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Storia della bambina perduta Storia della bambina perduta

Storia della bambina perduta

Letteratura italiana

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Storia della bambina perduta è il quarto e ultimo volume della tetralogia "L'amica geniale". Le due protagoniste Lina (o Lila) ed Elena (o Lenù) sono ormai adulte, con alle spalle delle vite piene di avvenimenti, cadute e "rinascite". Ambedue hanno lottato per uscire dal rione natale, una prigione di conformismo, violenze e legami difficili da spezzare. Elena è diventata una scrittrice affermata, ha lasciato Napoli, si è sposata e poi separata, ha avuto due figlie e ora torna a Napoli per inseguire un amore giovanile che si è di nuovo materializzato nella sua nuova vita. Lila è rimasta a Napoli, più invischiata nei rapporti familiari e camorristici, ma si è inventata una carriera di imprenditrice informatica ed esercita più che mai il suo ruolo di leader nascosta ma reale del rione.



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Storia della bambina perduta 2020-03-14 18:26:58 Cathy
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Cathy Opinione inserita da Cathy    14 Marzo, 2020
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Tra luci e ombre

«A differenza che nei racconti, la vita vera, quando è passata, si sporge non sulla chiarezza, ma sull’oscurità».
"Storia della bambina perduta", come l’intera quadrilogia dell’Amica geniale, oscilla costantemente tra luci e ombre, tra momenti in cui sembra di cogliere un barlume di quella grandezza tanto celebrata da critici e lettori e momenti in cui proprio non si riesce più a vederla. I difetti che affliggono questo romanzo conclusivo sono gli stessi già incontrati nella lettura dei volumi precedenti: la noia delle molte pagine superflue, il “riempitivo” che si trascina (ne sono un esempio perfetto le pagine dedicate alla storia di Napoli, strano sfoggio di aneddoti storico-artistici che appare del tutto slegato dal contesto della narrazione e dunque superfluo), l’ambiguità alienante del rapporto tra Elena e Lila che, giunte ormai alla piena maturità, continuano a ripetere gli errori di sempre, vicende a metà strada tra una telenovela e una fiction per casalinghe, intrecci infiniti di matrimoni, mariti, figli, amanti, con qualche accenno un po’ superficiale alla Storia, senza dubbio non abbastanza per affermare che la saga della Ferrante racconta cinquant’anni di vicende storiche italiane, come si legge spesso. La detestabilità del personaggio di Elena non viene meno e tocca il culmine in due momenti precisi, il primo quando cade nuovamente nella trappola di Nino Sarratore, come se avesse ancora sedici anni e non fosse (almeno in teoria) una donna adulta e matura, e il secondo alla fine, quando calpesta la promessa fatta a Lila di non scrivere mai nulla di lei e mostra la più totale mancanza di rispetto per la tragedia della sua amica solo per pubblicare un altro libro. Fa quasi rabbia che alla fine l’unica a uscirne quasi indenne, con una bella vita, un bel lavoro, una bella casa, tre figlie, sia proprio lei, che ha mostrato al lettore i suoi lati peggiori per quattro libri e infine esce di scena commettendo un tradimento così grave.
Eppure, ancora più dei comportamenti superficiali ed egoisti di Elena, a infastidire in questo romanzo sono le numerose zone d’ombra, tutto il non detto, il non visto, il lasciato in sospeso, dalla scomparsa della “bambina perduta”, un evento che resta lì come un filo che si smarrisce nel buio, all’enigmatica ricomparsa finale delle bambole, suscettibile, come la sparizione della bambina, di mille possibili interpretazioni diverse che lasciano il lettore deluso e frustrato. L’eccesso di chiarezza non è necessariamente un bene, perché lasciare qualcosa alla sola fantasia di chi legge può avere un potere suggestivo notevole, ma anche l’eccesso di buio è negativo.
Rispetto ai due romanzi precedenti, "Storia della bambina perduta" sembra soffrire un po’ meno di questi difetti e soprattutto paga meno lo scotto della necessità di allungare il brodo per riempire ben quattro volumi: se l’inizio e la fine dei romanzi della Ferrante sono sempre la parte migliore, perché si va dritto al sodo, mentre nel mezzo si dà ampio spazio al riempitivo, lo stesso discorso vale per la parte iniziale e la parte finale dell’intera saga. A confronto con "L’amica geniale", però, l’ultimo romanzo non ha il fascino del primo, il solo che, tra tutti e quattro i libri, meriti una lode piena.
Nel complesso, la saga dell’Amica geniale sembra avere più ombre che luci, un po’ come la vita stessa, ed è per questo che in fondo il giudizio non può essere così negativo. Se la vita umana è una giostra di follie, insensatezze, incomprensioni, rimpianti, errori e illusioni, allora questi quattro romanzi la rappresentano molto bene. Scrive ancora Elena Ferrante, parlando attraverso Lila, che «solo nei romanzi brutti la gente pensa sempre la cosa giusta, dice sempre la cosa giusta, ogni effetto ha la sua causa, ci sono quelli simpatici e quelli antipatici, quelli buoni e quelli cattivi, tutto alla fine ti consola». Una riflessione indubbiamente autoreferenziale, eppure innegabile. I “romanzi brutti”, quelli che raccontano un mondo ideale, dove le distinzioni sono nette, tutto è chiaro e definito e il bene trionfa non possono rappresentare la realtà dell’esistenza umana, con le sue scosse, le fermate improvvise, gli scontri, i passi indietro. La saga dell’Amica geniale la rappresenta, è vero, anche fin troppo bene, senza indorare la pillola in alcun modo e lasciando a stento una fievole traccia di speranza. Ma rappresentare la vita per ciò che è, invece, è sufficiente a scrivere “un romanzo bello”? Purtroppo no, e neppure lodarsi da soli.

