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Il racconto dell'ancella Il racconto dell'ancella

Il racconto dell'ancella

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In un mondo devastato dalle radiazioni atomiche, gli Stati Uniti sono divenuti uno stato totalitario, basato sul controllo del corpo femminile. Le poche donne in grado di avere figli, le "ancelle", sono costrette alla procreazione coatta, mentre le altre sono ridotte in schiavitù. Della donna che non ha più nome e ora si chiama Difred, cioè "di Fred", il suo padrone, sappiamo che vive nella Repubblica di Gilead, e che può allontanarsi dalla casa del padrone solo una volta al mese, per andare al mercato. Le merci non sono contrassegnate dai nomi, ma solo da figure, perché alle donne non è più permesso leggere. Apparentemente rassegnata al suo destino, Difred prega di restare incinta, unica speranza di salvezza; ma non ha del tutto perso i ricordi di "prima"...



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Il racconto dell'ancella 2022-03-29 21:39:43 Martina248
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Martina248 Opinione inserita da Martina248    29 Marzo, 2022
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Abituarsi all'abitudine

Poco sappiamo della protagonista di questo libro; neanche il titolo allude al suo essere ma solo al suo ruolo: ancella.
Il nome narra un destino e quello che il regime di Gilead assegna alle sue ancelle racconta l’unica sorte possibile per una donna fertile che vive a Gilead: l’appartenza ad un uomo. Ogni donna è spogliata del suo essere per divenire puro accessorio, mezzo dei potenti per perpetuare la loro specie: June viene ridotta a Of-Fred.
Il regime nasce dalle migliori intenzioni: far rifiorire un mondo oppresso da disastri ambientali, tornare a scorgere una crescita nella natalità, portare ordine in una contemporaneità dominata dal caos. Eppure, viene da chiedersi a scapito di chi tali piani si perseguano, quando anche gli stessi uomini, a capo del sistema, ne sono schiavi a loro volta. Una società che riduce la donna a oggetto, che le toglie ogni valore se non la riproduzione, nega al contempo l'umanità dell’uomo. Perché umanità è nella relazione e neanche Fred ha più diritto al dialogo che elemosina alla sua ancella.
Atwood sceglie uno stile lineare e, al tempo stesso, narrativamente ben pensato. Il salto schizofrenico tra passato e presente, il racconto frammentario di Of-Fred ben rendono lo smarrimento della protagonista.
Restano molti dubbi al lettore: come è avvenuto il passaggio dall’antico mondo a Gilead? Cosa avviene una volta che le ancella saranno ormai anziane e non più fertili? Esiste una possibilità di sovvertimento dell’ordine? Sono risposte che il lettore non ha perché neanche il suo narratore può darvi risposta. Anche noi entriamo a far parte di Gilead e della sua manipolazione.
June ci offre, però uno scenario: ciò che rende la distopia realtà è l’abituarsi all’abitudine, il lasciar scorrere senza alzare lo sguardo.
Quel che, invece, alimenta la vita, nel regno della distopia, è solo una flebile speranza in parole non totalmente comprese, a cui ci si aggrappa, quando tutto pare perduto: Nolite te bastardes carborundorum.

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Il racconto dell'ancella 2020-04-28 10:47:00 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    28 Aprile, 2020
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Difred, una delle voci.

«È un avvenimento, una piccola sfida alle regole, così piccola da non poter essere scoperta, ma questi attimi sono le ricompense che mi offro, come le caramelle che, da bambina, accumulavo in fondo a un cassetto. Questi attimi sono possibilità, spiragli.»

Classe 1985, “Il racconto dell’Ancella”, anche a distanza di trentacinque anni, resta uno dei libri d’attualità più rinomati per quanto concerne la tematica del ruolo della donna nella società. Lo scenario che viene delineato è quello di un mondo (Stati Uniti) in cui una crisi ambientale e sociale hanno completamente ribaltato il sistema tanto da consentire l’instaurazione di un regime totalitario all’interno del quale alla figura femminile è destituito il ruolo di custode della famiglia e di mero oggetto. Non ha più alcun diritto fondamentale, ha perso la sua libertà, ha perso la sua identità, è un mero strumento che deve soddisfare il bisogno maschile e assicurare la procreazione. Le donne sono le custodi della famiglia, coloro che devono limitarsi alle faccende domestiche, non pensare, rinunciare all’intelletto. Sono Ancelle e per questo devono garantire la discendenza del futuro. Non sono persone, sono mezzi. Se non sono pertanto funzionali ai loro compiti perché sterili, omosessuali, vecchie, frigide, restie ad eseguire gli ordini, inette, la loro destinazione inevitabile è quella ai lavori forzati, alla morte. Perché non hanno scopo, non hanno ragione di esistere.

«Mi rimetto gli abiti, dietro il paravento. Le mani mi tremano. Perché sono così spaventata? Non ho violato i confini, non ho ceduto alla tentazione, non ho corso rischi, tutto è salvo. È la possibilità di scelta che mi terrorizza. La possibilità di una via d’uscita, della salvezza.»

Difred è l’ancella alla quale è incaricata la narrazione attraverso frammenti, pensieri, ricordi che si susseguono in un ordine disordinato e sbrandellato che mira a ricostruire quel passato fatto di una realtà che ha concesso l’instaurazione di un regime inquietante e crudele, famelico. Di cosa sono proprietarie queste donne? Di niente. Soltanto un nome resta di loro proprietà, nulla più.

«Mi dico che non è importante, un nome è come un numero di telefono, utile solo per altri; ma mi sbaglio, è importante. Tengo la coscienza di questo nome come qualcosa di nascosto, un tesoro che tornerò a scavare un giorno. È un nome sepolto, circondato di mistero come un amuleto, un amuleto sopravvissuto a un passato incredibilmente distante. La notte sto sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi, e il mio nome è lì, sospeso dietro gli occhi, non del tutto a portata di mano, che brilla nel buio.»

