Saggistica Scienze umane Farsi vedere
 

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Gli autori di questo volume spiegano perché la nostra vita è dominata dall'imperativo della visibilità. In ogni campo del sapere e delle attività umane, individui e istituzioni sono obbligati a produrre senza sosta segni, testi, immagini. La nostra è una società in cui vige il primato dell'immagine, dove impera la supremazia dell'apparenza. Non è importante essere, ma attirare l'attenzione su di sé. Si esiste solo se si è "visibili" in televisione o nelle immagini irradiate dal web. Nell'impero del visibile tutti gli aspetti della vita sono coinvolti: le tecnologie, la percezione che abbiamo del tempo, la considerazione del nostro corpo (con la spasmodica ricerca dell'eterna giovinezza), l'esposizione-esibizione di sé su internet, la comunicazione politica, la sovrapposizione tra pubblico e privato, il predominio di un mondo tele-reale.



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Farsi vedere 2014-11-13 22:24:15 DieLuft
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DieLuft Opinione inserita da DieLuft    14 Novembre, 2014
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The Dark Side of the Moon

Ho trovato questo volumetto a casa ed è inutile dire che il titolo mi ha subito incuriosito. Aprirlo poi e leggerlo è stato come ritrovare un pezzo del puzzle, una specie di manuale sulla vita quotidiana. Ma di cosa tratta? Sostanzialmente il testo è frutto di uno studio condotto in Francia, composto da una decina di saggi che riguardano l’individuo moderno, questo povero “martire” oramai sempre più inserito in una macchina che lo sta consumando lentamente. In particolare, si focalizza su uno degli elementi che lo sta sgretolando nella maniera più vile e subdola possibile. Questo mostro dell’ombra è la visibilità, quel meccanismo che spinge tutti noi a cercare al di fuori della nostra persona, una qualche forma di appagamento personale, che ci fa sentire vivi solo quando riusciamo a raccogliere il maggior numero di “Like” sulla nostra foto appena pubblicata, che ci spinge a “postare” sulla piazza un numero esorbitante di informazioni personali -anche inutili- affinché tutti riconoscano la nostra esistenza terrena. Succede sotto gli occhi di tutti e succede tutti i giorni. E la cosa più raccapricciante è il fatto che compiamo queste azioni nella maniera più naturale e normale possibile, tanto che non sembriamo nemmeno più pienamente coscienti di ciò che il pulsante “pubblica” rappresenta in sé. E lo facciamo tutti, indistintamente, non ci sono vinti o vincitori.
Il saggio, per quanto noioso e ripetitivo dopo un certo punto, è una manna dal cielo e sono contenta che finalmente si sia iniziato a pubblicare studi di questo genere, perché credo che, ora come ora, la conoscenza del fenomeno social debba essa stessa diventare “social”. Basta con questo pubblicare stati d’animo, foto e pensieri senza un minimo di criterio, basta con questa mania dell’essere sempre “on-line” in modo anche invasivo, solo per dire “Ehi! Guardami! Guardami!” come fanno i bambini di cinque anni che cercano attenzioni dai genitori. Tutti esistiamo anche senza social networks, solo che ormai in una società dell’apparenza, Essere è diventato l’inutile e succube zerbino del fratello Apparire. Anzi è diventata un’identità aristotelica: Apparire è uguale ad Essere. E tutto ciò succede con la nostra tacita approvazione, questo dobbiamo ricordarcelo. Abbiamo uno strumento potente nelle nostre mani come lo è Internet, ma siamo ancora troppo infantili per utilizzarlo nel modo migliore.
Oltre a spiegare in modo papale papale cosa sta accadendo dentro e fuori il “surfista di Internet”, il testo si concentra molto su piccole nozioni filosofiche, anche sulle ormai disturbate relazioni di spazio/tempo, eternità/esistenza e sulla loro inversione di significato che contribuisce anch'essa al sostenimento di questo tipo di società. Banale ad un certo punto è il fatto che si affermi che l’unico vero vincitore di tutta questa situazione è colui che “lava i panni sporchi in casa propria”, chi non pubblica e che quindi è l’unico vero coltivatore di un Sé individuale. Personalmente non credo che esistano santi su questa Terra, tutti siamo vittime e tutti siamo carnefici. Non si salva nessuno, punto. Comunque, a parte determinate considerazioni di questo tipo, è un saggio veramente utile perché dà una spolverata su questo meccanismo che ci comanda “a nostra insaputa”, e lo fa nella maniera più semplice anche se leziosa e ripetitiva a volte.

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