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Storia della bambina perduta 2019-07-31 16:09:06 alexandrasc
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alexandrasc Opinione inserita da alexandrasc    31 Luglio, 2019
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Storia di due amiche reali

Finito adesso il quarto libro della tetralogia "L'amica geniale" e come sempre ad ogni conclusione rifletto nei miei sentimenti e su quanto mi sia piaciuto.
Se devo dare un giudizio complessivo per tutti e 4 i libri darei un 7, appena sufficiente.
La cosa che non posso negare, di assoluta positività, è che li ho letti tutti, più di 1400 pagine totali, tutto d'un fiato in meno di 3 settimane.
E' stata una corsa contro il tempo per colmare quel senso di superficialità nelle vite descritte delle due protagoniste e di ricerca di soddisfazioni per entrambe.
Posso dire però, che a conclusione dell'ultimo libro, quella insoddisfazione non si è colmata.

Un aggettivo che vorrei dare del libro è "Superficialità".
E' un libro autobiografico e retrospettivo ma affrontato con una certa assenza di sentimenti e trasporto.
Un elencare e susseguirsi di avvenimenti, più o meno belli, più o meno tragici, più o meno passionali, tutti con stesso tono asettico.

Delle due protagoniste rimane fino alla fine il dubbio di chi fosse davvero "l'amica geniale".
Chi fosse davvero quella a vivere la vita in totale pienezza e consapevolezza.

Lenù, bella, intelligente, fortunata nell'avere la possibilità di studiare e raggiungere grandi traguardi, ma non abbastanza determinata per capire quale fosse il vero scopo della sua vita.
Fino alla fine delle righe la sua unica meta era non sfigurare nel confronto con l'amica.
Nella vita, negli amori, nella famiglia e nel lavoro.
Sembra farsi trasportare dagli eventi, come fosse in balia delle acque di un fiume.
Non ha mai lottato veramente e deciso nulla con la sua testa.
Non ha sfruttato mai con pienezza per se e per le sue figlie la fortuna di crearsi un avvenire del tutto diverso dalle squallide vite del Rione.
Se non fosse stato per il marito, con cui ha vissuto solo per pochi anni, non avrebbe dato un futuro decente neanche alle sue figlie.
Vive una giovinezza con il sogno di lasciare il Rione e quando ne ha tutte le possibilità non lo fa.

Lila, avvenente e sensuale, intelligente, meno fortunata ma più grintosa ad affrontare la vita. Perfida.
Vive una delle sfortune peggiori che possa qualsiasi mamma augurarsi, ma anche questo suo immenso dolore viene affrontato dalla scrittrice con superficialità.
Superficialità dal punto di vista di mamma, e superficialità dal punto di vista di amica/sorella che ama la bambina quasi quanto la sua.

Si sente una superficialità nell'affrontare temi difficili quali la camorra, la droga, la povertà degli anni '50, l'ignoranza, il desiderio di rivalsa dalla vita.
Nel primo libro potrebbe essere giustificato dagli occhi di una bambina che può non vedere in pienezza gli orrori della realtà.
Ma non può essere giustificata l'assenza di cognizione di una piaga come la camorra per una cittadina nata, cresciuta e vissuta nel Rione.

Si notano gli errori di "ignoranza" di chi vuole affrontare certi temi ma che non li conosce.

Escludo che la reale autrice sia una donna della vera Napoli.
C'e' l'ingenuità di chi vuol far finta di esserlo.

