Trainspotting Trainspotting

Trainspotting

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Un pugno di ragazzi a Edimburgo e dintorni: il sesso, lo sballo, la rabbia, il vuoto delle giornate. Sono i dannati di un modernissimo inferno "chimico", con la loro vita sfilacciata e senza scampo. Alla ricerca di un riscatto, di un senso da dare alla propria esistenza - che non sia il vicolo cieco fatto di casa, famiglia e impiego ordinario - trovano nella droga e nella violenza l'unica risposta possibile. Sboccato, indiavolato, travolgente: il romanzo shock che ha fatto epoca e dato voce a una nuova generazione.



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Trainspotting 2022-02-23 10:03:27 GiuliaAsta89
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GiuliaAsta89 Opinione inserita da GiuliaAsta89    23 Febbraio, 2022
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Vite sregolate nella Edimburgo degli anni '80

Fine anni '80, un gruppo di ragazzi eroinomani allo sbando per le strade di Edimburgo: questo è Trainspotting in parole povere.
Il termine che dà il titolo al libro indica, come specificato sin dalle prime pagine, il passatempo di guardare i treni che passano. Quale miglior metafora per spiegare la vita di questi ragazzi, risucchiati nel vortice della droga e dell'alcol mentre la vita intorno sfreccia via?
Il sesso, la droga, la monotonia delle giornate, il rifiuto di uniformarsi alla società, il tutto raccontato da diverse angolazioni. Mi ha colpito il romanzo d'esordio di Welsh, di cui già conoscevo la trama avendo visto l'adattamento cinematografico di Boyle. Mi è piaciuto lo stile un po' disordinato di raccontare il degrado e lo squallore delle vite di questi ragazzi perduti, sulle cui vite aleggia perennemente lo spettro dell'AIDS. Protagonista è sicuramente Mark Renton, detto Rents, voce narrante principale, ma anche i suoi amici, come Sick Boy o Spud, raccontano in prima persona le loro (dis)avventure.
Un libro crudo, violento e triste, ma pieno di amare verità.

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Se vi è piaciuto consiglio di recuperare l'intera bibliografia di Welsh
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Trainspotting 2020-05-24 11:06:16 cristiano75
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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    24 Mag, 2020
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Il tempo che fu

Trainspotting, sia nella versione cartacea, sia in quella del film, non possono che suscitarmi ricordi di gioventù.
Quando ancora adolescente, con mio fratello andammo al cinema all'Adriano di Roma, che in quel tempo non era ancora stato deturpato in multisala, ma era un meraviglioso teatro, con i palchetti nei piani superiori e lo schermo gigante per gustarsi ogni scena.
Fortemente colpito dal film (a mio avviso tra i migliori degli anni '90) mi comprai anche il libro.
Non sono un grande appassionato di Irvine Welsh, ma questa lettura è stata ancora migliore che vedere il film, dove per forza di cose molti dettagli debbono essere saltati e la psicologia dei personaggi viene rappresentata per somme linee.
Il libro, pur mantenendo sempre un tono non particolarmente drammatico (rispetto al tema trattato), ha la peculiarità di riuscire a descrivere un argomento sempre attuale e delicato come quello della dipendenza dalle sostanze, delle malattie collegate e infine della morte, con un tono abbastanza leggero, asciutto e spesse volte anche scherzoso nella sua immensa drammaticità.

Il racconto si svolge in una città di per se fredda e buia come Edimburgo. I giovani spesso disoccupati e sbandati trascorrono le giornate facendosi e commettendo reati minori per ottenere i soldi per le dosi.