Ma, ci invita a domandarci la Atwood, come siamo arrivati a ciò? Siamo arrivati a questa conseguenza nefasta perché l’umanità ha smesso di dare valore e significato ai sentimenti, ai principi, agli ideali. Il genere umano ha perso la voglia di dedicarsi ad ogni impegno, di responsabilizzarsi, di muoversi per raggiungere obiettivi perché a regnare sovrano è il disinteresse generale. Ci racconta, ancora, il Comandante Fred, di come una soluzione proposta e apparentemente risolutiva possa in realtà mutare completamente il mondo conosciuto. Capovolgerlo totalmente, renderlo un luogo per effetto paradossale sconosciuto e ignoto.
Ad accompagnare le vicende uno stile fluido, preciso, chiaro che si contrappone ad una narrazione un po’ troppo frammentata che lascia molteplici domande irrisolte nel testo e che al contempo non consente al lettore di farsi completamente rapire. L’effetto finale di questo stile asciutto, asettico, crudo, tagliante in cui nulla viene risparmiato e niente viene celato è quello di delineare un quadro perfettamente conforme alle intenzioni della scrittrice, un quadro all’interno del quale viene sacrificata completamente l’emozione, l’empatia. La lama affilata trafigge il conoscitore proprio per questa assenza di anfratto emotivo.

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Il racconto dell'ancella 2020-03-12 07:52:10 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    12 Marzo, 2020
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“Meglio non significa mai il meglio per tutti”

Riedito a seguito del successo dell’omonima serie televisiva, questo romanzo del 1985 ha goduto negli ultimi anni di una nuova ventata di popolarità, determinata principalmente dall’attualità dei temi trattati, che si innestano nel dibattito sempre acceso sul ruolo della donna nella società. Margaret Atwood ha immaginato infatti che gli Stati Uniti, in risposta a una crisi ambientale e sociale, siano divenuti un regime totalitario in cui le donne sono state private dei diritti fondamentali, della libertà, della loro stessa identità, e ridotte a mero oggetto, esistenti solo per soddisfare un bisogno maschile. Mogli, per custodire la famiglia. Marte, per le faccende domestiche. Ancelle, per garantire una discendenza. Nondonne, le altre - ribelli, sterili, omosessuali -, destinate ai lavori forzati e alla morte.

La narrazione è affidata all’ancella Difred. È attraverso frammenti dei suoi pensieri e dei suoi ricordi, che si rincorrono disordinati tra le pagine, che possiamo comporre una storia. Il passato di una società stanca e annoiata. L’improvviso instaurarsi di un regime inquietante e crudele. Il presente di una donna a cui non è rimasto davvero niente, nemmeno un nome, solo un proprietario: Di-Fred.

“Mi dico che non è importante, un nome è come un numero di telefono, utile solo per gli altri; ma mi sbaglio, è importante. Tengo la coscienza di questo nome come qualcosa di nascosto, un tesoro che tornerò a scavare un giorno”.

Come si è arrivati a tanto? Ce lo dice proprio il Comandante Fred: la gente non dava più valore ai sentimenti, non aveva più ideali, non aveva più voglia di impegnarsi. Sta proprio qui, forse, il germe più spaventoso di questa invenzione: l’idea che in un contesto di generale disinteresse sia così facile credere a chi propone una soluzione, chiudere gli occhi sulle disuguaglianze, accettare il male come parte di un nuovo ordine. E ritrovarsi all’improvviso in un mondo capovolto.

“Noi abbiamo pensato di poter fare meglio.
Meglio?
Meglio non significa mai il meglio per tutti”.

La scrittura della Atwood è di grande pregio, chiara, fluida, potente, e il testo offre indubbiamente molti spunti di discussione. Ciononostante, mentirei nel dire di esserne rimasta completamente conquistata. La narrazione soffre a mio avviso una certa frammentarietà che ne condiziona in parte la comprensione. Molte sono infatti le domande destinate a rimanere senza risposta, circa i meccanismi che governano il regime, il suo instaurarsi, nonché la storia personale della protagonista. Allo stesso tempo, la scelta stilistica di un tono tagliente e asciutto, in cui risuona l’asetticità di un mondo dove non sono più ammessi sentimenti, non giova in termini di coinvolgimento. Per gusto personale, avrei probabilmente apprezzato un po’ di trama, e di emozione, in più.

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Il racconto dell'ancella 2018-08-10 15:14:54 Viola03
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Viola03 Opinione inserita da Viola03    10 Agosto, 2018
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DI ROSSO VESTITE

Le alette della cuffia la tengono riparata da sguardi indiscreti mentre cammina per le strade ben avvolta nel suo abito rosso, colore scelto per lei dalla comunità, che la rende visibile, che la identifica, che la lega ben stretta al ruolo che svolge. Lei è una ancella.
Siamo nel futuro e veniamo pian piano portati dalla voce narrante della protagonista in un mondo che non è più quello che conosciamo, che lei conosceva.
Silenziosamente, mattone dopo mattone, mossa dopo mossa, un nuovo governo ha preso il potere, soppiantando non solo gli avversari politici, ma smantellando minuziosamente la vecchia società, cultura, abitudini, cancellando i diritti delle donne.
Se all’inizio sono piccole avvisaglie, come l’impossibilità di acquistare le sigarette perché come donna non si possono possedere soldi, poi la nuova realtà si palesa: si perde il lavoro, si viene relegate in casa.
Infine, senza quasi neanche rendersi conto del come e del perché, le donne diventano Ancelle, Mogli, Nondonne. Strumenti nelle mani degli uomini, private di un’identità.
Si perde il proprio nome.
Si diventa DIFRED, di proprietà di Fred.
A raccontarci questa storia è proprio la voce di DIFRED, che ci narra le lunghe giornate noiose prive di occupazioni, i pensieri che si rarefanno, le piccole evasioni per una commissione o un fugace sguardo al cielo azzurro.
DIFRED, che giorno dopo giorno, nonostante tutto si è abituata, che come tutte cerca solo di sopravvivere in un mondo in cui le regole sono state stravolte.
Ed è di pari passo con il fluire dei ricordi, che percepiamo che sotto quella maschera di apatia, c’è ancora vivo un fuoco di ribellione, di vita, di libertà.
Ed è proprio la libertà uno dei punti chiavi su cui siamo costretti a riflettere.
Essere liberi DI qualunque gesto, abbigliamento, atteggiamento, essere liberi DI vivere senza inibizioni, senza freni è inesorabilmente la strada verso un epilogo repressivo?
Essere libere DAlla paura di aggressioni, dai commenti indiscreti di uomo, da molestie pur vedendo sacrificata la propria identità, il proprio diritto all’espressione potrebbero essere mai veramente considerate libertà?
Perché quelle ali della cuffietta che proteggono così bene da sguardi indesiderati, che nascondono dai giudizi, allo stesso modo impediscono di osservare il mondo, di alzare gli occhi per ammirare l’azzurro del cielo.
“Il racconto dell’ancella” è un libro ricco di emozioni ma è soprattutto colmo di spunti che fanno fermare a riflettere, perché, seppur ambientato in un futuro immaginario e scritto a metà anni Ottanta, è assolutamente attuale.

