Narrativa italiana Gialli, Thriller, Horror Tutti i particolari in cronaca
 

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Tutti i particolari in cronaca

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La corsa all'alba, la colazione al bar, poi nove ore di lavoro all'archivio del tribunale, una cena piena di silenzi e la luce spenta alle dieci: Carlo Cappai è l'incarnazione della metodicità, della solitudine. Dell'ordinarietà. Nessuno sospetta che ai suoi occhi quel labirinto di scatole, schede e cartelle non sia affatto carta morta. Tutto il contrario: quei faldoni parlano, a volte gridano la loro verità inascoltata, la loro richiesta di giustizia. Sono i casi in cui, infatti, il tribunale ha fallito, e i colpevoli sono stati assolti "per non aver commesso il fatto" – in realtà per i soliti, meschini imbrogli di potere. Cappai, semplicemente, porta la Giustizia dove la Legge non è riuscita ad arrivare – sempre nell'attesa, ormai da quarant'anni, di punire una colpa che gli ha segnato la vita. Walter Andretti è invece un giornalista precipitato dallo Sport, dove si trovava benissimo, alla Cronaca, dove si trova malissimo. Quando il capo gli scarica addosso la copertura di due recenti omicidi, Andretti suo malgrado indaga, e dopo iniziali goffaggini e passi falsi comincia a intuire che in quelle morti c'è qualcosa di strano. Un legame. Forse la stessa mano... Antonio Manzini, il creatore dell'indimenticabile vicequestore Schiavone, entra nel catalogo del Giallo Mondadori con una storia serrata e sorprendente che si interroga sull'equilibrio tra legge e giustizia, e su ciò che saremmo disposti a fare pur di guarire le nostre ferite.



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Tutti i particolari in cronaca 2024-03-26 21:34:08 PaparattoC
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PaparattoC Opinione inserita da PaparattoC    26 Marzo, 2024
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Il giustiziere


Apprezzo molto Manzini e il suo genere, interessante è risultato il suo ultimo scritto.
Tutti i particolari in cronaca, ruota attorno alle vicende di Carlo Cappai e del giornalista Walter Andretti. Il primo, magistrato mancato, ex poliziotto, ora impiegato presso l’archivio del Tribunale, di cui conosce molti dei casi contenuti in quei faldoni, soprattutto quelli conclusi con un’assoluzione, poiché gli imputati non sono stati ritenuti responsabili. Il secondo è il giornalista di una testata di second’ordine, trasferito dalla sezione sport alla cronaca, in cui non ha alcuna esperienza e dovrà imparare a familiarizzare con quel “nuovo mondo” inesplorato. In città si verificano degli omicidi, che in qualche modo interesseranno i protagonisti sino a far intrecciare le loro storie.
L’autore affronta, attraverso una semplificazione romanzata, una delle questioni più spinose per gli addetti ai lavori, ossia, il rapporto tra giustizia e legalità. Questi due concetti, è risaputo, non sono perfettamente coincidenti e la legalità molto spesso non collima affatto con la giustizia. Cappai spiega che esiste una giustizia con la G maiuscola e una con la G minuscola. L’applicazione delle procedure previste dalla legge, non sempre sono orientate a fare giustizia, garantiscono la legalità ma non la giustizia. L’archivista, infatti, persona sola, che non ha mai dimenticato il suo primo e unico amore, Giada, rimasta uccisa diversi anni prima, conosce bene quei processi conclusisi con l’assoluzione “per non aver commesso il fatto”. Quegli imputati non erano innocenti, ma per la legge risultano tali. Se per la legge, quindi, molti di questi imputati sono innocenti, lo stesso non può dirsi per Carlo Cappai che ha trascorso la propria vita a studiare questi casi sino a creare un sistema di giustizia parallelo.
Uno scollamento, ci dice il protagonista, esiste tra l’innocenza e la colpevolezza, essere ritenuti non colpevoli non significa essere innocenti, anche solo l’intenzione di commettere un crimine, la ferma volontà, non ci rende innocenti. Semmai ci rende non colpevoli, così come ci rende tali il ragionevole dubbio instillato in un’aula di tribunale, a prescindere dalla commissione di un fatto criminoso. Innocenza allora è altra cosa: è totale purezza d’animo ed è lì verosimilmente che regna la giustizia.
In breve, quali le considerazioni e sensazioni suscitate in chi scrive: ho trovato di notevole interesse la tematica e anche la modalità con cui è affrontata, intrecciata nel racconto criminoso che coinvolge i protagonisti.
Emerge anche l’importanza dei sentimenti, quelli veri, che non sbiadiscono al trascorrere del tempo e che posso condizionarne l’esistenza, anche negativamente. La tematica è certamente complessa, la giustizia è qualcosa di importante e forse di trascendentale. La legge cerca in qualche modo di collocarsi nel solco della giustizia, ma soltanto in parte ci riesce, facendo coincidere le due cose.
Probabilmente essa, non appartiene del tutto agli uomini che cercano di controllarla, ma che spesso si rivelano incapaci e rispondono alle ingiustizie con altre ingiustizie. La vendetta potremmo domandarci, è uno strumento riparatore, che rende giustizia?
Sul finale il protagonista si accorge probabilmente della contraddizione, si rende conto di essersi considerato al di sopra degli altri, di aver cercato di impartire la propria di giustizia. Commettere un efferato delitto è giusto? Certamente no, risponderemmo. Ma è giusto rispondere a quel delitto con altro delitto? Possiamo considerarla giustizia? La risposta è altrettanto negativa e ciò prescindendo dal dato legale, da quella verità processuale, che spesso non coincide con la realtà.

