Narrativa italiana Romanzi Qui è proibito parlare
 

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Qui è proibito parlare

Letteratura italiana

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Principale porto dell'impero austroungarico, Trieste aveva visto coabitare per secoli culture diverse. Integrata nel Regno d'Italia alla fine della Grande Guerra, fu qui che, per la prima volta e anticipando scenari futuri di quello che sarebbe stato il fascismo non solo sul suolo italiano ma anche in Europa, fu messa in atto una campagna di pulizia etnica: tutto quello che era sloveno, lingua, cultura, gli stessi edifici, doveva sparire. E in questo clima, così cupo e oppressivo, che Ema, giovane slovena originaria del Carso, si aggira piena di rabbia in una luminosa estate degli anni Trenta. Sarà l'incontro con Danilo sul molo del porto a segnare la svolta nella sua vita. Maturo e determinato, l'uomo guiderà i passi della ragazza nel difficile e pericoloso cammino della resistenza al fascismo e della difesa della cultura slovena.



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Qui è proibito parlare 2009-03-26 07:42:30 walter chiereghin
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Opinione inserita da walter chiereghin    26 Marzo, 2009

Qui è proibito parlare

L'ingeneroso commento di v.v. rivela tra l'altro l'ignoranza di alcuni dati di fatto: Pahor non poteva aver nulla a che vedere con gli "infoibatori titini" semplicemente perché era lontano migliaia di chilometri da Trieste nella primavera del '45, essendo ricoverato in un sanatorio francese in esito alla sua detenzione nei lager nazisti.

Quanto poi alla pretesa "devastazione" di Trieste, v.v. omette di dire che Pahor, come miglia di altri sloveni presenti nei territori annessi all'Italia dopo il primo conflitto mondiale, fu perseguitato per ragioni razziali perché, prima ancora che il fascismo si trasformasse in regime, si voleva negare la pluralità etnica e culturale dei triestini che non erano, come non sono, tutti di nazionalità e di lingua italiana.

In questo libro, ambientato a Trieste nel periodo immediatamente precedente la seconda guerra non vengono nemmeno nominati i lager e v.v. farebbe bene almeno a leggere il riassunto dei contenuti di un libro prima di pretendere di farne la recensione.

Se un giorno lo leggesse davvero, potrebbe coglierne, oltre alla denuncia delle persecuzioni anti-slovene di un regime che aveva negato a quella popolazione persino il diritto di chiamarsi con il proprio nome e cognome, anche lo sconfinato amore che Pahor rivela ad ogni pagina per quella sua patria triestina, che è sua quanto mia.

Ostinarsi a non capire questa comune appartenenza di italiani e sloveni a tanti decenni di distanza dai tragici avvenimenti del primo e secondo dopoguerra giuliano può esser indice soltanto di una manipolazione storica e culturale costruita in malafede, oppure di una desolante ignoranza.

Walter Chiereghin

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Qui è proibito parlare 2009-03-24 06:19:53 vasco vascon
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Opinione inserita da vasco vascon    24 Marzo, 2009

boris pahor

Boris Pahor parla della sua deportazione nei lager, ma non dice che ha combattuto con gli infoibatori titini; dice che ha combattuto per la liberazione dela Slovenia ma di foibe non sa proprio niente, come tutti gli scrittori che si occupano dei confini orientali; a me interessa poco la vita di Boris Pahor, che pur dai lager è ritornato, ma ha dimenticato di aver combattuto con dei criminali cha hanno devastato Trieste. V.V.

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