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Il racconto dell'ancella 2018-05-27 13:15:32 martaquick
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martaquick Opinione inserita da martaquick    27 Mag, 2018
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NONDONNE, ANCELLE E MOGLI

Una droga. Per me Margaret Atwood è una droga.
Ormai la segui da anni e questo è il suo quinto romanzo che leggo. È una signora autrice geniale, ha la sua età ma continua a essere moderna, stuzzicante e scomoda.
Perché? Perché è una donna che parla di realtà di donne, e in generale di persone, denigrate e smontate della loro personalità e volontà per vivere in un nuovo mondo migliore.
Il genere femminile nei suoi romanzi è solitamente quello che ne soffre di più e il racconto dell'ancella ne è un esempio fantastico.
Difred (offred in inglese) è l'ancella di Fred, da qui il nome, ed è assegnata a quest 'uomo e a sua Moglie come riproduttrice in un'epoca di infertilità e gravi deformazioni nei neonati.
Le donne possono essere Ancelle, Mogli che godono di qualche privilegio ma comunque sono di proprietà e sottomesse agli uomini, Marte cioè addette alle faccende di casa, Nondonne quindi esiliate ai lavori più pericolosi e quindi praticamente dichiarate a morte. Tutte le categorie belle etichettate dai padroni maschi che invece sono Comandanti.
È Difred che ci racconta tutte queste cose, gli scempi di uno stato che per rimediare ad alcune situazioni ricorre a stratagemmi degni di un regime totalitario maschilista.
Mentre si legge il racconto non si può provare che rabbia e disperazione, quelle che Difred accenna senza mai delirare. La forza delle donne si puo cercare di spegnere ma è impossibile, il cameratismo, la maternità e l'essere mamma è una cosa che gli uomini vogliono uccidere ma anche avere, una serie di assurdità.
Il libro è forte e la storia è drammatica ma ci sono sprazzi di luce: la gentilezza di un'autista, la possibilità di un noi, la speranza di una nascita.
La Atwood crea un mondo orribile all'interno di un romanzo splendido che rapisce, che vorresti leggere tutto d'un fiato e poi buttare a terra e calpestarlo come sono maltrattate le vite delle protagoniste. Questo romanzo sorprende per la sua attualità sebbene sia stato scritto ormai negli anni 80. Come non dire a Margaret Atwood che è un genio?
Ho iniziato a guardare la serie tv tratta dal libro ed è altrettanto ben fatta.
Consiglio la lettura e la visione delle puntate televisive.

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Il racconto dell'ancella 2018-02-19 16:22:24 RadicidiCarta
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RadicidiCarta Opinione inserita da RadicidiCarta    19 Febbraio, 2018
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Distopico? Quasi.

Il racconto dell’ancella è un romanzo distopico scritto da Margaret Atwood nel 1985. Nel 2017, grazie alla serie televisiva ideata da Bruce Miller, il libro ottiene nuova visibilità tanto che la casa editrice Ponte delle Grazie pubblica in giugno una nuova edizione che esaurisce presto. Nell’ottobre 2017 è già stata distribuita nelle librerie la quarta ristampa.

AMBIENTAZIONE

È impossibile descrivere una cosa esattamente com’era, perché ciò che dici non può mai essere esatto, devi sempre trascurare qualcosa, ci sono troppe facce, lati, fattori che si intersecano […]

Il racconto dell’ancella è ambientato alla fine del ventesimo secolo, quando il mondo sta cercando di riprendersi da una guerra mondiale. Come se non bastasse l’inquinamento e le radiazioni hanno abbassato il tasso di natalità, facendo avvicinare la popolazione a una recessione demografica.
La storia inizia nel Maine, dove è nata la “Repubblica di Galaad” che trae ispirazione dalla bibbia per creare una nuova società che riesca a fermare l’assente crescita demografica, attraverso una struttura piramidale con al vertice i Comandanti. Il sistema teocratico messo in atto è fortemente conservatore, tanto da bandire qualunque tipo di divertimento. Le donne, in più, perdono ogni potere o proprietà, viene tolto loro il diritto all’istruzione e a un salario, non possono leggere né scrivere e quelle di loro ancora fertili vengono destinate alla procreazione, piegate con torture fisiche e droghe per diventare Ancelle ubbidienti, da affiancare ai Comandanti e alle loro Mogli sterili: le Ancelle sono come la serva Bila nella Genesi, un mezzo per dare a Rachele una prole. Non sono più nemmeno padrone del loro nome: acquisiscono quello del Comandante al quale vengono assegnate preceduto da una preposizione di appartenenza. Non sono più esseri umani, sono oggetti.

