amelia29    12 Luglio, 2013
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IL SAPORE DELL'ACCIAIO

Acciaio. Perchè il libro ha effettivamente il sapore dell'acciaio così come ce lo immaginiamo.
Amaro. Proibito. Il sapore dei sogni infranti. e di quelli mai sognati.
Anna e Francesca, ragazzine alla soglia dell'adolescenza, sono delle "intoccabili" tra i loro compagni di scuola, gruppo di amici, ragazzi più grandi. Sono piene di quell'incoscienza selvaggia di chi non vuole appartenere a niente, senza troppe domande, senza risposte.
Sognano l'Elba si, le spiagge bagnate di ricchi turisti, guardandola dalla Piombino degradata che ci descrive la Avallone. Nel libro c'è tutto: il paesino della provincia "distrutto" (fisicamente e moralmente) dalla fabbrica, le acciaierie Lucchini, ci sono padri molestatori, violenti, nullafacenti, madri che non si ribellano o spingono i figli verso un futuro diverso,storie d'amore, il potere del corpo femminile, la confusione sessuale, la droga, l'abbrutimento di adolescenti e giovani. C'è tutto si. Tutti gli ingredienti sapientemente orchestrati che fanno si che il libro possa arrivare al Campiello, allo Strega, e possa diventare un film.
C'è troppo forse? stereotipi che abbiamo già visto in altri libri, al cinema, raccontanti con uno stile "efficace". Il libro ti prende, vuoi vedere come andrà a finire, la storia di quelle due lì, forse vuoi sentire ancora le bruttezze esagerate di una Piombino simbolica. Ma, a fine romanzo, qualcosa non ti torna. Un finale affrettato? Una conclusione superficiale? Personaggi che sono buoni o cattivi, con poche sfumature, con poca anima? Qual'è il vero tema del romanzo? Che non c'è salvezza per chi è destinato alla condanna? per chi vive e cresce in posti come Piombino? Per essere l'opera prima di un esordiente va bene, ma un "caso letterario" così come lo vende l'editoria, questo no. E' buttare fumo negli occhi di chi cerca la lettaratura.
Una grande operazione di marketing, che e tutto sommato il libro si lascia leggere meglio di tanti altri "best seller" italiani.

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Opinione inserita da Valeria    24 Mag, 2013

Bello ma con qualche piccola imperfezione!

Acciaio... Prima che lo leggessi mi faceva pensre ad una lettura noiosa, dove si parlava solo delle acciaierie di come si faceva l' acciaio.
Invece già dalla prima pagina ho capito che parlava di cose attuali, belle da leggere, da assaporare e ho subito capito che mi ci sarei ritrovata molto: l' amicizia di 2 amiche inseparabili dalla nascita, gli affetti, la paura del futuro, la trasgressione, la droga, la vita dura e le condizione di quel posto, Piombino, via Stalingrado.
Mi ha colpito molto il personaggio di Francesca perchè anche io sono un pò così ( non che mi piacciono le donne però) anche io dopo aver trascorso 8 anni insieme alla mia migliore amica mi sono ritrovata molto male alle superiori quando abbiamo prese strade diverse...
Ma come dice il titolo che ho dato ho trovato alcuni aspetti negativi: nella prima parte mi è sembrato tutto ok, ma dalla seconda parte la storia è diventata lunga, mi sembrava non finisse più, l' autrice parlava troppo pesantemente delle cose, non arrivava mai ad una conclusione; l' ultima parte, se si può chiamare così, non mi è piaciuta per niente perchè l' Avallone ha scritto 4 pagine su un capitolo che ha intitolato "l' Elba" proprio perchè era il sogno di Anna e Francesca dove sono riuscite ad andare dopo la riconciliazione e secondo me doveva essere molto più lunga...
Del resto mi è piaciuto come libro perchè è educativo e a capire il mondo che ci circonda.

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Brioschi Opinione inserita da Brioschi    25 Dicembre, 2012
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Consigliato ma sotto le aspettative iniziali.

Nel dubbio consiglio la lettura ma come passa tempo non con l'intento di emozionarvi.
Nel mio piccolo posso dire che da questo romanzo, almeno nelle battute iniziali mi aspettavo molto, ma molto di più.
Le premesse snocciolavano una storia cruda e dura ma che ti avvolge con le sue membra e ti stritola obbligandoti a voler sapere come prosegua la storia: il seguito è solo un susseguirsi di fatti che porta ad un finale che tutto sommato è uno dei migliori per come si erano messe le cose: tirarla troppo per le lunghe, avrebbe solo peggiorato le cose.
STILE: Sufficienza piena ma non di più; credo per la Avallone ci sia un ampio margine di miglioramento.
CONTENUTO: La storia spesso presenta personaggi ben descritti ma che alla lunga appaiono "piatti" ; il mondo di Piombino per quanto popolare, sembra totalmente "buio".
PIACEVOLEZZA: E' innegabile che una volta iniziato sei curioso di sapere come finisca la storia.

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Opinione inserita da Alberto    25 Dicembre, 2012

Per chi crede nell'amicizia!

A me è piaciuto come romanzo; non conoscevo la Avallone e considerato questo sono stato abbastanza soddisfatto dell'acquisto fatto.
Il problema? Dalla trama, anche dal trailer del film...dalla premessa della prima parte del libro (che a me è piaciuta molto più che la seconda) mi aspettavo molto, ma molto di più!
La storia comunque è bella, cruda, dura (forse sin troppo) però piacevole, ecco.
Il finale, invece, a dispetto di molti commenti, l'ho trovato coerente con la seconda parte del romanzo: piuttosto scarno di emozioni e un po', passatemi il termine, "buttato lì" per chiudere una storia che invece, ripeto, aveva ottime premesse.
Mi sono piaciuti molto i personaggi di "Anna" e di "Rosa".

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BRIUSTER Opinione inserita da BRIUSTER    21 Dicembre, 2012
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AMICIZIA INOSSIDABILE

Io ho trovato il libro scritto bene e scorrevole.
La lettura è piacevole e la storia rappresenta un pò quello che poteva e può ancora succedere nello spaccato delle piccole e grandi città.
Le due protagoniste rappresentano bene le adolescenti di oggi e anche i personaggi giovani attorno a loro, è un esempio di come molti giovani affrontano la quotidianità tra lavoro e svago purtroppo spericolato e come non riescano più ad accontentarsi di nulla e cerchino il divertimento nelle azioni vietate.
La storia di amicizia è sviluppata bene, la crescita di due giovani ragazze insieme con due situazioni familiari diverse, che riescono a ritrovarsi, nonostante abbiamo percorso due strade diverse per un breve periodo.

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Melandri Opinione inserita da Melandri    11 Dicembre, 2012
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NESSUNA RISPOSTA

Presi in prestito questo libro cercando di trovare delle risposte. Mi chiedevo come fosse vissuta, soprattutto in questo periodo in cui purtroppo tanto se ne discute, una acciaieria, una fabbrica madre, da coloro che che vi spendono dentro e attorno le proprie vite.
In questo libro l'acciaieria è sempre presente, come paesaggio stesso e come creatrice di paesaggio. E' presente come scenografia in ogni scena, dalla più romantica alla meno piacevole, come se una volta nati lì, fosse per sempre...
La storia di Acciaio non mi ha conquistata, molto cruda, fredda e pur supponendo fosse nell'intenzione dell'autrice narrarla a questo modo, non mi ha coinvolta nè emozionata. Mi chiedo cosa ne abbiano pensato leggendola gli abitanti di Piombino, se a loro sia piaciuta.
E le mie risposte non le ho trovate, forse, diversamente, sono solamente cresciute.

