La volpe meccanica La volpe meccanica

La volpe meccanica

Letteratura italiana

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Una donna racconta di sé. E della passione bruciante per un uomo più giovane di lei. Lasciando sullo sfondo lo scenario in cui si svolge la storia, ripercorre la sua vita e le sue molte ombre alla ricerca del punto di non ritorno. Testimoni o complici, la seguiamo nei labirinti della sua mente, attraverso le ambigue proiezioni dell’arte e dell’amore. Assistiamo come dal buco della serratura a giochi erotici sempre più mozzafiato, in uno sconcertante thriller dei sentimenti, all'inseguimento di una verità che trascende i fatti e diventa un’indagine esistenziale. Ma il giovane commissario incaricato di risolvere il caso nel quale la protagonista si trova coinvolta arriverà a conclusioni inattese.



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La volpe meccanica 2016-01-03 22:06:57 Ettoremar
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Ettoremar Opinione inserita da Ettoremar    04 Gennaio, 2016
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"Io so cosa si prova quando si uccide un uomo, lo

Appena finito di leggere "La volpe meccanica", ci ho messo due ore, perché come tutti i noir scritti bene non riesci a staccarti fino alla fine; e l'ho scelto perché nel pomeriggio avevo letto - della stessa scrittrice, Mariolina Venezia - Maltempo, che mi era piaciuto moltissimo, e volevo vedere se anche questo manteneva le promesse.
In questo noir, molto molto particolare, la vicenda si gioca fra tre figure: la protagonista, di cui NON SAPPIAMO il nome, suo marito, che per tutto il romanzo è "suo marito" e basta, e il fratellastro di suo marito, Andrea, l'unico personaggio di cui sappiamo il nome.
Non sto a riassumervi la trama, lo ha già fatto bene Bruno Elpis, che l'ha recensito per primo; a me del libro mi ha colpito lo stile, è tutto un discorso fatto in prima persona dalla protagonista, stile intimistico-introspettivo, filone di cui il capostipite è stato Arthur Schnitzler (Doppio sogno, Il ritorno di Casanova ecc.) ; e riguardo al contenuto, spiccano le descrizioni, che il marito chiede a sua moglie, degli amplessi tra lei e Andrea, descrizioni che di cui il marito vuole sapere i più minimi particolari: quante volte, come l'hanno fatto, in quali posti, chi ha cominciato, ecc. Ne viene fuori un misto di romanzo tra il noir e l'erotico, l'unione di eros e thanatos, che si realizza al culmine di un amplesso, in cui lei taglia le vene a lui e al momento dell'orgasmo, "La vita e la morte uscirono a fiotti dal suo corpo, e io le accolsi dentro di me". Alla fine, avendo ancora in testa maltempo, ho la sensazione che questo breve scritto di 80 pagine, sia sto per Mariolina Venezia più un "esercizio letterario", che altro, un voler mettersi alla prova a scrivere su un copione già scritto da altri, e manca del tutto l'ironia, le trovate che avevano reso Maltempo così divertente.

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Doppio sogno di arthur Schnitzler
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La volpe meccanica 2014-09-12 03:51:26 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    12 Settembre, 2014
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Eros e thanatos in chiave noir

Erotismo noir, quello di Mariolina Venezia, già Premio Campiello nel 2007 con la saga familiare “Mille anni che sto qui”.
La storia di questo breve romanzo vede una donna, aspirante attrice (“Poter entrare in una storia, in una vita, in una pelle che non fosse mia, mi dava un momentaneo senso di sollievo, come una vacanza da me stessa”), spingersi nelle forme estreme dell’erotismo sino a un tragico finale.
Piena di belle speranze (“Avevo appena compiuto tredici anni ed ero una promessa dell’atletica”), la protagonista le disattende tutte attraversando esperienze fallimentari che enuclea in alcuni eventi: dell’infanzia ricorda un fatto emblematico (“Le dita si dischiudono, il giocattolo cade giù e si schianta a terra rompendosi in mille pezzi”), nell’adolescenza distrugge il motorino di un amico (“Perché lo feci? Cercavo la sconfitta…” “Solo gettandomi a capofitto nel fallimento… riuscivo a provare un momentaneo senso di libertà”), in età adulta affronta scientemente un matrimonio senza amore (“Un’azione realmente irreparabile fu quella di sposare mio marito”).
Quando sotto il loro tetto i due coniugi ospitano il fratello illegittimo del marito regista (“Quando conobbi Andrea avevo trentotto anni, ma non ne dimostravo più di ventiquattro…”), l’inquieto spirito femminile viene conquistato dall’istintività del cognato (“sentirlo frugare rapidamente, come un piccolo predatore, una faina o una donnola…”), che lei asseconda “per dargli l’opportunità di compiere le sue piccole razzie”. Durante le assenze del marito, i due instaurano una relazione che attraversa fasi sempre più spericolate: quella orale (“Quando ci fummo impregnati di tutti quei sapori , non ci restò altro… che assaggiare quello che avevamo noi”) e preliminare (“Mi piaceva ritrovare il sapore del mio corpo nella sua bocca..”) durante la quale “i nostri due sapori si mescolavano…”; lo stadio dell’insana passione che nella clandestinità si alimenta (“L’elettricità dei nostri corpi restava allora nella stanza”) in crescendo (“I nostri corpi continuavano a svelarci i loro piccoli segreti, risuonando come strumenti dai quali sia io che lui sapevamo ormai trarre qualsiasi nota”) e in una dimensione atemporale (“Per me era stata un’unica bolla senza tempo”); la fase dell’annientamento (“Era un improvviso accecamento in cui deliberatamente ognuno perdeva se stesso e chiedeva all’altro di aiutarlo a non ritrovarsi più”) sino allo stadio del sadismo (“ognuno cercava… il varco a quel corpo… Una piccola incisione, un morso, un graffio…”).
La donna decide di rivelare l’infedeltà al marito, che si rende complice (in questa parte centrale, molto ardita, nulla è lasciato all’immaginazione del lettore circa le pratiche dei due amanti) e trasfonde la storia nel copione al quale sta lavorando. Si crea così una confusione tra realtà e finzione, che - forse nella realtà, forse nell’immaginazione (“Gli dissi che volevo fare qualcosa di diverso, e alludevo alle improvvisazioni di qualche giorno prima”) – è esasperata dal pericolo dell’abbandono (“Lo legai alla spalliera del letto, lo imbavagliai, lo bendai, gli legai le caviglie con le mie calze nere…”) e culmina in un epilogo mortale (“i suoi movimenti e le sue spinte provocarono in me un orgasmo di una tale potenza che lui stesso ne fu travolto… La vita e la morte uscirono a fiotti dal suo corpo, e io le accolsi dentro di me…”).
Il finale è aperto a diverse letture (“Ognuno di noi… venne condannato a essere ciò che era sempre stato, e questa mi sembra una condanna sufficiente”), ivi compresa quella di un umorismo surreale e noir.
Lo spunto più metaforico nel paio d’ore che la lettura richiede? Quello che vede la protagonista immedesimarsi nella lepre meccanica (“La volpe meccanica” del titolo) del cinodromo: un “ridicolo meccanismo di ferro e di pelo che vedevo correre sulla pista incalzato dalla muta, inutilmente concupito dai cani.”
“La volpe meccanica” è opera che potrebbe piacere agli amanti del noir spietato: peccato che una penna così affilata non abbia dato vita a un erotismo più ombreggiato e artistico…

Bruno Elpis

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... la puntata precedente del percorso eros ("Bonjour tristesse" della Sagan)
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