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Storia della bambina perduta 2019-02-18 14:16:21 giovannabrunitto
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giovannabrunitto Opinione inserita da giovannabrunitto    18 Febbraio, 2019
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L'anonimato per raccontare quello che ancora oggi

Il caso ELENA FERRANTE, che con la sua opera “L’amica geniale” ha scalato le classifiche di mezzo mondo, è un caso pressoché unico nel panorama culturale italiano.

Partiamo dall’autrice. Chi è ELENA FERRANTE?
Non lo sappiamo con certezza. Elena Ferrante pubblica il suo primo libro L’amore molesto nel 1992 con la casa editrice E/O e, in quel momento, sceglie l’anonimato. In alcune dichiarazioni successive, sempre transitate dall’editore, sostiene che per lei non era stato necessario apparire con la “faccia”, perché se il libro fosse valso qualcosa si sarebbe affermato ugualmente. E’ così è stato! Da quel primo libro è tratto l’omonimo film di Martone che è arrivato fino al Festival del Cinema di Cannes con protagonista una grandissima Anna Bonaiuti. Dopo L’amore molesto, la Ferrante non pubblica niente per 10 anni. All’anonimato si aggiunge il silenzio.

E poi nel 2002 arriva “Il giorno dell’abbandono”. Sempre con l’editore E/O. Anche da questo libro è tratto un film con protagonista Margherita Buy per la regia di Roberto Faenza, presentato al Festival del Cinema di Venezia.

Nel 2006 viene dato alle stampe La figlia oscura, un libretto piccolo e dei suoi il meno conosciuto, e arriviamo così al 2011 quando è pubblicato il 1° romanzo della serie L’amica Geniale. Seguono, a distanza di anno uno dall’altro, la pubblicazione degli altri 3 romanzi: Storia del nuovo cognome – Storia di chi fugge e di chi resta – Storia della bambina perduta.

Con la pubblicazione della tetralogia scoppia il caso Ferrante.
Chi è questa scrittrice? Perché resta anonima nonostante il successo delle sue opere? E’ un uomo? E’ una donna?
Tutte le illazioni o supposizioni valgono fino a quando IlSOLE24ORE a Ottobre 2016 svolge un’indagine, degna della DEA americana, e seguendo i soldi scopre che la stragrande maggioranza dei guadagni della casa editrice E/O vanno ad una loro storica traduttrice Anita Raja.
Le analogie della vita della Raja sono tali e tante con Elena Ferrante che non può essere che lei. Ma in realtà, alla fine, sapere chi è veramente la Ferrante non è poi molto interessante. Forse sarebbe più interessante comprendere la scelta dell’anonimato. E per fare questo è necessario leggere la Ferrante, quella dei libri.

Nei suoi primi 3 romanzi appaiono in nuce i temi che poi occuperanno lo spazio de L’amica Geniale. Temi difficili quali la voglia di sparire per sempre, l’abbandono del marito, il rapporto madre-figlia si condensano in un tutt’uno nel”L’amica geniale” ma se ne aggiungono anche altri:L’amicizia tra due bambine. La rivalità tra donne. L’invidia, sottesa, di una verso l’altra e viceversa.L’unione delle forze utile per sopravvivere. La sopraffazione degli uomini, anzi del corpo maschile perché è quello che accade alle giovani Lila e Lenuccia, le protagoniste. La prima, Lila, soccombe alla violenza di un matrimonio arrivato troppo presto e dal quale troverà la forza di ribellarsi. La seconda, Lenuccia, subisce violenza fisica da un uomo più grande, violenza alla quale non sa resistere e verso la quale prova orrore e piacere allo stesso tempo. E poi ancora la voglia da farcela di queste due ragazze, seppure in maniera diversa.
Lila, il genio creativo, l’intelligenza prodigio che non prosegue gli studi oltre la 5 elementare ma che da autodidatta riesce ad affermarsi sempre in qualsiasi cosa faccia. Lila che ha la capacità di far fare agli altri ciò che lei vuole. E ci riesce sempre, senza utilizzare sotterfugi, ma con la forza del vero leader, quello che sa tirare fuori da ciascuno il meglio di sé.
A suo svantaggio c’è il fatto che sia una donna e questo nella Napoli degli anni Cinquanta si paga. E forse Lila paga questa sua indipendenza intellettuale da tutti, che la mette al di sopra di tutti, con la perdita più feroce, più crudele che può capitare nella vita ad una madre. Lila perde la propria figlia, la sua prediletta. Perde nel senso letterale del termina, perché la bimba scompare senza lasciare traccia di sé. E questa perdita, è l’unica cosa che riuscirà a sconfiggere Lila. Ma Lila sconfitta non si perde a sua volta, ma scompare. Sparisce per sua volontà, per sempre.

