Narrativa italiana Romanzi Chiamami sottovoce
 

Chiamami sottovoce Chiamami sottovoce

Chiamami sottovoce

Letteratura italiana

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È primavera, eppure la neve ricopre la cima del San Gottardo, monumento di roccia che si staglia sopra il piccolo paese di Airolo. La Maison des roses è ancora lì, circondata da una schiera di abeti secolari: sono passati molti anni, ma a Nicole basta aprire il cancello di ferro battuto della casa d'infanzia per ritrovarsi immersa nel profumo delle primule selvatiche ed essere trasportata nei ricordi di un tempo che credeva sommerso. È il 1976 e Nicole ha otto anni, un'età in bilico tra favole e realtà, in cui gli spiriti della montagna accendono lanterne per fare luce su mondi immaginari. Nicole ha un segreto. Nessuno lo sa tranne lei, ma accanto alla sua casa vive Michele, che di anni ne ha nove e in Svizzera non può stare. È un bambino proibito. Ha superato la frontiera nascosto nel bagagliaio di una Fiat 131, disegnando con la fantasia profili di montagne innevate e laghi ghiacciati. Adesso Michele vive in una soffitta, e come uniche compagne ha le sue paure e qualche matita per disegnare arcobaleni colorati sul muro. Le regole dei suoi genitori sono chiare: "Non ridere, non piangere, non fare rumore". Ma i bambini non temono i divieti degli adulti, e Nicole e Michele stringono un'amicizia fatta di passeggiate furtive nel bosco e crepuscoli passati a cercare le prime stelle. Fino a quando la finestra della soffitta s'illumina per sbaglio, i contorni del disegno di due bambini stilizzati si sciolgono nella neve e le tracce di Michele si perdono nel tempo. Da quel giorno, Nicole porta dentro di sé una colpa inconfessabile. Una colpa che l'ha rinchiusa in un presente sospeso, ma che adesso è arrivato il momento di liberare per trovare la verità. Questa è la storia di un'amicizia interrotta e di un segreto mai svelato. Ma. è anche la storia di come la vita, a volte, ci conceda una seconda occasione. "Chiamami sottovoce" è un romanzo potente su un episodio dimenticato del nostro passato recente. Perché c'è chi semina odio, ma anche chi rischia la propria libertà per aiutare gli indifesi. Vincitore del Premio Letterario Alvaro-Bigiaretti 2019.



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Chiamami sottovoce 2020-12-07 18:06:36 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    07 Dicembre, 2020
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Indesiderato

Negli anni ’70 in Svizzera una legge stabiliva che i figli dei migranti non potessero attraversare la frontiera. Se gli italiani erano accettati per il pesante lavoro stagionale nel traforo del San Gottardo, i bambini no, non potevano entrare. Erano indesiderati.

Il romanzo di Nicoletta Bortolotti parla di Michele, indesiderato a soli nove anni, costretto a vivere sottovoce, nascosto in una soffitta, e delle cicatrici che l’esperienza dell’esclusione gli ha lasciato sulla pelle. E parla di Nicole, della loro amicizia segreta, vissuta come un sogno o una fiaba, e di come questo legame clandestino, spezzatosi prematuramente, ne abbia segnato l’intera esistenza. È una storia di rinunce, attese e sensi di colpa, ma ora Nicole, ormai adulta, sente di dover tornare indietro, a quella casa in Svizzera dove ogni cosa sembrava possibile, per rispondere finalmente a domande rimaste in sospeso da trent’anni. Ad alta voce.

"Ma poi cos'è una casa. La stanza dove sono nato? La soffitta di Delia? La dimora azzurra? L'appartamento lussuoso in cui abito adesso? Oppure lo sguardo di Nicole. L'odore di Delia. Un giardino di rose dove posare l'infanzia. Forse una casa non è dove tu sei, ma dove sei tu. C'è una differenza".

“Chiamami sottovoce” corre su un doppio binario temporale, in un’alternanza di voci narranti. Ieri e oggi. Michele e Nicole. E sullo sfondo dei loro ricordi prendono forma le vite dei lavoratori italiani in Svizzera e, soprattutto, la storia dei bambini invisibili, vittime delle scelte e dei doveri degli adulti. Se interessante risulta essere lo spunto narrativo, al romanzo manca un affondo più incisivo nella rappresentazione dell’ambientazione e dei personaggi. La montagna sbiadisce sullo sfondo, senza odori, colori, sapori. I protagonisti evaporano senza che emozioni o sensazioni persistenti si incollino alla pelle del lettore. Non basta una voce pulita e sicura, capace a tratti di toccare note fiabesche e poetiche, per appassionare davvero il lettore e il tutto finisce per essere un minestrone un po’ confuso di ingredienti di per sé pregevolissimi.
Una buona compagnia, non priva di spunti interessanti e di una certa dose di grazia ma non posso fare a meno di pensare che ci sarebbero state tutte le premesse per un lavoro di maggior profondità.

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