Nives Nives

Nives

Letteratura italiana

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Dopo la morte del marito, per Nives è un problema adattarsi alla solitudine e al silenzio di Poggio Corbello. Prendersi cura del podere senza scambiare una parola con anima viva la fa sentire come un fantasma. La notte è il momento più difficile. Poi ecco la soluzione: Giacomina. E la sua chioccia preferita, la vedova comincia a tenerla con sé. Tutte le angosce svaniscono d'incanto. Nives è sollevata, eppure non sa darsi una spiegazione: ha sostituito il marito con una bestiola? Arriva addirittura a pensare di essere felice... Una sera si verifica un incidente che mette a repentaglio la salute della gallina. Dopo vari tentativi di soccorrere l'animale, s'impone l'ultima soluzione: chiamare Loriano Bottai, il veterinario. Quella che segue è una telefonata lunga una vita. Con l'occasione di una piccola emergenza, lo scambio tra Nives e Loriano devia presto altrove. Tra riletture di fatti lontani nel tempo e vecchi rancori si scoprono gli abissi di amori perduti, occasioni mancate, svelamenti difficili da digerire in tarda età. Finché risuonerà feroce una domanda: com'è scoprire di aver vissuto all'oscuro di sé?



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Nives 2023-06-15 10:56:02 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    15 Giugno, 2023
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Un romanzo lungo una telefonata

Nives Raulli abita da cinquant’anni a Poggio Corbello col marito Anteo, ha una figlia sposata in Linguadoca e conduce una vita apparentemente tranquilla e abitudinaria. Un brutto giorno, però, Anteo finisce lungo stecchito dentro al truogolo del maiale Ciclamino che, equivocando, comincia pure ad assaggiarlo.
Con una esistenza intera passata in coppia con il coniuge, Nives fatica ad adattarsi alla vedovanza e alla conseguente solitudine. Per timore di dar giù di matto si porta in casa Giacomina, la sua gallina preferita, zoppa per il morso ricevuto dal cane dei vicini, ma ancora arzilla. A lei parla e racconta i fatti della giornata, la imbocca con i lombrichi più succulenti e, la sera, assieme a lei guarda la TV.
Una di quelle volte, però accade un fatto inspiegabile. La gallina pare pietrificarsi. Sullo schermo stavano trasmettendo una pubblicità di un detersivo, che mostrava una lavatrice che funzionava a tutta velocità e la povera bestiola s’è ipnotizzata a guardarla. Disperata, Nives, non sapendo come svegliare la gallina, telefona al veterinario, Loriano Bottai, anche se, a quell’ora, l’uomo rischia di essere K.O. dopo aver ingollato l’ultimo bicchiere di vino della giornata.
Svegliato a fatica dalla moglie Donatella, Nives comincia una lunga telefonata con l’uomo, partendo dai guai della gallina, ma poi, allargando il discorso a rimembranze del passato: il suicidio di una comune amica, le performance sessuali di un vicino dell’uomo, i loro trascorsi, anche amorosi, i rancori e le nostalgie.

