Vita di mafia Vita di mafia

Vita di mafia

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Chi sono i mafiosi e come funzionano le loro organizzazioni? Federico Varese ha scritto un saggio-reportage che ci fa entrare davvero nel profondo di Cosa Nostra, della mafia italo-americana, della mafia russa, della yakuza giapponese e delle triadi di Hong Kong. Per inseguire le storie che racconta è stato in Russia, in Cina, in Grecia, a Dubai e si è avventurato nel nord della Birmania. Con la passione del giornalista investigativo e lo scrupolo dell'accademico, Varese scopre alleanze segrete tra 'ndrangheta e gruppi georgiani, mappa le nuove rotte della droga e racconta la presenza della mafia russa in Grecia. Esplora come le mafie, in Asia e America latina, sono diventate uno Stato. Varese scopre ciò che rende queste organizzazioni temibili e durature: tutte hanno un rito di iniziazione di ispirazione religiosa, regole di comportamento codificate, una struttura gerarchica ma flessibile, rapporti con la politica, e mostrano una diffidenza profonda verso l'amore tra uomo e donna. Varese racconta cosa vedono i mafiosi quando si guardano allo specchio.



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Vita di mafia 2018-04-03 12:23:21 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    03 Aprile, 2018
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la mafia/ le mafie nel mondo

Federico Varese è professore di criminologia all’Università di Oxford. Pubblica Vita di mafia, che ha un sottotitolo prodromo al saggio stesso: Amore, morte e denaro nel cuore del crimine organizzato. L’autore ci accompagna tra boss russi, triadi cinesi, yakuza, scovando similitudini e differenze attraverso aneddoti, ritratti documentati e incontri sul campo.

Infatti si occupa di:

“M come mafia. Dalla Russia alla Cina, dalla Grecia a Dubai. Un reportage affascinante e rigoroso che entra nel cuore pulsante delle mafie globali, scritto da un criminologo col talento del narratore.”

Nello specifico Vita di mafia Federico Varese compie un’analisi policentrica e multifunzionale su Cosa Nostra, mafia russa, Triade e Yazuka. Una comparazione affascinante in cui l’uso dell’io narrativo non è quello del romanzo ma quello del ricercatore che conduce la sua analisi compenetrandosi in fatti e persone. L’autore ricostruisce lo stile di vita tipico di un mafioso, dall’affiliazione alla successione post mortem, passando per voci come denaro, amore, politica. E lo fa attraverso una miniera di storie, personaggi, aneddoti. Raccontando tanti mafiosi diversi- italiani, italoamericani, russi, giapponesi, cinesi- lo studioso fa comprendere che la “mafiosità”ha alcune caratteristiche unificante che prescindono da latitudini e tradizioni. Conferma, inoltre, che la nascita e lo sviluppo delle mafie ha poco a che fare con presunte attitudini “culturali” di determinate popolazioni, e molto con le condizioni materiali che si verificano in particolari epoche storiche. Per esempio, la costellazione criminale che forma la cosiddetta mafia russa nasce nell’800, viene quasi spazzata via in epoca sovietica, ma risorge più forte quando il collasso del sistema capitalista spiana la via al capitalismo selvaggio, senza che lo Stato abbia strutture abbastanza solide per regolarne le controversie. Così la parola passa ai Kalashnikov.

Scritto con una prosa che invita ad entrare e osservare luoghi, ad ascoltare dialoghi, a vedere immagini e a riflettere su scenari in una prospettiva scientifica che si piega alla performance del racconto criminologico, senza snaturale l’obiettivo di trasferimento della conoscenza. L’autore compie un viaggio metafisico e fisico che porta gli studiosi ad un punto di non ritorno: non si può effettuare una comparazione tra mafie e sistemi criminali senza averne esperienza diretta e conoscenza dei contesti. In caso contrario si rischia di essere dei “fake researcher” da schermo piatto. Il tutto spiegato con una semplicità disarmante che rende il testo accessibile ad una vasta gamma di lettori, poiché non è un saggio accademico.


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