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La vasca del Fuhrer La vasca del Fuhrer

La vasca del Fuhrer

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«È possibile per una donna rimanere "un genio libero" e "uno spirito dell'aria" senza pagare nessuna conseguenza?». Un'istantanea in bianco e nero coglie una donna dalla bellezza struggente immersa in una vasca da bagno del tutto ordinaria. Guardando bene, però, in basso ci sono degli anfibi sporchi di fango, e in un angolo, sulla sinistra, un piccolo quadro. Il viso nella cornice è quello di Adolf Hitler, il fango è quello di Dachau; lei, la donna, è Lee Miller: ha da poco scattato le prime immagini del campo di concentramento liberato, e ora si sta lavando nella vasca del Führer. Prendendo spunto da una fotografia che ha scoperto per caso, Serena Dandini si mette sulle tracce di Lee Miller Penrose, una delle personalità più straordinarie del Novecento. La cerca nei suoi luoghi, «dialoga» con lei, ripercorre la sua esistenza formidabile - che ha anticipato ogni conquista femminile - in un avvincente romanzo, una storia vera, tra i fasti e le tragedie del secolo scorso.



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La vasca del Fuhrer 2022-10-31 14:54:25 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    31 Ottobre, 2022
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Biografia di una infatuazione

Elizabeth “Lee” Miller è stata una donna dall’eccezionale, multiforme ingegno: fotomodella contesa e ammirata alla fine degli anni ’20; musa ispiratrice del grande fotografo surrealista Man Ray e di Jean Cocteau nelle sue esperienze cinematografiche; essa stessa fotografa di enorme talento, sperimentatrice di tecniche innovative, unica reporter donna ammessa a documentare gli orrori di Dachau; infine moglie e madre e, incidentalmente, cuoca di grandi doti. Molti suoi scatti hanno fatto epoca, ma anche i suoi ritratti sono entrati nella storia della fotografia e persino alcuni suoi piatti sono ancora oggi memorabili.
In questo libro Serena Dandini ripercorre la vita di questa donna straordinaria, attraverso una serie di istantanee che la ritraggono in vari momenti della sua vita, tra il pubblico e il privato: dai primissimi dolorosi anni dell’infanzia dove, figlia adorata di un ingegnere di mentalità sin troppo aperta, si trovò preda di un lupo, travestito da amico di famiglia, agli anni del grande successo come modella e musa dei più grandi fotografi del primo Novecento; dalle sperimentazioni come fotografa, alle atroci testimonianze di reporter sui lager nazisti, sino agli anni del declino fisico. Tanti flash, non rigorosamente in ordine cronologico, che dovrebbero farci partecipi della esaltante, avvincente vita di questa eccezionale donna.
La vita di Lee Miller è stata così tumultuosa e multiforme da sembrare più la trama di un romanzo (o un film) d’azione e avventura che un qualcosa di reale. Tuttavia, nonostante che il materiale a disposizione avrebbe potuto permettere un resoconto coinvolgente e appassionante, il libro della Dandini è tutt’altro che irresistibile. L’A. visibilmente ammaliata dalla figura di questa donna, unica nel suo genere, ne appare da un lato intimidita e dall’altro trascinata verso una pedissequa venerazione (o devota ammirazione, vedete voi) che rende il racconto in genere piatto e convenzionale, quando non si fa prendere la mano dall’enfasi retorica che gonfia oltre le reali necessità anche esposizioni ed episodi sì interessanti, ma non certo eccezionali, che potrebbero essere più compiutamente narrati per renderne meglio partecipi i lettori.
Tra l’altro quasi per ogni episodio narrato l’A. sente il bisogno di confrontare le esperienze della Miller con le proprie, cosa di cui il lettore non sente il minimo bisogno, ma dando così l’impressione di assistere a una sorta di gara emulativa, nella quale la donna di oggi cerchi di ispirare i propri gesti all’archetipo del secolo passato. Tutto ciò non giova alla gradevolezza della lettura. Inoltre ho trovato tutta la biografia pesantemente ideologizzata: ogni comportamento, decisione, attività della Miller è usato come scusa per innalzare un vessillo sia esso del femminismo militante, come dell’antifascismo, del libertarismo o di qualche altro “ismo” per il quale l’A. avrebbe in animo di combattere. Ciò rende il racconto faticoso e “partigiano”, anche quando non ce ne sarebbero gli elementi o la necessità: cioè pure quando i comportamenti, le decisioni, le attività intraprese dalla Miller erano solamente conseguenza delle sue inquietudini di donna, piena di talento, ma pure di tormenti e non sapeva o non riusciva a trovare la sua posizione in questo complicato mondo.
Insomma, il libro tratta argomenti di indubbio pregio e di sicuro interesse, anche perché il nome di Lee Miller, prima, non era particolarmente noto in Italia, ma il suo svolgimento non rende il giusto servizio al tema. Non è raro che subentri la noia leggendo certe sezioni e che sia difficile resistere alla tentazione di saltare a piè pari interi paragrafi.
Anche il titolo, in fondo, è un inganno perpetrato ai danni del lettore: l’esperienza tratta dalla visita ai campi di concentramento nazisti, è vero, marchiò indelebilmente la maturità della Miller, ma ne segnò pure il cambiamento di rotta e, in sostanza, ne determinò la sua uscita dalla vita pubblica, turbolenta e ricca di avvenimenti e stimoli che avevano caratterizzato la sua prima fase. Quindi, venendo a mancare i fatti eclatanti che l’avevano contraddistinta, anche la sua biografia sfuma in un racconto nebuloso e frammentario. Perciò “la vasca del Führer” è solo l’ultimo episodio, quello finale che val la pena narrare, e non già il centro nevralgico della storia come il titolo vorrebbe far supporre.
In conclusione un libro risulta al di sotto delle aspettative, ma ha il merito di attirare l’attenzione su quell’interessantissimo personaggio e sulle correnti artistiche di cui fu partecipe e testimone e spinge a fare ricerche, informarsi altrove su di lei, sul surrealismo e sulle avanguardie.

