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Tra le infinite cose
 
Tra le infinite cose 2016-07-04 05:36:42 68
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68 Opinione inserita da 68    04 Luglio, 2016
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Vite dissolte e rinascite complicate...

" Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo."
L' incipit di un famosissimo classico letterario potrebbe costituire tema e sinossi di questo romanzo d' esordio della giovane scrittrice americana Julia Pierpont.
Oltre un' apparente " normalita' ", una calma e dosata famigliarita', una quotidianità salvata e protratta, si nasconde una scoperta inattesa, un turbinio emozionale, una vita parallela, un nuovo inizio che condizionerà presente e futuro, forse per sempre.
Ed allora " pensavamo di vivere un intermezzo, dopo questo e prima di quest' altro, e invece è' stato l' intermezzo a durare."
New York, una famiglia dell' oggi, lui, Jack, artista affermato, lei Deborah, ex ballerina, che ha rinunciato alla danza per amore. Due figli, Simon, quindicenne scapestrato ed in preda alle prime pulsioni erotico- sentimentali, e Kay, undicenne con un desiderio di indipendenza che è' in prevalenza richiesta di amore figliale.
D' improvviso un pacco recapitato, una scatola, prove schiaccianti, inconfutabili, contenenti un vortice di incredulita' e cruda verità' , la rivelazione di un tradimento ( quello di Jack ), di una vita parallela, fino ad ora nascosta, e di altro, a ridefinire la propria quotidianità.
I fatti, tangibili, oggettivi, si susseguono, la vita, stravolta, sembra essersi fermata, almeno quella dell' io più' profondo, ed allora di che cosa abbiamo realmente bisogno in questi momenti?
I nostri figli semplicemente di amore, anche se lasciano intendere il contrario. Simon crede di sapere gestire la situazione da solo, "senza la sorella troppo piccola, la madre troppo stupida, e suo padre che era il problema ", inserito nella spietata crudeltà' dei social, tra amori adolescenziali, adulti, coetanei, vicini curiosi, altro da se'.
A undici anni Kay è' troppo piccola, ferita, e " vorrebbe semplicemente restare sempre così', sempre di quella età ". Ha un rapporto speciale con il padre, non ne capisce esattamente la colpa, sarebbe disposta anche a perdonarlo.
Deborah è una donna ferita, scossa, incredula, le cui certezze vanno in frantumi, si aggrappa ai propri figli, cerca di scappare per preservarli, ma fugge anche da se stessa e scopre un oggi che forse non le è mai appartenuto e che tra se' ed il posto in cui vive " c' e' ancora quella lastra di vetro che ci mostra il proprio riflesso, nei luoghi più' oscuri, dove abbiamo paura ".
Jack e' il responsabile del disastro, inconsapevole, egoista, con l' incostanza e l' insondabile svagatezza dell' artista, e si trova d' improvviso sottratto a qualsiasi ovvia certezza, sradicato dalla propria insipienza, come " un personaggio al quale si fa guardare il mondo, la vita che andrà avanti, dopo che è morto. "
Ed allora " Come si fa a dimenticare qualcosa in posti dove il tempo non cambia mai, e dove le stagioni sono tutte uguali?
C'è un tempo interiore, che riflette stati d' animo, sentimenti, occasioni perse, ritrovate, dilatato ed intristito dai ricordi di quello che fu, che è trascorso e se ne è andato, o semplicemente è rimasto dentro di noi, che siamo cambiati, ma che lottiamo con la furia degli anni che scorrono nella apparente calma di un quotidiano che non ci appartiene.
Ci accompagna un nembo di occasioni perdute, di false speranze, un flusso interiore ininterrotto e la certezza che quello che è' stato, lontano da qualsiasi speranza, non tornerà. Ma " ogni cosa diventa cupa semplicemente perché le loro vite erano cupe ".
La vita è un foglio bianco riempito dal passaggio del tempo, e delle stagioni, e senza accorgersene scorre implacabile nel flusso di ricordi e speranze che lentamente rallentano, ingrigiscono, spariscono nella quotidianità.
Gli anni si susseguono, i fiocchi di neve somigliano a scheletri di qualcos' altro, le notti prosciugano i cieli illividiti, le porte dei drugstore si spalancano con un sibilo impercettibile, quella palla lanciata in avanti ricade più' veloce, i numeri diventavano troppo grandi senza un vago rapporto con il tempo e ciò' che lo misura, la gente ci vede diversi, cambiati, si stupisce, noi continuiamo a spostarci, a partire, a ritornare, in parte dimentichiamo, inconsapevoli dello scorrere delle stagioni, uguali a se stesse, mentre la sofferenza declina, anestetizzati nell' oggi e proiettati in un incerto domani.
Alla fine ci dissolviamo, per sempre, d' improvviso, nel complicato mare della vita che racchiude storie e sentimenti.
Al di là di una vicenda classicamente famigliare, il racconto racchiude storie individuali, nate da un nucleo disgregato e che navigano nel proprio io ferito e smarrito, alla ricerca di una propria dimensione e stabilita'.
I protagonisti ondeggiano tra passato e futuro, in un presente che lentamente ma inesorabilmente dimentica il vissuto, camminano in un contesto spazio-temporale che tampona e guarisce le più' atroci ferite e sofferenze.
Interessante la struttura narrativa, un filo dei sentimenti diacronico, una narrazione condensata in poche pagine di pura cronaca, essenziale, telegrafica, inserita e contrapposta ad una storia che per la maggior parte è flusso di coscienza ed elaborazione di sentimenti, sofferenze, speranze, attese, rimpianti, fughe, ritorni.
È una scrittura che si avvale di dialoghi fitti, di tocchi d' autore, di piani narrativi trasversali, a tratti eccessivamente complessa in quel turpiloquio di interrelazioni non sempre nitide, un po' confusionarie e stereotipate ( nelle figure descritte ), ma la costruzione narrativa e' funzionale all' idea del romanzo.
Nel complesso trattasi di un buon esordio letterario.
Buona lettura.

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