I cento giorni I cento giorni

I cento giorni

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Roth racconta in questo libro (apparso per la prima volta nel 1935) una storia di Napoleone, precisamente la fase più drammatica del suo epos, quella che va dalla fuga dall'Elba sino alla disfatta di Waterloo e all'imbarco per Sant'Elena. Sono "cento giorni" che fecero sognare al mondo, per un'ultima volta, prospettive nuove. Ma a Roth lo sfondo storico non interessa se non in quanto occasione per giungere a qualcos'altro. Ciò che lo attira innanzitutto è la possibilità di mostrare Napoleone "nella sola fase della sua vita in cui è 'uomo' e infelice... Vorrei fare di un grande un umile".



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I cento giorni 2019-03-06 16:38:28 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    06 Marzo, 2019
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Il tramonto di un mito

I cento giorni sono un periodo storico compreso fra il ritorno di Napoleone a Parigi dall’esilio all’isola d’Elba (20 marzo 1815) e la restaurazione della dinastia borbonica con Luigi XVIII (8 luglio 1815); in questo lasso di tempo il 18 giugno si svolse la celebre battaglia di Waterloo che vide la definitiva e irrimediabile sconfitta dell’Imperatore dei Francesi. Lo scopo di Roth, però, come egli stesso dice non è di scrivere una saggio storico e anche l’attribuzione generica di romanzo storico gli andrebbe stretta perché in effetti ha inteso mostrare il crepuscolo di un quasi onnipotente, spogliandolo delle vesti ufficiali affinché restasse solo l’uomo, con i suoi dubbi, le sue incertezze, le sue paure e la stanchezza che aggredisce chi ha ormai imboccato velocemente il tratto di discesa della sua parabola. E’ un tramonto senza gloria, la fine di un mito di cui piano piano lo stesso Napoleone prende coscienza; é il grande generale che ha sempre cercato la battaglia, ma che ora, che gli viene imposta, lo trova riluttante, con un presagio di sconfitta che lo assillerà fino alle battute finali.
Il tempo inesorabile corre, ma non verso il sole di Austerlitz, verso le piogge, i terreni pantanosi di Waterloo e in questo susseguirsi veloce e implacabile di istanti si intreccia la storia dell’imperatore con quella di una sua lavandaia, Angelina. Lei, come tutte le donne di Francia, lo adora, è follemente infatuata di questo mito che va decomponendosi; c’è chi la dissuade di intestardirsi in un sentimento irragionevole, a maggior ragione ora che l’uomo Bonaparte è l’ombra di se stesso, ma inutilmente, e così entrambi saranno sconfitti. I cento giorni è un’opera dalla straordinaria potenza visiva, tanto da sembrare una pellicola cinematografica, ma questa caratteristica non è fine a se stessa, è semplicemente la cornice di un quadro di irresistibile bellezza, dove i cento giorni di un’epopea, in cui tutti credono illudendosi consapevolmente che i disegni del destino possano cambiare, scandiscono la fine di un’epoca, prima ancora dell’esito di Waterloo nell’animo dei due protagonisti, l’astro che si spegne di Napoleone e la donna con le ali di Icaro che inutilmente cerca di raggiungere il suo Sole.
Imperdibile.

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I cento giorni 2018-09-07 11:12:39 siti
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siti Opinione inserita da siti    07 Settembre, 2018
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Al tramonto

Ecco l’ennesimo Roth, per me.
In quale dimensione siamo stavolta?
Il romanzo, apparso nel 1935, viene catalogato come romanzo storico e il titolo richiama subito l’epilogo della parabola napoleonica. Siamo lì, apparentemente, ma non dentro quel periodo storico, no, non totalmente. Dietro lo schermo del resoconto degli ultimi giorni da imperatore di Napoleone, dall’Elba a Waterloo, con focalizzazione quasi assoluta sull’uomo solo e vinto e debole alla quale fa da contraltare la vicenda parallela di un umile stiratrice della sua corte, Angelina Pietri, corsa come lui, si cela in realtà, netto, il fantasma di un altro imperatore, di un’altra guerra, di un altro soldato, di un altro periodo storico e per finire di un altro straniero dentro i confini di un impero che si sta dissolvendo.
Insomma, insieme ai suoi più noti “La marcia di Radetzky” e “La cripta dei cappuccini”, anche questo è, a suo modo, un libro sul finis Austriae e ci riporta a quella prosa nostalgica, necessaria per rendere il senso di smarrimento che accompagnò nei sudditi la fine dell’impero asburgico. Le atmosfere sono le stesse, cambiano i personaggi, Napoleone è come Francesco Giuseppe, smarrito e piccolo e ancora acclamato mentre abdica, Waterloo segna la fine di un mito fatto uomo come la resa austriaca la morte dell’impero austroungarico, il suolo della patria francese trema per il polacco Wokurka, ex soldato ora calzolaio che protegge Angelina quando durante il ritorno del re è estromessa dalla corte, come tremò per un povero galiziano con la disgregazione del mito asburgico e per ogni povero reduce della Grande Guerra.
Per chi conosce i temi più importanti della produzione dello scrittore i paralleli sorgono spontanei, e piacevolmente si gode di questa trasposizione della vicenda napoleonica; qui l’imperatore è restituito nella sua dimensione umana, sia nei momenti di gloria, come quest’ultimo colpo di coda, sia nel momento della sua caduta. Ad essa in particolare è dedicata la terza delle quattro sezioni di cui si compone il romanzo, Tramonto, la più intensa, la più bella, la più accorata, scandita dalla Preghiera alla morte, dalla caratterizzazione dell’imperatore sulla stregua del Giobbe biblico (e qui vi consiglio uno dei suoi romanzi più belli, Giobbe, appunto), dal ridimensionamento del delirio di onnipotenza che ci presenta ora un essere umano stanco e più conciliante, più vicino alla dimensione minima dell’esistenza, capace di far tramontare la sua stella, dopo aver dominato il mondo, a quarantasei anni appena. Votato infine ad un altruismo che gli consente di consolare gli altri: “Non curatevi di me, il mio destino si compie da solo”, per consegnarsi prigioniero al nemico.
Per me, bellissimo. Vi lascio però alle suggestioni infinite prodotte da questo uomo nella letteratura e sapientemente ripercorse da Giuseppe Scaraffia nell’ articolo di cui vi offro il link:
http://www.repubblica.it/venerdi/articoli/2017/10/25/news/napoleone_bonaparte_simon_scarrow_mostra_torino-179279123/

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“La marcia di Radetzky"
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