Eppure sono passati 25 anni da quando si sono svolte le vicende del romanzo e del film, ma tante di quelle situazioni non sono affatto mutate. Certo nel lontano 1993 (anno di pubblicazione del libro) non vi era proprio idea di cosa fosse un cellulare, l'AIDS era allora il grande incubo che aleggiava sulla popolazione mondiale e per incontrarsi non ci si poteva collegare a un PC.
Però oggi come allora il tema delle tossicodipendenze, dell'alienazione nelle grandi città, della ricerca disperata di un senso alla propria esistenza e della voglia di autodistruzione, sono rimaste uguali con il mutare delle società.
Il "trainspotting" era un passatempo attraverso il quale, giovani nullafacenti, passavano le giornate a contare e osservare i treni di passaggio, in attesa della nuova dose o in attesa semplicemente che una nuova e tediosa giornata volgesse al termine.
Gli anni 80 e 90 sono spesso ricordati come il tempo del "buco" e questo libro e il relativo film, sono un monito e un viaggio storico sugli effetti del vizio sulle società di allora.
Mi ricordo molto bene, che si aveva paura di andare nei giardini pubblici, per la presenza in quantità enorme di siringhe abbandonate un po ovunque.
In quel tempo frequentavano il parchetto sotto a Castel Sant'Angelo, e quasi ovunque trovavamo siringhe abbandonate, tant'è che alla fine mia madre ci impedì di andarci a giocare.
Segno inequivocabile che la piaga della droga non era solo un problema di Sua Maestà, ma si era ormai diffusa ovunque.
Alcune pagine del libro sono di forte impatto, ci sono scene che fanno rivoltare le viscere, la realtà viene spiattellata in faccia al lettore senza tante cerimonie.
Per quelli che oggi hanno 20/30 anni, se vogliono avere un poco l'idea di come fossero gli anni '90 e di come si vivesse senza tanta tecnologia, credo che la visione del film e la lettura del libro possano essere tanto illuminanti, quanto istruttivi, soprattutto per chi magari voglia cedere o abbia ceduto al perverso fascino delle droghe. Una sorta di monito a non cadere nel tunnel funesto delle droghe.

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Noi ragazzi dello zoo di Berlino
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Trainspotting 2015-12-12 01:48:40 Vita93
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Vita93 Opinione inserita da Vita93    12 Dicembre, 2015
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Un fenomeno di ogni stadio della vita

Edimburgo, Scozia. Fine anni ottanta.
Mark Renton, ex studente universitario, è irrimediabilmente sprofondato nel tunnel dell’eroina, tra maldestri tentativi di riabilitazione e puntuali ricadute.
Simon, detto Sick Boy, è il suo miglior amico. Donnaiolo infido e altezzoso quanto brillante, vive nel mito di Sean Connery e condivide con Renton la passione per la droga.
Spud è il meno sveglio del gruppo. È sensibile e riservato, caratteristiche che lo portano a farsi invischiare nei loschi traffici dei propri amici.
Infine c’è Begbie. Non si droga, ma in compenso è un sociopatico rozzo, alcolizzato e violento. “Neanche si faceva di droghe, si faceva di gente”.

“Trainspotting” narra le vicende di questi quattro giovani uomini, in un racconto originale e frammentato che alterna il punto di vista dei protagonisti.
Una scelta stilistica particolare, grazie alla quale il lettore capisce l’identità del narratore ancora prima che questo si riveli. I racconti di Renton sono imperniati di riflessioni, motivate dalla buona cultura del ragazzo. Sick Boy ha la maniacale abitudine di parlare di sé in terza persona. Spud ha un lessico sgrammaticato, mentre Begbie è inconfondibile per la volgarità dei contenuti.

L’ironia è tagliente, dissacrante, sarcastica. Unita alla follia di un gruppo di personaggi alquanto bizzarri, alleggerisce la crudeltà delle tematiche a cui gira attorno il romanzo, quali la droga, l’alcol, la disoccupazione giovanile, la difficoltà a relazionarsi con gli altri e l’AIDS, capace di instillare una vera e propria fobia generale negli anni ’80.
Ma il racconto non è mai didascalico, non si prefigge alcun insegnamento o raccomandazione né tanto meno condanna le rispettive scelte di vita. Riporta semplicemente il loro punto di vista, il tutto filtrato da un autore che sa di cosa parla, vista la vasta esperienza personale in quanto a periferie degradate e consumo di sostanze stupefacenti.

Il titolo, curiosamente, prende spunto da un episodio in cui Renton e Begbie vengono avvicinati da un barbone, alla stazione ferroviaria, che chiede loro se stiano facendo “trainspotting”, ovvero se stiano ingannando il tempo guardando i treni che passano in assenza di qualcosa di meglio da fare.

Nel 1996 il regista Danny Boyle ha tratto una versione cinematografica divenuta, in breve tempo, un vero e proprio cult.

“Non amo più niente (a parte la droga), non odio più niente (a parte le cose che possono impedirmi di procurarmela) e non ho più paura di niente (a parte la paura di non riuscire a bucarmi)”.