E poi c’è l’altra protagonista che trova invece la sua strada attraverso l’attenzione spasmodica agli studi che le permetterà, nonostante le ristrettezze economiche , di laurearsi alla Normale di Pisa ( per dovere di cronaca, la figlia della Raja ha frequentato la prestigiosa Università toscana) e di contrarre un buon matrimonio e fare buone conoscenze che l’aiuteranno a pubblicare il primo romanzo. Lenuccia o Elena fa la scrittrice nel romanzo e questa sua voglia di primeggiare, di farcela su tutti, ma soprattutto sulla sua amica geniale Lila, accompagnano tutti e quattro i romanzi e forse sono, per quanto mi riguarda, la parte più faticosa da leggere.
E poi ci sono gli altri sentimenti, buoni e cattivi, che animano la storia delle due donne. C’è la rivalità in amore, la rivalità nelle amicizie. C’è sempre uno specchiarsi l’una nell’altra che determinerà la loro vita, soprattutto quella di Lenuccia.
L’altra protagonista Lila è più selvaggia, meno sottoposta o sottomessa sia alla “legge del padre” che determina il microcosmo e il macrocosmo della nostro società e nella quale vivono le due protagoniste. Lei rappresenta la libertà. Libertà che per essere raggiunta non necessita il fuggire da qualche altra parte, come per esempio accade ad Elena che gira l’Italia in lungo e in largo, ma che per determinarsi si manifesta con una grande “cognizione di sé”. A differenza di ELENA, LILA è sempre presente a se stessa e questo ne fa sicuramente il personaggio in assoluto più amato. Almeno per me è stato così.

La storia è molto articolata, si tratta di 4 romanzi che cubano insieme 1200 pagine più o meno, quindi non vi tedio con la spiegazione dei fatti che potete trovare su qualsiasi recensione, ma vorrei provare a dare una chiave di lettura che si basi sul perché dovremmo affrontare questo sforzo di lettura.
Se fossi una donna?
Perché ci sono descritte emozioni e sentimenti che fanno parte di noi, ma che in pubblico non si declamano. E neanche in privato perché siamo così abituate a “essere dentro la parte di essere donne” che non ammettiamo neanche con noi stesse debolezze, odi e meschinità che sono degli esseri umani tutti. Chi di noi ammetterebbe che allevare dei bambini, non solo è faticoso (cosa della quale ci è permesso lamentarci ma non sottrarci), ma è incredibilmente noioso, annullante, avvilente? Che è un tempo che ci porta via le energie migliori proprio quando potremmo finalmente spenderlo meglio e soprattutto per noi stesse? Chi può ammettere il peso e la noia dell’amore fisico senza apparire una poco di buono? Chi di noi può giustificare una donna che per noia, per asfissia, per voglia di rivalsa lascia due figlie piccole ed il marito e se ne va con un altro uomo, sposato a sua volta, in giro per la Francia? E quando torna questa donna pretende rispetto e non presenta nessun complesso di colpa?
Io sinceramente non sono ancora in grado, adesso, di poter escludere delle critiche ad una donna che fa questo. Al momento vivo ancora immersa in una società che, seppure mi da gli strumenti per poter pensare autonomamente, non mi offre lo spazio per far sì che una donna possa pensare e anteporre la sua affermazione pubblica a quella familiare. Ad oggi le donne “non criticabili” e pubblicamente affermate sono quelle che rinunciano alla famiglia.
Se fossi un uomo?
Se fossi un uomo dovrei leggere L’Amica geniale perché dentro c’è l’altra metà del mondo e poi ci sono tante figuri maschili comprimari che vale la pena di conoscere. Non tutti sono figure edificanti, ma ce ne sono un paio, tra cui cito ENZO che diventerà il compagno di Lila e che la salverà diverse volte, andando contro tutto e tutti. Per lei, per una donna. Contro la “legge del padre”, contro la legge del rione, contro la legge delle altre donne. Senza nascondersi, con grande responsabilità e soprattutto senza paura. Queste sono le parole con le quali Enzo porta via Lila dalla casa del marito, prendendo con sé anche il suo bambino e mettendosi contro tutti.

Lui si attardò ancora. Staccò un foglio dal quadernetto della spesa e scrisse qualcosa. Lasciò il foglio sul tavolo.
“Che hai scritto?”
“L’indirizzo di San Giovanni.”
“Perché?”
“Non stiamo giocando a nascondino.”

