Punto di rottura Punto di rottura

Punto di rottura

Letteratura straniera

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Estate. Una scuola come tante, in un sobborgo di Londra. Professori, preside e alunni sono riuniti in assemblea nell’aula magna. Tema: la violenza. Qualche giorno prima Elliot Samson, dieci anni, è stato selvaggiamente aggredito da un gruppo di compagni più grandi. Pochi minuti dopo uno dei docenti, Samuel Szajkowski, apre il fuoco sui presenti. Cinque morti, quattro allievi e un’insegnante. La sesta vittima è l’omicida: un colpo solo, alla testa. Il caso viene aperto e subito chiuso. Ma l’ispettore Lucia May non si arrende all’evidenza. Cosa ha spinto un timido, riservato professore di storia a commettere un crimine così efferato? Ognuno ha una sua interpretazione dei fatti, dei moventi; ma la verità è una terra straniera, un labirinto di dubbi attraverso cui emergono, via via più nitidi, il ritratto di un uomo qualunque e le motivazioni della sua scelta. Fare fuoco, per non soccombere.



Recensione della Redazione QLibri

 
Punto di rottura 2012-12-29 21:26:36 joshua65
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joshua65 Opinione inserita da joshua65    29 Dicembre, 2012
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L’elefante nella stanza

E’ praticamente impossibile non tornare alla strage nella scuola del Connecticut, o a qualche mese prima al Joker pazzo che ha ucciso 12 persone mentre assistevano alla prima di Batman. E così, a ritroso fino alla strage della Columbine High School, avvenuta nel 1999, dove questa volta due studenti massacrarono 12 compagni di scuola e un insegnante.

Eventi efferati, dicevamo, compiuti da folli, disadattati, psicopatici assassini senza movente se non quello della pazzia. Drammatici eventi di cui nessuno ha mai voglia di trovare una reale spiegazione, perché velocemente sopraffatto dagli scatenati tam tam mediatici sulla necessità di fermare o almeno limitare la folle corsa al reperimento delle armi. Proprio pochi giorni fa abbiamo assistito alle lacrime di Obama.

Non ci chiediamo quasi mai qual è stato il punto di rottura. Il momento in cui il piano si è inclinato, facendo precipitare le cose irreversibilmente. Il momento in cui l’assassino si è armato per dirigersi verso l’infausto appuntamento. Simon Lelic prova a darne una spiegazione in questo bel libro.

Siamo in una scuola inglese, durante un assemblea un mite professore irrompe uccidendo 4 alunni e un insegnante, per togliersi subito dopo la vita. Caso da chiudere velocemente anche questa volta, ma non per l’ispettore Lucia May, che attraverso una indagine attenta e scrupolosa cerca di andare verso la radice del problema, di capire cosa è scattato in Samuel Szajkowski, timido e riservato insegnante di storia, per compiere questo folle gesto assurdo e inatteso.

L’indagine di Lucia May è frenetica, deve chiudersi rapidamente, lo richiedono i suoi capi, l’autore riesce a dare ritmo alla lettura con una trovata davvero originale, intercalando i capitoli riguardanti l’indagine con quelli dedicati alle interviste fatte ai diversi testimoni, colleghi, studenti, parenti, anzi dei veri e propri monologhi, dove tutti quanti cercano di esprimere il loro punto di vista, qualcuno basato solamente su interpretazioni personali, perché non presente alla strage.

Forse le pagine non sono state sufficienti per approfondire al meglio le motivazioni che hanno spinto il professore a compiere questo crimine così efferato, per chiarire il legame a precedenti fenomeni di bullismo, alla disattenzione in generale delle istituzioni, ed anche il finale è un po’ frettoloso, diciamo aperto.

Tuttavia, Punto di Rottura rimane un bel libro, interessante, attuale, e a tratti originale, e per questo ve lo consiglio.

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Punto di rottura 2012-09-02 16:54:35 Sara S.
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Sara S. Opinione inserita da Sara S.    02 Settembre, 2012
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punto di rottura

