Narrativa straniera Romanzi Il segreto della libraia di Parigi
 

Il segreto della libraia di Parigi Il segreto della libraia di Parigi

Il segreto della libraia di Parigi

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L'ultima volta che Valerie è stata a Parigi aveva tre anni. Da allora ha vissuto a Londra, e non ha mai conosciuto nonno Vincent, che adesso è l'unico parente che le rimane ancora in vita. E soprattutto è l'unica persona che conosce la verità sul perché venne mandata via da Parigi e su cosa successe ai suoi genitori. Ma Vincent Dupont non è un tipo facile e Valerie ha paura che se gli dicesse subito chi è otterrebbe ben poco da lui. Ha la fama di uomo antipatico, esigente e inflessibile: l'unica cosa che gli interessa è la sua libreria, ma i suoi gusti in fatto di libri non sono in vendita. Si dice che arrivi persino a insultare clienti dai gusti poco raffinati e a cacciarli dal negozio. E così, tremante ma decisa, Valerie si fa assumere come commessa sotto mentite spoglie dal nonno materno, per entrare nelle sue grazie, e ottenere così preziose informazioni sul suo passato... Una storia indimenticabile di amore, paura e coraggio in tempo di guerra.



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Il segreto della libraia di Parigi 2024-02-18 10:17:52 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    18 Febbraio, 2024
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Libri e nazismo

Un lungo viaggio in treno, tra Mosca e Parigi, dà l’opportunità ad Annie, giovane inglese in cerca di nuova occupazione, di fare la conoscenza con Valerie, anziana signora franco-britannica, che dice di viaggiare sempre con i propri ricordi, incorniciati, dentro alla valigia.
La curiosità stuzzica Annie che, abbandonata la relazione che sta scrivendo al computer, comincia ad ascoltare la storia di Valerie. Questa inizia a narrare di come nel 1962, appena compiuti vent’anni, aveva deciso di lasciare Londra, dov’era vissuta sino ad allora con la zia Amélie, per recarsi a Parigi; di accettare il posto di lavoro in una piccola libreria (“Gribouiller” cioè scarabocchio) gestita dal burbero vecchio Vincent Dupont – il nonno che lei non ricordava di aver mai conosciuto e che credeva morto durante la guerra come i genitori; di cercare di indagare sul proprio passato e sul perché, diciassette anni prima, era stata spedita in Inghilterra con una parente che nemmeno conosceva.
In incognito, per paura di essere rifiutata dal nonno, comincerà a lavorare come commessa per quest’uomo bisbetico, sempre pronto a rimbrottarla, a criticare come veste, come mangia (all’inglese) e come pretenderebbe di sistemare sugli scaffali i libri, che, per lui, dovrebbero essere classificati solo a seconda del fatto che l’autore si fosse bevuto il cervello o meno, ovviamente a suo insindacabile giudizio.
In ogni momento libero Valerie cercherà di scoprire qualcosa di più su Mireille, quella mamma di cui aveva solo una foto ingiallita e spiegazzata. In questa sua indagine segreta le sarà d’aiuto Clotilde Joubert, la fioraia vicina di negozio, che era stata l’amica più cara di sua madre.
In tal modo Valerie, rivivrà i duri anni dell’occupazione, gli stenti di quegli anni, la cappa di oppressione che schiacciava tutti, la difficoltà stessa di vivere a contatto con un esercito brutale indottrinato dalla folle ideologia nazista. Alla fine scoprirà com’era stata sua madre e cosa aveva fatto; chi era suo padre; come e perché erano morti e, infine, la ragione per la quale il nonno, alla fine, s’era risolto ad affidarla alla cugina Amélie, affinché l’allevasse lontano da una Francia rancorosa e carica d’odio e rivalsa contro tutto ciò che le ricordava gli anni dell’occupazione.

“Il Segreto della Libraia di Parigi” è un romanzo che oscilla tra un tentativo (balbettante) di ricostruzione storica dei tristi anni dell’occupazione di Parigi e la voglia di scrivere la vicenda sentimentale di due povere anime travolte nella bufera della guerra. Purtroppo il risultato non è dei migliori né sotto il primo, né sotto il secondo aspetto.
Il libro alterna i toni da romanzetto rosa in stile collana Harmony a quelli di un lamentoso “way we were”, stucchevole e non particolarmente coinvolgente. Tra l’altro si percepisce molto la difficoltà dell’A. (sudafricana di nascita e inglese di cultura) di immedesimarsi in una Francia che non c’è più e di cui fatica a comprendere mentalità e sentimenti. Si ha la sensazione che le atmosfere siano descritte più sulla base di un 'sentito dire' che di una reale, efficace documentazione storica.
Sono abbastanza simpatici alcuni personaggi di contorno, a cominciare dal vecchio, scorbutico Vincent e dalla fioraia Madame Joubert. Ma per lo più, sullo sfondo di una Parigi opaca e non più concreta e tangibile di una scolorita cartolina d’epoca, si muovono figure abbastanza convenzionali, scontate. Ho percepito la rievocazione storica come stereotipata e basata molto su luoghi comuni e frasi fatte che non riescono a calare davvero il lettore negli anni della guerra.
A mio avviso, poi, è piuttosto fastidioso il fatto che ci si riferisca sempre ai soldati occupanti (si badi: soldati della Wermacht, non SS) come a “nazisti”, quasi si volesse fare un prudenziale distinguo tra gli occupanti del 1940-44 e gli abitanti della Germania. È pur vero che il principale antagonista di Mireille e Vincent, il crudele Valter Kroeling, è chiaramente un ufficiale indottrinato e partecipe dell’ideologia e dei crimini hitleriani, ma la semplificazione di per sé è una banalizzazione fuorviante che, tra l’altro, rende difficile spiegare i comportamenti, a quel punto “devianti”, del capitano medico Mattaus Fredericks, un uomo “normale”, soldato solo perché il suo Paese è in guerra e non perché animato da chissà quali istinti predatori.
Le due storie d’amore (quella di Mireille con Mattaus e quella di Valerie con Freddie) riprendono con pedissequa diligenza tutti i topoi del genere rosa, senza troppa originalità.
In definitiva si tratta di un librino, non disprezzabile negli intenti e nella struttura della trama, moderatamente piacevole, ma, del quale, tutto sommato, si può pure fare tranquillamente a meno.

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