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Tutti i particolari in cronaca 2024-02-08 09:43:35 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    08 Febbraio, 2024
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Dura lex, sed lex

La cronaca nera attrae lettori, anche quelli che leggono poco, forse per curiosità morbosa innata, un sentimento per quanto innaturale però comune a tanti, fatto sta che i grandi delitti stimolano il cittadino medio, lo incitano a saperne di più, a scendere nei dettagli, un utile stratagemma per invogliare l’acquisto è l’ indicazione precisa, direi tassativa: tutti i particolari in cronaca.
”Tutti i particolari in cronaca”, per inciso, è anche il titolo dell’ultimo romanzo di Antonio Manzini, il noto autore creatore delle storie seriali poliziesche che hanno per protagonista il vicequestore romano Rocco Schiavone, trapiantato a forza in servizio presso la questura di Aosta.
Questa volta però il vicequestore non c’è, non perché l’autore ha voluto prendersi una pausa distaccandosi dalla sua creatura, o forse perché le ultime prove non hanno pienamente convinto gli appassionati, Antonio Manzini ha già dato in precedenza prova di sé senza necessariamente basarsi solo sulle storie seriali del personaggio che gli ha dato la notorietà.
Questo romanzo non è un poliziesco, in senso stretto, non di solo questo ci parla, va oltre, più a fondo, è un racconto di giusti e di giustizia, di sentimenti e di offese, di più, direi che è l’eterno dibattere del bene e del male. Perché il pregio di Manzini non sta nella sua abilità di tessere detective stories, ciò sarebbe riduttivo del suo talento, anche stavolta il nostro scrittore, anche se ha edito nei tipi di una casa editrice dall’inconfondibile color limone che contraddistingue il genere, come con Schiavone tutto fa, di tutto scrive, ma di ben altro racconta, non solo di guardie e ladri, ma di tipi umani, di persone, di soggetti, a prescindere dalla professione che svolgono e dal contesto in cui agiscono, le loro estasi ed i loro tormenti, le loro vite, che poi sono come le nostre.
Se il romanzo racconta un omicidio, un giallo, un delitto, e prende la deriva per un poliziesco, questo è solo un dettaglio, Antonio Manzini è per prima cosa un buon scrittore, inventa belle storie e ce le presenta anche meglio. Manzini è uno scrittore accurato, ha un suo stile discorsivo, a modo suo intenso ed introspettivo, visualizza al meglio le anime delle sue creature, più che le loro sembianze, alle fattezze fisiche ci pensano le fiction tratte dalle sue storie, racconta scene ed atmosfere nella loro essenzialità, soprattutto eccelle, lo ripetiamo, nel caratterizzare i tipi umani reali, tormentati e sofferti, idealisti o sognatori, che sempre popolano i suoi racconti.
Scava nel cuore dei suoi personaggi, di più, nel fondo della loro umanità, che non è mai unica ma sempre binaria per natura, quindi lecita o meno, decorosa o disdicevole, diritta o illegale, sempre fermamente bene intenzionati a schierarsi dall’una e dall’altra parte di due opposti, tra due estremi.
Uno rappresenta ciò che è ipoteticamente etico, giusto, corretto, l’altro invece è quanto praticamente attuabile, comunemente ammissibile, facilmente realizzabile, anche se talora, o spesso, indebito.