Gli altri elementi della struttura della società di Galaad vengono mostrati in maniera più superficiale e non è sempre chiaro a che “livello della piramide” appartengano. Sicuramente meno rilevanti sono le Marte, una sorta di servitù nelle case dei Comandanti, e le Economogli, donne della classe povera che devono fare da Mogli, da Marte e da Ancelle per il proprio uomo.
Esistono poi gli Angeli, cioè i soldati, i Custodi, gli Occhi, coloro che vigilano per controllare che nessuno osi ribellarsi, una sorta di polizia segreta e le Zie, le incaricate di istruire le donne ai loro compiti.

TRAMA

Eravamo donne che non rifiutavano di perdersi nell’amore.

Il romanzo, scritto in prima persona, è la storia di Difred, un’Ancella al servizio del Comandante Waterford. La sua condizione la costringe ad indossare un vestito rosso, con un copricapo bianco con alette laterali, per nascondere il loro viso al mondo e, in parte, il mondo ai loro occhi.
La narrazione inizia con l’arrivo dell’Ancella a casa del Comandante e continua mostrando le dinamiche della casa, i rancori, le gelosie e i desideri dei membri della famiglia, ma soprattutto mostra la prigione di Difred nel nuovo ruolo che le è stato assegnato e nei ricordi della sua vita passata.

Lei come membro di una “generazione di transizione” sente tutto il peso della perdita, non solo dei privilegi materiali. Nemmeno questo sembra però riuscire a scuoterla e le sue giornate continuano seguendo i precetti che le vengono imposti. La sua non è una vita che si possa definire faticosa, in quanto ha l’unico dovere di mettere al mondo dei figli dei Comandanti e tutta la vita della casa gira intorno ai suoi cicli, ma può davvero definirsi vita?

PERSONAGGI

Sono una profuga dal passato, e come altri profughi ricordo le usanze e le abitudini di vita che ho lasciato o sono stata costretta a lasciarmi alle spalle, tutto sembra così strano da qui che ne sono ossessionata.

Difred è la voce narrante che tuttavia è apatica e incolore. È una donna che subisce quello che le accade intorno senza provare mai a ribellarsi, senza cercare di migliorare le cose, nemmeno nei limiti che le sono concessi. Tutto quello che cambia nella sua vita è dato dalle scelte e dai desideri di altri: lei non si muove, non agisce, rimane costantemente imprigionata nell’attesa di fare una scelta, fino alla fine, a parte un’unica situazione che però viene comunque descritta in maniera frettolosa e imprecisa, con lo stesso tono vuoto del resto della narrazione, perdendo così di importanza agli occhi del lettore.
Difred non è un personaggio ed è difficile considerarla una protagonista, proprio per la sua continua immobilità, per la sua mancanza di cambiamento. Niente di quello che succede è causato da un’azione o una presa di posizione dell’Ancella. Non è che un’osservatrice del mondo che la circonda.

Serena Joy è la Moglie di Waterford, obbligata a vestire di blu-azzurro per via del suo status. È una donna con problemi di artrite e il profondo desiderio di avere un figlio, che non arriva. Come tutte le Mogli, si trova ad avere dei privilegi, come la possibilità di fumare, che però non riescono a compensare tutto quello che ha perso e non potrà più avere. La sua insoddisfazione ricade sulla protagonista che vede come rivale, ma di cui sa di non poter fare a meno.
È un personaggio di cui non si sa molto: il suo passato ci viene raccontato tramite i ricordi, a volte confusi, di Difred eppure risulta più concreta e reale della protagonista, proprio per le sue contraddizioni e i desideri che la animano.

Il Comandante è un personaggio che compare come presenza, come simbolo, prima di mostrarsi per quello che è realmente. Dovrebbe essere un uomo di potere e di fede, uno dei baluardi della nuova società, ma in realtà è solo un uomo che cerca svago e divertimento, con pulsioni che può mettere in atto solo di nascosto a causa della società che ha contribuito a creare. Quello che è paradossale, ma che in realtà non stupisce, è che sono in molti come lui a cercare quello che non potrebbero ne dovrebbero desiderare.

Moira è un’amica di vecchia data di Difred, una ragazza con cui divideva l’appartamento prima del colpo di Stato. Di tutti i personaggi che compaiono nel romanzo è sicuramente quello più forte: al contrario della voce narrante, Moira ha dei desideri, delle speranze e agisce per riuscire a trovare uno spazio che non le stia troppo stretto. Sono tanti i personaggi che cercano di esaudire i propri desideri, all’interno del libro, ma nessuno arriva a spingersi così oltre le regole per avere la propria libertà. Sfortunatamente le possibilità non sono molte, ma l’impegno e la volontà di questo personaggio, per quanto sia secondario, hanno un forte impatto in un romanzo dove quella che dovrebbe essere la protagonista sembra poco più che un fantoccio sballottato dagli eventi.

CONCLUSIONI

Come tutti gli storici sanno, il passato è un grande spazio buio, colmo di echi.

Il racconto dell’ancella è un libro che ha alcuni grandi pregi, ma anche diversi difetti. Il pregio maggiore è sicuramente la capacità di fare riflettere il lettore e, se in un primo momento sembra che queste considerazioni vertano solo sulla condizione della donna, basta uno sguardo un po’ più approfondito per capire che quella della Artwood è una storia più universale, dove sì, le donne sono in condizioni estremamente difficili, ma anche gli uomini non possono considerarsi liberi e padroni di loro stessi: è una società dove pochi hanno preso il potere e cambiato le regole a loro discrezione, non una società dove tutti gli uomini hanno schiacciato ogni singola donna.

Al tempo stesso, come già detto, questo romanzo non ha un vero e proprio protagonista, non ha un eroe che agisca nel mondo che l’autrice ha creato, solo un personaggio con il quale non si riesce ad entrare in empatia.
Per di più, lo stile dell’autrice rende la voce della narratrice quasi artificiale e le lunghe digressioni, piene di elenchi di oggetti inutili, rallentano un racconto che sembra perdere qualunque tensione drammatica.