"Punto di rottura" è un romanzo difficile da categorizzare. Pur facendo parte del filone dei thriller e dei polizieschi racchiude al suo interno una storia che va al di là di questi generi, che va molto più in profondità, analizzando un gesto di ordinaria follia secondo un punto di vista nuovo, interessante, autentico. Quante volte alla televisione vengono enunciate stragi di innocenti compiute da un pazzo omicida che si mette a sparare a caso tra la folla? Queste notizie vengono sempre liquidate con sdegno da parte di tutti, gli autori di questi delitti vengono definiti psicopatici, sadici, persone cattive che senza movente decidono di porre fine alla vita di persone scelte a caso, per il puro piacere di uccidere. Chi mai si prenderebbe la briga di giustificare il colpevole? La protagonista di questo libro, ispettore di polizia, decide che vuole capire. Non le basta attestare la superficialità della vicenda, dove un professore una mattina fa fuoco sui suoi studenti uccidendo delle giovani innocenti vite, suicidandosi lui stesso con l'ultima pallottola. L'indagine è all'apparenza banale, basterebbe un solo sopralluogo per liquidare tutta la vicenda in poche righe, così come viene esortata a fare dal suo capo. Ma lei è testarda, sente che c'è dell'altro, sente che c'è qualcosa che non va, che il professore omicida non può essere impazzito dall'oggi al domani, ma per compiere un simile ed estremo gesto deve aver superato il limite, deve aver raggiunto il suo punto di rottura, e così prolunga l'indagine fino a scandagliare alla perfezione tutta la vicenda, fino a scoprire finalmente la scomoda verità.
Il romanzo apre gli occhi su una realtà fastidiosa, su come al di là di un atto criminale ci sia tutto un mondo da scoprire, su come niente sia solo bianco o nero, ma anche il gesto più sbagliato porti con sé qualcosa di "giusto". E al tempo stesso getta un'ombra funesta sulle dinamiche di polizia, sulla fallacia delle leggi, sull'inefficacia dei meccanismi scolastici e sulla crudeltà delle nuove generazioni di studenti.
Ammetto di essere stata del tutto conquistata da questa storia, amo le realtà controverse, le indagini psicologiche e sociali, e l'autore è stato davvero bravissimo a fornire gradatamente elementi sempre nuovi, che portano il lettore a seguire la vicenda con curiosità crescente ed entusiasmo. "Punto di rottura" è una storia drammatica, profonda, che ti entra dentro per rimanere anche a lettura ultimata. Spezzo inoltre una lancia a favore dello stile di scrittura, che anche se spiazzante e "strano" (in alcuni capitoli alterna le voci delle persone interrogate, in altri la narrazione in terza persona segue le azioni della protagonista) risulta molto vivido e realistico, fa calare all'istante nelle pagine del libro. Non mi capita spesso, ma questo è uno di quei romanzi che avrei voluto durassero di più, molto di più. Con certi romanzi, anche se belli, mi sento sollevata quando raggiungo il finale. Con questo invece mi è successo il contrario: quando le pagine che mi mancavano da leggere si stavano assottigliando pensavo con apprensione al termine del libro e avrei voluto poterlo prolungare. 300 pagine sono poche per descrivere un argomento interessante e di vastissima portata come quello scelto dall'autore, di cose da dire ce ne sarebbero state un'infinità, e la mia curiosità da lettrice era avida di altri dettagli, altre informazioni, non ne avevo mai abbastanza. Il finale mi ha lasciato molta amarezza, perché rimane un poco in sospeso. Intendiamoci, non è un finale mozzato, al lettore viene fornita un'ipotesi molto ben ponderata di come andranno le cose, ma il fatto di doverlo solo immaginare e di non leggerlo su carta mi ha delusa. Solo per questo motivo non riesco a dare il massimo dei voti.

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Consigliato a chi ha letto...
Consigliatissimo a tutti gli amanti dei romanzi psicologici. L'argomento trattato è davvero interessante e ben esposto, anche se in maniera un po' alternativa. Consigliato soprattutto ai lettori di larghe vedute e a coloro che non si lasciano disturbare da una forma stilistica moderna e sperimentale.
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Punto di rottura 2012-08-06 07:29:48 Pupottina
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Pupottina Opinione inserita da Pupottina    06 Agosto, 2012
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E' mostruoso cio' che ha fatto, ma non era un most