All’atto pratico, finiamo invece sempre o quasi tutti a dibatterci, ad affannarci, ad industriarci per mantenere un minimo di coerenza, letteralmente cerchiamo alibi inconsciamente o meno per il nostro tenerci a galla in un mare di transazioni, accomodamenti, cedimenti, e la zattera per l’emersione, quale che sia, lascia sempre qualcuno scontento, deluso, frustrato.
Carlo Cappai, il protagonista principale di questa storia, è un uomo ordinario, abitudinario, metodico: è anche un uomo solo, banale, insignificante, con un suo vissuto con cui si barcamena nel gestire le sue giornate. Cappai è integerrimo di per sé, scrupoloso, con una memoria di ferro, un proprio senso diamantino della giustizia, accentuatosi ancor di più in seguito alla perdita delittuosa del suo primo amore in gioventù; perciò, nell’esplicare le sue funzioni, gestisce l’archivio penale presso la cancelleria del locale tribunale, ha una conoscenza approfondita dei casi archiviati di omicidi irrisolti, spesso, troppo spesso, giunti al termine dei gradi di giudizio senza colpevole. Sentenze chiuse con un nulla di fatto non tanto perché il responsabile vero o presunto non sia mai stato individuato, ma più spesso i processi si chiudono per l’impossibilità legislativa di condannare il sospettato al di là di ogni ragionevole dubbio. Cappai lo comprende, legge e giustizia non sono la stessa cosa, anzi lo sono, ma in maniera diversa. Legge e Giustizia corrono su due binari differenti, sempre paralleli, che perciò non si incontreranno mai: di più, esistono ben distinti in due universi lontanissimi tra loro. L’una, la vera Giustizia, è un precetto morale assoluto, tuttavia per applicarla serve la legge, che è la giustizia applicata, quella corrente, comunemente usata. La legge la scrivono gli uomini, quindi di conseguenza non è perfetta, ma fallace, oppugnabile, come si suole dire, fatta la legge, trovato l’escamotage per eluderla. Magari avvalendosi delle giuste amicizie e conoscenze: giacché mancando prove certe, indizi inoppugnabili, evidenze conclamate, nessuno può subire l’ira della Giustizia. La legge è la giustizia concretamente esercitata dagli uomini, e gli uomini vivono in società, si incontrano, si conoscono, spesso quelli dello stesso livello si aiutano, si scambiano favori, si accordano, minimizzano, mistificano, negano la Giustizia. Cappai tutto questo lo vede ogni giorno, ieri come oggi e anche domani, ne è permeato, e lo sa: un tribunale può sentenziare che qualcuno è innocente, anche se per la Giustizia è colpevole come il demonio.
Dura lex sed lex, la legge, per quanto talora iniqua è spesso così attuata, e a Cappai, come a chiunque di noi, la giustizia negata lacera, strazia, tormenta e avvelena l’esistenza.
La legge è un genuino cronista, cerca e riporta i nudi fatti, e non le intenzioni malefiche, applica i codici, i commi, le eccezioni, non è la Giustizia astratta, che è di per sé una chimera.
Le chimere sono sogni, non cavilli del codice, perciò non ammessi dalla Corte.
Il tormento e l’estasi: i particolari in cronaca riportano i tormenti, altrimenti non si vendono copie. L’estasi è per quelli come Cappai, per i sognatori, per i puri di cuore, che però non fanno audience.



