Figlio della fortuna Figlio della fortuna

Figlio della fortuna

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Un viaggio alla ricerca delle proprie radici e della felicità. Un nuovo, emozionante romanzo dell’Autrice Premio Andersen 2009. Ambientato in un Caucaso degli anni Novanta in preda a guerre post-sovietiche, il romanzo racconta di Galya che salva dall’esplosione di un treno per un attentato terroristico un neonato francese di nome Blaise. Quando il bimbo compie sette anni, Galya e Blaise, che lei chiama Koumaìl, intraprendono un viaggio per raggiungere la Francia, ritrovare la madre di Blaise e vivere liberi. Il viaggio è avventuroso e imprevedibile, e parallelamente diventa un viaggio iniziatico per Blaise, un ragazzo che guarda al futuro e cerca la fortuna, che per lui significa destino di libertà.



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Figlio della fortuna 2012-07-19 19:48:57 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    19 Luglio, 2012
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La disperanza

La fortuna è una delle costanti della vita dell'uomo. Si è sempre disposti a vederla in ogni situazione che ci rende soddisfatti e felici. Ma non sempre quella che può apparire buona sorte lo è, anzi, spesso può nascondere oscuri segreti.

Kumail è il figlio di un paese, il Caucaso (so che non è uno Stato, ma non siate troppo pignoli) e soprattuto figlio di una guerra drammatica che ha coinvolto la regione nella seconda metà del Novecento. Kumail ha perso i genitori in un incidente ferroviario, o almeno così gli ha sempre ripetuto Galya, la donna che si prende cura di lui. Il ragazzo è in realtà francese, per la precisione "cittadino della repubblica di Francia", come ripete in continuazione col sorriso stampato sul viso.
Già, il sorriso: un gesto che frantuma l'aspetto drammatico della guerra per tramutarla in eventi visti da un bambino. Con il sorriso, e un pizzico di malinconia, Kumail (il cui vero nome è Blais, come dice il suo passaporto) giudica e racconta la guerra, la distruzione che lo circonda, osservando l'infelicità crescente senza esserne toccato, con quell'indifferenza che nei bambini non è crudeltà, ma ingenuità. Kumail soffre poco, protetto tra le braccia calde di Galya, sempre pronta a rincuorarlo e infondergli speranza. Perchè Galya sa che la "disperanza" è la vera nemica dell'uomo, che è l'unica vera incurabile malattia, capace di far piombare tutti nello sconforto. E allora Kumail cerca di fuggire dalla realtà, con la sua fantasia di bambinoo, con la sua ingenuità: soffrirà la fame, le amicizie perse, la sporcizia e tante altre cose, ma sempre mantenendo la speranza di raggiungere la Francia, il paese dei diritti umani " e della libertà". Viaggiando sulle pagine del suo atlante verde percorrerà il mondo in lungo e in largo, scoprendo famosi monumenti e desiderando arrivare in quei luoghi. E così, dopo tanti anni, quando la guerra è un ricordo offuscato dalla libertà della Francia, le ombre del passato riemergono e condurrano il personaggio ad una drammatica verità (in parte prevedibile).

Un libro per ragazzi, scritto con uno stile semplice che cerca in varie occasioni di non precipitare nella banalità, ma soltanto sfiorandola (talora). IL libro può apparire simile al Cacciatore di Aquiloni, ma non ne ha nè l'ambizione nè lo stile. Lo sguardo da fanciullo si protrae fino alla fine, senza murtare nemmeno quando il protagonista cresce. Un po' statico, ma non irritante. Il messaggio del testo, quello di non lasciarsi abbattere dalla "disperanza" è oggi di vitale importanza per molti, ma al di là di questo il testo cade nel già visto, nel già detto. UNa lettura breve, e discreta, ma non imprescindibile.

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