Quello che però rimane il problema più grave del libro, per me, è la mancanza di informazioni: Il racconto dell’ancella è un romanzo che si legge volentieri, in cerca di risposte su di un mondo che potrebbe essere il nostro, ma queste non arrivano mai. Chi sono le Nondonne? Cosa succede alle Ancelle dopo che il loro compito è finito? Ma soprattutto, come ha fatto a venire istituita questa nuova società? Possibile che nessuno si sia ribellato? Sono tutte domande alle quali il lettore deve dare una risposta da solo perché l’autrice non ne parla. Questo è comprensibile, se si considera che la visione che ne ha il lettore è quella di Difred e quindi parziale, ma i punti in sospeso rimangono troppi e nemmeno il capitolo finale riesce a riempirli.
La Atwood lascia all’interno della narrazione un sacco di dettagli che però non vengono mai approfonditi e spesso i personaggi seguono lo stesso destino: alcuni semplicemente spariscono, altri vengono solo abbozzati con niente più che il loro ruolo a definirli.

In un romanzo distopico, la mancanza di informazioni deve essere centellinata per dare un senso di paura e di mancanza, ma in questo caso le mancanze sono troppe e si ottiene l’effetto opposto: quello di non riuscire mai ad immergersi completamente nel mondo e di perdere ciò che ci lega ai personaggi e ci fa sentire solidali con loro.
In più, un romanzo distopico dovrebbe fare paura perché dovrebbe avere delle premesse così reali e vicine a noi da mostrarci dove potremmo finire se non cambiamo qualcosa nel nostro modo di agire, ma la mancanza di informazioni toglie anche questo punto fondamentale alla storia.

Nel complesso, quindi, Il racconto dell’ancella è un buon libro, uno di quelli che appena finito di leggere ti lascia emozioni forti per alcune delle scene che l’autrice narra, ma che a mente fredda mostra tutti i suoi limiti.

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Il racconto dell'ancella 2018-02-12 08:15:16 68
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68 Opinione inserita da 68    12 Febbraio, 2018
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Reale aberrante o sogno vivido?

…. Questa è una ricostruzione…


“....Il mio nome adesso è Difred, ho 33 anni, i capelli castani, molto tempo solo per riflettere, ovaie vitali, sono una profuga del passato.
L’ amore è stato cancellato, tutti quelli che ho amato sono morti, dispersi o forse non esistono più. Anch’ io sono una dispersa, che vive di sogni e speranze, la notte è il mio giorno, il giorno la mia notte, non mi trovo in prigione ma in un luogo privilegiato eppure vorrei riavere tutto com’ era, anche se il solo volere oggi non serve.
Questa è la repubblica di Galaad, dove la guerra non può entrare se non dalla televisione ed esiste solo la libertà da e non di. Appartengo ad un Comandante, alla moglie del Comandante, che mi considera un’ onta ed una necessità, sono accerchiata da Zie che vigilano, Guardie con le pistole, Custodi in uniforme, Occhi, Angeli, Marte, Economogli, e poi cerimonie, rituali, riunioni famigliari, la Rigenerazione.
La Costituzione è stata abolita, come il giorno dell’ Indipendenza, le donne non possono più possedere niente, se non i propri ricordi ed un passato non totalmente sepolto che ancora respira dentro di se’.
Noi ( ancelle ) viviamo solo per procreare, siamo un prodotto preconfezionato, il sesso e l’ eccitamento non più necessari e sintomo di superficialità, ma nessuno muore per mancanza di sesso, solo se privato dell’ amore e qui non c’è nessuno che io possa amare.
Sembro un’ ombra deformata, una guardia di qualcosa, una suora inzuppata nel sangue, una forma rossa con ali bianche attorno al viso ( per non vedere ne’ essere vista ), una donna indefinibile.
Oggi non ci è più permesso leggere, scrivere, pensare, e tutto ciò lo si fa con avidità. Si può controllare il proprio comportamento ma non i sentimenti, non possiamo parlare ma solo sussurrare, il vero pericolo sta nel grigiore.
Ci vorrebbe una prospettiva, un desiderio di profondità, perché il vivere di solo presente equivale a non vivere e ciò che sta accadendo non ha nulla a che vedere con passione ed amore.
Un tempo eravamo tristi ma molto felici, c’ era ancora la possibilità di un abbraccio, si parlava di amore e di innamoramento, ma forse era una società che moriva per la troppa libertà di scelta.
Oggi cerco di non pensare troppo, le possibilità sono ridotte, il tempo è misurato da campane, tutto è rosso.
La notte è il mio tempo libero, ma dove potrei andare? Non ho che la mia stanza, la solitudine, l’ attesa di un qualcosa, senza forma ne’ nome. Devo essere impenetrabile, avvolta in un senso di vuoto e con il dovere di non provare niente.
In fondo sono viva, respiro, vivo, desidero commettere l’ atto del toccare, anche se sono una persona dispersa.
Dove sono finite speranza e carità? In tali condizioni limitate ci si attacca ad oggetti strani, ricercando qualche spazio da rivendicare, occupare il tempo e la quantità di tempo vuoto, tra ricordi del passato che mi colgono come uno svenimento ed il terrore della possibilità di una via d’ uscita, della salvezza “....