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Segnalo l’ omonima versione cinematografica, un film di grande successo con alcune scene disturbanti alternate a molti pezzi divertenti.
Impossibile non cogliere il richiamo tematico a “ Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino “, datato 1978, altra buona lettura che si differenzia per l’ età giovanissima della protagonista e per una narrazione altrettanto realistica ma infinitamente più cupa, priva dell’ ironia di “ Trainspotting “.
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Trainspotting 2014-10-27 09:41:13 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    27 Ottobre, 2014
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Il vuoto interiore. Abnegazione della realtà.

Senza mezzi termini Irvine Welsh ci trasporta in quello che è il mondo non gradito a chi è certo che la società sia tutta rose e fiori. Pertanto se appartenete a quel gruppo di persone che preferisce pensare che certi “problemi non esistono”, che certe “situazioni al limite” siano solo frutto di fervida fantasia o che sono semplicemente di “stomaco debole” non iniziate nemmeno a leggerlo. Definire “Trainspotting”? Credo che sia impossibile. Se in prima facie l’opera risulta sboccata, violenta, cruda, allucinante, e senza un filo logico in realtà il suo significato è ben oltre l’apparenza, lo si percepisce leggendo tra le “righe”.
Le vicende narrate riguardano vari personaggi e toccano tematiche che possono individuarsi nella tossicodipendenza e conseguente rischio di contrarre l’AIDS, nella violenza e nell’alcolismo.
Mark Renton, detto Rents, perennemente in cerca di chiudere la sua liason con l’ero, è la voce portante di un romanzo che in se per sé è costituito da una serie di racconti e riflessioni del “drogato tipo”. Sick Boy, alias Simon Williamson, è il playboy della combriccola e nessuna “pollastrella” può fuggire dal suo radar una volta che questo l’ha identificata nel suo raggio d’azione, Francis Begbie, o anche detto Frank/Begbie, non ha niente a che vedere con “quella roba”, non è succube della droga lui, non è come gli altri, si considera quello forte, il trascinatore, colui che si fa rispettare e che è capace di cambiare umore passando dalla quiete all’incavolatura più profonda nell’arco di 5 nano secondi ed allora non conta se davanti ha una donna, un uomo, un bambino, un cane egli farà giustizia, fa dell’amicizia il suo valore portante, infine Spud soprannome del giovane Daniel Murphy è l’animalista del gruppo, ha la personalità più trascinabile e buona tra tutti i protagonisti ma al tempo stesso è anche quello che maggiormente si rende conto del gran casino in cui si sono cacciati. Thomas Lawrence e Matty mostrano al lettore e prima ancora agli stessi protagonisti quali sono le conseguenze di questo loro amore impossibile, lasciandoci/li inevitabilmente con quel retrogusto di amaro in bocca. Per quanto ognuno di loro viva con l’incubo di contrarre il “virus” non riescono mai completamente ad uscire dal turbine della “botta”, ne sono attratti come in una spirale senza uscita, con l’E i problemi non esistono.
La prima parte del romanzo essendo costituita da una serie di racconti brevi ed apparentemente scollegati tra loro non è agevole da seguire in quanto lascia il lettore confuso, stranito dalle situazioni presentate e quasi in difficoltà nell’identificare gli stessi protagonisti. A differenza delle opere ordinarie non vi è una presentazione del personaggio principale, del suo vissuto o semplicemente di chi è. In Trainspotting questo non avviene. Rent è l’unico tra gli amici di cui viene data una descrizione sommaria della famiglia, nello specifico ad un funerale. Anche in questo caso però non si va mai nel profondo dei legami affettivi, Welsh si limita a descrivere il dato di fatto che egli ha un fratello, una madre e un padre alquanto opinabili e da cui si evince chiaramente il vuoto interiore dal ragazzo coltivato.
A partire dalla seconda metà del libro ogni protagonista assume un carattere nuovo ed il lettore inizia a percepire il forte senso di evanescenza di queste vite al limite. Rent si interroga sul suo modo di vivere, sul perché ha iniziato a drogarsi e sul suo desiderio di smettere con le sostanze stupefacenti per poi giungere alla conclusione che alla fin fine cosa possono aspettarsi dei reietti come lui e i suoi amici da una società da cui sono esclusi e identificati come un pericolo? Perché arrovellarsi per quel che sarà se tanto loro non sanno nemmeno se lo avranno loro un avvenire?
La voce narrante prevalente è quella di Rent ma molteplici sono i novellieri di questo inusuale testo, ogni punto di vista offre al lettore una diversa prospettiva ed il fatto che il linguaggio utilizzato sia quotidiano, si avvalori di termini gergali e parolacce rende concreta e veritiera l’opera.
Con le sue parole Welsh simboleggia quel periodo della vita in cui si è allo sbaraglio: continuare a sbandare o scegliere di viverla questa vita? Irvine conosce bene la difficoltà di dover prendere decisioni, egli stesso è stato per primo un tossicodipendente ed ha iniziato a scrivere quei racconti che poi sono diventati “Trainspotting” proprio per ricordare la tanto citata “botta” che l’E gli faceva provare. Una lettura piacevole nonostante la crudezza, che scorre bene e lascia il segno non tanto per i fatti raccontati ma per il suo senso intrinseco.
Vi lascio con un breve incipit:
«Lo volevate ammazzare, quello scoiattolo.»
« Ma era solo uno scoiattolo del cazzo, Spud. E’ un animale nocivo, un parassita….» mi fa lui. Mi mette un braccio intorno alle spalle.
« Se quello è un parassita, allora io e te cosa siamo, non per dire… chi lo decide se uno è un parassita? Prendi quelle tipe di prima, non per dire… per loro i parassiti sono la gente come noi… ma mica per questo hanno il diritto di ammazzarci..» gli dico.