Penso che Enzo sia la parte migliore di tutto il romanzo. In assoluto. Ed è un romanzo di donne.

E se fossi di altro genere?
Dovrei leggere l’Amica Geniale perché è un’opera dove il mistero, il detto e non detto, la segretezza e l’ambiguità sono parte della vita di ciascuno di noi. Ognuno di noi ha una parte oscura che deve accettare così come la parte “svelata” e visibile a tutti. E sempre Lila, nel romanzo, che aiuta Alfonso a trovare, a ritrovare il vero sé stesso e con il suo sostegno offre a lui la possibilità di provare ad essere felice.

E, per concludere, ritornando all’anonimato , il VELO che la Ferrante ha deciso di calare su di sé come scrittrice, personaggio pubblico, le ha permesso di utilizzare un linguaggio inclemente, senza pudori, diretto ma non volgare, mai giustificativo ( le donne sentono sempre il dovere di giustificarsi anche quando sono nel gusto) per raccontare la vita di due donne nella Napoli degli anni Cinquanta fino ad oggi. E ci è riuscita talmente bene che il suo linguaggio è diventato specchio dove si sono riflesse donne molto diverse tra loro. A me è piaciuto tantissimo ed anche ad Hillary Clinton che è rimasta stregata dai libri di Elena Ferrante definendoli una “Lettura ipnotica”.

L’anonimato è servito perché “certe cose”, anzi le nostre vite, vite di donne oggi le dobbiamo raccontare avendo ancora il volto coperto.

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Storia della bambina perduta 2018-03-23 19:14:27 Virè
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Virè Opinione inserita da Virè    23 Marzo, 2018
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La chiusura del cerchio

Quarto ed ultimo volume della saga dell'amica geniale; ovviamente è impossibile limitarsi ad un giudizio solo su questa parte e non su tutta la saga nel complesso.

Questa ultima parte chiude il cerchio della storia, anche se devo ammettere che lascia un po' l'amaro in bocca: dopo quattro volumi, mi sarei aspettata un finale più "completo". Attraversiamo questa volta parecchi anni, dagli anni 80 ai giorni nostri, con numerosi  salti temporali avanti e indietro, così come nel volume precedente, al contrario dei primi due che rimanevano invece abbastanza circoscritti nel tempo.

Il personaggio di Lila assume ormai contorni ben definiti, quelli di una donna dalle incredibili capacità, con un fascino magnetico in grado di incantare chiunque capiti nel suo raggio d'azione e di influenzare azioni e scelte altrui, a volte anche in maniera esagerata e un po' fuori dalla realtà. Una donna sempre più provata dalla vita, sempre più capace di rialzarsi, che mantiene intatto il suo fascino anche con il passare degli anni e lo scorrere del racconto, forse anche per l'ammirazione incondizionata che emerge dalla voce narrante, quella dell'amica Lenù, e di tutti gli altri personaggi. La protagonista invece conferma la prima impressione, è un carattere che non riesce a suscitare la mia empatia e totale simpatia. L'insicurezza che la tormenta, nei confronti dell'amica, della società, del mondo del lavoro, infine dei figli,  il costante senso di inadeguatezza che la accompagna per tutta la vita, bloccandola in molte circostanze, o portandola a scelte "obbligate", è rappresentato magistralmente dall'autrice, ma, seppur condivisibile in alcuni casi, non riesce ad incontrare la mia completa solidarietà.

Scorrono sotto gli occhi del lettore, inoltre, le vite degli altri personaggi, che seppur minori, accompagnano le nostre amiche fino all'età matura; come già nel libro precedente, nessuno è lasciato indietro o dimenticato, ma di tutti è portata a conclusione la storia.

Ritorniamo inoltre ad affrontare le dinamiche caratteristiche del rione, un quartiere difficile, con codici non scritti ma ben noti, che evolvono e peggiorano con il passare degli anni e con il cambiamento della società intera e contro i quali questa volta si scontrano due donne adulte, non più ragazzine.

Nei quattro volumi attraversiamo la storia di Napoli e dell'Italia intera dalla metà del secolo scorso ai giorni nostri; l'autrice è bravissima ad intrecciare i fili della vita della protagonista, con i principali eventi storici del nostro paese, senza entrare nei dettagli, ma portando all'attenzione il clima e le reazioni che essi hanno determinato nella gente. Attraversiamo così i movimenti del 68, la passione politica, l'emergere e il radicarsi del terrorismo, la delusione politica, fino a mani pulite e l'avvento di un nuova classe dirigente; attraversiamo il terremoto con tutto quello che ha rappresentato per la città di Napoli, l'attentato dell'11 settembre.