Ecco “ Il racconto della ancella”, un estenuante ed apocalittico viaggio stanziale senza ritorno, una rappresentazione ed una ricostruzione univoca da parte di una donna scossa, violata, inorridita, di un inferno fisico e morale, di un incubo imperscrutabile, inammissibile, talmente inverosimile da confondere sogni, desideri, speranze e la propria percezione degli stessi.
Se questo è il nuovo mondo purificato per ripristinare la legge di Natura, se questa non vita è vita, non resta che fuggire, o cercare un adattamento, perché la normalità converge nell’ abitudine e dopo un po’ qualsiasi cosa diverrà tale.
Chi non ci riuscisse e si opponesse all’ orrore perpetrato ricercherebbe un’ utopica via salvifica in quella sola speranza, il proprio se’, e nella residua libertà, che non potrà mai esserci sottratta, di essere e di pensare, di amare e di sognare.
Ma all’ interno di un tale sistema carcerario e di un vivere siffatto sovente non c’è alcuna possibilità di scelta, se non l’ attesa della fine e la speranza di una rivoluzione imminente, perché qui tutto è stato rovesciato, la realtà è l’ incubo e la propria vita, azzerata, solo un’ idea ed un lontano ricordo.
Ed allora? La buona letteratura, e qui senza dubbio di questo si tratta, pur nella propria distopica e discutibile visione e rappresentazione del reale, tale rimane, è monito, preveggenza, riflessione, rimpianto, tutte categorie dell’ umano sentire che riescono a trasferire un messaggio vivido di inadeguatezza ed intimità violata.
Quale società qui si vuole rappresentare e quale senso di profondità? Un futuro inverosimile, un presente che non avrà futuro, un passato rimpianto e non ancora dimenticato o semplicemente spunto per ricercare risposte a verità e possibilità inquietanti, futuribili e non, scuotendo la sensibilità individuale, e, tra le righe, mostrando un senso di libertà vera e presunta ( nel paese della libertà’ illimitata ) che tale non è o non è percepita da una sfera personale ( femminile) spesso violata e dal sentimento di pochi?
Risposte precise non ve ne sono, solo ipotesi e spunti di riflessione, ricordiamoci che sempre di romanzo si tratta, laddove realtà e fantasia si fondono e si confondono e la ricostruzione e visione di fatti personali provenienti dal passato cozza con l’ imperfezione ed incompletezza delle fonti ( il racconto della ancella ).



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Il racconto dell'ancella 2018-01-06 14:09:39 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    06 Gennaio, 2018
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Distopia si, distopia no.

Inizierò dal giudizio conclusivo. Non mi è piaciuto. E cercherò di spiegarne i motivi, quanto più dettagliatamente possibile.
Se il cinquecento e il seicento videro la pubblicazione di opere quali Utopia (1518) di Thomas More, La città del Sole (1602) di Tommaso Campanella, o ancora New Atlantis (1623) di Francis Bacon, come risposta a quelle istanze e aspirazioni al cambiamento generate dalla crisi profonda della società medievale e dal declino del sistema feudale, opere che hanno rappresentato il sogno utopico della realizzazione di una società ideale, dove regni la pace e domini la cultura, il ventesimo e il ventunesimo secolo, al contrario, hanno visto e vedono tuttora la pubblicazione di romanzi che sono stati definiti distopici. Già questo dovrebbe farci riflettere. Ciò fa supporre, infatti, che nell’epoca in cui viviamo stiamo perdendo gradualmente la capacità di sognare o di prospettare un futuro migliore per le generazioni a venire. Tralasciando le opere di Huxley (Brave New World, 1932) e di Bradbury (Fahrenheit 451, 1953), il romanzo distopico più celebre è certamente quello che iniziò George Orwell nel 1948 e che fu poi pubblicato l’anno successivo con il titolo 1984, un’opera che nacque dalla consapevolezza di quella crisi dei valori del socialismo, tradito nella sua realizzazione nei paesi comunisti e fascisti. Scritto ardito per l’epoca ma scaturito dall’osservazione della realtà contemporanea. Una distopia, infatti, per quanto preconizzi un assetto politico e sociale immaginario, non prescinde dalla realtà da cui trae spunto.
È del 2015 il romanzo di Michel Houellebecq, Sottomissione, che ha fatto molto discutere, per il quadro allarmante che prospetta per la nostra società e per la cultura occidentale in declino, dominata ormai dal Partito della Fratellanza Musulmana. La lettura di questo romanzo, all’indomani degli attacchi a Parigi al giornale Charlie Hebdo e al Bataclan risulta di grande impatto emotivo. Dunque anche in questo caso la distopia fantapolitica trova le sue radici nella realtà della nostra epoca.
Veniamo ora al romanzo di Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella, riedito da Ponte alle grazie, dopo il successo della serie televisiva proposta da Hulu. Esaminiamo ciò che non convince in questa creazione distopica.
La storia è ambientata nella Repubblica di Galaad, che altro non è se non la trasformazione e la degenerazione degli Stati Uniti in una repubblica a regime totalitario, in cui le donne fertili sono diventate schiave allo scopo di procreare figli per coppie sterili, una sorta di contenitori da riempire per incrementare le nascite. La donna perde così ogni diritto fin qui acquisito, diviene uno strumento, tutto il suo passato e i suoi legami affettivi azzerati. Tutto ciò per rispondere alle esigenze di questo stato totalitario e oltretutto teocratico.
Il paradosso, che pure è alla base di tutte le opere fin qui citate, non ha in questo caso un fondamento giustificato. Se nel caso di Orwell e di Houellebecq la distopia trae origine da una situazione politica e sociale che ha un fondamento nella storia recente, come si può preconizzare una riduzione a tale schiavitù del genere femminile in un paese in cui esso ha lottato per raggiungere un livello di emancipazione avanzato seppure non perfetto? Siamo consapevoli del fatto che un deprecabile sessismo strisciante si sia impadronito di alcuni ambienti e sia dilagato trasversalmente nella stessa società americana, eppure una situazione quale quella immaginata nel romanzo della Atwood sarebbe impensabile in qualsiasi paese occidentale, che ha combattuto per i diritti civili, per la parità di genere, per il testamento biologico o le unioni civili, un paese in cui si può liberamente parlare di fecondazione assistita e utero in affitto. Che in molti paesi la donna viva in una realtà che la rende schiava e la priva di ogni diritto civile, una realtà che la usa e ne abusa, che la condanna persino alla lapidazione in caso di adulterio, è cosa tristemente nota, ma ipotizzare uno scenario simile in un futuro prossimo in un qualsiasi paese occidentale, priva, a mio avviso, la distopia di quella caratteristica indispensabile alla sua “credibilità” e cioè del riferimento ad una situazione sociale e politica davvero profondamente allarmante.
In quarta di copertina del libro della Atwood si legge una nota tratta da Vanity Fair: “Molti sostengono che sia una lettura di vitale importanza nell’era di Trump, forse anche più preveggente e forte di 1984.” Ora se è pur vero che abbiamo ascoltato inorriditi gli apprezzamenti dell’attuale Presidente americano riguardanti il genere femminile, ricordiamoci però che la ribellione e la protesta si è fatta sentire poco dopo con la denuncia dello scandalo Weinstein.
Ecco perché giudico l’opera della Atwood una distopia totalmente avulsa dal contesto sociale e politico attuale. Perché la distopia deve avere radici nella realtà, a meno che non se ne faccia una satira politica come nel caso della Modesta Proposta di Swift, anche se pure in quel caso non si può ignorare il retroterra politico e sociale dal quale l’autore aveva tratto spunto.

