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Bruciare tutto
 
Bruciare tutto 2017-06-23 16:26:47 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    23 Giugno, 2017
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Che strano prete che sono...

Quasi per contrappasso dantesco, o per beffardo avverarsi del titolo profetico se non addirittura, come taluni sostengono, per volontaria e cinica orchestrazione commerciale, è lo stesso libro di Walter Siti che cade nel rogo della pubblica condanna.
Capo d'imputazione: uso scorretto ed improprio della letteratura resa complice di un tentativo di indulgenza e cristiana tolleranza verso un peccato (e relativo peccatore) universalmente considerato, e a ragione, il più abietto e deplorevole per la natura umana: la pedofilia.
"Il desiderio erotico di cui qui si parla è, più ancora dell'incesto, l'assoluto tabù della nostra epoca; sacrilego per definizione, basta accennarvi per sentirsi sporchi, basta che qualcuno ne sia portatore perchè lo si consideri un rifiuto dell'umanità, un'abietta carogna da condannare senza appello, un capro espiatorio di tutte le nequizie."
Un tema scottante, quindi. Anzi ardente sarebbe il termine adatto.
Le fiamme della dannazione eterna bruciano l'anima del pedofilo e quelle della giustizia terrena inceneriscono la coscienza di chi si macchia di questo orribile reato.
Tanto più se il male s'incarna in un sacerdote, nel rappresentante cioè di una chiesa che fa proprio della lotta al male e a tutte le sue manifestazioni il cardine della propria essenza e del proprio potere spirituale, sin dall'antico tempo della caccia alle streghe.
E don Leo, parroco come tanti di uno dei tanti borghi milanesi, ne è lucidamente consapevole: quanto vorrebbe poter guardare con occhi diversi quei ragazzini che giocano a calcio nel suo oratorio, gioire con loro e rendersi partecipe e guida della loro innocente gioventù: un buon pastore dovrebbe essere per il suo gregge, e non il lupo.
E poco importa se il lupo si sia manifestato una sola volta e quando era ancora ragazzo, quando ancora non indossava l'abito talare con le sue contraddizioni e dissidi interiori.
Anzi quella scelta ne fu proprio la diretta conseguenza:
"La combattuta decisione del seminario fu insieme un gesto di coraggio e una trincea: tu Dio m'hai messo in questa difficoltà ed io ti sfido correndoti tra le braccia. 'Non permetterai che io sia tentato al di sopra delle mie forze'."
A mio parere, è questa sfida impari tra uomo e Dio la vera chiave di lettura del libro di Siti: Leo diventa don Leo nel disperato tentativo di abbreviare le distanze tra lui e Dio, ma rimane solo con le sue domande senza risposta, perennemente in bilico tra ragione e amore, tra etica e carità.
Il romanzo di Siti è stato ormai additato come il libro 'sul' prete pedofilo e, chissà, forse anche come il libro 'di' un pedofilo per quella spontanea sovrapposizione in un romanzo della prima e terza persona che tende ad intrecciare ed amalgamare in un tutt'uno autore e protagonista.
Sinceramente, però, mi sembra un giudizio alquanto riduttivo e superficiale: è come se l'innegabile ripugnanza, il nauseante ribrezzo che scaturisce dalla lettura di alcune pagine del romanzo contaminasse l'opinione del lettore focalizzandola sull'aspetto sicuramente più turpe della vita di don Leo e mettendo in secondo piano, anzi oscurando completamente, tutto il resto.
E il resto è qualcosa che va ben oltre il peccato, bensì è il conflitto interiore, profondo, intimo, di cui quel peccato ne è testimonianza ed inevitabile conseguenza.
Ma non si cerca perdono, non si pretende una pena ridotta: c'è assoluta coscienza e consapevolezza della propria ossessione, ciò che tormenta don Leo è il silenzio del suo Dio, l'assenza di risposte alle sue domande, ai suoi dubbi.
E se i suoi dubbi diventano eretici non è per mancanza di fede ma per impiego di intelligenza: a meno che Dio non rinneghi tale dono, come potrebbe l'uomo esimersi dal ragionare, riflettere sulla propria vita e sulle contraddizioni della società in cui vive.
"I deboli di mente sono il prossimo più pregiato, la selvaggina più ambita dal cacciatore Gesù. A che serve leggere tanto, economia storia poesia? L'intelligenza è nemica della fede."
Don Leo è avido di sapere, in assenza di un confronto, di un dialogo i suoi interrogativi si trasformano in teorie, in verità soggettive:
"Dio è amore": si, ma che tipo di amore?
La Chiesa ha sempre l'amore in bocca ma è un ombrello ambiguo che non ripara nei nubifragi; Dio non lecca, non bacia, non ha un corpo da penetrare e da cui essere penetrati.
Amare Dio è l'unico metodo per disfarsi, senza dolore, di se stessi: più la carne si sacrifica, più si apre alla luce. Ma i nervi, il tremito, la differenza di potenziale, la scossa? Nessuna reazione chimica celeste m'ha convinto e trasformato. Ho sete del mio male, Signore: ti sei donato a me ma non ti sento."