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La vasca del Fuhrer 2021-08-10 16:26:55 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    10 Agosto, 2021
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La chiamavano Lee

Uno scatto fotografico che desta straniamento e curiosità in coloro che osservandolo apprendono provenire dalla stanza da bagno di una delle residenze di Adolf Hitler.
Solo la sfrontatezza e lo spirito rivoluzionario di una donna come Lee Miller poteva concepire una simile posa da immortalare; gli scarponi infangati che imbrattano il candido tappetino, gli abiti gettati sulla sedia ed il suo corpo denudato adagiato nella vasca da bagno del fuhrer.
Uno sfregio per colpire nell'intimità il carnefice? Voyeurismo? Arte?
Probabilmente la nota immagine trae origine da tutti questi elementi, ma in ogni caso la signora Miller fu una donna dalla vita densa e all'avanguardia per il tempo in cui visse.

Interessante e brillante il lavoro della Dandini con cui riesce a scandagliare e ricostruire l'intera esistenza di una donna straordinaria, uno spirito libero, svincolata da clichè socio-culturali, unica padrona di se stessa. Modella, artista, fotografa, giornalista. Anche compagna e moglie, ma recalcitrante ai guinzagli e alle gabbie seppur dorate.
Cittadina del mondo, americana di nascita, ma attratta dal vecchio continente e dal nord Africa.

Non si tratta di un saggio biografico ma di una accurata ricostruzione documentale che sfocia in un racconto che unisce passaggi di stampo saggistico a pagine romanzate in cui l'autrice presta la voce ad Elisabeth in dialoghi di studiata verosimiglianza sulla base delle lettere e degli scritti consultati e citati. Da ciò uno scritto piuttosto originale modulato su più registri stilistici che sono piacevolmente omogeneizzati tra loro per dare un'ottima visione d'insieme.

Un personaggio femminile complesso, un'indole eclettica che ha preferito vivere fuori dagli schemi dettati dalla morale austera del Novecento, alla ricerca continua di appagamento.
Eppure un essere fragile come un cristallo che pochi hanno compreso.
Serena Dandini si astiene da giudizi, ma fornisce al lettore tutti gli strumenti per maturare un pensiero personale sulla enigmatica figura di Lee Miller.

