Narrativa straniera Romanzi Sotto questo cielo intatto
 

Sotto questo cielo intatto Sotto questo cielo intatto

Sotto questo cielo intatto

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La trama e le recensioni di Sotto questo cielo intatto, romanzo di Shandi Mitchell edito da Fazi. Canada. Primavera 1938. Dopo due anni di prigione, colpevole di aver sottratto del grano coltivato sulla terra che lavorava come mezzadro, l'immigrato ucraino Teodor Mykolayenko è un uomo libero. Durante la sua assenza, la moglie e i figli hanno lottato per sopravvivere all'asprezza della vita nella prateria, ma adesso Teodor - scampato alla siccità, alla fame e a Stalin - è determinato a dar loro una vita migliore. Nell'interminabile lavoro su quel suolo incolto, l'uomo trova la cura alle proprie ferite e a quelle dei suoi cinque figli. Ma le speranze e la felicità appena riacquistate hanno vita breve. L'inatteso ritorno del violento marito di Anna, Stefan, un rozzo arrogante e faccendiere, scatena un crescendo di rancore e ostilità che sfocerà in una crudele tragedia privata. Shandi Mitchell ha tessuto una scintillante, ipnotica storia di amore e avidità, di orgoglio e disperazione, piena di suspence, scritta in una lingua di luminosa e nitida bellezza. La storia di un atroce conflitto familiare che si chiude in maniera drammatica e commovente, un libro vigoroso e memorabile che presenta al pubblico una delle voci più profonde della letteratura contemporanea.



Recensione della Redazione QLibri

 
Sotto questo cielo intatto 2012-03-05 18:13:42 Cristina72
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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    05 Marzo, 2012
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L'ululato dei coyote

Gran bel romanzo, crudele e ammantato di dolcezza, con personaggi ben delineati e per molti versi antitetici: da un lato un uomo solido, padre e marito esemplare, dall'altro uno smidollato violento; da un lato una donna coraggiosa, pronta a tutto per il bene dei figli, dall'altro un'inetta che finisce per crogiolarsi nel ruolo di vittima. Le loro strade, già legate dalla parentela, si incroceranno fatalmente in un crescendo drammatico.
La storia principale è quella di una famiglia di agricoltori ucraini che fugge dal regime di Stalin ed emigra alla volta del Canada, per cominciare una nuova vita in mezzo a praterie desolate. Malgrado la buona volontà, i sacrifici e il duro lavoro, la fortuna non sarà dalla loro parte e saranno costretti a chiedere aiuto ad alcuni parenti, diventando di fatto bersaglio di disoneste rivendicazioni.
Ci sono pagine che non si dimenticano, struggenti pezzi di bravura che omaggiano la dignità di chi sopporta con pazienza le avversità e si rialza sempre con rinnovata speranza.
Con un sapiente cambio di prospettiva, verso le ultime pagine l'autrice ci fa osservare con altri occhi la casa in legno, robusta e accogliente, costruita dal capofamiglia nel tempo libero dal lavoro nei campi. E sarà un'amara rivelazione sentirla chiamare “baracca” da estranei, annusare tanfo di aglio e muffa al posto del profumo di zuppa, vedere solo bambini denutriti e coperti con abiti rattoppati, così diversi dalle creature piene di gioia di vivere che conoscevamo.
Ma ancora più sconcertante sarà assistere alle conseguenze di una miseria ben peggiore della mancanza di denaro: quella dell'animo umano, che si abbatterà sulle vite di tutti riuscendo a contaminare anche l'innocenza di un bambino.
L'ululato dei coyote percorre tutta la narrazione, presagio di qualcosa che dovrà succedere, che succederà, perché a volte l'amore non basta, i sacrifici non pagano e la vita non è giusta.

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