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Antonio Manzini
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Tutti i particolari in cronaca 2024-01-18 17:47:11 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    18 Gennaio, 2024
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Un delitto incompiuto.

Messi da parte il vicequestore Rocco Schiavone e le sue indagini, Antonio Manzini affronta in questo nuovo giallo il tema della legge e del suo rapporto con la giustizia. Perché, come si evince dal racconto, legge e giustizia non sempre vanno d'accordo: la legge ha le sue norme scritte, i suoi articoli ben definiti, mentre la giustizia, che dovrebbe applicare la legge, è gestita dagli uomini, che spesso la stravolgono, la adattano ai propri convincimenti, alle pressioni esterne, a legami più o meno stretti politici e sociali. Tutto questo non va giù ad uno dei protagonisti, il dottor Carlo Cappai, un solitario ex poliziotto, ora relegato, per una menomazione fisica, nell'archivio sotterraneo della questura di Bologna. In gioventù Cappai aveva assistito all'uccisione, in uno scontro tra manifestanti, di una ragazza, Giada, suo primo, indimenticato e unico amore. L'assassino ,Luigi Sesti, figlio di famiglia altolocata, se l'era cavata con un'assoluzione, suscitando in Cappai un sordo rancore ed una meticolosa ricerca, negli anni successivi, di tutto quanto poteva riguardare il Sesti. meditando anno dopo anno di farsi giustizia da sé. Non solo Sesti, anche altre ingiuste assoluzioni turbavano Cappai: quella di un giovane che aveva ucciso soffocandoli i genitori, rei di non dargli abbastanza soldi, ed ancora quella di un trafficante di droga, che aveva fatto fuori la moglie. Assoluzioni che Cappai non riesce a sopportare, perché "non siamo bravi ad osservare, non guardiamo con attenzione, prendiamo sotto gamba dettagli e virgole che invece sono essenziali, fondanti, risolutivi ...". Il nostro si trasforma in giustiziere, ma quando finalmente riesce ad avvicinare il suo bersaglio vero, l'assassino della sua amatissima Giada, ecco il colpo di scena architettato da Manzini, un colpo di scena che lascia interdetti e che condizionerà l'esito finale del giallo.
Altro protagonista è Walter Andretti, l'opposto di Cappai: tanto l'ex poliziotto è scorbutico, solitario, depresso, quanto Andretti, cronista sportivo passato alla cronaca nera di una piccola testata bolognese, è gioviale, socievole, attivo, sempre pronto a curiosare, indagare. Le storie di Cappai e Andretti si intrecciano, quest'ultimo intuisce le manovre di Cappai, indaga su certi delitti, si avvicina suo malgrado alla verità, sa ma non vorrebbe sapere. Tiene un diario meticoloso, sul quale annota tutto, i suoi pezzi giornalistici sono molto apprezzati, anche se la verità sembra sfuggirgli e le cose, come spesso accade, non sono come appaiono.
Manzini ha scritto un bel giallo, pieno di sorprese, teso, sempre sospeso tra verità e dubbi. Magistrale la sua descrizione particolareggiata dell'andamento di un processo: le sedute si trascinano stancamente, gli interventi di avvocati e giudici si perdono in questioni di nessuna importanza, domande poco attinenti, risposte risentite, perdite di tempo, faldoni impolverati che riempiono gli archivi, una giustizia degli uomini che sembra prendersi gioco delle leggi. Questo è il tema fondante di tutto il racconto, questa purtroppo la verità che spinge Cappai, l'incompreso protagonista, a farsi giustizia con le proprie mani.



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