Narrativa italiana Romanzi L'età fragile
 

L'età fragile L'età fragile

L'età fragile

Letteratura italiana

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Non esiste un’età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta. Ma c’è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti e nudi, e il mondo non ci deve ferire. Per questo Lucia, che una notte di trent’anni fa si è salvata per un caso, adesso scruta con spavento il silenzio di sua figlia. Quella notte al Dente del Lupo c’erano tutti. I pastori dell’Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c’erano più. Amanda prende per un soffio uno degli ultimi treni e torna a casa, in quel paese vicino a Pescara da cui era scappata di corsa. A sua madre basta uno sguardo per capire che qualcosa in lei si è spento: i primi tempi a Milano aveva le luci della città negli occhi, ora sembra che desideri soltanto scomparire, si chiude in camera e non parla quasi. Lucia vorrebbe tenerla al riparo da tutto, anche a costo di soffocarla, ma c’è un segreto che non può nasconderle. Sotto il Dente del Lupo, su un terreno che appartiene alla loro famiglia e adesso fa gola agli speculatori edilizi, si vedono ancora i resti di un campeggio dove tanti anni prima è successo un fatto terribile. A volte il tempo decide di tornare indietro: sotto a quella montagna che Lucia ha sempre cercato di dimenticare, tra i pascoli e i boschi della sua età fragile, tutti i fili si tendono. Stretta fra il vecchio padre così radicato nella terra e questa figlia più cocciuta di lui, Lucia capisce che c’è una forza che la attraversa. Forse la nostra unica eredità sono le ferite.



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L'età fragile 2024-01-14 14:14:51 68
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68 Opinione inserita da 68    14 Gennaio, 2024
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Fragilità esposta

L’ amore di una madre ( Lucia ) sfociato nella nostalgia, il ritorno della figlia ( Amanda ) nella terra d’ origine, il ricordo di genitori che non hanno amato abbastanza, uno spuntone di roccia, spartiacque tra passato e futuro nel luogo che da’ il nome al bosco e al terreno della propria famiglia, l’ assassinio di due ragazze che da venti anni ha indirizzato una vita.
Ciascuno è e conserva le cicatrici del proprio passato, un prima e un dopo, traumi irrisolti, un’ incomunicabilità di fondo che è sofferenza e paura di esporsi, soffrire, riaprire vecchie ferite, sensi di colpa ancora presenti, per tutto quello che si poteva fare, per quello che non si è stati, aggrappandosi a una forza inespressa per ricomporre i cocci di una fragilità esposta.
Amanda, abbandonati gli studi, è tornata in Abruzzo, spenta, demotivata, depressa, rinchiusa in un silenzio enigmatico, abbracciata a un sonno protratto, nessuna voglia di fare, l’enigma di un passato recente in una Milano che avrebbe dovuto assecondarne il futuro.
Lucia a sua volta è stata una figlia inascoltata e ribelle in una società patriarcale indecifrabile e inscalfibile, rivolta al futuro e al cambiamento prima che quell’ atroce delitto l’ abbia cambiata per sempre, oggi è una donna stanca, logora, tradita, con un matrimonio esaurito e un marito altrove.
Da madre riconosce la sofferenza di Amanda, si interroga sulla propria assenza, debolezza, noncuranza, sull’ impossibilità di dialogo, incolpandosi di averla lasciata sola, figlia di un passato di sopravvissuta, terribile, gravoso, logorante.
Due fragilità esposte, una figlia che non racconta il proprio vissuto altrove e una madre che rievoca i tragici eventi passati, ignare l’ una dell’ altra, tenute a distanza da confidenze inespresse, un dolore attutito negli anni e ancora da metabolizzare, certe violenze non se ne vanno con la condanna, ti riempiono dentro svuotandoti, incatenati al ricordo di giorni spensierati che non torneranno.
Ciascuno esprime il dolore a modo proprio, conoscere la verità sarebbe un passo importante, comunicare e’ complicato, talvolta impossibile, troppe assenze, vuoti, paura. Rimane un amore materno inarrivabile e non corrisposto, la paura di una solitudine affettiva inaccettabile, la più terribile delle condanne, nel silenzio coperto di indifferenza e nel ricordo di una insensibilità genitoriale ancorata nell’ unico luogo possibile, la propria terra, un’ altra madre schiava della necessità.
Un luogo la cui bellezza non ci riguarda, figli di una natura che nutre e che affama, che si deve combattere, archetipo della memoria, che allontana e avvicina i protagonisti diretti e indiretti di una storia atroce da raccontare.
C’è un coro che rievoca e accoglie il passato funesto, un canto che introduce un rituale mentre una voce si alza, due fanciulle escono leggere dalla parte più scura del bosco, incontrano una cara amica e ascoltano sorridenti.