Questo romanzo (forse sarebbe più opportuno definirlo racconto lungo) della Naspini rappresenta un unicum sotto svariati punti di vista. Innanzi tutto si sviluppa, in modo assai singolare, su un unico capitolo, lungo come l’intera narrazione. Esso, dopo averci resi partecipi della morte di Anteo Raulli e del sodalizio che Nives ha stretto con Gelsomina, si dilunga per circa settanta pagine di solo dialogo telefonico con il Bottai. In pratica l’intero racconto non è che il resoconto accurato del lunghissimo confronto via cavo tra i due protagonisti.
Ma è interessante notare pure come gli stessi interlocutori mutino allo scorrere delle pagine. “La” Nives ci viene presentata inizialmente come un’anziana contadina (fors’anche poco istruita) se vogliamo un po’ “balenga” (come direbbe un veneto), suonata per la perdita improvvisa del marito, stravolta dalla solitudine, un po’ rincitrullita per trovarsi da giorni con una gallina ovaiola come unica interlocutrice e spaventata perché quest’unica compagna di vita ora sembra stregata.
Tuttavia è una situazione solo momentanea, perché, tolta questa prima maschera, Nives mostrerà, di poche pagine in poche pagine, molteplici volti l’uno totalmente diverso dall’altro. La donna, prima timorosa per le sorti dell’animale e, poi, superstiziosa e timorosa di vendette soprannaturali cede il passo a quella che da giovane non s’è affatto risparmiata i piaceri carnali e una vita esuberante e sfrenata. Faranno seguito l’amante delusa, tradita, abbandonata, e irata per l’illusione patita; un rancoroso angelo vendicatore che infligge ogni tipo di tormento al suo “nemico”; la spietata calcolatrice; la mezzana di sua figlia; infine apparirà una donna liberata, fiera e fortificata nella sua conquistata posizione di supremazia. In questi passaggi, poi, scomparirà la Nives ingenua e decisamente naif delle prime pagine e si farà strada prepotentemente una donna sempre più acculturata e acutamente logica in tutte le sue scelte e le sue reazioni, spesso ciniche o brutalmente sadiche.
“Il” Bottai, passerà, invece, dal ruolo di anziano veterinario etilista, ma pragmatico, a quello di incredulo e scombussolato interlocutore, di tremebondo adultero, di bugiardo inveterato, di uomo timido e impacciato, incapace di assumere decisioni. La fine ce lo consegnerà individuo sconfitto e abbattuto.
Altra insolita caratteristica del racconto è quella di condensare in un unico dialogo – esposto nella forma del discorso diretto – un’intera esistenza, anzi molteplici vite: quelle dei protagonisti, ma pure quelle dei comprimari che verranno via via riferite nelle varie battute dei due interlocutori e, non di rado, usate come armi l’un contro l’altra. Insomma la storia di un intero paese e dei suoi abitanti, delle tresche, degli intrighi riassunti in due ore di telefonata.
Anche i toni della narrazione mutano frequentemente. Si passa da una sorta di commedia farsesca a scene drammatiche, dal disvelarsi di sconvolgenti verità a rapidi e acidi battibecchi, da frasi minacciose di confronto ad atteggiamenti pietosi o dolenti.
In definitiva si tratta di un esperimento letterario tutt’altro che disprezzabile, anzi, interessante e curioso. Non posso, però, dire che sia totalmente appagante o divertente. Infatti non è ben chiaro dove l’A. ci voglia portare. Tra il “Mi si è imbambolata la gallina” d’apertura e il “Va be’, ora è tardi. Ciao” finale avviene tutto e il contrario di tutto. Almeno tre vite vengono sconvolte dalle parole che si due interlocutori si dicono, ma non si comprende se questa specie di atto unico abbia una sua morale o un suo scopo narrativo o si tratti solo di un reportage di vita vissuta.
Inoltre, alla lunga, certi battibecchi tendono ad annoiare a risultare ripetitivi e un po’ banali.
Insomma a mio avviso si tratta di una lettura curiosa, sicuramente innovativa e che non lascia indifferenti, ma che forse avrebbe avuto bisogno di qualche rifinitura e, forse, di un più ampio respiro.