A proposito della città, questa volta, oltre a nuovi quartieri e strade, viene fatta anche una divagazione per approfondire la storia di alcuni luoghi, non particolarmente noti, che viene presentata nel dettaglio e personalmente mi ha affascinato e incuriosito.

Nel complesso quindi una saga promossa, per lo stile, per l'autrice, per come viene presentata Napoli con le sue facce belle e brutte, per i personaggi, nonostante la protagonista non convinca a pieno.

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Storia della bambina perduta 2016-05-04 08:55:54 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    04 Mag, 2016
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LIna

Il quarto volume della tetralogia è molto bello, forse anche più bello degli altri a parte alcune pagine centrali che secondo me andavano tolte o riassunte in cui Elena parla della sua carriera di scrittrice: andavano tolte perché il romanzo è in 1° e non in 3° per cui il fatto che Elena Ferrante parli troppo dei successi di Elena Greco rende entrambe antipatiche al lettore.
A parte queste pagine il resto del romanzo (cioè quasi tutto) è particolarmente riuscito. Mi piace il fatto che ci siano situazioni che aprono alla fantasia e a una visione surreale delle cose come la conclusione, la sparizione di Lina e di sua figlia Tina.
Il romanzo sembra contenere una autoanalisi sincera in alcune pagine particolarmente toccanti. La relazione tra le amiche si chiarisce rispetto agli altri volumi.
La maggior parte delle relazioni descritte nel romanzo, tutte quelle con Lina e con Nino, sono chiaramente relazioni narcisistiche, caratterizzate dal reciproco rispecchiamento e spesso dalla perdita di identità di una delle parti. Essendo relazioni narcisistiche hanno una forte carica distruttiva che si manifesta nelle conseguenze della relazione: Alfonso perde la sua identità sessuale, Nino vede la sua eterosessualità vacillare e per compensare deve costringersi a una attività seduttiva senza distinzione di oggetto (significativa la scena del rapporto con la vecchia), Michele Solara idem come Alfonso, e Elena stessa soffre il peso schiacciante del giudizio dell’amica su ogni cosa che fa.
Ciò nonostante, Lina è il bene e il male, è il fulcro del romanzo, ogni cosa ruota attorno a lei, è così centrale che diventa la chiave di interpretazione di ogni personaggio, della società e della visione del mondo di Elena, contraddittoria e per questo interessante.
Il romanzo è una dichiarazione d’amore/affetto a Lina, l’unica donna, rispetto alla quale tutte le altre sono sbiadite persone usa e getta.
Il romanzo si affaccia sul mondo della mala dei fratelli Solara e delle BR mostrando come nessuno possa dirsi estraneo a questi due mondi. Le BR e la mentalità della lotta hanno affascinato tutta una generazione di intellettuali e la mala ha rapporti così personali con la gente del rione che è difficile riconoscerne la natura maligna. Il lettore stesso ha simpatia in vari punti della storia per Michele Solara. In un certo senso Elena guida il lettore a una diversa morale, a una visione del mondo amorale, cioè libera da regole morali. Ognuno lotta per emergere in piena libertà e il limite alla libertà propria è dato dalla libertà altrui per cui i Solara finiscono ammazzati, Pasquale va in prigione, Nino ha il premio/castigo delle sue mille donne (tutte meno Lila, l’unica che per lui conti qualcosa), Elena ha il successo, gli uomini si cambiano e si alternano e se la figlia quindicenne vuole portarsi in casa un convivente ventenne, peggio per lei. Se la vedrà con il tempo. Tutto questo scenario, questa nuova morale inseguita per quattro volumi e di cui Elena sembra seguace però le crea anche un certo disgusto per cui il romanzo è contraddittorio.
Elena arriva a dire che quello che le piace di Lila è il fatto che non sia schiava proprio di questa visione del mondo, che abbia sprecato in piena libertà il suo talento, che sia stata generosa con gli amici, disinteressata, altruista. Che non abbia cercato il successo a ogni costo.
Perciò, a un mondo basato sull’autoaffermazione egoistica, Elena affianca l’esigenza di generosità e la nostalgia per un mondo in cui ci sia solidarietà e amore disinteressato. Ma come tutti, non vuole essere lei l’idiota (in senso Dostoevskijano) a rimetterci per prima con la storia dell’amore disinteressato, essendo il mondo indiscutibilmente un inferno popolato da piranha.
La conclusione sembra una dichiarazione d’affetto e di perdono e un riavvicinamento oltre le apparenze del visibile, quindi per l'eternità, tra le amiche.