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Il racconto dell'ancella 2018-01-05 21:33:48 ALI77
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ALI77 Opinione inserita da ALI77    05 Gennaio, 2018
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UN ROMANZO ORIGINALE E ATTUALE

E’da un po’ di tempo che pensavo di leggere questo romanzo dispotico, me lo sono ritrovava davanti ogni volta che andavo in libreria, oppure che sfogliavo dei giornali o facevo delle ricerche in internet.
MI ha “letteralmente” perseguitata, era come se mi chiamasse e mi chiedesse di essere letto.
Purtroppo fino a che non l’ho letto, il pensiero di questa storia mi è rimasta in testa e devo dire che ne è valsa la pena, perché nonostante sia stato scritto negli anni ottanta, è una lettura molto attuale e moderna.
Margaret Atwood ha una penna raffinata e ammaliante che ti accompagna per mano nel corso della storia, dove ogni pagina è interessante per capire il romanzo, il lettore è curioso di conoscere cosa sia Galaad e quale sia la vita delle ancelle che lo abitano.
La struttura del paese è ben sviluppata dall’autrice che ci spiega nei minimi dettagli quale sia la struttura della società, troviamo i Comandanti con le loro Mogli, le Marte, le Ancelle, le Zie e Nondonne, oltre ai Custodi, agli Angeli e agli Occhi.
Le vere protagoniste sono le Ancelle, queste donne che sono state scelte come “contenitore” per procreare, naturalmente sono donne umiliate, che devono solamente fare quello che gli viene detto, che ripetono frasi simili al Vangelo ma diverse da quello che possiamo leggere nei testi sacri. Diciamo che a Galaad si nomina molto la religione, ma non è quella che noi conosciamo, è un po’ cambiata. Le ancelle sono costrette ad andare a letto con il Comandante in quanto le loro Mogli non sono in grado di dargli un figlio.
Queste donne che non hanno la libertà, sono schiave di questo paese, costrette a vestirsi di rosso e in testa devono tenere un copricapo con le alette bianche che gli impediscono di vedere e di essere viste.
Difred, è la protagonista della storia, nella vita di prima, come viene chiamato il periodo prima dell’esistenza della repubblica di Galaad, era sposata ad un uomo divorziato Luke e aveva una bambina, queste ancelle e anche Difred vengono isolate dai loro affetti e non possono più stare con i loro figli e non sanno nemmeno dove sono i loro cari.
Per tutte le altre donne, che non sono mogli, ancelle, marte o zie, vengono chiamate Nondonne e spedite nelle Colonie e non si sa nemmeno che fine fanno.
Tutto quello che per noi è normale, diventa proibito, indossare un vestito corto, avere i capelli sciolti, avere una propria indipendenza, anche per Difred il mondo è cambiato in un istante, un giorno si è trovata senza lavoro, senza un conto in banca e senza nulla che fosse di sua proprietà.
Anche la libertà di leggere viene abolita, non ci possono più essere riviste o romanzi e la maggior parte della tecnologia non viene utilizzata.
Durante il parto di una delle ancelle, non vengono utilizzati anestetici o macchinari, questo comporta che il parto possa essere fatale per la donna e per il bambino, oltre che durante la gravidanza non vengono fatti esami o altro, quindi non possiamo nemmeno sapere se i neonati stanno bene.
Alle donne viene tolto qualsiasi cosa, non devono avere nulla di loro proprietà, non devono essere autonome e indipendenti, il mondo di Galaad è dominato dagli uomini e dalla loro volontà.
Se pensiamo, non siamo molto distanti dal passato anzi siamo tornati al passato, in una società che considera la donna meno di niente, che viene utilizzata solo come mezzo per procreare come se fosse un macchinario, un essere senza sentimenti e senza emozioni che deve solo eseguire gli ordini.
La donna a prescindere, viene considerata impura e colpevole, anche la Eva della creazione viene incolpata per il peccato originale in quanto Adamo non ha nessuna colpa e l’unica cosa che la può salvare è la maternità.
Tutto quello che avevamo prima era sbagliato e impuro, ma Difred non può cancellare i ricordi, il mondo in cui viveva prima e infatti nel testo una delle Zie dice queste frasi “ per quelle che verranno dopo, sarà più facile, perché accetteranno il loro dolore con cuore volenteroso. Non diceva: perché non avranno ricordi, ma diceva: perché non vorranno cose che non possano avere”.
Le ancelle escono solo per fare la spesa e gli vengono dati dei buoni per acquistare il cibo, vanno via sempre in coppia, non tanto perché hanno un’amica, ma per proteggersi dalle altre persone o per essere spiate dalla compagna che può riferire qualche comportano strano al Comandante o alla Moglie.
I rapporti umani e i sentimenti come l’amore o l’amicizia non sono contemplati, le ancelle devono assolvere all’unico loro compito quello di procreare, è l’unica cosa che conta.
Leggendo la storia, ho percepito l’angoscia di Difred, l’autrice è riuscita a creare un mondo in cui le donne hanno paura e non hanno il coraggio di lottare e di ribellarsi per riprendere la loro libertà, l’unica cosa che rimane è il loro corpo che però viene barattato come se fosse una merce di scambio.
La cosa che tiene Difred legata al passato sono i ricordi, ma purtroppo per quanto lei si sforzi, il volto del marito e della figlia si fa via via meno nitido e si somma alla paura di perdere l’unico contatto con il mondo di prima.
Con il tempo ci si abitua a questa situazione e si è costretti a sopportare di vivere in un mondo dove tutto è sbagliato, dove i diritti delle donne così duramente conquistati non esistono più.
In un mondo in cui regna il terrore e la paura, una morale quantomeno bigotta e soffocante, dove non c’è spazio per i sentimenti e le emozioni c’è una piccola luce, un piccolo bagliore di speranza, un piccolo spazio per l’amore e forse per cambiare le cose. Una flebile illusione in un futuro migliore.
Ho trovato agghiacciante leggere queste pagine e pensare che un giorno, forse, potrebbe veramente esistere Galaad e vivere in un mondo dove noi donne non siamo considerate, se ci pensiamo, ci vuole poco per tornare indietro e invece ci vuole così tanto per fare una minima evoluzione.
Un romanzo dispotico molto attuale, coerente, verosimile che lascia con la bocca aperta il lettore, che lo sorprende, lo indigna e lo fa riflettere. Se ci pensiamo l’autrice non ha dovuto lavorare troppo con la fantasia, ha solamente descritto un mondo con un sguardo al passato, dove le diversità non vengono accettate e rispettate, ma solo represse ed eliminate.
Un testo fondamentale e indispensabile che tutto dovremmo leggere, per capire che un mondo così non ci dovrà mai essere, per ricordarci quanta strada abbiamo fatto per riuscire ad arrivare qui oggi, a poter avere la libertà di decidere cosa fare nella nostra vita, chi amare e se avere figli o meno.
Per anni, noi donne, abbiamo lottato per avere gli stessi diritti degli uomini e abbiamo capito che le diversità devono essere accettate e anzi siano un valore aggiunto per una società moderna.
Non possiamo tornare al passato ma dobbiamo e abbiamo il dovere di continuare ad essere civili e ad aprirci alle diverse nazionalità, religioni, modi di pensare e soprattutto ad essere più tolleranti coltivando la cultura del diverso e a non rimanere chiusi nel nostro orticello, nel nostro posto sicuro.