È un libro che mi è piaciuto molto, proprio perché è scritto in maniera particolare, giostrando i capitoli in un’alternanza fra realtà e apparenze, fra follia e giustizia, fra l’indagine della donna ispettore, Lucia May, e i punti di vista di chi c’era o non c’era il giorno della sparatoria.
Sin dalle prime pagine, a strage già compiuta, ci si accorge del perché questo libro è diventato un caso letterario in Europa e negli Stati Uniti. Il tema trattato, la violenza nelle scuole, è molto attuale e si può rapportare dal microcosmo dell’ambiente scolastico al macrocosmo della società in cui tutti viviamo. Di questo libro mi ha colpita, prima di tutto, la trama (un professore che spara cinque dei colpi di una pistola in un’aula scolastica e risparmia il sesto ed ultimo proiettile per se stesso), poi, la copertina, così colorata, semplice, elementare, con una scelta di colori che trasmettono serenità, ma gettano anche ombre in una scena di fuga che fa trasparire, a malapena, l’orrore che questo romanzo racconta anche se in maniera molto poetica, interiore, che predispone alla riflessione personale. Il titolo italiano “Punto di rottura” (titolo originale “Rupture”) è forse l’elemento che cattura meno, ma, nella sua brevità, è feroce e un po’ anticipa quello che è poi il senso della storia, quando si raggiunge un limite che porta al di là della ragione e permette che si realizzi una strage.
Anche in questo romanzo, come in QUESTO (che pure mi è piaciuto moltissimo), l’ambientazione è Londra, una città che è in grado di offrire svariati spunti interessanti.
E adesso, prima di dirvi il mio giudizio complessivo di questo thriller della Time Crime, ecco un po’ di frasi, tratte dal libro.

“È mostruoso ciò che ha fatto, ma non era un mostro.”

“È più facile gestire il dolore se puoi trasformarlo in rabbia, se puoi attaccare qualcun altro, se puoi prendertela con qualcun altro, chiunque, anche se non lo merita.”

“L’odio arriva con il tradimento.”

E, in questo thriller psicologico, molte altre sono le affermazioni, messe in bocca a vari personaggi, che meritano di essere approfondite, comprese, analizzate. Mi fermo qui per non anticiparvi altro.
VOTO 10

***AVVISO SPOILER***
Se volete leggerlo, fermatevi e non leggete oltre.
Mentre se l’avete già letto, vedete se siete d’accordo con me.

Il professore di storia, quello con la barbetta, quello di origini russe, quello che un giorno improvvisamente se ne va a scuola con una pistola, che è un pezzo da museo, Samuel Szajkowski, quello con il nome che nessuno ha mai imparato a pronunciare bene, né si è sforzato di farlo, quell’uomo all’apparenza mite avrà avuto i suoi motivi per fare quello che ha fatto: andare a scuola, aprire il fuoco su alcuni alunni e su una collega e infine suicidarsi. Di questo è convinta Lucia May, ispettore a capo delle indagini. Nonostante i suoi superiori siano convinti che non ci sia nessun caso da risolvere e che quello che c’è da scoprire è già evidente, lei si ostina nel voler interrogare tutti e condurre delle ricerche sue, perché vuole scoprire cosa c’è dietro, quale movente ha portato Szajkowski ad un’improvvisa follia. Mentre la sua indagine si approfondisce, un interrogatorio dopo l’altro, anche di particolari apparentemente inutili, emerge il ritratto di un uomo che voleva fare il suo lavoro. Mentre ci si chiede se le vittime erano davvero quelle designate e si studiano le posizioni dei presenti alla sparatoria, emergono particolari, dettagli, considerazioni che il lettore si trova a fare, essendo perfettamente integrato nella storia proprio grazie allo stile particolare di Simon Lelic.
Cos’ha di così particolare il suo stile?
È originale, nuovo, differente dagli altri. Ogni capitolo è matematicamente impostato: tutti hanno la stessa lunghezza, dalle 7 alle 10 pagine. Come ho già anticipato all’inizio, c’è un’alternanza nei capitoli: tempo degli interrogatori e racconto dell’indagine. I primi sono monologhi, come delle interviste in cui vengono omesse volontariamente le domande, ma non si cela niente delle risposte ed è come vedere i personaggi che vengono interrogati, intervistati, ognuno con un suo modo di esprimersi, in base all’età, al sesso, al carattere più o meno spigliato. In questi capitoli, vengono interrogati: il preside; i professori, colleghi dell’assassino; i genitori della vittime; alcuni studenti presenti alla sparatoria; altri assenti, ma che conoscevano le vittime o che hanno tanto da raccontare sulla vita e sui soprusi all’interno della scuola. Si intuisce che qualcosa non andava. C’erano gravi negligenze, oltre a questioni personali e a precedenti segnali ricollegabili alla tragedia. Mentre ci si interroga sulla follia del singolo, si vanno a studiare le sue motivazioni e il perché ad essere uccise siano state determinate persone e non altre. Si scopre che l’ambiente scolastico inglese descritto non è, in fondo, molto diverso da quello italiano e una storia simile poteva accadere ovunque, in una scuola come in un altro qualsiasi ambiente lavorativo dove imperano la discordia, la stupidità, la rabbia e la solitudine.

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