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Anatomia della distruttività umana, Psicopatologia della società contemporanea.
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Storia della bambina perduta 2016-01-26 09:46:03 MATIK
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MATIK Opinione inserita da MATIK    26 Gennaio, 2016
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Storia della bambina perduta.

"....è buona regola non pretendere chissà che ma godersi il possibile."
Quando ho finito questo libro, il quarto ed ultimo della saga dell'Amica Geniale, mi sono sentita persa, ho pensato: "Ed ora, che faccio senza Lila e Lenù?", lo so può sembrare esagerato ed assurdo, ma quando ti appassioni ad una storia bella, scritta con maestria, poi è difficile farne a meno, resti come sospesa, pensi ora troverò nuove letture che possano coinvolgermi allo stesso modo e farmi sentire soddisfatta?
La Ferrante non ha mai avuto un cedimento nel raccontarci la storia delle due amiche, pagina dopo pagina, non c'è mai stato un momento nel quale mi sia annoiata od abbia pensato -la sta tirando troppo per le lunghe-, tutto è perfettamente perfetto, oltre a Lila e Lenù, c'è anche la storia dell'Italia dagli anni 50 fino ai giorni nostri, mi hanno impressionato le pagine che ripercorrono le ore terribili di quella maledetta domenica del 23 novembre 1980 quando tutto il meridione fu scosso dal terremoto che distrusse tanti piccoli paesi dell'Irpinia, gli anni bui del terrorismo, la piaga della droga, i movimenti femministi, i ruggenti anni della democrazia cristiana, la scalata dei socialisti, gli agguati di camorra, le brigate rosse e poi Napoli: una città bellissima, dai mille contrasti estremi, che Lenù e Lila amano ed odiano nella stessa identica maniera.
"Essere nati in questa città serve a una cosa sola: sapere da sempre, quasi per istinto, ciò che oggi tra mille distinguo cominciano a sostenere tutti: il sogno di progresso senza limiti è in realtà un incubo pieno di ferocia e di morte."
"Storia della bambina perduta" continua a raccontare di Lila e Lenù, che si avvicinano di nuovo, riallacciano il rapporto di amicizia che si era allontanato, ma mai spezzato, Lenù capisce ed aiuta la mamma con la quale aveva sempre avuto un rapporto difficile, Lila, invece, sarà costretta ad affrontare un dolore, dal quale non è possibile riprendersi mai più, continuerà a vivere, ma senza vivere più realmente.
"Io ero io (Lenù) e proprio per questo motivo potevo farle spazio in me darle una forma resistente. Lei invece non voleva essere lei (Lila), quindi non sapeva fare lo stesso. La tragedia di Tina, il fisico debilitato, il cervello allo sbando certamente concorrevano alle sue crisi. Ma il malessere che chiamava smarginatura aveva quella ragione di fondo."
Passione, odio, amore,amicizia, invidia, tradimenti, indifferenza, arrivismo e tanto altro, il libro è un condensato di sentimenti, di vita vissuta, Lila rimarrà sempre la più forte colei che conduce, ma sarà Lenù a spiccare il volo, quella che farà le scelte difficile, ad affermarsi e con la sua pazienza e amore a tenere saldo il rapporto di amicizia tra le due ed alla fine tutto ritornerà al principio dalle due piccole bambine che persero le bambole nella cantina di Don Achille....
"Ogni rapporto intenso tra essere umani è pieno di tagliole e se si vuole che duri bisogna imparare a schivarle. Lo feci anche in quella circostanza e alla fine mi sembrò di essermi solo imbattuta in un'ennesima prova di quanto fosse splendida e tenebrosa la nostra amicizia, di quanto fosse stato lungo e complicato il dolore di Lila, di come esso durasse ancora e sarebbe sempre durato."
Concludo con l'ultima frase del libro e consigliando la lettura di questa splendida storia:
"A differenza che nei racconti, la vita vera, quando è passata, si sporge non sulla chiarezza ma sull'oscurità. Ho pensato: ora che Lila si è fatta vedere così nitidamente, devo rassegnarmi a non vederla più."