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whasting Opinione inserita da whasting    04 Dicembre, 2012
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BELLO, MA SI POTEVA FARE DI MEGLIO

Stile: 2,5 (ma +0,5 perché mi è piaciuto come libro)
Contenuto: 3,5 (+0,5)
Piacevolezza 4 (in realtà dovevo mettere 4,5 ma non c'è, e sinceramente di mettere 5 non me la sentivo proprio...).

Sarà, ma a me i libri che saltano da un argomento ad un altro non piacciono proprio. Personalmente il suo stile non mi piace, poi c'è gente a cui piace magari.
La storia è quella che è, varia tra le cose 'già viste' e la 'novità'. Stesso modo la sua scrittura, tra moccia e avenia. Quando descriveva i sentimenti me la sentivo più sul d'Avenia, quando parlava di sesso, cristo era Moccia. La parte di Alessio, Cristiano & Co. mi annoiava da morire. Cocaina, sesso e canne. Ma in fondo è la realtà di oggi, no? Francesca e Anna sono le classiche fighe della scuola, con tanti amici, che prendono in giro chiunque non è come loro. Lisa e Donata: Lisa è un po' come me d'atteggiamento, si annoia alle feste, non ha molti amici e si vergogna del suo corpo. Donata è carino come personaggio. Sandra e Rose: Sandra è una finta coraggiosa e Rose è una persona molto debole. Enrico è una cosa (chiamiamola cosa) ODIOSA. E ho gioito quando ha perso quel dito ed è diventato un vegetale. Arturo è bipoare o sociopatico, scegliete un po' voi cosa riesce a descriverlo meglio.
Nino, Massi, Mattia, James, Jessica, Maria, Elena e chi è rimasto, sono personaggi piatti, non mi va di scriverci dei poemi.
Ecco, poteva scriverlo meglio, non è un cattivo libro, ma non è nemmeno 'sto gran libro da premiare. Ne ho letti di meglio. Cercherò di rileggerlo per capirci altro.
Ah, e non mi piace che le cose bisogna capirle, non ci sono scritte. L'avallone lascia le cose a metà, come faccio a sapere io che a Francesca succede quella cosa se non me lo spieghi?
Può migliorare, e diventare veramente brava!:)

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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    27 Novembre, 2012
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scorrevole ma personaggi piatti

Del libro sono molto interessanti l'inizio e le parti più descrittive: la spiaggia, le acciaierie. Vale la pena di leggerlo solo per questi aspetti, soprattutto per le descrizioni. Invece la trama è troppo film -adolescenziale e ha fastidiose incoerenze legate anche allo scarso spessore di alcuni personaggi, in particolare il fratello.
Che le due protagoniste non abbiano spessore potrebbe anche essere una caratteristica dell'età, del loro rapporto per cui le reciproche identità quasi si confondono e non danneggia troppo la narrazione (anche se in Guardami, situazione simile, la Egan ad es. fa una descrizione ben più interessante delle due amiche). Invece ci sono aspetti che danneggiano moltissimo la storia e che avrebbero potuto essere facilmente migliorati. Primo tra tutti il fratello non lo trovo un personaggio coerente. In più manca di approfondimento psicologico. Da superficiale diventa sentimentale passando da un estremo all'altro senza una parola che giustifichi o accompagni la trasformazione. A me sembra sbagliato. Le storie d'amore e d'amicizia della protagonista zoppicano per gli stessi motivi. La figura dell'amica secchiona è di disturbo soprattutto quanto l'autrice cerca di farci credere che si tratta di lei.E' meglio che il lettore identifichi l'autrice con una delle amiche.
Il finale non mi piace, mi sembra tirato per i capelli e incoerente con il resto. Il padre dell'amica poteva essere anche più calzato.
Tutto sommato la storia ha degli aspetti veramente molto interessanti e delle pagine belle e ben scritte, per questo mi sembra un peccato che l'autrice non ci abbia lavorato un po' di più. Ne risulta un libro a corrente alternata con dei passaggi così belli che mi pare un peccato non avere alzato il livello degli altri accontentandosi di un successo di vendite.

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J. Frusciante è uscito dal gruppo
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topodibiblioteca Opinione inserita da topodibiblioteca    08 Ottobre, 2012
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Un'amicizia dura come l'acciaio

La vita è dura a Piombino, negli edifici di via Stalingrado. Dura come l’acciaio. Crescere nella periferia popolare di questa città accanto ad un padre che vive di espedienti, respirare il veleno che esce dalle ciminiere dell’acciaieria, trovare lavoro e spaccarsi la schiena tutti i santi giorni nella stessa acciaieria, svagarsi e sballarsi al sabato sera in discoteca o al night club, farsi di cocaina.
La vita è veramente dura a Piombino, nei casermoni di via Stalingrado, sui quali inesorabilmente e minacciosamente si manifesta la torre di “Afo 4”, l’altoforno all’interno del quale si produce l’acciaio, una sorte di torre nera che potrebbe quasi ricordare la tana del perfido Sauron nella trilogia del “Signore degli anelli”.

Tuttavia non c’è solo disperazione da queste parti. E’ infatti possibile trovare anche qualcosa di veramente prezioso: la profonda amicizia tra Anna e Francesca, due adolescenti le cui vite combaciano vicendevolmente, due ragazze che vivono in simbiosi il loro percorso adolescenziale tra primi amori e vicissitudini familiari. E’ proprio questa loro unione, questa necessità di frequentarsi, di vedersi, di toccarsi, che rappresenta la speranza di avere un futuro lontano da lì, sempre assieme, sempre loro due. Il tutto avviene fantasticando e rivolgendo lo sguardo all’isola d’Elba, il cui profilo si staglia nettamente davanti agli occhi delle due amiche. L’isola infatti è l’emblema del riscatto sociale, del successo, dei desideri finalmente realizzati che tutto sommato sono a portata di mano, solo a pochi chilometri dalla costa. Ma la strada per il riscatto è insidiosa e dolorosa e deve inevitabilmente passare attraverso sconfitte personali e familiari ed anche amicizie che per diventare ancora più forti e stabili devono prima incrinarsi.

Acciaio è un concentrato di emozioni, di speranze, gioie e dolori. Un po’ mi spiace non avere dato un voto più alto a questo libro il cui solo neo, a mio avviso ovviamente, è quello di avere pescato da cose già viste, già lette e conosciute. Quindi in certi punti mi è parso come un dejà vu, ma è solo la mia impressione.

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a chi piacciono le storie di amicizia.
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Diletta Opinione inserita da Diletta    25 Luglio, 2012
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Che sorpresa!