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La vasca del Fuhrer 2021-04-24 13:04:46 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    24 Aprile, 2021
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L'estrema purificazione

Serena Dandini firma il suo ultimo libro intitolandolo: La vasca del Fuhrer, edito da Einaudi.
In realtà una biografia: la vita di Lee Miller, una donna che ha lasciato un segno particolare, infatti ci si chiede:
“E’ possibile per una donna rimanere “un genio libero” e “uno spirito nell’aria”, senza pagare nessuna conseguenza?”
Ma chi è stata Lee Miller Penrose? Credo che nulla possa meglio evidenziare la sua personalità e la sua vita della copertina stessa del libro. Vi è, appunto, raffigurata una vasca, con una donna nell’atto di fotografare. Sulla vasca una foto di Hitler, a terra gli anfibi sporchi di fango. Ecco l’antitesi che rappresenta la vita di Lee Miller: da una parte il male, Hitler, il fango di Dachau, di cui la stessa era appena stata a visitare; dall’altra l’estremo ed ultimo sfregio, a testimoniare la vincita assoluta: l’acqua che pulisce, che purifica in un ultimo atto estremo di rinascita. E il libro parte proprio da questo rinnovamento per raccontare la vita di quella che è stato una delle donne più straordinarie del Novecento.
L’autrice ne racconta il percorso di vita: da modella a reporter di guerra, musa di Picasso, amica di Jean Coteau e Max Ernst. Una vita sotto i riflettori che ho letto con entusiasmo e passione. Vi ho visto raffigurata, con stile preciso, la storia del Novecento, attraverso la vita di una donna unica e rara; ma ho trovato troppo inopportune e troppo spesso presenti le osservazioni stesse e personali dell’autrice. Appesantiscono la narrazione, rendendola priva di quella verve e di quella innovazione che, invece, una tale vita deve possedere. Ciò fa sì che il libro possa essere considerato sì come una biografia, ma molto sui generis, che non ho apprezzato, in ultimo , troppo. Avrei voluto vedere sangue, violenza, pathos che non un racconto molto scarno e semplice, un già detto, in conclusione. Ma ciò è una mia personale visione, per un libro che ha avuto un ottimo riscontro di pubblico.

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La vasca del Fuhrer 2020-12-30 15:54:21 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    30 Dicembre, 2020
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Lee Elizabeth Miller

«Ma Elizabeth ora possiede la misteriosa forza delle persone fragili che non si ritirano mai al cospetto di una tempesta e si sentono vive solo sfidando i propri limiti.»

Prinzregentenplatz 16, Monaco, 30 aprile 1945. Le mattonelle del bagno sono ghiacciate, l’ambiente è completamente e perfettamente pulito. Gli asciugamani sono bianchi e disposti al loro posto secondo un meticoloso ordine di grandezza e utilizzo in quelli che sono i rispettivi sostegni. È il luogo dove lui, A.H., come da monogramma sull’argenteria che ne svela l’identità, ha avvolto e protetto il suo corpo, ha vissuto negli anni e un tempo anche con la nipote Geli, un tempo che risale a quel 18 settembre 1931 quando della donna non fu che ritrovato proprio in quell’appartamento il corpo privo di vita apparentemente per morte suicida. Una morte, quella della giovane, che avrebbe potuto cambiare la Storia, una morte sospetta e sulla quale si è celato e ancora oggi si cela il mistero. Sappiamo solo, quale dato certo, che l’attaccamento del Fuhrer alla nipote, andava ben oltre quello relativo a un legame parentale di uno zio. E lo stesso Göring come molti degli altri esponenti del partito dell’epoca ci confermano quanto questa donna abbia influito e influisse su colui che ha governato la Germania nazista.

«Al processo di Norimberga, Herman Göring dichiarò che “la morte di Geli ebbe su Hitler un effetto devastante, cambiando totalmente il suo modo di relazionarsi con gli esseri umani”.»

Ma torniamo a quella stanza. Una stanza da bagno dove osserviamo un’altra donna che si trova in Europa perché aggregata nell’esercito degli Stati Uniti durante il Secondo conflitto mondiale, perché fotografa di quei luoghi di morte e desolazione quali Dachau e Buchenwald. E adesso è proprio lei che osserviamo, Lee Elizabeth Miller. Si è appena immersa in quella che è stata la vasca del Fuhrer, e quell’istantanea datata 30 aprile 1945 ed è scattata dal suo compagno di allora e altrettanto fotografo di guerra.

«Lo stermino della bellezza è l’arma preferita di ogni propaganda che si rispetti; e Lee Miller, infilandosi nuda in quella vasca, compie un personale esorcismo per scongiurare il male, una vendetta artistica contro la brutalità del potere.»

