Narrativa straniera Gialli, Thriller, Horror Aristotele e i veleni di Atene
 

Aristotele e i veleni di Atene Aristotele e i veleni di Atene

Aristotele e i veleni di Atene

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Secondo i sillogismi dell'etica di Aristotele, solo nella vita teoretica, la più conforme alla sostanza razionale dell'uomo, può ritrovarsi la vera felicità e la vera virtù. Immaginarsi quindi l'imbarazzo del suo braccio destro Stefanos: andato al bordello della tenutaria Manto, si trova testimone del ritrovamento di un cadavere eccellente. E tempo dopo, nel bordello della tenutaria Trifena, assiste al famoso delitto di Frine, che osa celebrare nel pieno di un festino i misteri eleusini. Sono i veleni di Atene. In senso letterale e in senso metaforico. Il ricchissimo Ortobulos è ucciso con la cicuta, e pare un complotto di famiglia: dell'omicidio è accusata la seconda moglie, che ha nel figliastro un acerrimo nemico. Frine, la splendida etera leggendaria, è accusata di empietà, di insegnare ad adorare un nuovo Dio, un reato che prevede la pena di morte. Entrambi i processi avvelenano Atene: sono tempi fragili, la sua costituzione è debole, un brivido di rovina l'attraversa. Aristotele interviene, ripensando alla cicuta di Socrate e alle gravi conseguenze, per evitare che la metropoli ospitale dove tiene il suo Liceo finisca in mille pezzi. E nella sua acuta e conseguenziale indagine scorre la topografia della città di Atene, e passa la rassegna degli innumerevoli caratteri, delle svariate professioni, dei diversi atteggiamenti sociali, che fanno di ogni avventura poliziesca di Aristotele detective uno spaccato di scientifica attendibilità della vita quotidiana nella Città stato giunta alla sua piena maturità, sul limitare del prossimo tramonto.



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Aristotele e i veleni di Atene 2020-05-27 15:01:24 Ludovica Tocco
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Ludovica Tocco Opinione inserita da Ludovica Tocco    27 Mag, 2020
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Lettura di svago

Il libro è scritto abbastanza bene e con una prosa non particolarmente elaborata. Mi sono affezionata abbastanza ai protagonisti Aristotele e Stefanos anche se al primo non viene resa molta giustizia e il secondo meriterebbe più considerazione da chi lo circonda. La trama in sé sarebbe snella e abbastanza godibile ma ci sono stati alcuni intermezzi non necessari che hanno rallentato il ritmo del racconto e lo hanno reso inutilmente prolisso. Sospetto che questi intermezzi siano un espediente per permettere all'autrice di descrivere bene usi e costumi della Grecia classica quando non di mostrare la sua cultura in merito, ma andavano gestiti con più parsimomia. Consiglio la lettura benché non abbia trovato il libro eccessivamente brillante e penso che leggerò altre opere della stessa serie.

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Aristotele e i veleni di Atene 2013-10-15 10:54:54 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    15 Ottobre, 2013
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Aristotele e i veleni di Atene

Benché uscito in una collana chiamata ‘Noir nella storia’, va detto innanzitutto che questo libro non è un noir, bensi un giallo d’impianto convenzionale, costruito com’è sulla ricerca del colpevole di una morte all’apparenza inesplicabile. Su un totale di più di quattrocento pagine, però, la parte investigativa occupa all’incirca tra un terzo e la metà dello spazio complessivo: il resto è dedicato invece agli usi e costumi dell’antica Grecia, con una minuziosità in cui l’autrice sembra dare sfogo alla propria conoscenza e alla propria passione per la classicità. Solo per fare un esempio, l’intero secondo capitolo è occupato da una lunga discussione, del tutto superflua per lo sviluppo complessivo e ambientata al Liceo, in cui si valutano le varie forme di governo della polis, ma non da meno sono le descrizioni dei processi all’Areopago o delle digressioni rurali del co-protagonista Stefanos. Il problema, al tirar delle somme, è che queste parti finiscono per essere le più interessanti in confronto di uno svolgimento giallo che, sebbene ben costruito a livello di intreccio, soffre un po’ il fatto di essere dapprima troppo diluito e poi, quando diviene inevitabile stringere, per colpa di uno svolgersi dei fatti che, proprio nel momento-clou, non è pienamente verosimile. Il giudizio complessivo non può inoltre beneficiare del fatto che alcune figure siano superflue - come la spia Archia, la cui unica utilità potrebbe essere quella di rappresentare in qualche modo il controllo macedone su Atene – e che più di un segmento sia troppo ingombrante, a partire da quello riguardante il processo a Frine, ma forse il problema più grave è proprio il personaggio attorno al quale tutto dovrebbe ruotare. Aristotele risulta poco caratterizzato e perciò la sua presenza come detective finisce per essere assai diafana: il filosofo non mette in mostra segni particolari o tic che lo rendano memorabile e conduce l’indagine in modo tradizionale e senza guizzi di sorta, magari legati al suo pensiero. In poche parole, al suo posto ci potrebbe essere chiunque, a partire dal narratore in prima persona Stefanos che meriterebbe di essere il protagonista principale per curiosità e intraprendenza, invece di avere il ruolo di un seppur attivo Watson con tutti i diritti di cittadino ateniese (cosa che il Maestro del Liceo non è, il che lo limita assai nei movimenti). Siccome questo è il sesto volume scritto da Doody con gli stessi personaggi, può darsi che sia io a non esser riuscito a sintonizzarmi sulla giusta lunghezza d’onda, ma questo romanzo non pare essere nulla più di una lettura da ombrellone per appassionati della Grecia classica, oltretutto non aiutato da qualche errore di traduzione e da una discutibile resa dei nomi greci.

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