Un racconto che ti riporta indietro nel tempo, all'adolescenza: ti puoi rivedere in Anna, che si iscrive al Liceo classico perché sogna di diventare parlamentare, o in Francesca, alta, bionda, ammirata da tutti, ma con tanti problemi famigliari, o ancora in Lisa, la ragazza intelligente, ma un po' bruttina, che al mare si copre con l'asciugamano, vergognandosi delle sue forme. Il primo romanzo di Silvia Avallone, una storia vera, toccante, violenta, impegnata, che scuote fin nelle viscere e che ha ottenuto il meritato riconoscimento della critica, vincendo, nel 2010, il Premio Campiello, nella categoria Opera Prima, e classificandosi secondo al Premio Strega, sempre nel 2010, dietro il quattro volte vincitore Antonio Pennacchi. Un'opera davvero meritevole.

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dariot Opinione inserita da dariot    18 Giugno, 2012
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Accaieria Lucchini: un micromondo universale

Leggere ACCIAIO é yoga per la mente, un esercizio di autoanalisi. La narrativa della Avallone é un percorso a tappe nella conscienza di ogniuno di noi: ogni azione, frase detta ( e non detta), evento, avvenimento, assume un valore la cui profonditá va aldilá dei limiti della realtá generando un’intensa riflessione. I casermoni di un lotto residenziale di via Stalingrado a Piombino constituiscono il frammento spaziale di cui l’autrice si serve per posizionare le vicende del suo racconto e, da queste, sciorinare l’essenza piú intima dell’ego umano. Sebbene con un pó di incertezza iniziale la prosa acquista fliditá nel corso della lettura disprendendo un notevole senso di coerenza e soliditá. Nel suo pentolone magico la fattucchiera Avallone rimesta libido e pubertá, ormoni e ribellione, fatica, sofferenza e instabilitá per generare l’incantesimo finale del destino: l’homo smette di essere faber fortunae suae e finisce dichiaratamente vittima della tracotante scacchiera della sorte, dove un pedone che guadagna il pane nella acciaieria Lucchini, non riuscirá mai a diventare fante o re e dove se non sta attento rischia di morire.
Questo libro é consigliato a coloro che vivono nella consapevolezza che nulla é stabilito a priori e che, da buoni funamboli, cercano impavidi di arrivare all’altra estremitá della corda. Prima o poi qualcuno cadrá.

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Io e te; La solitudine dei numeri primi; Nessuno si salva da solo
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Laura4libri Opinione inserita da Laura4libri    14 Giugno, 2012
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Non dico amarlo, ma leggerlo si

Un romanzo che cerca di inserirsi nella "letteratura di fabbrica" senza riuscirci pienamente: la fabbrica è solo di sfondo alla reale vicenda. La storia narra di due ragazzine, Francesca e Anna, e del loro ingresso nella vita degli adulti, o meglio nell'età dell'adolescenza, con i primi amori e le prime delusioni.
Certo, la vita che racconta è tremenda: famiglie disastrate, padri padroni che picchiano mogli e figlie; giovani che si massacrano di lavoro nelle acciaierie e poi passano le notti ad ubriacarsi o a"sniffare" cocaina senza sogni nè aspirazioni; l'ambientazione di una periferia povera, degradata e cadente.
I personaggi un po’ troppo stereotipati, la storia un po’ banale, amori e tradimenti, ma è un romanzo che si fa leggere, niente di memorabile, scritto in maniera semplice con un linguaggio colloquiale, ma concediamo all'autrice una possibilità, è il suo primo romanzo crescerà.

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Sara S. Opinione inserita da Sara S.    04 Giugno, 2012
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Acciaio e acciaierie

Premetto che secondo me non è un libro per tutti, ma è un libro che riesce ad entrare dentro soprattutto a chi ha un qualche legame (diretto o indiretto) con il mondo delle acciaierie. E infatti sono proprio i capitoli dedicati all'Ilva/Lucchini ad avermi dato un maggiore impatto emotivo e ad avermi destato interesse. Di per sé lo stile di scrittura lascia a desiderare, la narrazione alterna le drammatiche vicende di vari personaggi (aventi tra loro legami familiari e di amicizia) che poi si intrecciano le une nelle altre. Come idea sarebbe stata perfetta ma è sviluppata male, dato che il risultato è una radiocronaca sterile e disordinata.
Non mi è piaciuta la storia morbosa delle due adolescenti Francesca e Anna, che ha dei risvolti finali molto scontati. La storia di Alessio/Cristiano/Mattia è stata invece una vera coltellata al cuore e l'ho apprezzata proprio per la sua spietata veridicità e crudezza.
Però una nota enorme di demerito va all'anno di ambientazione: 2001! Perché? Solo per riuscire a metterci dentro l'11 settembre! E' stata una forzatura palese, si capisce benissimo che è stato scritto pensando e riferendosi ad anni più recenti!

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Spring Dress Opinione inserita da Spring Dress    02 Giugno, 2012
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Una Storia

In via Stalingrado, tra i casermoni, non si respira una bella aria. I membri delle famiglie che ci vivono sono per lo più operai della Lucchini, la fabbrica d'acciaio che fa da sfondo alla storia. Tra questi personaggi, due ragazze adolescenti, in fase di sviluppo, piene di curiosità e voglia di andarsene da quel posto. Magari all'Elba. La vita di Anna e Francesca è fatta di famiglie discutibili, mare, amore e prime esperienze. E di gatti mutanti. Il contorno è l'acciaio, a cui tutto è collegato. Una storia dalle tinte realistiche di un'Italia di provincia. Semplicemente, una storia.

Come libro d'esordio, l'ho trovato buono. Si lascia leggere molto velocemente e ti trascina al suo interno. La Avallone è brava in questo. Aneddoto: sono le 2 di notte e io non riesco a dormire. Si sa che un buon metodo per far arrivare Morfeo è quello di leggere un libro. Si dà il caso che il libro sul mio pseudo-comodino fosse Acciaio. Ma sì, leggo qualche pagina e sicuramente il sonno arriverà. Risultato: si sono fatte le 3.30 e una sessantina di pagine sono state lette. Morale: non leggete Acciaio se volete dormire! E' una storia scritta bene che ti cattura. Vuoi sapere cosa succede. Ha un po' l'effetto colla. Però i punti a suo sfavore sono molteplici, tra i quali, uno dei peggiori a mio avviso, è la presenza di punti morti ogni tanto. Per il resto, non l'ho trovato illuminante.

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Di libri di storie ne è pieno il mondo, quindi è consigliato a chi cerca una normalissima storia da leggere in poco tempo. La lettura scorre velocemente, ma non è nulla di trascendentale.
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nik87 Opinione inserita da nik87    22 Aprile, 2012
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UNA SPERANZA DI RIUSCITA C'ERA!

La storia parla di due ragazzine, Anna e Francesca, che sull'onda dell'adolescenza vivono le prime esperienze legate all'amore, al sesso e alla voglia di essere "grandi" in tutti i sensi. L'ambiente intorno a loro, però, non è poi così "grande": i palazzi popolari di Piombino, sui quali sovrasta la nera acciaieria, rappresentano uno scenario alquanto opprimente, che fa a pugni con la voglia di libertà e gioia delle due amiche. Intorno a loro ruotano i familiari e gli altri ragazzi e ragazze del quartiere con i loro problemi e le loro paranoie. Il tutto si mescola con la costante e massiccia onnipresenza dell' acciaieria e del suo altoforno Afo 4.