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Nives 2022-03-09 10:58:20 andrea70
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andrea70 Opinione inserita da andrea70    09 Marzo, 2022
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Una telefonata non allunga la vita, la cambia

Nella tranquillità del piccolo borgo di Poggio Corbello rimanere vedova a poco più di sessant'anni può essere un problema .
Nonostante la vita col marito si fosse nel corso degli anni fatta piena di silenzi e consuetudini più che di parole o confronti , la neo vedova Nives si sente parecchio alienata. Una volta allontanati i pochi parenti dopo il funerale la donna cerca di riprendere una vita normale ma scopre che la normalità a cui era abituata , senza la presenza del marito è insopportabile, la solitudine è più fastidiosa di un ospite inopportuno.
E allora nella poca ludidità di quei momenti Nives porta in casa una gallina di quelle a cui è più affezionata e le parla, la accudisce come si trattasse di un animale domestico, insomma si fa tenere compagnia. E dopo qualche giorno sembra aver ritrovato il suo equilibrio con una amara constatazione sulla pochezza del rapporto con il defunto marito dato che per sostituire la sua presenza , il suo contributo alla serenità del focolare domestico, è bastata una gallina.
Ma una sera la suddetta gallina , con cui nel frattempo ha condiviso il desco , il letto e anche il divano davanti alla TV, si imbambola letteralmente davanti ad una pubblicità: paralizzata.
La donna va in ansia e decide che nessuno può risolvere la situazione se non il Bottai, il veterinario del paese, pazienza se è tarda sera, in un piccolo borgo non si fanno questioni di questo tipo.
Nives telefona al Bottai che , come gli succede spesso, è reduce da una bevuta coi fiocchi e fatica un pò a raccapezzarsi nonostante gli spintoni e le urla della moglie per riportarlo "tra noi".
Si inizia parlando del motivo della telefonata e la confidenza , brutta bestia, fa fare altre considerazioni sul passato, sul matrimonio, sull'amore , su fatti avvenuti anni prima e rimasti
impressi nella memoria storica di Poggio Corbello come se si fosse trattato dello sbarco sulla Luna.
E ben presto il Bottai si ridesta dalla semi-sbronza e tiene testa alle considerazioni della Nives la quale, senza alcun freno inibitorio, via via si scopre sempre più insoddisfatta della vita che ha
condotto fino a quel momento come se telefonare in piena notte al veterinario per una gallina imbambolata fosse la certificazione del fallimento della sua esistenza, del suo aver perso il senso
del tempo e delle cose davvero importanti.
Nives si lascia andare a considerazioni personali parecchio piccanti, soprattutto perchè si scoprono altarini impensabili nascosti dalla quiete di un piccolo paese, tutta la vita della donna sembra
deragliata su un binario parallelo indesiderato a causa di un evento ben definito nel tempo e le rivelazioni che Nives fa sono sconcertanti e trasformano una telefonata soporifera e un pò sconclusionata in un atto d'accusa fatto di rimpianti, cose non dette, atti di vigliaccheria insomma una vita non vissuta. Ma forse non è proprio così, soprattutto se...beh dovete leggerlo....
Romanzo breve dalla struttura molto originale, parte lento come una pietra che viene spinta sulla cima prima di un declivio e poi lasciata rotolare giù a travolgere tutto e tutti .

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Nives 2021-05-01 10:15:45 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    01 Mag, 2021
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Nives, Giacomina e il Bottai

«Se ne stette lì, dalla sua parte di letto, e lo capì subito: a chiudere gli occhi le prendeva qualcosa, come se la solita stanza potesse cambiare in altro durante il sonno. All’improvviso era inaccettabile che il mondo continuasse a fare da sé. E poi le pareva di avere Anteo proprio a spalla.»