Ma chi era Lee Miller? Dalla bellezza ed eleganza mozzafiato, modella e volto della rivista Vogue, conosciamo Elizabeth in quel della realtà provinciale di Poughkeepsie, scopriamo della violenza subita a nemmeno dieci anni da un uomo amico di famiglia, la osserviamo mentre viene immortalata sempre bambina nuda dal padre in pose provocatorie per il tempo, la riscopriamo ancora modella, musa, artista, fotografa, giornalista, cuoca, madre e anche amante. Una vita che ne racchiude mille, è la sua. Eppure questa foto che così ben rappresenta una prova di quel che è stato, lei che era appena entrata in quel campo di Dachau dove era entrata con pochi altri giornalisti e dove era rimasta colpita dall’odoro della carne bruciata, dalla puzza dei corpi magrissimi ammassati al sole, perché tutti potessero ricordare e non negare negli anni che sarebbero seguiti, una traccia come quelle tracce di fango che ella stessa lascia su quelle piastrelle intonse del bagno del capo del Terzo Reich, è rimasta chiusa per anni in quella soffitta che sino a che ella è stata in vita ha occultato le prove di quel che era stato. Perché ciò?
E così la lettura prende corpo, campo e forza. Ci mostra il volto di una donna che travalica quelli che erano i dogmi del suo tempo, che va oltre i dettami imposti, che segue il suo pensiero senza farsi influenzare da usi e costumi e che ci mostra una prima forma di emancipazione. Scopriamo delle sue avventure, del suo essere la regina del caso, scopriamo del suo esser musa di Man Ray e del suo matrimonio con un miliardario egiziano che la porta al Cairo e ancora tanto tanto altro.
Intervalliamo aneddoti di vita tra presente e passato sino a giungere nella sezione finale del libro dove attraversiamo le strade di una Germania appena libera, con tutto quel che questo significa. Il libro ha una grande forza contenutiva, è caratterizzato da una protagonista che affascina e conquista, è spinto da una narratrice meticolosa che come il figlio Antony vuole scavare e ricostruire, tornare a dare tanti volti a quella donna che per tutta la sua esistenza li ha tenuti celati, li ha nascosti in quel luogo dimenticato e segreto quasi come se fosse consapevole che quel tempo casalingo avrebbe custodito quel passato per il giusto futuro, per il necessario divenire. Ed è in Lee Miller che si racchiude tutta l’essenza di questo libro/biografia che incuriosisce e affascina il lettore. Unica pecca che ho ravvisato è nella impostazione narrativa adottata. Serena Dandini, già riletta in passato, è una narratrice attenta, accurata, precisa e sempre capace di trasportare e di lasciare un messaggio prezioso ai suoi lettori. In quest’opera si sente il suo trasporto per il tema e, come la definisce lei, la sua “ossessione” per quella foto e quella storia che dal momento della scoperta l’ha a sua volta rapita e conquistata. Bilanciare le tante cose, il dato storico, i buchi per ricostruire, la foto e l’emozione non è stato certo facile e personalmente riconosco i meriti del suo lavoro in quello che è uno scritto del quale a tutti consiglio la lettura, ma, come può accadere, l’aspetto descrittivo può prendere il sopravvento e rischiare di spiegare troppo, intervallandosi alla voce di Lee, rischiando di confondere il conoscitore che deve destreggiarsi tra una doppia voce Elizabeth/Serena. A ciò si aggiunga che per porre in essere questa necessaria opera di ricostruzione, la Dandini si allontana da quello che è l’obiettivo e il fulcro della narrazione per tornarvi sul finale in quella Germania che torna a vedere la luce dopo la liberazione e che è anche la parte più attesa e bramata di tutto lo scritto e che ahimé viene liquidata in poche pagine. Pagine bellissime, pagine che restano, pagine che si divorano ma che lasciano quel senso di “avrei voluto di più”. Ciò ha fatto perdere in parte di quell’emozione altrimenti sempre vivida e presente nel lettore.
Nel complesso un buon titolo, di gran approfondimento, curiosità e di piacevole lettura.

«C’è sempre un pezzo fuori posto che impedisce la visione d’insieme, il disegno perde i contorni e sfugge alla comprensione.»

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