Don Leo sa che il suo amore è sbagliato, è contro Dio ma anche contro gli uomini, contro la morale: è un'ossessione che non gli lascia via di scampo perchè assecondarla significherebbe essere dannato da Dio e dagli uomini.
Quasi invidia don Fermo, l'altro sacerdote con cui divide la guida della parrocchia, per la rassegnata ma al tempo stesso serena colpevolezza con cui vive la sua relazione clandestina con la perpetua e rimane invece disgustato e terrorizzato dal sacerdote a cui confessa il suo male nella speranza di ottenere un minimo sollievo per la sua anima ed invece ottiene solo consigli sordidi e rivoltanti su come rendere più appagante il sesso con un bambino.
Morbosità? No, la pedofilia esiste purtroppo, è reale, fin troppo nascosta e spesso occultata anche dalla chiesa, per questo credo sia sempre giusto parlarne e scriverne, è un male che va portato alla luce e non sotterrato.
E nel romanzo di Siti io leggo condanna, non leggo indulgenza: è il peccatore che riconosce il suo male e vuole debellarlo, sconfiggerlo.
Non lo sottovaluta bensì cerca di combatterlo con l'unica arma di cui dispone: la fede in Dio, la carità cristiana e l'amore verso il prossimo, verso i migranti e gli extra-comunitari, i poveri del nuovo millennio, un amore che dev'essere più forte del suo amore malato.
E quando quel Dio gli metterà sulla strada il piccolo Andrea, abbandonato a se stesso da un padre ed una madre persi nel loro egoismo e nell'odio reciproco, don Leo quasi esulterà per la sua personale vittoria, per essere riuscito a dare al suo amore verso Andrea la giusta dimensione dell'affetto, dell'amicizia e della protezione quasi paterna.
Ma quel Dio è bizzarro, sembra si diverta a metterlo in crisi, come fece con Abramo ordinandogli di uccidere suo figlio; questa volta però non c'è nessun angelo a salvare l'innocente.
E' proprio vero allora, pensa don Leo:
"Dio vuole tutto o niente.. solo allora ti sentirai in pace, quando non avrai più niente.. Dio non si accontenta del qualcosa."
La disperazione non ha più argini nel suo cuore e sfocia con tutto il suo impeto:
"La mia croce era resistere alla natura e adesso che fai, mi togli la croce da sotto il culo? dici e disdici, non sai nemmeno tu quello che vuoi, ma che cazzo di onnipotente sei? un cretino indeciso che si fa chiamare dio".
E l'unica soluzione, l'unica alternativa possibile è bruciare, bruciare tutto.
Sorretto da una prosa incalzante e da uno sguardo lucido ed attento che scandaglia l'animo umano in profondità, il romanzo di Siti merita a mio parere di essere letto e giudicato di conseguenza sulla base della propria opinione ed interpretazione personale e non su quella di critici e benpensanti che spesso inneggiano allo scandalo per scopi propagandistici.

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Commenti

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Perfetta interpretazione!
Ottima e toccante recensione!.....Aggiungo che in qualche modo lo stesso autore nello scrivere il romanzo avrebbe tratto ispirazione/fatto riferimento alla figura di don Lorenzo MIlani.
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