Che dire...di commenti da fare ce ne sono abbastanza e riprendono un pò il tema negativo di tutti quelli che ho letto sotto, ovvero storie che si disperdono, finale frettoloso e non ben studiato, eventi tragici che danno poca enfasi emotiva ecc.
PERÒ la storia è molto bella e secondo me ha una certa valenza sociale. Ciò che l'autrice racconta è il modo di vivere nudo e crudo di persone di una certa condizione sociale, destinate a lavorare in una fabbrica e senza alcuna ambizione al miglioramento personale, a causa della sudditanza psicologica che li tiene legati alla loro misera origine. Anna è l'unica a voler mutare la propria situazione, lasciando il posto in cui vive ed aspirando a diventare una persona più edotta delle persone che la circondano.

Purtroppo il finale è davvero pessimo perchè ho sentito che tutti, più o meno, hanno avuto la mia stessa percezione, cioè che è stato scritto in fretta, facendolo deviare dal resto del racconto e quindi lasciando un grosso punto interrogativo al lettore.
Secondo me, l'autrice ha molto potenziale così come poteva avercelo questo libro, se non fosse stato lasciato ingiustamente al proprio destino dalla sua genitrice.
In conclusione direi che c'erano tutti gli elementi per un'ottima riuscita del libro, ma l'Avallone se l'è bruciata!

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Deborahblues Opinione inserita da Deborahblues    16 Marzo, 2012
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Schifezza!

Odio con tutta me stessa questo libro che ho dovuto leggere per forza a scuola...
mi viene il voltastomaco se penso a come ha potuto questa scrittrice partorire un libro del genere.
Scritto malissimo e molte volte addirittura grammaticalmente scorretto; per non parlare dell'immensa volgarità che contorna questo libro orrendo.
Sembra che alla Avallone riesca "bene" soltanto descrivere cose schifose e volgari dato che si sofferma solo lì.
Pessimo in tutto e per tutto. Questi sono i libri che uccidono la letteratura e non posso fare a meno di dare un voto pessimo per una scrittrice pessima.
A questo punto, potrei anch io scrivere libri, tanto se questo è lo standard basta mettere qualche parolaccia, qualche "scopata e tiro coca" qua e la e uno già si crede uno scrittore che scrive della realtà di tutti i giorni senza peli sulla lingua.
Ma per piacere.
Avallone fai altro nella vita.

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padoan.antonio Opinione inserita da padoan.antonio    14 Marzo, 2012
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più che acciao mi sembra ghiaccio che si scioglie

No, brutto, scritto male.
Non ci siamo proprio, i personaggi son tutti stereotipati, tutti belli, bellissimi, oppure bruttissimi, o farabutti.....
l'immagine di una Piombino grottesca e di un'isola d'Elba bellissima.
Case popolari di qua, tiro di coca di la, bordello sopra, furto sotto .... Una che ha problemi con il padre (la picchia) , l'altra ha problemi sempre con il padre (è mariuolo)... storie al limite, come il limite che raggiunge il lettore a un certo punto.
Non lo so dove abita la Avvalone, ma figlia mia cambia subito posto!!!!
Quindi per favore non lo leggete.

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Consigliato a chi abita a Piombino.....
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Opinione inserita da roberta    12 Marzo, 2012

Non mi è piaciuto

Non mi è piaciuto. Non mi metteva curiosità di vedere i fatti come andavano a finire. Poi quando ho capito che in tutti i vari fatti raccontati c’era una inconcludenza di fondo mi sono definitivamente annoiata. Ho trovato questo libro piatto. Forse mi aspettavo di più visto che è stato vincitore di un premio!
Il finale è stato a dir poco deludente: frettoloso e banale.
Alessio che muore e stop. Alessio non c’è più! Giri la pagina e nella vita dei familiari diventa una foto in cucina. Si intuisce il dolore solo quando c’è Francesca nella cucina e Arturo è lì che legge il giornale…Arturo …quello che aveva sempre le mani in pasta in qualche casino…ora è lì, in casa (!!!) e legge il giornale! Poi stop.
Anna e Francesca: che dire. Amiche-amiche-amiche e poi litigano, o meglio si allontanano perché una è gelosa dell’altra, mentre l’altra ha troppa paura di essere quello che ha scoperto di essere… e quindi trova il bellone, Mattia, che le muore dietro e ci si fidanza.
Poi…Alessio muore, Mattia scompare…torna Francesca!
E tutto sembra che sia di nuovo come prima!
Solo che…Francesca fa la puttana. Ma… se per la perdita della verginità di Anna ci sono state parole e parole…per il momento di Francesca è servito mezzo rigo, ma detto al lettore solo poi! Sembrava quasi che l’autrice se ne uscisse dicendo “ah poi avevo dimenticato di dirvi che…ma adesso è inutile: che ve lo racconto a fare? Tanto avete già capito!” …e infatti…mezzo rigo, direi inutile, giacché il lettore ad un certo punto lo ha già capito da solo come è andato il fatto!
Poi Francesca che torna…vanno all’Elba…ma si raccontano cosa hanno fatto? e come si riconciliano le loro vite, dato che nel corso dell’anno, passato lontane, sono tanto cambiate? Un accenno sarebbe stato gradito! E invece no! Tante parole spese su Elena…che, va bene è stato il grande amore di Alessio, ma alla fine nella storia le sue vicende erano inutili…Forse ai fini delle vicenda centrale di questo libro, la storia del legame tra Anna e Francesca, sarebbero state più interessanti Lisa, Donata…
E Mattia? Che fine fa? Scompare…anche dopo un fatto grave che lo ha visto suo malgrado protagonista.
Libro, alla fine, è scadente. La scrittrice forse troppe volte è gratuitamente volgare. In certi momenti mi è addirittura sembrato che le parole usate fossero studiate ad arte al di là della vera necessità.
Questa è solo la mia opinione. Ognuno legge e interpreta un libro secondo il proprio gusto, ma ancor prima il proprio sentire. Personalmente spero di trovare una Silvia Avallone diversa in altri suoi romanzi.

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p.luperini Opinione inserita da p.luperini    22 Febbraio, 2012
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ORBETELLO SCONOSCIUTA

Romanzo indubbiamente ben scritto e indubbiamente piacevole da leggere ma troppo studiato a tavolino. Racconta le vicende di persone che vivovono in un popoloso e squallido quartiere di Orbetello che sono stritolate della loro "cattiva sorte". C'è poca speranza per ognuno di loro di riuscire a sfuggire al loro infausto destino.
La storia mi ha veramente poco convinta, soprattutto perché non trasmette alcuna emozione al lettore per raccontando eventi anche tragici. E' indubbiamente una storia molto televisiva.

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Opinione inserita da Cristiana    10 Gennaio, 2012

Cinico e furbo

Sotto la facciata di un "libro-denuncia" si nasconde un libro furbo, che implora per la vendita dei diritti cinematografici, che descrive delle ragazzine senza ironia, calcando la mano, perfino istigando a quella stessa cultura squallida e molesta che finge di criticare.