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a tutti. Palpabile è la sensazione di vuoto provata dai protagonisti.
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Trainspotting 2014-01-09 20:56:47 Giovannino
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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    09 Gennaio, 2014
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Scozia, droga e punk.

Ed eccomi qua, al mio primo libro di Irvine Welsh, e quale poteva essere un inizio migliore di Trainspotting? Nessuno, ed infatti è da lui che ho voluto iniziare. Premetto che il film l'ho visto due volte e lo ritengo un gran film, quello che mi incuriosiva era proprio vedere quanto il film corrispondeva al libro, e devo dire che la corrispondenza c'è, e in conclusione forse il libro è ancora più azzeccato alla trama e ai personaggi. Perché dico questo? Ve lo spiego subito. Come molti sapranno Trainspotting (il termine è un termine dialettale che indica una vecchia usanza dei ragazzi delle periferie inglesi che, armati di penna e taccuino, si appostavano nei pressi delle stazioni e annotavano orario e direzione di tutti i treni di passaggio per quella stazione) è la storia di un gruppo di tossicodipendenti scozzesi che tra una dose di eroina e una sbronza cercano di sbarcare il lunario, ma soprattutto di sopravvivere. La cosa che più ho apprezzato è come vengono narrate le varie storie, inizialmente infatti la storia non sembra avere un filone principale (e forse effettivamente non lo ha) ma il libro è composto da brevi racconti, dove ogni volta il protagonista cambia (e con lui anche il tipo di scrittura così da caratterizzare ogni singolo personaggio) e quando i personaggi principali sono più di uno il narratore è esterno. I vari racconti sono tutti abbastanza brevi e a volte sembrano quasi privi di collegamento tra loro, e se inizialmente questa cosa non la capivo, verso metà libro ho cominciato ad apprezzarla perché effettivamente rende a pieno l'evanescenza delle vite dei vari protagonisti, il cui unico obiettivo è quello di drogarsi e non hanno nessun interesse per il futuro perché non sanno se avranno un futuro. Diciamo quindi che questo tipo di scrittura (sempre molto diretto, con uso frequente di termini gergali e parolacce) rende in pieno la precarietà dei ragazzi. Il libro comincia a prendere una piega verso la metà, e poi ancora di più verso la fine, quando il gruppo decide finalmente di dare una svolta alle loro vite, svolta che poi non avverrà, o meglio, avverrà solo per uno di loro. Un libro molto piacevole, che grazie alla scrittura rapida e semplice si legge in pochissimo tempo pur essendo comunque 360 pagine. Da leggere e rileggere il monologo su ciò che ci impone la società moderna (il discorso che apre il film, per chi l'ha visto) che offre diversi spunti di riflessione. Insomma, Welsh mi ha convinto.

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Trainspotting 2013-06-06 10:47:43 Don Luca
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Don Luca Opinione inserita da Don Luca    06 Giugno, 2013
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O lo si ama o lo si odia.

Edimburgo, fine anni ottanta. Una compagnia di tossicodipendenti.

