Perché essere felice quando puoi essere normale?
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La culla sbagliata
Quando scelgo un libro di solito mi faccio catturare, in una frazione di secondo dalla combinazione titolo/copertina. Poco dalla trama. Poco dal nome dell’autore. Molto poco dalla quarta di copertina. Ogni libro deve praticamente essere un amore a prima vista. In questo caso il titolo ha risucchiato tutta la mia attenzione, in più la copertina raffigurava una bambina sulla spiaggia, con colori della foto molto anni ’70. Devo dire che mi aspettavo tutt’altra storia, ma ho ugualmente molto apprezzato la lettura. Un libro autobiografico che racconta la storia di una donna che è stata adottata, che ha vissuto in una famiglia adottiva non propriamente facile e che ha dovuto/voluto lottare per affermare la propria affettività. Un libro quindi molto moderno, in cui ho trovato tanta sofferenza, nel sentirsi non desiderata, non amata fin dalle radici. La sua sofferenza è stata la sua corazza ed a poco a poco è diventata la sua pelle. Ho trovato la sensazione dell’aggrapparsi, nel caso di questa ragazza ai libri, alla narrativa inglese dalla A alla Z, lei legge per superare la sua storia e la geografia dei suoi luoghi. Ho trovato la voglia di scappare dalla sua vita, lei cerca di allontanarsi dall’orbita scura della depressione della sua mamma adottiva e dall’ombra che proiettava. Ho trovato la voglia comunque di reagire, lei trova poco a poco il modo di dissolvere le calcificazioni che le induriscono il cuore. Ho trovato una domanda, che molto spesso mi faccio anch’io: perché non sei orgogliosa di me? E non ho trovato la risposta.
Indicazioni utili
Diario di una vita
La Winterson ci racconta la sua storia personale molto particolare di bimba adottata nell'Inghilterra anni 60 e allo stesso tempo ci fa partecipi di tutti i suoi stati d
'animo, con digressioni molto singolari a riguardo soprattutto di letteratura e psicologia.
Scava dentro di sè l'autrice e fa uscire tante sensazioni che son comuni a tutti come la ribellione adolescenziale ad es, con la differenza però che x lei quel passaggio fu cruciale e le aprì una prospettiva di vita difficilmente raggiungibile da altri, con tutte le sofferenze e particolarità del caso.
Il clou del libro, a mio avviso sta proprio nel titolo e da dove questo scaturisca.
Jeanette(la protagonista) infatti mette bene in chiaro, in questo romanzo, che la sua vita sia imperniata sulla ricerca della felicità e non della normalità e si tiene ben strette tutte le sue contraddizioni, affrontando anche di essere buttata fuori di casa da una mamma bigotta che la scopre a letto con un'altra donna e che le dice la famosa frase che poi è diventata il titolo del libro. Dicevo dei suggerimenti di letteratura e psicologia interessanti contenuti nel libro, Jeanette si mette in testa di leggere tutta la letteratura inglese dalla A alla Z e ci offre tanti spaccati suggestivi. Quello che io volevo estrapolare però, per concludere la recensione, è uno spunto tratto dagli scritti del filosofo rumeno Mircea Eliade che parla di casa, argomento molto caro a Jeanette nella sua ricerca di stabilità
..."La casa è l'intersezione di due linee:una orizzontale, l'altra verticale. La linea verticale ha il paradiso, o l'aldilà, a una estremità, e il mondo dei morti dall'altra. Il piano orizzontale è costituito dai traffici di questo mondo, che non si fermano mai: i nostri traffici e quelli degli altri che si affaccendano attorno a noi. La casa è il luogo dll'ordine"...