I ritratti psicologici sono solo abbozzati e variano a seconda di dove la scrittrice è trascinata dal suo bisogno di scioccare... e pur di mostrare la sua cultura fa citare Eliot alla meno scolarizzata di questa storia di degrado ("E' proprio vero, aprile è il mese più crudele")!

Dò quattro allo stile perché il libro è effettivamente avvincente e tutto sommato ben scritto, ma quando un romanzo manca completamente di onestà e di grazia non è un buon romanzo, e irrita.

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Opinione inserita da luigi    17 Ottobre, 2011

imbarazzante

Mamma mia! Certo che quando leggo Acciaio mi viene in mente Stalin, e forse gia' significa che sono esigente, ma questa robaccia davvero vende in Italia? E magari sembra pure impegnata e intelligente... Devo dire che la curiosita' di come va a finire e' rimasta, ma ce ne vuole a leggere frasi francamente imbarazzanti come quelle che accompagnano la gita sulla spiaggia di Anna e Mattia (la confessione dell'orgasmo muto, mi ha strappato una risata fragorosa!!!!). E poi non credo che nel 2001 gia' si fregassero il rame, ne' che Scamarcio fosse gia' un'idolo delle quattordicenni... ma forse mi sbaglio. Pero' proprio per questo non mi butto a scrivo romanzi.

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Niente, solo visto fiction.
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Opinione inserita da Alessandro G    07 Ottobre, 2011

Acciaio inossidabile?

Appena finito.. Il mio emisfero emotivo e quello razionale in lotta tra loro... Di certo un libro che non lascia indifferente chi lo legge. Le tematiche sono scottanti, le morti bianche e la crisi economica al primo posto tra quelle trattate. Abuso di parolacce, a volte la Avallone esagera davvero e infastidisce il lettore (almeno me). Stile a tratti da diario segreto a tratti evocativo e poetico, ma non spicca mai il volo. Finale buttato via o forse la soluzione migliore per stemperare il dramma che lo precede?? Molti dilemmi non mi consentono di dare un giudizio univoco a caldo... A freddo potrebbe essere un libro memorabile o un libro qualunque, un po' "solitudine dei numeri primi" un po' Ammaniti. Però mi sento di premiare la passione della scrittrice che trapela da ogni pagina, da ogni riga. La Avallone non sarà da premio Pulitzer (nemmeno Strega) ma si vede che ha messo tutta se stessa in questo lavoro e questo le va riconosiuto. Il coraggio di denunciare gli abusi subiti da giovani spiantati, violentati, disorientati che spesso però sono meglio dei loro genitori. Il coraggio di fotografare senza omissioni un'Italia che ha perso la bussola e squarcia le proprie campagne con l'acciaio. Un'Italia che non si ama e non ama i suoi figli ma che ancora pulsa in una piccola, grande storia d'amicizia come quella tra Anna e Francesca, le protagoniste del libro.

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La solitudine dei numeri primi, Ti prendo e ti porto via
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Gianfrate Opinione inserita da Gianfrate    19 Settembre, 2011
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Acciaio in fabbrica e nel cuore

Il romanzo unisce la denuncia sociale del degrado periferico di Piombino, dei suoi quartieri popolari, i rischi costanti sul lavoro nello stabilimento metalmeccanico che "sfama" il circondario con la storia dell'amicizia tra Anna e Francesca. Un rapporto particolare quello tra le due ragazze, morboso, simbiontico, le quali trovano nella reciprocità dell'affetto una via di fuga alla crudezza della propria situazione familiare, violenta da una parte e sregolata dall'altra. La consapevolezza di un amore "diverso", le aspettative differenti dalla vita, sullo sfondo del medesimo degrado sociale e familiare dividono dapprima le due ragazze per farle reincontrare al termine di un percorso di sofferenza, forse l'inizio di un nuovo cammino di riscatto nei confronti della vita.
Il romanzo scorre, lascia l'amaro in bocca per le tematiche affrontate ma la conclusione non è all'altezza della storia, come se l'autrice non fosse stata in grado di trovare una soluzione narrativa idonea al mondo rievocato. Non capisco come abbia fatto ad arrivare tra i finalisti del Premio Strega.

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Arielle Opinione inserita da Arielle    26 Luglio, 2011
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Espediente di bassa lega

Nonostante il modo in cui la scrittrice tratta molteplici argomenti con scarsa sensibilità, devo ammettere che non riuscivo a rinunciare alla lettura della storia, tant'è che ho letto il libro in tre giorni.

Tratta le vicende di due amiche, Anna e Francesca, che da bambine diventano donne.

La realtà raccontata dalla Avallone è quella di una Piombino squallida, sede della fabbrica di acciaio Lucchini, un posto sostanzialmente orrendo, dalle cui sponde si vede l'isola d'Elba, che si contrappone come fosse un altro pianeta, fatto di turisti e spiagge pulite.

Credo che una storia si possa raccontare in qualunque modo si voglia, e si possa trattare qualunque argomento e non mi scandalizzo del linguaggio scurrile o per i dettagli raccontati della vita sessuale delle quattordicenni di questo posto che la Avallone descrive come abbandonato da Dio. Tutti sanno che esistono realtà tristi e di degrado di questo genere, ma questa scrittrice è lo accenna in maniera così superficiale che i sentimenti dei personaggi si percepiscono appena.

Le emozioni che provano non sono espresse se non con le parole degli stessi. Il vocabolario è ridotto, e non soltanto nel dialogo diretto. L'umore, l'emozione il sentimento è costantemente privo di sfumature: non viene resa l'idea dei loro stati d'animo, e la loro mancanza di sensibilità non ci permette di capirli, non ci avvicina. Non possiamo immedesimarci se non attraverso un appropriato linguaggio che sappia descrivere sinteticamente o minuziosamente, secondo lo stile o la necessità, la situazione e i pensieri dei personaggi. Se manca la descrizione del sentimento da parte della scrittrice, non basta la trasposizione dei pensieri dei personaggi a trasmettere l'emozione o lo stato d'animo.

Lo stato d'animo dei personaggi deve essere descritto per creare quel minimo di empatia e qui ne registro l'assenza quasi assoluta.

Ci racconta di una sera in cui Anna, ad una festa, vede Mattia, e lui pensa di raggiungerla, ma da quel che mi par di capire non è proprio sicuro sul da farsi. E' il caso che la raggiunga? Che le dica qualcosa? E la scrittrice ci rende l'insicurezza del ragazzo dicendo:"Che fare?" e per suggellare il profondo dubbio con linguaggio moderno e di tutti i giorni aggiunge "Domandone".

Sì, scrive "domandone". Roba da fumetto dove però il dialoghetto nella nuvoletta fa da padrone e giustifica un po' la narrazzione che manca di spessore perchè si avvale del disegno, Non rende l'idea per niente. Domandone lo senti dire nei quiz televisivi, dove per accaparrarti il montepremi devi rispondere correttamente al "domandone" del conduttore.

Leggo una cosa del genere e penso a tutte le cose che avrebbe potuto dire in quella precisa situazione: sarebbe stato appropriato se non indispensabile scrivere, anche con sole due parole, quello che il ragazzo provava in quel momento. Non era sicuro di essere accettato? Si vergognava? Aveva scrupoli di qualche tipo?

