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Un'isola

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Karen Jennings, una delle scrittrici più importanti del panorama sudafricano contemporaneo, arriva per la prima volta in Italia con il suo ultimo romanzo, finalista al Booker Prize: un toccante racconto sul senso di appartenenza e sul significato di “casa”. Su una piccola isola al largo della costa africana vive Samuel, il guardiano del faro. L’uomo, ormai anziano, non ha contatti con nessuno da vent’anni: ha costruito una barriera insormontabile tra sé e il mondo che lo ha ferito in maniera irreparabile. Ma un giorno il mare gli porta compagnia; quello che in apparenza è uno dei tanti cadaveri di profughi sospinti a riva dalle onde si rivela in realtà un uomo ancora vivo. Destabilizzato da questa nuova, inattesa presenza, Samuel viene travolto dai ricordi della sua vita sulla terraferma: ha visto il suo paese soffrire sotto i colonizzatori e lottare per l’indipendenza, per poi cadere sotto il dominio di un crudele dittatore; ha vissuto, in questa cornice, una drammatica vicenda personale, segnata dal fallimento e dalla perdita. Nel frattempo, sull’isola, il rapporto fra i due uomini comincia a prendere forma e, se da un lato Samuel trae beneficio dall’aver accolto lo sconosciuto in casa sua, dall’altro, silenziosamente, vive la presenza del profugo come una minaccia e, come faceva in gioventù, inizia a riflettere su cosa si intende per “terra”, a chi questa dovrebbe appartenere e fino a che punto ci si può spingere perché ciò che è nostro non ci venga sottratto.



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Un'isola 2023-08-13 11:26:37 68
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68 Opinione inserita da 68    13 Agosto, 2023
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Attesa sospetta

….” Si sentiva il grido degli uccelli marini e il ruggito delle onde che si abbattevano sulla spiaggia di ciottoli. Sarebbe continuato, quel flusso e riflusso implacabile, il mare avrebbe portato quel che voleva. Che arrivasse pure. Varcò la soglia, richiudendosi la porta alle spalle”…
Da più di vent’anni Samuel è il guardiano del Faro su un’ isola selvaggia, lontano da una civiltà che lo ha deluso e che lui stesso aveva tradito durante gli anni di prigionia, oppositore di una dittatura destituente un governo che aveva guidato il paese all’ indipendenza.
Un uomo solo nella natura, anni trascorsi cercando di dominare il mare, nascondendosi, anestetizzato e sottratto a se stesso e ai propri incubi.
Un giorno il mare gli restituisce una carcassa qualunque che sorprendentemente riprende vita, il corpo di un uomo silente, disorientato, affamato, che non parla la sua lingua, uno dei tanti disperati scampati alla morte.
Il racconto nasce sulla certezza di questo ritorno alla vita, accompagnando la convivenza forzata in una casa che fino ad ora è stata solo la propria dimora, con la possibilità che questo estraneo, due decenni dopo, viva li’ dentro, si impossessi di quelle mura, ne destituisca il proprietario, una minaccia che si trasforma in ansia, paura, panico, rabbia.
In Samuel riaffiorano i ricordi, tanti e diversi, un’ infanzia di miseria e di accattonaggio, di mutamenti politici, l’ indipendenza, la dittatura, il proprio credo, l’ attrazione per una giovane donna e il figlio che porta in grembo, l’ arresto, la prigionia, l’ azzeramento della sua vita e della famiglia, l’ esilio forzato come guardiano del Faro, il peso gravoso della memoria.
E questo naufrago restituito alla vita, creatura misteriosa dai contorni luciferini che si confronta con la sua coscienza e che vorrebbe mettere radici sull’ isola umiliandolo, facendogli del male, annientandolo, chi è realmente e che cosa pensa, cosa nasconde, quali mosse e atrocità ha commesso, trattasi di un pericoloso assassino o di una semplice vittima?
Samuel pensa di impazzire, accompagnato dai ricordi e dai rimorsi, da una fragilità che lo attanaglia, da un’ immaginazione delirante, un passato di sofferenza al di fuori di tutto in una condizione di debolezza, che cosa sarebbe stato di se’ e della propria vita se un tempo fosse stato più forte, se avesse fatto uso della violenza, se non avesse tradito chi era al suo fianco?
In fondo sente quest’ isola solo nel sapore della terra che ha plasmato, domato, edificato, rendendola quella che è. In un presente aritmico e asfissiante, tra incubi e sogni maldestri, spezzoni di reale e fantasmi immaginari, il protagonista affronta l’ ultimo passo, una resa dei conti con quell’ estraneo sgradito e pericoloso.
Ma la sola resa dei conti e’ con la propria viltà trasformata in rabbia, una violenza che non ha mai abbracciato e che cresce dentro di se’ fino a prendere il sopravvento, mentre l’ isola rimane ostica, ingrata, impossibile da domare.
Il romanzo di Karen Jennings è caratterizzato da una certa asciuttezza descrittiva e da dialoghi monchi, quasi silenti, insieme a una crudeltà rivestita di realtà e attesa sospetta. La trama vive la lentezza di un racconto parallelo in bilico tra il paesaggio pulsante e un’ esteriorità spogliata di tutto in un’ essenza sempre più scarna.
È qui che assaporiamo il gusto di una narrazione interiore riccamente vestita, fibrillante, che richiama temi importanti, il senso di appartenenza, la solitudine, il tradimento, l’ esilio, la patria, la diversità, l’ uomo e la sua finitezza, la paura di perdere tutto e di perdersi, un dialogo tra uomo, natura e il proprio io riproponendo spezzoni di una vita frantumata, azzerata, rivolta al passato, il presente una rassegnata presenza in attesa di fare chiarezza.

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