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Il racconto dell'ancella 2017-11-02 14:46:50 Antonella76
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    02 Novembre, 2017
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Che i bastardi non ti schiaccino...



"Che i bastardi non ti schiaccino..."

Se davvero esistesse un momento storico perfetto per poter (dover) leggere questo libro, beh...quel momento sarebbe ora!
Proprio adesso che...dopo secoli e secoli di lotte, emancipazione, studi, cultura, cortei in piazza e reggiseni bruciati, sentiamo ancora pronunciare frasi del tipo: "se l'è cercata", "ha provocato", "l'ha voluto lei".
Donne picchiate, stuprate, deturpate, uccise...in nome di un amore che non c'è, di un possesso malato, di un potere maschile detenuto abusivamente, in nome di un retaggio difficile da debellare, che torna e ritorna...indigesto.

La Atwood, nel 1985, immaginava un futuro in cui la donna sarebbe diventata mero strumento per la procreazione, sottomessa e ridotta al silenzio, al servizio di un regime totalitario teocratico (di stampo biblico).
Ancelle, Marte, Mogli, Zie, Nondonne...ognuna con caratteristiche precise, precisi doveri...e zero diritti.
Donne umiliate nella loro incapacità di procreare (le mogli), costrette a condividere il letto e il marito con altre donne (le ancelle), considerate poco più che contenitori vuoti in attesa di essere riempiti dal seme "benedetto" (spesso sterile) dei Comandanti, costrette a guardare solo quella porzione di mondo consentita dalle loro alette bianche, i loro paraocchi, e private del loro stesso nome oltre che degli affetti precedenti (figli compresi).
Se non sei moglie, non sei feconda, non sei serva o guardiana della "morale" femminile...non sei nulla, e quindi destinata alle Colonie, a spalare materiale radioattivo aspettando la morte.
Chiunque trasgredisca le regole, indipendentemente se uomo o donna, finisce appeso "al muro", secondo la procedura della Rigenerazione.

Ma in questo contesto repressivo, dove i sentimenti non sono contemplati, dove i ricordi di "quel che era" consumano la mente terrorizzata all'idea di perderli, di sentirli sfumare come i lineamenti di chi si è amato e non c'è più,   in tutta questa anaffettività imposta dal terrore, da una morale castrante e bigotta...c'è sempre una piccola possibilità, uno spiraglio da cui far passare l'amore, la speranza, la voglia di sentirsi ancora vivi.
Perché se è vero che alla fine ci si abitua a tutto...è vero anche che nessun regime dittatoriale potrà mai annullare il bisogno d'amore e la ricerca della luce, anche quando intorno non c'è altro che il buio.

Un distopico quantomai realistico, coerente, plausibile.
Ciò che è davvero agghiacciante è il fatto che la Atwood non ha dovuto lavorare con la fantasia per descrivere questo "futuro" immaginario, anzi, le è bastato rivolgere lo sguardo all'indietro, attingendo dal passato, da comportamenti perpetrati per secoli, osannati anche dalle sacre scritture.
La Atwood è ipnotica, precisa, ti rapisce dalla prima pagina e ti lascia andare solo alla fine, dopo averti scosso, rattristato, angosciato, fatto adirare, commuovere, inorridire...
Un libro bellissimo, forte, illuminante...necessario.

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