Tutto ha inizio con il ritrovamento del corpo privo di vita del marito Anteo, uomo con il quale Nives ha trascorso tutta la sua esistenza e che mai si sarebbe aspettata poterla lasciare così presto. La donna, che ben pensa di potersela cavare da sola e di poter continuare con la propria vita, si rende conto di essere sempre più prossima all’abbandono e che se il giorno riesce a vivere quell’isolamento alla bell’e meglio, la notte proprio non riesce a sfangarla tanto da essere colta d’insonnia e angoscia. Proprio quando sembra essere ormai giunta alla fine e sembra aver abbandonato la sua pace ecco che la Giacomina, una chioccia, si palesa nella sua quotidianità riuscendo a farle quella compagnia tale da consentirle di riposare. La chioccia è una compagnia silenziosa ma pur sempre una presenza che riesce a colmare quegli spazi che altrimenti rischierebbero di restare vuoti. E poi, proprio quando la situazione sembra essersi placata e la Nives sembra essere tornata finalmente a riposare, ecco che la chioccia si imbambola innanzi alla pubblicità del Dash. Così, dalla detta alla fatta. Che fare allora se non contattare il Bottai, il veterinario del paese dedito alla bottiglia ma pur sempre esperto in animali e galline? Alza il ricevitore, compone il numero e ha inizio quella che sarà essere una telefonata lunga una vita perché partendo dal sinistro fatto occorso alla Giacomina ecco che i due ripercorreranno i fatti di una vita intera tra risa, aneddoti esilaranti, fantasmi di un passato pronto a riaffacciarsi nuovamente.

«Che ognuno scelga la solitudine che vuole. Anche darsi una spiegazione da pazzi fa compagnia.»

Con una penna rapida, magnetica, coinvolgente e diretta, Sacha Naspini fa destinatari i suoi lettori di un componimento che desta curiosità, che si presta a una lettura rapida e che si lascia letteralmente divorare. Dialoghi divertenti e pungenti, personaggi perfettamente caratterizzati, uno stile che si distingue, una storia che avvince. Il risultato è quello di un libro che fa sorridere, strappa grasse risate e dona ore liete seppur avendo anche il coraggio di toccare tematiche importanti e profonde.

«”Con il tempo ci siamo abituati.”
“Il tempo fa così, ingoia le cose.”»

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Nives 2021-04-21 08:51:24 Donnie*Darko
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Donnie*Darko Opinione inserita da Donnie*Darko    21 Aprile, 2021
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Un telefonata allunga la vita

Trama: l'ormai anziana Nives, rimasta vedova e sola, trova bizzarro conforto in Giacomina, una gallina storpia. Quando l'animale pare ammalarsi la donna chiama Loriano, il veterinario del paese, col quale, attraverso una telefonata, tenterà di regolare i conti risalenti ad un lontano passato.

Da uno fatto dal sapore surreale Sacha Naspini prende spunto per parlare di sentimenti, per scavare in modo chirurgico in emozioni sepolte da decenni, per far riaffiorare un livore mai sopito. La morte di Anteo, consorte di Nives, provoca l'apertura di un vaso di Pandora in cui sono stati momentaneamente sepolti segreti indicibili, causa di astio alimentato dal rimpianto e dalla sensazione di aver cestinato la propria vita. Le rivelazioni, da innocuo chiacchiericcio di paese, prendono forma sempre più sconcertante e dolorosa, il tutto compresso in una telefonata fiume in cui il passato torna prepotentemente a galla con una Nives, quasi mefistofelica, pronta a mettere al muro quell'uomo reo di averla ingannata. È un romanzo breve dal ritmo indiavolato, in cui la prosa brillante dell'autore spicca tra parentesi umoristiche e un andazzo generale ben più affine alla tragedia. Scambi verbali rapidi ed incalzanti fanno di questo libro un percorso a ritroso nel tempo in cui il ricordo mostra tutta la sua soggettiva entità, mentre "Le case del Malcontento" (libro sempre di Naspini edito un paio di anni prima di questo) sembra far capolino, richiamato dal sensazionalismo provinciale racchiuso nelle vite dei due protagonisti. Si percepiscono rabbia ed amore, giustizialismo spiccio e voglia di pacificazione: Naspini costruisce con estremo realismo i suoi personaggi mettendone a nudo vizi e virtù. Il beffardo finale sa molto di vendetta compiuta, anche se il tempo ormai sprecato/sfuggito ha vinto ancora una volta la sua battaglia, lasciando sul terreno solo l'illusione dell'effimera rivalsa.

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