Narrativa italiana Racconti I racconti del focolare
 

I racconti del focolare I racconti del focolare

I racconti del focolare

Letteratura italiana

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I dieci racconti che fanno parte di questa raccolta hanno un respiro larghissimo, e lo comunicano immediatamente al lettore. Le pagine si colorano di una sapienza particolare, nutrita dagli sterminati spazi siderali e da quelli (apparentemente) piccoli di un cuore che pulsa o di un gesto che appartiene alla memoria. Passato e futuro s’intrecciano mirabilmente, ne “I racconti del focolare”, perché lo sguardo dell’autore riesce a spaziare moltissimo, grazie alla potenza trasmessa dal pensiero scientifico e da quello umanistico, che qui si incontrano e dialogano. Silvio Coccaro amalgama ingredienti che stimolano la curiosità, il lettore che si lascia prendere dalla lettura viene trasportato in un mondo in cui i confini spaziali e temporali sono al tempo stesso ben delineati e labili: è la “magia” dello sguardo allargato dell’artista, che sa spaziare dal dialetto che va scomparendo alle astronavi del futuro, dal “piccolo” gesto quotidiano fermato grazie allo scrittore a scenari vastissimi che ci fanno rendere conto di quanto sia enorme il potenziale di sviluppo (e di possibile distruzione…) dell’uomo.



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I racconti del focolare 2019-10-31 11:51:30 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    31 Ottobre, 2019
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Tra passato e futuro

Chi ha detto che durante le sere d’inverno, quando una morbida coltre di neve ricopre le fronde degli alberi e i rumori del giorno, davanti al piacevole crepitare del fuoco nel camino possano trovare spazio soltanto storie e leggende del passato? Chi pensa che non possano avere la stessa magia di queste ultime anche le storie dell’oggi o, addirittura, quelle ambientate in un fantascientifico futuro? Se qualcuno avesse ancora simili convinzioni, dovrebbe leggere “I racconti del focolare”, splendida opera prima di Silvio Coccaro, pubblicata dalla Casa Editrice L’ArgoLibro.
E sottolineo splendida per due motivi: lo stile narrativo che procede attraverso una scrittura ineccepibile sotto ogni aspetto, semplice, lineare, priva di inutili fronzoli, mai prolissa né pomposa, neppure là dove ricorrono termini irrimediabilmente scientifici; l’incanto che suscita ogni singola storia di questa raccolta.
Sono storie dei giorni nostri, di ieri e del domani, storie reali e, per ora, irreali, ma non improbabili, dalla cui lettura si apprende, non senza stupore, che l’autore è anzitutto un uomo di scienza. Ecco, dunque, la narrativa come utile strumento di divulgazione scientifica, rivolto tanto ai più giovani quanto agli adulti. Ma la scrittura del dottor Coccaro non è solo questo: è anche scrittura di profonda delicatezza che sa parlare di sentimenti, che si volta rispettosamente indietro riconoscendo la grandezza della cultura classica (a partire dal “conosci te stesso” di socratica o più antica memoria) e che a tratti s’intinge di malinconica poesia.
Come già evidenziato da Milena Esposito nella sua brillante prefazione al libro, “I racconti del focolare” regalano al lettore tanti viaggi diversi: tra gli infiniti e inimmaginabili spazi siderali a bordo di una navicella cosmica in compagnia del capitano Luskhas Harowicki, così come lungo i non meno misteriosi sentieri del pensiero, perché, se è vero che uno sconfinato universo circonda l’uomo, la mente umana rappresenta tuttavia un universo ben più vasto di tutti i possibili universi esistenti e, come tale, richiede esplorazione; ancora, in giro per il mondo seguendo l’inarrestabile percorso di una gocciolina d’acqua o al chiuso di un ospedale, dove a una bimba appena venuta alla luce la vita già impone di affrontare una prova durissima.
Il viaggio che però colpisce ed emoziona in modo particolare, al di là di ogni tempo e appartenenza geografica del lettore, che resta inoltre affascinato dalle espressioni dialettali riecheggianti tra queste pagine, è forse quello tra i ricordi e gli affetti più cari sullo sfondo di un “mondo semplice trascorso per sempre”, quale è il Cilento della fanciullezza dell’autore. Un mondo, più o meno come ovunque, per buona parte scomparso e velato di nebbia, proprio come quella che, nell’ultimo racconto, scende sui passi di padre e figlio di ritorno verso casa, mentre il sole s’accinge a tramontare su un’altra giornata di speranza e lavoro:

“La nebbia risale a falangi lungo l’erta collinare che dall’Alento porta alla vetta della Rupe ra Noce. Tra le sue schiere si insinuano, come fendenti, luminosi raggi di sole. L’aria intrisa di umidità scorre fredda sul mio viso. […] La nebbia progressivamente nasconde ai nostri occhi i terreni coltivati della valle, […] ed adesso è ai piedi della montagna. […] Papà si rinserra nel suo pastrano, i suoi occhi scrutano la valle e si perdono nella nebbia, come i suoi pensieri… La primavera si avvicina, i campi richiedono molto lavoro, il tempo è sfavorevole, i suoi numerosi figli sono a casa che lo aspettano. […] Il buio della sera avvolge la casa con la sua quiete ed il suo silenzio.” (da “Un giorno, un ricordo”)

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