Irvine Welsh presenta il suo fortunatissimo e primo romanzo, che da una bella ventata di aria fresca per quanto riguarda la narrazione e il contenuto. Stiamo parlando di Trainspotting. Ovvero, il passatempo nel osservare i treni alla stazione centrale di Leith.

Come ho detto prima, tutto gira intorno a questa compagnia di drogati e narra le loro vicende in prima e in qualche caso pure in terza persona. La caratterizzazione dei personaggi è ben fatta, ognuno per quanto sia uguale all'altro essendo dei tossici, ha la propria personalità. C'è Rents, che avrebbe buoni propositi per smettere con l'eroina, ma spesso è molto invidioso. C'è Sickboy, il (perdonatemi il termine) "Rocco Siffredi" del gruppo. Nonostante anche lui sia dipendente dall'eroina, in qualche modo riesce sempre a fare colpo sulle ragazze, forse grazie anche alla sua grande autostima alimentata dal suo amico immaginario noto come Sean Connery. C'è Begbie, quello duro e che non ha paura di niente. Quello che trova delle motivazioni assurde per giustificare la sua violenza. Ma nonostante tutto è l'unico che non fa uso di eroina. Infine c'è Spud, il tossico animalista, buono con tutti. Questi sono i principali personaggi.

Detto questo, L'autore nel raccontare queste vicende ha uno stile tutto suo. Non si ferma davanti a niente e nessuno. Se c'è qualcosa di troppo freddo o troppo crudo che è necessario narrare, lo fa senza troppi problemi, senza censurare e indebolire l'atrocità delle scene. E questo l'ho apprezzato molto. Le cose vanno raccontate così come sono, senza mezzi termini o cazzate varie. Comunque, ci tengo a precisare che questo non è un romanzo classico, ma più che altro è una serie di racconti. Non c'è proprio una trama lineare da seguire.

Per quanto riguarda il contenuto, lo si può trovare tra le righe. Magari a prima lettura può sembrare che l'autore abbia trattato argomenti delicati come le droghe, il disagio sociale e l'astinenza in modo superficiale ma non è così. Basta solo leggere tra le righe e guardare oltre il proprio buco del culo. Anche perché dopo la metà, (non ricordo precisamente quando) Rents fa dei pensieri che porta poi all'evoluzione vero e proprio del personaggio e di conseguenza del contenuto.

Questo romanzo o lo si ama o lo si odia, e se lo amerete lo divorerete in pochi giorni.

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Trainspotting 2011-08-26 07:15:44 barch76
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barch76 Opinione inserita da barch76    26 Agosto, 2011
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Trainspotting

Il termine inglese che dà il titolo al romanzo indica,come specificato all’inizio dello stesso,il passatempo di osservare i treni che passano. La metafora,letto quest’opera strepitosa è facilmente intuibile,si riferisce ai protagonisti,incatenati e strafatti dalla droga e dall’alcol,di osservare la vita che li circonda come un treno che sfreccia via,veloce caotico per loro schiavi inconsapevoli e convinti della chimica,incomprensibile. Non è Welsh che racconta la storia,ma le sue creature,tanti io narranti pieni di vita,caratterizzati in maniera magistrale ed eterogenea,che si uniscono a comporre un quadro realistico e prepotente di un mondo di tossicodipendenza,emarginazione,malattie e morte,di un aspetto della civiltà moderna che si nasconde e facciamo finta di non vedere. Attenzione però non ci troviamo di fronte ad un libro nero,tutt’altro,volgare,molto volgare perché chi ci parla non è uno scrittore,ma la mente fuorviata e delirante dei protagonisti strafatti dall’eroina,pieni di alcol,acidi e anfetamine,in brevi attimi di lucidità ci danno una visione pertinente della vita,forse quella che tutti abbiamo dentro ma che la nostra mentalità “civile”non riesce a tirar fuori,senza veli e senza censura,nuda e cruda. Divertente,esilarante,crudo,sincero,commovente,rivoltante,violento,tenero,scioccante,in queste 360 pagine ci troviamo tutto,per me un’opera irripetibile ed unica,sicuramente ha segnato un’epoca,sicuramente ha segnato me. Unica pecca,un finale a mio parere un po’ affrettato. Lasciate perdere il film,grandioso anch’esso,ma il romanzo è un’altra cosa,un’esperienza da fare.

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