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Anatomia del best seller Anatomia del best seller

Anatomia del best seller

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Twilight, Hunger Games, L'Alchimista, Il codice da Vinci: come si costruisce un successo editoriale di dimensioni planetarie? Non era mai accaduto che i romanzi – certi romanzi – avessero tanto successo e generassero volumi di vendite così possenti come negli ultimi vent'anni. La serie di Harry Potter, le trilogie di Twilight e Hunger Games, i romanzi di Coelho, le detective story diStieg Larsson e Dan Brown, da Il codice da Vinci a Inferno, i romanzi di Murakami o opere come Il cacciatore di aquiloni e Cinquanta sfumature di grigio, sono diventati successi mondiali da milioni di copie vendute. Quali sono i motivi di questo successo? Bisogni profondi a cui queste narrazioni si ispirano ma anche fattori produttivi impensabili solo pochi anni fa: dalla tendenza intermediale per cui un libro viene concepito da subito per essere adattato a film, videogame, graphic novel, allo sviluppo di comunità di lettori-fan che danno vita a un flusso continuo di prodotti paralleli all'opera originaria – prequel, sequel, spin off, fake, fanzine.



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Anatomia del best seller 2019-06-29 22:50:18 archeomari
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archeomari Opinione inserita da archeomari    30 Giugno, 2019
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L’identikit del libro di successo

Ho sentito parlar molto bene di questo saggio, un testo accademico, usato in alcune Università e, per quanto interessante, dal linguaggio piuttosto specialistico, ma si tratta di difficoltà facilmente superabili con un po’ di attenzione in più.
Stefano Calabrese insegna semiotica presso lo UILM di Milano, ha pubblicato molti interessanti saggi di comunicazione narrativa e semiotica, nonché articoli per prestigiose riviste italiane e straniere.
L’opera potrebbe essere considerata già superata, poiché è stata pubblicata quattro anni fa e quindi non analizza i best seller più recenti (Elena Ferrante è
l’assente più importante), tuttavia è validissimo per spiegare come mai libri come Hunger Games, Twilight, Cinquanta sfumature, i libri di Dan Brown (non ne ho letto neppure uno!) abbiano venduto milioni e milioni di copie, con immensa diffusione tra vari Stati del mondo.
Pur dando qua e là tra le righe qualche giudizio personale sulle varie opere, il lavoro di Calabrese è rigoroso, supportato da studi di narratologia, neurocognitivismo, psicologia sociale e stilistica.
Sulle “Cinquante sfumature” non sono state spese (fortunatamente) molte righe, ma per Dan Brown, Murakami, i libri della Rowling e della Meyers , Calabrese fa quasi opera di smontaggio e mette sul banco le parti più intriganti per il suo studio
.
Scrittori e aspiranti scrittori, prendete nota!

Partiamo da cosa il best seller non è.
Il best seller oggi innanzitutto non è un romanzo inteso esclusivamente come prodotto estetico. Già Timothy Aubrey nel suo libro “Reading is a therapy “ aveva ammesso che il libro spesso si rivela essere uno strumento terapeutico, un simulatore di emozioni, basato sull’empatia che è in grado di stabilire col lettore.
Il best seller, prodotto dei “nuovi barbari” per dirla con Baricco, è un romanzo che ha perso la sua centralità “e si trasforma in un flusso continuo di diramazioni” (pag. 18) autorizzate o meno dall’autore ( e qui entrano in gioco la fandom e la fan fiction trattati nelle prime pagine del saggio e che spesso ledono i diritti di autore).
Nella prima parte del testo, Calabrese affronta inoltre un discorso più generale sulle classifiche internazionali stilate dal New York Times che detta legge in materia di romanzi di successo globale e sull’importanza di un buon advertising per generare aspettative positive nel pubblico di lettori, che si tradurranno in guadagni sul cartaceo degli editori e del brand autoriale.
Bisogna subito dire che il saggio non dà consigli agli scrittori per produrre un best seller, ma è un tentativo, molto interessante secondo me, di analizzare “anatomicamente” i più importanti romanzi della narrativa contemporanea cercando denominatori comuni e ricorrendo agli studi più accreditati nel campo nelle scienze umane e della semiotica.
C’è un capitolo del saggio intitolato “Il romanzo immersivo” , in cui l’autore analizzando best sellers come Hunger Games, Harry Potter, Twilight sostiene che un intreccio narrativo di successo è flessibile come un elastico, che si può allungare in tutte le direzioni, creando sequel (narrazioni in avanti), prequel (all’indietro), oltre ai vari spin off (=derivati), come nel caso di “Cinquanta sfumature” che ha elaborato la storia di un personaggio secondario di “Twilight” rendendolo protagonista di una nuova storia.
Impianto immersivo, empatia, sono determinanti per la riuscita del romanzo. L’empatia in particolare consiste “ nel coinvolgimento emotivo del destinatario e sulla sua identificazione con l’emittente della narrazione stessa, sino alla soglia di una sostanziale indistinzione” (pag. 97).
Un libro di tal fatta, sostiene Calabrese, si è adattato a quelle che sono le richieste di mercato: l’autore dà al pubblico ciò che il pubblico si aspetta, ciò di cui ha bisogno. Nell’era globale anche il libro ha sostenuto la sua darwiniana lotta per l’adattamento. La letteratura, sia con la L maiuscola che senza, è uno strumento privilegiato per la diffusione del comune sentire, del percepire e del ricordare la realtà. Se una saga di Harry Potter, ad esempio, che non è certamente esempio di alta letteratura, avvicina i ragazzi ed anche gli adulti alla cultura, alla lettura e permette di migliorare le proprie competenze comunicative, che ben vengano altri libri così!

Sempre riguardo all’immersività del romanzo, Calabrese cita come caso emblematico l’opera di Alice Sebold, “Amabili resti” : questo romanzo, best seller anch’esso, raccontando un episodio di stupro, ha permesso all’autrice di metabolizzare e rielaborare la violenza subita. Chi ha letto l’opera ha potuto sperimentare le emozioni dei personaggi fittizi con la stessa intensità delle emozioni prodotte da situazioni reali. Insomma, non tanto i saggi, ma le narrazioni sono funzionali al dominio del Sé.

Chi possiede il dono in potenza, diciamo così, di realizzare romanzi di successo, sono gli screenwriters (i termini inglesi abbondano nel saggio), cioè gli sceneggiatori, coloro che prima di prendere la penna in mano, si erano dedicati agli adattamenti filmici. I migliori best sellers citati nel saggio hanno infatti una struttura stilistica che permette non solo facilmente l’immersione/confusione personaggio fittizio/lettore, ma anche un sicuro adattamento cinematografico.

Credo di avervi stuzzicato abbastanza, non occorre rivelare altri particolari di questo stimolantissimo saggio che dà spazio anche a nomi come Ammaniti, Camilleri, Coelho, Zafón.
Buona lettura!

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Consigliato a chi ha letto...
Consigliato a chi è interessato agli studi di semiotica, di narratologia : troverà un ricchissimo apparato bibliografico alla fine del libro
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