Poesia Poesia straniera L'altro, lo stesso
 

L'altro, lo stesso L'altro, lo stesso

L'altro, lo stesso

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Composto, per progressivi incrementi, intorno a un nucleo originario di sei testi, riuniti sotto il generico titolo di «Altre poesie» all'inizio degli anni Quaranta, «L'altro, lo stesso» vede la luce alla fine del 1964 e costituisce la più copiosa delle raccolte poetiche borgesiane. Il volume ci consente di seguire, lungo l'arco di oltre un trentennio (il testo più antico è del 1934, e la silloge ne ingloberà di nuovi fino al 1967), l'evoluzione della scrittura poetica di Borges, dalle poesie della «crisi» successiva al declino delle avanguardie a quelle della piena maturità, contrassegnate dalla conquista di compostezza e misura formale.



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L'altro, lo stesso 2015-08-07 08:57:53 siti
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siti Opinione inserita da siti    07 Agosto, 2015
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UNIVERSO POETICO

“La radice del linguaggio è irrazionale e di carattere magico” (...) la poesia vuol tornare a quell’antica magia. Senza leggi prefissate, essa opera in modo esitante e temerario, come se camminasse nell’oscurità. Misterioso giuoco di scacchi la poesia, la cui scacchiera e i cui pezzi cambiano come in un sogno e sul quale mi chinerò quando sarò morto.”

Queste parole siglano il prologo alla raccolta e, nella loro enigmatica combinazione, già preannunciano le impressioni che la lettura di questa silloge mi ha donato.
I componimenti, appartenenti alla fase del ritorno al classicismo dopo una iniziale esperienza poetica all’insegna dell’avanguardia, variano per metro e per contenuto; vi si trovano odi, sonetti, strofe isolate, canzoni, molti all’insegna dell’endecasillabo e della rima. I temi convergono tutti in metafore più o meno ricorrenti: morte sorella del sogno, vita come specchio, tempo come fiume...le quali generano interrogativi che non hanno e non possono avere risposta.
La lettura di questi testi permette di incontrare l’inferno e il paradiso rivisitati e identificati in qualcosa di sorprendente (“Dell’inferno e del cielo”), di apprezzare l’ode agli elementi naturali (“Poesia del quarto elemento”), di trovare, forse, una velata ricerca di Dio (“L’altro”) e di scorgervi l’artista come mero suo strumento. Alcune poesie annientano il lettore, soprattutto quando il rimando (“A chi mi legge”) è così esplicito e tutto il componimento è contenuto in un ossimoro che ha come incipit “Sei invulnerabile” e come epilogo “pensa che in un certo modo sei già morto”. Tutto rimanda all’eterna riflessione sulla condizione umana. “Limiti” colpisce la mia sensibilità: vi si parla dell’incertezza della vita fatta di luoghi che si sono percorsi e non ripercorreremo più, di specchi che ci attenderanno invano, di persone che senza sapere abbiamo salutato per l’ultima volta, di libri che non potremo (ma anche potremmo) leggere.

L’insonnia, il sogno, le notti di ferro che non possono essere trapassate dall’io che invano spera “le disintegrazioni e i simboli che precedono la notte”. Il risveglio come morte che si augura porti l’oblio, opportunità non concessa in vita. Persone e luoghi della Terra ( Buenos Aires, Spagna, Texas, Carlo XII, Edgar Allan Poe, Spinoza ...) in circa settanta testi e anche qualche ode al vino : ”Altri bevano nel tuo Lete il triste oblio;/Io cerco in te il fervore, la gioia condivisa”.
Possibile in questo labirinto poetico leggere anche una poetica autobiografia ( per sentimenti, conoscenze, ardori) o meglio un originale autoritratto per esempio quando in “Altra poesia dei doni” ci si imbatte in un sentito e lirico ringraziamento per i doni della vita. Il suo grazie va al “divino/Labirinto di effetti e cause” ed è proprio quell’enjambement per me la conferma che, tutto sommato, anche il nostro cercava una qualche divinità a cui credere.

Da leggere per apprezzare un Borges forse meno criptico e una poesia dolcissima nel suono. Testo in lingua spagnola a fronte, mi raccomando.

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