Per farla breve, l'amicizia tra Anna e Francesca sfocia nel rapporto lesbico e poi finisce subito dopo, forse perché le due ragazze sono troppo cresciute per baciarsi sulla bocca e così via, le ragazze grandi baciano solo i maschi, a Piombino, sennò sono malate. Così è scritto.

Secondo alcune recensioni di questo libro ho letto che l'autrice non calca la mano su quest'aspetto morboso dell'amicizia tra le due classiche ragazzine sfacciate e belle. Io penso invece che lo faccia eccome. Perché questo tipo di sentimenti incuriosiscono, e sembra voler rapire il lettore grazie a questo facile espediente, che solletica una sfera intima.

Credo si possa far di meglio: in una tredicenne ci sono tantissime emozioni diverse, inespresse, c'è la confusione, c'è di tutto insomma, ed è all'ennesima potenza. Perché non parlare di queste cose magari, in modo più approfondito, invece di fermarsi all'allusione sessuale?

Perchè non parlare della ragione per cui due ragazze così affezionate si sentono improvvisamente così attratte l'una dall'altra? Perchè non dire che ognuna aveva solo l'altra al mondo e che forse per questo non capivano che cosa avevano dentro e lo esprimevano con baci ed effusioni lesbiche?

Non cerco una guida che mi decodifichi il linguaggio adolescente, nè che interpreti per me una storia, ma qui la narrazione manca del sostegno delle EMOZIONI!

Mi sembra che questa scrittrice esageri su tutto quello che riguarda il sesso.

Anna, ad esempio, da piccola era solita spogliarsi in compagnia del suo amichetto Massimo, di qualche annetto più grande di lei ma su questo per adesso sorvoliamo, e crescendo sente di non avere più la stessa libertà di denudarsi che aveva un tempo, forse perché adesso sono grandi e maliziosi e vivono in un posto in cui o sbatti in faccia la tua sessualità a tutti o tanto vale chiudersi nel frigorifero. Questo il senso che ne ho tratto.

Però mi domando quanti bambini da piccoli, per quanto trascurati dai genitori, giocassero a spogliarsi coi loro amici enunciando i nomi delle varie misteriose parti del corpo.

Quante altre cose si potrebbero dire dei disagi di questi adolescenti? Questo libro si limita a una banale cronaca per altro contestata dai cittadini di Piombino.

La leggi perché è stato un caso letterario e non te ne capaciti di come sia stato reputato tale.

Racconta questo mondo facendolo sembrare così vuoto, mentre un mondo così sballato secondo me dà molti spunti per parlare di emozioni, sentimenti, priorità e così dicendo.

E poi non capisco perché ci tenga a enfatizzare l'ingenuità dell'altra ragazzina, Francesca, quando questa balla sul cubo con addosso solo tacchi e perizoma, se solo poche pagine prima ce la fa passare per donna navigata che si fa "sverginare" dal suo capo in un motel restando impassibile.

E credo che potesse esprimere il concetto in modo almeno un po' più delicato e sensibile. E dire che è una donna e l'universo femminile è davvero sfaccettato. Non vedo l'intento di valorizzare un disagio attraverso durezza e crudezza. Vedo l'incapacità di essere introspettiva e il resto sono solo parole che si susseguono con qualche errore di sintassi sfuggiti a lei e ai correttori di bozze. Oppure dobbiamo pensare che sia tutto voluto e che il genio della letteratura si avvale pure della licenza di scrivere in un italiano scorretto?

Libro oltremodo e ingustificatamente pompato.

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patty81 Opinione inserita da patty81    17 Luglio, 2011
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un crudo ritratto di una realtà molto vicina

Una storia dura, cruda, che lascia l'amaro in bocca, ma maledettamente vera.La Avallone è l'anti Moccia per antonomasia, e ho apprezzato molto lo stile verista che ha utilizzato per descrivere questi figli della classe operaia piombinese.
Non capisco chi ha criticato questa autrice,poichè posso dire con cognizione di causa che quella che ci viene raccontata è una realtà che esiste davvero... abito in un posto molto simile e molto vicino a Piombino( un'ora scarsa di macchina)... ragazzine che a 13 anni si atteggiano da donne vissute, giovani operai che si spaccano la schiena e poi la sera tirano di coca nella macchina tamarra con gli alettoni,per poi calarsi pasticche nella discoteca tunztunz.. night puzzolenti frequentati da gente rozza e ignorante...Gli adolescenti con gli occhi a cuore di Moccia lasciano posto a una generazione che le speranze le ha perse troppo presto,e la crudezza del linguaggio usato è la trascrizione esatta del parlare di questi disillusi.Alcuni personaggi temo addirittura che siano stati plasmati su persone reali, che l'autrice ha avuto modo di conoscere veramente.
E le critiche mosse da tanti per il finale della storia sono secondo me superflue, perchè la vita reale si snoda senza gli artifici di uno scrittore, ma va avanti giorno dopo giorno grazie al concatenarsi di piccoli e grandi eventi quotidiani.
Letto in 3 giorni, lo consiglio vivamente perchè è il ritratto della generazione di oggi, come lo è stato Jack Frusciante di Brizzi 20 anni fa..

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Opinione inserita da simone    20 Marzo, 2011

ambientazione inventata di sana pianta

Non commento la storia o la correttezza grammaticale (in certi casi davvero imbarazzante...) di questo romanzo ma voglio soffermarmi sull'ambientazione scelta. Qualcuno ha scritto che leggendo ha avuto la sensazione di trovarsi a Piombino tra nello squallore delle sue vie e che la realtà di queste famiglie è incomprensibile per chi non l'ha mai vissuta. Io invece non sono riuscito ad immedesimarmi in questa ambientazione. Forse perchè al contrario della scrittrice che ha vissuto un solo anno in questa città, sono nato e vivo a Piombino. Conosco bene questa città che è tutt'altro che degradata e abitata da famiglie per bene e sempre pronti ad accogliere chi viene a vivere qui. Io lavoro all'acciaierie da 4 anni e non ho notizie di incidenti mortali in questo periodo. Sò che un romanzo non deve per forza essere verosimile ma il fatto che sia scritto da una persona che non conosce affatto la realtà piombinese credo che sia offensivo nei confronti di una città e dei suoi abitanti. Ah... Stalingrado ovviamente non è mai esistita, falsa come tutto il resto... Ciao ciao a tutti.

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Vitaliano Opinione inserita da Vitaliano    07 Febbraio, 2011
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Tanto rumore per nulla

Doveva essere il romanzone della scorsa estate (e forse lo è stato in quanto a vendite) ma ha già intrapreso la via del dimenticatoio letterario.

