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Numero undici
 
Numero undici 2017-07-13 18:50:09 Dod
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Dod Opinione inserita da Dod    13 Luglio, 2017
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Chi vince piglia tutto

L'approccio a questo libro (il mio primo di J. Coe) è stato abbastanza condizionato dalle recensioni non troppo positive trovate sul presente sito. Devo dire che il testo non parte proprio benissimo ed è abbastanza fumoso per buona parte del primo racconto, non facendo capire molto dove si vuole andare a parare.
Il passaggio dal primo al secondo racconto, soprattutto, è infelice, perché il legame tra i due diventa chiaro solo dopo un po' senza apparire molto congeniale. Leggendo il libro diviso in capitoli non ci si aspetta di trovare una storia molto differente passando da un capitolo all'altro. Se questo stacco nei capitoli successivi riesce abbastanza bene, nel primo capitolo è un po' contorto e spiazzante.
Se la prima parte zoppica un po', poi il testo migliora decisamente - già dal secondo racconto - per offrire alcune bellissimi pagine soprattutto ne "Il giardino di cristallo".
J. Coe ci regala un testo in cui a essere ben presentate non sono tanto le singole storie quanto le riflessioni personali incarnate dalle particolari immagini visive quali il giardino ghiacciato simbolo dell'ossessione di un marito defunto, la telecamera che si sofferma crudelmente una cantante di poco successo che spera di ritrovare denaro e dignità in un reality, l'undicesimo piano sotterraneo di una casa di Londra opulenta, ambiziosa e vuota, un mostro immaginario nascosto nelle profondità sotterranee di Londra, un autobus (la linea 11) che percorre a rotazione la città di Birmingham, i tavoli da cui emergono le teste dei "menù parlanti", la casetta sull'albero dalla quale due ragazze guardano i nonni di una delle due durante la morte di un giornalista politicamente scorretto...
La grandezza del libro sta proprio nelle immagini utilizzate per personificare i sentimenti principali: la paura, la perdita dell'innocenza, l'ossessione, la rabbia, l'odio. A connettere queste immagini è la una sensazione di impotenza arrabbiata e di nostalgia disincantata per il passato (spesso quello infantile) perduto per sempre, perché a dominare la realtà sono le bugie di chi è al potere, l'ottusa cecità dei ricchi, la competizione fino al sangue - incarnata dalla famiglia Winshaw - in cui "chi vince piglia tutto, chi perde non ha niente".

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