…” il coro di stasera è una sorpresa, rompe il silenzio degli anni. Cade nel cielo sopra il Dente del Lupo l’ ultima stella dell’ estate”…

“ L’età fragile “ è un condensato non sempre armonico di un mondo che accoglie e separa i propri protagonisti, al centro una voce che da’ voce a un atroce fatto di cronaca, e una narrazione che, in un coro di presenze, rievoca assenze protratte e definitive proiettando la propria dissolvenza nella vita di una figlia ritornata all’ ovile.
Uno schermo di silenzio che sembra impossibile da scalfire e da decifrare, la cui porzione di storia è solo presunta nella fragilità che la riguarda, perché Amanda sembra essere una semplice appendice materna e la proiezione di se’, auspicando una fine diversa.
Quanto il passato ha determinato il presente, la propria fragilità richiede ascolto, quanto le ferite costituiscono la nostra essenza più vera, come comunicare con il dolore silente dell’ altro?
In una scrittura sincopata, essenziale, tagliente, dura, attraversiamo la durezza scolpita e selvaggia di un luogo immutabile nel respiro di una donna e di una madre, le cui risposte riguardano solo una parte e si scontrano con le decisioni dell’ altra.

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L'età fragile 2024-01-02 10:58:01 marialetiziadorsi
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marialetiziadorsi Opinione inserita da marialetiziadorsi    02 Gennaio, 2024
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Non convince

Non completamente convincente questo nuovo lavoro di Donatella di Pietrantonio. Protagonisti una madre, Lucia, una figlia, Amanda, e un terribile fatto di cronaca realmente avvenuto, l’omicidio di due ragazze.
Da questo fatto la storia prende spunto e lo immagina successo nell’età della giovinezza di Lucia. Tania e Virginia, le due vittime, erano ospiti di un campeggio costruito non lontano dal Dente del lupo, la montagna al centro di quella zona d’Abruzzo immaginata di proprietà del padre di Lucia. Solo la terza ragazza, Doralice, amica di Lucia, era riuscita a scampare all’assassino.
La storia si svolge all’epoca del primo lockdown, quando Amanda, che era andata a studiare a Milano, torna a casa con uno degli ultimi treni disponibili, senza libri, e si chiude in un potente mutismo nei confronti della madre che non riesce a trovare la strada per riprendere a comunicare con lei che ha, evidentemente, interrotto gli studi.
Quando andrà a Milano a sgomberare la casa affittata dalla figlia Lucia capirà che qualcosa lassù è successo, e che forse la figlia avrebbe avuto bisogno di lei che invece, per rispettare il suo bisogno di indipendenza, forse le è stata poco vicina. Dove passa il confine tra necessità di far camminare i figli con le proprie gambe, di dar loro autonomia e capacità di affrontare anche la parte brutta e difficile della vita e vicinanza con loro? Lucia se lo domanderà, chiedendosi se alla figlia non sia mancata la presenza materna quando forse le sarebbe stata più necessaria.
Il libro alterna la storia del rientro a casa di Amanda a lunghi racconti del passato: dal delitto delle due ragazze ai processi, soffermandosi anche sull’amica di Lucia, Doralice, figlia dei gestori del campeggio che dopo il delitto non è più stata quella di prima, rosa dai sensi di colpa e dalla difficoltà di ricostruirsi. Andrà per questo a lavorare lontano.
Il racconto della di Pietrantonio è in realtà un racconto di silenzi e di incomunicabilità tra tutti i protagonisti: tra Lucia e suo padre, tra Lucia e Amanda, tra Lucia e l’amica Doralice, e anche con il marito da cui è separata. Nessuno qui riesce a parlarsi davvero, a confrontarsi con sincerità, a dire quelle parole che aiuterebbero a vivere meglio, ad essere più vicini, a capirsi. In questo racconto delle diverse incomunicabilità il romanzo mi è piaciuto molto: l’autrice lo sa rendere davvero bene.
La storia nel suo complesso invece mi ha convinta poco. Le due vicende, passato e presente, si incastrano poco tra di loro e gli spazi destinati alle due storie sono forse poco equilibrati. Amanda ci rimane in fondo estranea, difficile empatizzare con lei, forse è difficile per il lettore capirla davvero. Ben presente invece lo smarrimento di Lucia nel suo rapporto con la figlia.
La tematica della necessità di un rapporto compiuto genitori e figli all’interno di un percorso di autonomia non è approfondita come dovrebbe. Gli altri personaggi sono sullo sfondo.
La scrittura è funzionale al racconto, non suscita reazioni, non scalda.
Un romanzo, per me, riuscito a metà.