Romanzo di poco pregio, andante suvvia, e pure imperfetto nelle forme. E dire che ha rischiato di vincere il Premio strega!! Lo rùbrico in quelli che io chiamo romanzi Tapis roulant, in cui ci monti sopra, corri corri, ma non fai strada. Ti tiene in forma il culo forse, ma non ti fa fare alcun passo nella letteratura. Romanzo orizzontale, moneta facile da spendere nella chiacchiera tra amici: "Cosa leggi?" "Eh, sai, sto leggendo l'Avallone, storia impegnata, parla di fabbrica, delle vite adolescenziali come sono oggi, tra sesso precoce e parole sguaiate..."
In verità la fiction domina questa scrittura a tal punto da alterarne il dato oggettivo sino a farlo scadere, in alcuni passaggi, addirittura nel kitsch.
Perciò venderà bene! Sarà uno fra i più letti, e troverà probabilmente anche una trasposizione cinematografica.
Restando negli 'stregati', trovo meritorio invece il vincitore Pennacchi, ben altro stampo di scrittore e di scrittura....

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CleoRocks Opinione inserita da CleoRocks    28 Dicembre, 2010
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Acciaio: storia intrigante, ma forti delusioni.

I temi di questo romanzo mi hanno davvero lasciato sconvolta. Leggendo Acciaio ci si trova davanti a famiglie e fatti che sono difficili da concepire per persone che non hanno mai vissuto direttamente tali situazioni. Nota negativa allo stile. Da capitolo in capitolo, ma anche da riga a riga, ci sono cambi di tempo (dal presente all'imperfetto per poi tornare al presente e poi al passato), per non parlare del lessico ripetitivo. Non disprezzo che nella narrazione Silvia Avallone abbia usato termini gergali, credo solo che una maggior varietà lessicale avrebbe giovato al romanzo, che comunque sia va letto per ciò che racconta e gli spunti di riflessione che da.

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alan smithee Opinione inserita da alan smithee    20 Novembre, 2010
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Silvia Avallone

Acciaio per indicare la degradata periferia industriale di Piombino, con le sue spettrali imprese siderurgiche, ma penso anche per farci percepire la durezza, la freddezza o l'immenso calore che sprigiona da questa lega metallica e di conseguenza le estreme contraddizioni che caratterizzano le esistenze modeste ma desiderose di riscatto di molti dei protagonisti e co-protagonisti di questo incisivo romanzo d'esordio di una tosta ventiseienne biellese.
La fabbrica e' sia l'Inferno (calore da altoforno e fatica e sudore) sia un Limbo che ti permette di vivere o sopravvivere nelle vicine case popolari, formicaio che accoglie chi si accontenta. Ma per arrivare al Paradiso (che e' proprio di fronte, la splendida ma-non-per-tutti Isola d'Elba, vero e proprio miraggio nel romanzo) non puoi rimenere in fabbrica, devi riuscire in qualche modo a "sfondare".
L'amicizia affettuosa da un lato, morbosa dall'altro tra due belle e molto diverse teenagers toscane e' il presupposto per raccontare un mondo di disagio giovanile aggravato da problematiche familiari piuttosto serie in un contesto popolare dove la rassegnazione spesso vince sul desiderio di giustizia e riscatto; dove l'espediente, il raggiro, la voglia di crescere ad ogni costo dimostrano da un lato la necessita' ancora viva di emergere e riscattarsi, ma dall'altro che le possibilita' di farlo con la forza dell'impegno e dell'onesta' non esistono purtroppo piu'.
Tutti noi penso desidereremmo tornare giovani e belli, ma dopo aver letto questo schietto e assolutamente realistico romanzo non so oggi chi si sentirebbe ancora in grado di reggere una seconda volta il peso dei quattordici anni, e la spietatezza di una eta' in cui neanche soldi e bellezza bastano ormai piu' per garantirti un futuro in posizione dominante; dove la diversita' e l'essere fuori dagli schemi ti mette automaticamente fuori gioco. Il tutto in un contesto economico-politico odierno forse ancora piu' grave del gia' tragico 2001, anno terribile in cui il romanzo si inserisce perfettamente con il suo schiacciante realismo, frutto probabilmente di una esperienza parzialmente autobiografica di questa nuova scrittirce molto promettente.

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Un giorno perfetto di Melania Mazzucco
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Maggie 75 Opinione inserita da Maggie 75    18 Novembre, 2010
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Tema centrale dell'amicizia

La storia s’incentra sulla profonda amicizia che lega due ragazzine, Anna e Francesca, cresciute in una cruda realtà di provincia. Entrambe sono belle, di una bellezza radiosa, quasi impertinente. Ragazzi disillusi senza più entusiasmi, che si arrendono o che sognano di scappare. Il duro lavoro degli operai nelle acciaierie di Piombino (va detto che non è un libro su Piombino, anche se teatro della narrazione), la fatica e i drammi della vita quotidiana. Il tema centrale dell’amicizia s’intreccia con altri temi, la droga, la violenza che si consuma dentro le mura domestiche. L’abilità descrittiva dell’autrice che ci regala emozioni, quando con grazia riesce ad instillare sensazioni nella descrizione dei luoghi e dei personaggi che prendono vita in questo romanzo..da leggere!

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phoebe1976 Opinione inserita da phoebe1976    15 Ottobre, 2010
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La piuma e l'acciaio

Parto da una mera costatazione estetica: adoro i libri rilegati nel modo in cui lo è Acciaio. La copertina di cartone, sì, ma il dorso ricoperto di stoffa alla vecchia maniera. Brava Rizzoli, tutti i libri (che costano uno sproposito) dovrebbero essere rilegati così. Esauriti i dettagli che fanno di me una feticista del libro, veniamo alle mie brevi considerazioni.
Esistono molti tipi di libri, tutti ugualmente degni di nota nel loro genere. Libri drammatici, dove i sentimenti vengono esplorati e scavati. Libri pulp con una violenza gratuita e parossistica. Libri di denuncia sociale, importanti e “fastidiosi”, che rimangono sotto la pelle. Libri leggeri e rosa, chick lit viene definita etichettando le donne come leggere, ideale in periodi tetri o sotto l’ombrellone.
Tutti generi meritevoli, sì.
Ma se provate a frullarli in un unico, prolisso libro verrà fuori un cocktail poco appetibile: Acciaio, appunto.
Non che la Avallone scriva male, il libro si fa leggere e scorre veloce, ma è talmente farcito di stereotipi da far venire la nausea e, in certi passi, talmente vicino al moccismo da far alzare il sopracciglio.
L’idea iniziale è buona, i casermoni di Via Stalingrado e l’acciaieria che si staglia su tutto sembravano un perfetto scenario. Invece le due protagoniste, Anna e Francesca, sono due figurine di cartapesta e l’ossessione della Avallone nel renderle belle bellissime ribadendo mille e mille volte ancora il concetto le rende odiose mascherine di una storia di burattini.
I personaggi sono tutti un po’ irreali: troppi dettagli, troppe sfumature assurde. Francesca ed Anna vengono raccontate senza spessore, come se l'essere belle le rendesse immuni dai sentimenti (e dire che, in linea teorica, avrebebro di che preoccuparsi). Un mondo di adolescenti visto da adolescenti? No, mi sembra visto dall'esterno, anzi da Lisa la ragazzina brutta e sfigata (in lei si riconosce forse l'autrice?) che le vede agitarsi come perfette bambole di pezza.
Di certo un’occasione sprecata.
Si poteva fare meglio.