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per chi ama tutta l'Amica Geniale
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Storia della bambina perduta 2015-10-13 17:51:56 rita
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Opinione inserita da rita    13 Ottobre, 2015

il mistero della Ferrante

“E’ dalla prima all’ultima riga puro piacere di raccontare. E’ straordinario.”
Così si esprime l’editore a proposito del romanzo scritto da Elena Greco, protagonista e io narrante di Storia della bambina perduta. Invece il romanzo della Ferrante è pura elencazione di eventi; ciò che manca è appunto il racconto, il piacere di raccontare. Il lettore viene perciò privato del piacere di leggere; si riduce a spettatore di una lunga e prevedibile telenovela, in cui Ridge e Brooke di Poggioreale e dintorni si lasciano, si prendono e si riprendono, nel frattempo chiavando – eh sì, la crudité linguistica è d’obbligo- a destra e a manca. Per riempire 400 pagine di ovvietà e luoghi comuni c’è persino il romanzo simil-Gomorra con venti anni di anticipo rispetto a Saviano; c’è una bambina che svanisce nel nulla; ci sono cattedre universitarie che non si negano a nessuno, nemmeno negli Stati Uniti, nemmeno a una ragazza non proprio studiosa.
C’è un mistero, che non riguarda la bambina scomparsa né l’identità dell’autore, bensì il successo di questo polpettone.

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Storia della bambina perduta 2015-05-23 17:53:32 ant
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ant Opinione inserita da ant    23 Mag, 2015
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Elena e Lina

Si chiude con questo libro, che ricordiamo è uno dei maggiori candidati alla vittoria finale del Premio Strega, la tetralogia della misteriosa scrittrice Elena Ferrante(molte le ipotesi sulla sua vera identità). Il libro è corposo e affascinante e parla fondamentalmente di due donne apparentemente diversissime una dall'altra, ma legate a doppio filo e insieme agli excursus delle protagoniste Elena e Lina, nel libro ci sono spunti e digressioni notevoli a riguardo di Napoli, degli ultimi 50 anni di storia italiana e del cambiamento di usi e costumi odierni. Le due bimbe napoletane Elena e Lina , vissute nello stesso rione, adesso vengono analizzate come donne mature, madri, divorziate e con stili di vita diversi. Elena scrittrice affermata, vive a Firenze, ma s'innamora del rampante Nino e torna Napoli dove nascerà la sua terzogenità Imma; Lina intraprendente e intuitiva crea alla fine degli anni 70, inizio 80, a Napoli una delle prime ditte che si occupano di computer, nello stesso periodo in cui Elena è incinta di Imma anche Lina scopre di aspettare una bimba, Tina, dal suo nuovo compagno Enzo. Le vite di queste inseparabili amiche si rinsaldano, intanto le protagoniste del romanzo s'imbattono su piani diversi con i problemi di menage familiari allargati, per Elena all'inizio è dura riabituarsi ai ritmi di vita del rione, ma grazie alla vicinanza di Lina questo ritorno alle origini le porterà giovamento soprattutto da un punto di vista scrittorio, un po' meno nella tranquillità delle due figlie avute a Firenze.Intorno alla piccola Tina però vertono attenzioni e impressioni determinanti nell'ultima parte del romanzo. Sarebbe troppo lungo e meticoloso, e per me quasi impossibile, riassumere i mille spunti che questo testo dà, voglio concludere estrapolando un passaggio che mi ha particolarmente colpito.
Lina che rassicura Elena in merito al libro che quest'ultima sta per pubblicare in cui ci sono critiche feroci a personaggi influenti della malavita locale(pag 269):
..."""non dimenticarti mai che siamo esseri molto affollati,zeppi di fisica, astrofisica, biologia, religione, anima, borghesia, proletariato, , capitale, lavoro, profitto, politica, tantissime frasi armoniche, tantissime disarmoniche, il caos dentro e il caos fuori. Per cui calmati, esclamò ridendo Lina , che vuoi che siano i Solara. Il tuo romanzo è andato: l'hai scritto, l'hai riscritto, stare qui evidentemente ti è servito a renderlo più vero però ora è la fuori e non te lo puoi più riprendere"""..
Bello spaccato di vita personale e di storie parallele che s'intersecano molto bene, consigliato

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Storia della bambina perduta 2015-05-17 12:02:26 Barbara
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Opinione inserita da Barbara    17 Mag, 2015

Una storia meravigliosa

Ho acquistato il libro per caso, avevo letto poco prima un riferimento su un giornale relativo più all'identità segreta dell'autrice che alla bellezza del romanzo. Ho iniziato a leggerlo e sono caduta subito in una botola: mi sono ritrovata a Napoli, tra sporco e degrado, poi in case lussuose, tra manifestanti, al mare... Un libro magico che qualcuno vuol far passare per "feuilleton" rivelando, nello stesso istante, di non averlo letto. Mi piacerebbe sarebbe chi è Elena Ferrante perché vorrei ascoltare la sua voce, sapere cosa ha da dire su altre questioni, scoprire se somigli più a Lila o a Lenu'. Avrei voluto non finisse mai.

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