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L'arminuta
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L'età fragile 2024-01-01 13:27:01 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    01 Gennaio, 2024
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Lucia, Amanda e Doralice

«[…] Ho addomesticato la paura che avevo all’inizio per lei. Un posto che aveva tanto desiderato non poteva farle del male.»

Nota al grande pubblico per il suo “L’Arminuta”, Donatella Di Pietrantonio torna in libreria con “L’età fragile”, uno scritto che tra i tanti intenti si propone anche di sensibilizzare il lettore su un tema oggi molto attuale; il femminicidio. Per farlo ella torna indietro nel tempo, ci riporta al 1997 e più precisamente nella sua terra dove si perpetrò il delitto del Morrone. Due ragazze, mentre erano in escursione sulla Maiella, furono trucidate.
Ma procediamo con ordine. Conosciamo in primis Lucia e Amanda, una madre e una figlia che vivono in un paesino vicino Pescara e che nella finzione narrativa si fa protagonista del locus commissi delicti di un tempo trascorso. Sappiamo che Amanda si è trasferita nel milanese, che sta inseguendo il sogno della grande metropoli, che sta studiando per il suo futuro. Sappiamo ancora che tra Lucia e suo marito le cose non vanno più e che la separazione ufficiale è ormai l’ultimo tassello. La madre vorrebbe proteggere la figlia, tenerla al riparo, ma non può. C’è un momento nella vita in cui i figli devono essere lasciati andare, devono crescere, cadere e sbagliare ma anche imparare a rialzarsi. Siamo a ridosso dello scoppio del periodo pandemico e dei vari lockdown quando Amanda riesce per un soffio a prendere il treno che la riporta a casa. Con sé porta tutto, come se fosse un ritorno definitivo, tranne i libri. Lucia cerca di leggere oltre, di capire cosa si cela dietro il suo mutismo, dietro quel chiudersi in se stessa. Intuisce che qualcosa è accaduto ma non riesce a percepirne la vera portata, la vera devastante conseguenza. Amanda è taciturna, si trova un lavoretto in zona, trascorre il tempo chiusa in camera senza rispondere al telefono.

«[…] Nel rispetto della sua libertà, le sono mancata quando aveva bisogno di me.»

A questa prima narrazione del presente, si aggiunge quella del passato. Sotto a quello che è conosciuto come il Dente del Lupo, un terreno che appartiene loro e che un tempo ospitava un campeggio, tanti anni fa è successo un qualcosa di terribile. Oggi è oggetto di speculazione edilizia, ma quel che è stato non può essere dimenticato. Torniamo così agli anni della giovinezza di Lucia, conosciamo Doralice e le altre due ragazze, Tania e Virginia. Ricostruiamo tra presente e passato quello che è stato, dalla scomparsa, al delitto, alle udienze con la sopravvissuta.

«[…] La ferita era superficiale, si sarebbe presto rimarginata. Non vedevo il danno più duraturo, la fiducia nel mondo che le avevano strappato insieme alla borsa.»

E forse è vero, la nostra unica verità sono proprio le ferite. Ferite che sanguinano oggi, che sanguinano domani perché forse non è possibile una vera guarigione. “L’età fragile” è uno scritto che trasporta in una dimensione narrativa nuova della Di Pietrantonio, è anche uno scritto coraggioso per i temi che affronta e quel che si prefigge. Si noti bene che il libro non si prefigge di trattare nel dettaglio le fasi del delitto del Circeo, ne prende spunto, ricostruisce una storia che vi si ispira per molteplici aspetti, ma non si tratta di una cronaca dettagliata dei fatti.
Manca qualcosa, qualcosa sfugge nella dimensione complessiva a livello di emozione, forse perché nella totalità tende in parte a perdere il centro, ma nell’insieme “L’età fragile” è un romanzo che può offrire molto a livello di riflessione.

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