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Stefp Opinione inserita da Stefp    24 Settembre, 2010
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Una lettura che emoziona

Piombino, siamo nel 2001, l'acciaieria Lucchini S.p.A., da tutti chiamata semplicemente "la fabbrica", incombe su ogni cosa e condiziona la vita di ogni abitante. Nei casermoni popolari di Via Stalingrado si intrecciano le vite, le esistenze, di Anna e Francesca, due adolescenti, amiche inseparabili che vogliono una vita migliore, vogliono lasciare un segno, primeggiare. In uno scenario di miseria, degrado, ignoranza, tutti gli abitanti dei casermoni sognano una vita diversa, sognano la fuga da Piombino, dall'acciaieria e dai suoi veleni. La fuga è idealizzata nell'isola d'Elba, lì davanti, vicina, bella ma irraggiungibile se non per i turisti in coda all'imbarco dei traghetti. L'Elba che con il suo profilo fa da contraltare all'altoforno, sempre acceso che ricorda che Piombino è "la fabbrica". La fuga è anche la sniffata il sabato sera in discoteca, dopo il turno in acciaieria, per Alessio e Cristiano o la conquista delle ragazze, o la liberazione per Francesca da parte del padre violento e repressivo o per Anna del suo, inetto e delinquente. La vita, come sempre, ha già in serbo per tutti un destino scritto.
Un bellissimo romanzo, duro, crudo, coinvolgente. Silvia Avallone ci fa scoprire un'altra faccia degli adolescenti e dei giovani lontana mille anni luce rispetto agli stereotipi proposti dai nostri tempi. Ci fa scoprire un'Italia nascosta, che si nasconde. Una classe sociale, una volta detta proletariato, che ora, fuori dalla fabbrica, o dal quartiere popolare vuole sfoggiare la stessa auto del manager, consuma la stessa coca del borghese e magari vota anche Forza Italia "...perché Berlusconi non è uno sfigato".
I caratteri dei personaggi sono profondi, veri, i sentimenti di amicizia, più che amicizia, tra Francesca e Anna, o quello d'amore di Alessio per Elena sono delineati magistralmente, il caldo dell'estate afosa che vivono i protagonisti è assillante come quello dell'interno dell'acciaieria, una vena di dolore misto a ribellione e allo stesso tempo di rassegnazione accompagna per tutta la lettura.
Un libro che regala emozioni. Consigliatissimo.

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Charlottina Opinione inserita da Charlottina    20 Settembre, 2010
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delusa!

....la trama del libro è inesistente,ripetitivo e monotono (soprattuto nelle prime 150 pagine di 300 circa!, banale è la conclusione e prevedibile la tragedia, unico punto avvincente del libro e risolto in una paginetta. La cosa che più mi ha nauseato è la pessima descrizione della classe operaia...i cocainomani esistono i tutte le classi sociali; pessima la descrizione dei medici....che non denunciano i maltrattamenti sui minori, termini inesistenti (cardiopalma???). I ragazzi usano intercalari tipici (es "deh") solo qualche volta...perennemente volgari...anche quando non ce ne sarebbe bisogno...
Tuttavia penso che la scrittrice di questo libro abbia un discreto talento nella scrittura per cui potrebbe benissimo dedicarsi al giornalismo e lasciare i romanzi agli altri...
Niente a che vedere con altri premi strega...

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midisun Opinione inserita da midisun    08 Settembre, 2010
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ACCIAIO

Ho appena finito di leggere questo romanzo e quindi la mia opinione è in gran parte dettata dal sentimento più che dalla ragione.
Pregi: Il libro si fa leggere benissimo grazie al linguaggio giovanile imposto dalla tematica trattata. La trama forse non sarà originalissima ma in alcuni momenti ho provato forte emozione e anche solo questo secondo me giustifica l'acquisto.
Dopo aver letto le altre recensioni non so dire se si tratti di prodotto fatto a tavolino. Possibile, ma nel leggerlo non mi ha fatto questa impressione.
Difetti: A parte alcune inesattezze storiche, poco significative,sono d'accordissimo, e questa è la nota dolente che in parte mi spinge a scrivere questa recensione, su chi ha scritto che alla fine la storia si esaurisce troppo frettolosamente.Troppo! Le vicende scorrono via senza che i personaggi possano davvero viverle nell'immaginario di chi legge. Sembra che l'autrice avesse fretta di finire il libro e mettere data e firma stampate alla fine del racconto ( particolare inaspettato che mi è sembrato un pò stucchevole e fuori luogo ) E' un vero peccato perchè il romanzo avrebbe potuto,oltre che vincere forse lo "Strega", diventare davvero un esordio capolavoro.
Lo consiglio comunque.

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Stefaniapuzzola Opinione inserita da Stefaniapuzzola    06 Settembre, 2010
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Acciao di Avallone

Questo libro non è, a mio modestissimo avviso, il caso letterario dell'anno. E' un libro discreto che però finisce monco in un certo senso. La morte del fratello di una delle protagoniste si consuma in un attimo senza lasciare nessuna traccia nella storia, che si chiude asfittica e senza quel guizzo finale che magari mi sarei aspettata. Leggevo un'altra opinione nella quale venivano evidenziate una serie di inesattezze. Devo dire che in genere lascio molti dettagli per strada nella mia lettura e quindi non ho notato tanta imprecisione nè ho pensato che il libro fosse scritto male. Secondo me è un libro discreto, che può non convincere del tutto, ma che può essere comunque apprezzato in un aspetto positivo: la storia di amicizia tra le due adolescenti secondo me non è banale pur non essendo originalissima e non è stucchevole nemmeno se la si legge quando ormai i 14 anni sono alle spalle da un bel pezzo. Comunque concordo con chi nota una certa spaccatura tra la prima e la seconda parte.

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Consigliato a chi ha letto...
Consiglio sempre di leggere di tutto a tutti :D
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gracy Opinione inserita da gracy    08 Mag, 2010
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...e l'Isola d'Elba di fronte a guardare...

Libro di esordio candidato al premio Strega 2010. Per me è un buon esordio.

Appena finito il libro mi è immediatamente venuto in mente la figura di Silvana Mangano nella parte della mondina sexy in "Riso amaro". Cosa ci azzecca il neorealismo del film con questo libro ambientato ai giorni nostri? Non saprei, forse la miseria.

Il linguaggio usato è attuale, i protagonisti sono gente semplice che vive di salario, rassegnata a non oltrepassare quel quartiere, i dialoghi a volte sono lenti e le storie si disperdono. Il tentativo dell'autrice di scavare nell'animo umano e di cercare il vuoto e l'oscuro che si cela in certe famiglie che devono per forza trovare un capro espiatorio che giustifichi certe insoddisfazioni, via via si perde.
La prima parte è piuttosto florida di descrizioni e contenuti ed è quella che mi ha colpita maggiormente; una borgata un pò "tamarra" che vive a due passi dalla fabbrica di "acciaio", che da sostentamento a tante famiglie, molte emigrate dal sud retrogrado e poco avvezzo al progresso, sopratutto mentale. Mi è piaciuta quando parla dell'acciaio e dell'amicizia innocente delle due protagoniste.

Uomini e donne che si fanno un’idea del mondo restandone ai margini, credendo normale non andare in vacanza, non andare al cinema, non sfogliare il giornale e non leggere libri.


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